29 novembre 2008

Una condanna Ue esemplare: terroni, neri, marocchini, laziali!

Dopo 60 anni la Ue condanna i milanesi razzisti
di Roberto Maurizio


Mi ricordo che Mario "a Fatica", dopo essere stato 30 giorni a Milano, tornò a San Martino in Pensilis (provincia di Campobasso) e parlava un milanese come quello di Eros Ramazzotti: “mì so turnat acquì e nun ved l’or de ripartì” (“sono tornato nel mio paese che amo, ma non vedo l’ora di ripartire). Mario, il cui nomignolo era un nomen omen al contrario ("a Fatica" sta per lavoro, visto da lui proprio come una maledizione biblica), si trasferì a Milano con la sua valigia di cartone: 24 ore di treno (sembra che dal suo viaggio abbia preso il nome “Il Sole che dopo 24 ore” si trasforma in nebbia)! Mario ebbe un impatto violento con la metropoli, con le sue fogne, con i suoi topi, con il "razzismo". Mario "a Fatica" abbandonò i suoi averi nel Molise, cioè il nulla, e salì per fare fortuna al Nord. Lo chiamarono terrone. Per 60 anni, questa ingiuria gli è rimasta sulle sue spalle come offesa rivolta anche a milioni di molisani, pugliesi, abruzzesi, siciliani, calabresi, basilischi, sardi e, anche, laziali, quelli di Frosinone. Oggi, finalmente, chi dirà terrone andrà a finire in galera. Chi l’ha deciso? I ministri della Giustizia Ue che hanno raggiunto un accordo sull’adozione della "Decisione quadro" contro il razzismo e la xenofobia. La “Decisione” (che tempestività, questa Ue alla quale diamo i soldi) prevede sanzioni penali da 1 a 3 anni per «coloro che incitano pubblicamente e intenzionalmente alla violenza e all’odio, anche attraverso la disseminazione o la distribuzione di trattati, foto o altro materiale diretto contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo definito in base alla razza, al colore, alla religione, discendenza o origini nazionali o etniche».

Ma quanti ergastoli, allora, si meriterebbero i polentoni?

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