25 agosto 2006

Dizionario per la cooperazione

COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Si suole datare l'inizio del protagonismo del Terzo mondo alla Conferenza di Bandung (1955), che ha innescato il processo grazie al quale l'Assemblea Generale delle NAZIONI UNITE del 1961 approvava la risoluzione 1710, con la quale veniva proclamato il primo DECENNIO PER LO SVILUPPO.La strategia del Decennio si basava sulla convinzione che, con un programma di azione finanziariamente adeguato e basato essenzialmente su grandi investimenti infrastrutturali, sarebbe stato possibile colmare il distacco tra paesi avanzati e PVS, permettendo a questi ultimi di raggiungere il tenore di vita dei paesi sviluppati in un tempo relativamente breve. Il tasso annuo di crescita previsto dalla strategia (5%) fu raggiunto ed in alcuni casi superato, ma oltre la metà delle popolazioni dei PVS rimase completamente emarginata, con un netto accentuarsi delle disuguaglianze e l'aumento della fame, della malnutrizione e della povertà di massa.Con l'ingresso nelle Nazioni Unite di numerosi PVS e la nascita nel 1964 del Gruppo dei 77 (paesi africani, asiatici e latino-americani che perseguono obiettivi terzomondisti) all'interno della prima Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), il Terzo mondo indirizza ai paesi industrializzati dell'Est e dell'Ovest le proprie rivendicazioni sui problemi che ritardano lo sviluppo dei paesi poveri. Da subito, l'Est europeo si è "chiamato fuori" dal problema, sostenendo che i problemi del sottosviluppo, essendo derivati dal colonialismo, non li riguardavano e quindi non poteva essere addossata loro alcuna responsabilità nella ricerca di soluzioni.Nel 1970, con una nuova risoluzione (n.2626), l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamava il secondo Decennio per lo sviluppo, che aveva l'ambizione di un approccio più globale, prefiggendosi obiettivi non solo economici, ma anche sociali.Nella primavera del 1974, all'indomani quindi della grande crisi petrolifera e sulla base della Carta di Algeri (1973), si comincia a parlare, nel corso della sesta Sessione speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, di DIALOGO NORD-SUD. Secondo i paesi in via di sviluppo, il dialogo doveva servire alla costruzione di un nuovo e più giusto ordine economico internazionale, per instaurare il quale l'Assemblea adottava nella stessa sessione un programma d'azione. Il dialogo si basa su tre presupposti fondamentali: l'acquisizione, da parte dei PVS, di un'adeguata forza contrattuale, da contrapporre al potere economico, finanziario e tecnologico del Nord; la formulazione di un progetto comune per la riforma dell'ordine economico internazionale (NUOVO ORDINE ECONOMICO INTERNAZIONALE); la definizione di una metodologia negoziale in cui i PVS possano giocare un ruolo più adeguato.Il dialogo è però naufragato con il fallimento della Conferenza sulla cooperazione economica internazionale (CCEI, Parigi, 1975-77), conosciuta anche come Conferenza Nord-Sud. Inoltre, a metà degli anni '70, si verificarono altri eventi negativi: la recessione dei paesi avanzati, l'instabilità monetaria, le fluttuazioni dei mercati (petroliferi ma non solo), l'aumento della disoccupazione su scala planetaria.La strategia per il terzo Decennio (approvata dall'Assemblea Generale nel dicembre 1980) fissava tra l'altro l'obiettivo dello 0,7% di APS sul prodotto nazionale lordo dei paesi del DAC entro il 1985, obiettivo che a tutt'oggi (1999) non è stato raggiunto.Il DAC (Development Assistance Committee) è il Comitato di aiuto alla sviluppo dell'OCSE, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico di cui fanno parte i 24 paesi più avanzati (membri dell'UE, più Australia, Canada, Giappone, Islanda, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Svizzera a Turchia). Annualmente, il DAC misura le erogazioni di Aiuto pubblico allo sviluppo (APS o ODA, Official Development Assistance) da parte dei paesi membri, sia in valori assoluti che in percentuale del loro prodotto interno lordo (PIL). Si definisce APS "ogni apporto di risorse fornite ai paesi emergenti allo scopo di favorire il loro sviluppo economico ed il miglioramento dei livelli di vita". Per rientrare nel conteggio dell'APS, i DONI e i prestiti concessi per queste finalità dal settore pubblico devono essere erogati a condizioni finanziarie agevolate e, nel caso dei prestiti, contenere un "elemento dono" (cioè la misura del tasso di liberalità) non inferiore al 25%, devono essere cioè dei CREDITI DI AIUTO, caratterizzati da un basso tasso di interesse, una lunga durata del rimborso ed un periodo di grazia.L'APS si divide tradizionalmente in due grandi famiglie, l'AIUTO MULTILATERALE e quello BILATERALE. Della prima fanno parte i contributi versati dai paesi "donatori" agli organismi internazionali o sovranazionali e da questi gestiti: si può trattare di doni, di sottoscrizioni di capitale o di prestiti agevolati. Della seconda, fa parte tutta la cooperazione gestita dai singoli governi dei paesi donatori, sulla base di accordi bilaterali con uno o più paesi beneficiari, attraverso gli strumenti del dono e del prestito. Negli anni '80 è stato sperimentato uno strumento intermedio, il multi-bilaterale, che riguardava in pratica programmi di sviluppo finanziati da un paese e gestiti congiuntamente con un organismo multilaterale. In questo modo, paesi che avevano disponibilità finanziarie, ma non capacità tecniche sufficienti a gestire programmi importanti, potevano ugualmente garantirsi la visibilità del loro apporto.Successivamente, sono stati definiti altri tipi di cooperazione, come la COOPERAZIONE SUD-SUD, cioè tra paesi in via di sviluppo di livello diverso o tra aree più arretrate dei paesi avanzati e paesi del Terzo mondo.In nome della COOPERAZIONE REGIONALE, cioè tra PVS appartenenti alla stessa area geografica o geopolitica sulla falsariga dei mercati comuni, sono stati creati organismi sovranazionali ad hoc, come la Southern African Development Community, la Intergovernmental Authority for Drought and Desertification (Corno d'Africa), il Comité International de Lutte contre la Sécheresse au Sahel, ecc.Diverso il discorso della COOPERAZIONE DECENTRATA, troppo spesso confusa con le iniziative di cooperazione sostenute dagli enti locali. In realtà, si tratta di un approccio più complessivo, che si basa sul contatto diretto tra due comunità che abbiano degli obiettivi comuni. In questo senso, si lega strettamente alla cooperazione non governativa, che pur non escludendo a priori la collaborazione con governi, si indirizza di preferenza alle organizzazioni della società civile e/o alle comunità di base, sforzandosi di innescare processi di sviluppo autosostenibile e di rafforzare le capacità delle organizzazioni locali, nella convinzione che siano i principali motori dei processi di sviluppo. Un approccio che è stato fatto proprio, con varie sfumature, da molti organismi internazionali.La caratteristica principale della cooperazione internazionale di fine secolo è appunto l'attenzione crescente, in quantità e qualità, al mondo non governativo, e non solo alle sue esperienze, ma anche al suo sistema di valori. Mentre infatti alle prime grandi conferenze delle Nazioni Unite gli sparuti drappelli non governativi erano considerati poco più che folklore, oggi non c'è assise internazionale di una certa importanza che non preveda forme di scambio e di confronto con i rappresentanti della società civile. Il FORUM DI RIO nel 1992 o quello di PECHINO nel 1995 sono solo alcuni degli esempi più noti.La parole d'ordine per l'ingresso nel nuovo millennio, che nelle intenzioni avrebbe dovuto vedere la salute per tutti, l'istruzione per tutti, lo sradicamento della povertà, della fame e di varie malattie, sembra essere per tutti PARTECIPAZIONE.
Bibliografia:AA. VV., Stakeholders Government/NGO: Partnerships for International Development, London, Earthscan, 1999

Roberto Maurizio (a cura di), Sviluppo, sottosviluppo, cooperazione, cento parole per un dizionario, Roma, Fratelli Palombi, 1985.

OECD/DAC, Efforts and Policies of the Members of the Development Assistance Committee, Report, Paris, vari anniWolfgang Sachs (a cura di), Dizionario dello sviluppo, Torino, Edizioni Gruppo Abele,1998.

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