di Roberto Maurizio
Il profumo della terra
Dumìnecuccio, come tanti altri compaesani, non aveva studiato tanto. La terza media era già un traguardo ragguardevole. Fin da piccolo, invece del libro o di un giocattolo, aveva avuto in regalo un aratro. Il profumo della terra si mescolava alle essenze delle sue stagioni. Gli arnesi per coltivare le zolle, i suoi passi per calcolare i paletti dei recinti, la lotta contro le cavallette e i grilli per tutelare la fecondità del suo raccolto, la neve d'inverno, le lucciole in primavera e le zanzare d'estate, rappresentavano tutta la sua vita. Senza “campagna”, lui non esisteva. La sua sfida era rivolta al cielo. Piove, nevica, tira vento, le sementi che fine faranno? A questi interrogativi rispondeva con fierezza e caparbietà, con la complicità di Morello, un cavallo marrone con una piccola macchia bianca a forma di rombo sulla fronte. Morello, non era solo un cavallo, era un amico a cui confidare le proprie passioni, le proprie sconfitte, le tante poche, ma intense, gioie. Morello era come l'amico del bar, la moglie, la suocera, il figlio. Per Dumìnecuccio, Morello era la sua stessa vita.
Subito dopo il rintocco dell'Avemmaria
Non appena l'alba si colorava di una tenue e persistente luce, proprio quando le Pleiadi si alzavano timidamente in cielo, subito dopo il secondo rintocco delle campane dell'Avemmaria, Dumìnecuccio scendeva nella stalla, proprio sotto la sua camera da letto. Il suo primo pensiero era quello di augurare un buongiorno a Morello. Una carezza, una strigliata, una misera, ma tanto tenera, ricompensa di una balla di fieno. A volte, partiva da Dumìnecuccio anche qualche calcio affettuoso e una "pseudo bestemmia". Un porco qua e un porco là. L'interazione tra i due protagonisti ormai era segnata dal passare di tanti anni vissuti insieme, nonostante tutto. L'obiettivo di ogni mattina era quello di far capire a Morello di portarsi spontaneamente davanti al baroccio, biroccio. Il più delle volte il cavallo si comportava peggio di un mulo, anzi di un asino. Ma per Dumìnecuccio, Morello era fondamentale per il raggiungimento del suo Core Business, riportare qualche cosa a casa per sfamare la sua famiglia.
Il Core Business
Finalmente, quando ormai le campane erano state legate dal sacro passare delle ore canoniche, Morello veniva convinto dal suo padrone di assumere la sua posizione di vettore di un veicolo alquanto rozzo, con due grosse ruote e un piano fermato sulla “sala” per trasportare robe.
Il sapore del fieno
In dialetto si chiamava ‘U Kinghe. Morello, subito dopo aver odorato il sapore del fieno e assaporato una ricetta irripetibile per i gusti "umani", si calmava e rispondeva ai comandi, fatti di poche urla e di tante carezze, di inviti gentili e di improvvisi comandi austroungarici. Dopo le consuete attese per la "vestizione" e l’armamento, Morello, mentre da lontano si sentivano arrivare sempre più vicine le grida gioiose du "Scheriff", il capo "immondezzaio" che non sapeva distinguere il colore della notte dai i raggi del Sole, si convinceva ad assumere i panni di primo attore. E, respirando a pieni polmoni quell'aria fresca mattutina, faceva del tutto per contrapporsi a "U Sheriff" che gli rubava la scena, per far trasparire tutto intorno al Muraglione la sua grinta. Finalmente, Morello era pronto per il consueto viaggio di circa quattro chilometri.
Tra Garbino, Tramontana e Zefiro
Ormai, Morello faceva la strada a memoria e, nonostante i paraocchi, riusciva a carpire le direzioni di tutti i venti: dal "Favonio" ("Faogne" in dialetto, il vento più temuto nella zona) all'Astro, dal Garbino alla Tramontana, fino ad arrivare allo Zefiro. Morello riusciva a riconoscere i saluti di tutti i curiosi che si affacciavano alle finestre per vederlo trotterellare. Il cavallo, però, aveva timore del "Faogne", quel vento che proveniva da Sud dopo essersi alzato troppo in alto sull'Appennino molisano, direzione Montorio. Il Favonio lo teneva sempre in allarme. Morello pensava ai suoi cugini argentini con lo "Zonda" o a quelli delle Montagne rocciose con il "Vento del Diavolo" oppure a quelli della California del Sud con "Santa Ana". Venti molto simili allo "Sharav" di Israele e l'"Hamsin" dell'Arabia Saudita. Praticamente, per Morello, un vero e proprio Fohn svizzero o Phon per asciugare la criniera.
'U Pizz da Villa
Da ‘U Pizz da Villa fino al Calvario, tutto in discesa. Poi una leggera salita. Passato il Convento, ancora una discesa. E poi ancora discesa tra i sassi, i rami secchi, le pozze d’acqua perenni, anche durante le siccità perenni. Ma sempre in discesa. 'U Kinghe sapeva quello che faceva. Si muoveva con eleganza tra un'ala di folla come se fosse a Maranello. Nessun Pit Stop.
A pieno carico
Morello sapeva che, una volta arrivato scarico a destinazione, dopo quattrochilometri, dopo essersi riposato sotto i raggi del tiepido Sole, poi gli aspettava il ritorno. Tutto il percorso in discesa, a ritroso, questa volta, in salita e a piena carico. Ma, Morello era contento perché Dumìnecuccio lo trattava come un Principe, quando non si incazzava, di tanto in tanto. Morello era fiero di portare sulle sue spalle un bellissimo biroccio, ‘U King. Due grandi ruote, le stanghe lunghe e storte, la piattaforma a tre piazze, una per Dumìnecuccio, l'altra per un amico e la terza per un bambino che voleva saltare su quell'inusuale mezzo di traposto per poter assaporare fino in fondo, il profuno del fieno e della terra appena coltivata.
A sinistra di Rotello
Tutte le sere, al ritorno, Dumenìcuccio e Morello salutavano, una ad una, tutte le persone affacciate sui balconi, quelli che, dopo poco tempo, non sarebbero stati più in onda. Oggi si trovano a sinistra di Rotello. Dopo una giornata di intenso e duro lavoro, Dumenìcuccio non aveva avuto modo di parlare con una persona umana, né fisica, né giuridica. Di fronte a sé aveva solo la natura, quella bucolica, quella che rende liberi tutti gli uomini e le donne di questa bella, ma maltrattata Terra.
Da lì a domani
Dumenìcuccio aveva conferito solo con Morello e aveva alzato gli occhi al cielo per conoscere i "sentimenti" della Troposfera per conoscere il tempo che avrebbe fatto da lì a domani. Nuvole dalle montagne "'u tiempe guadagne". Nuvole dal mare acquazzoni e temporali.
Non ci sono più
Prima di ripartire per il paese, dopo aver letto le previsioni del tempo sullo schermo gigante della volta celeste, Dumenìcuccio soleva dare l'ultimo sguardo alla sua terra che si incuneava fra le colline di un blu inteso, compatto e coeso tra Larino e Montorio. Dunìnicuccio, arrivato alla stalla di Morello, proprio sotto la sua camera da letto, finalmente poteva "ricoverare" il suo cavallo e pensare, subito dopo un secondo, al suo risveglio dell'indomani, che gli avrebbe permesso ancora una volta di poter guardare, la mattina, a sinistra, il Sole spuntare da Rotello insieme a Venere e la sera, al ritorno, sempre alla sua sinistra, sorgere Sirio nella Costellazione di Orione. Ormai, Morello e Dumìnecuccio non ci sono più.
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