30 aprile 2009

Una brutta pagina

Molise, là dove corrono i carri
di Roberto Maurizio

Questa è un articolo dettato dal cuore. Non sarà apprezzato, giustamente. Ci sto lavorando. Ma voglio essere presente il 30 aprile. Un giorno magico, il giorno dei carri.

Il giuramento “Pizzuti”
Nel momento in cui mi resi conto che avrei dovuto lasciare i miei affetti in quella terra abbandonata da qualsiasi barlume di speranza per il futuro, stavo creando, nella mia intimità, un altro avvenire. La cava di un improbabile e ancor più instabile impianto abitativo che era in costruzione proprio di fronte a casa mia, fu il luogo del giuramento. Stavano costruendo la casa popolare o giù di lì di “Pizzuti”. Questa terra, la terra della mia infanzia, è stata un pungolo per trovare fortuna in altri luoghi la realizzazione di una vita migliore, per fare in modo di elevare la “sabbia” della mia “montagna”, del mio “monte lepre”, della mia “piccola Africa” che sentivo nel vento caldo che scorreva e ruggiva sulla stessa scia del Biferno e del Cigno. Un giuramento ancora non portato a termine. Forse la colpa è del fiume Biferno, lontano e maldestro, o del ruscello Cigno, vicino e subdolo, nonostante il suo nome gentile. Biferno, il doppio dell’inferno; Cigno, un fiumiciattolo senz’anima. Né il primo, il Biferno, né il secondo, il Cigno, possono competere con la Senna, il Tamigi, l’Arno, il Po, il Tevere. Sono solo dei gregari. Gregari nella storia, nella geografia, nella stampa, nella cultura, nella vita e anche nella morte.

Il 10 agosto tra le stelle
Quali sono, allora, i sentimenti di un molisano che fa finta di essere ancora legato ad una terra inospitale, che non offre lavoro ai giovani, che non permette uno sviluppo decente? La pietà di una terra che appartiene all’immenso universo che con le sue stelle riscalda le serate estive di terreni senza dolori, senza una minima reazione dovuta all’ingiustizia di una natura che ha voluto piazzare questo lembo di arida terra tra il traballante Abruzzo e il torrido e fantasioso Gargano. Quando le stelle si danno appuntamento su San Martino in Pensilis, tra il 10 e il 15 agosto, è uno spettacolo da non perdere. E’ differente rispetto ad ogni parte del mondo, anche perché, San Martino in Pensilis è l’unico paese degno di esistere in questi 5 giorni di estate. Scompare all’orizzonte tutto ciò che è negativo. Da Sud arrivano i ragni benevoli che portano il sorriso e la musica. Si alza nel cielo un caldo respiro e tiepide note di una canzone d’amore. E’ il Molise che canta nelle 5 notti di mezz’estate.

Tra la Maiella e Foggia
Molise, se non ci fossi, nessuno se ne accorgerebbe. Molise, terra di amore e di passioni abbandonato a te stesso. Molise, soltanto la pioggia e la neve si degnano di ricordarsi che esisti. Molise, terra di emigranti che hanno lasciato il loro cuore e i loro affetti tra la Maiella e Foggia. Molise che chiedi di esistere senza averne il coraggio. Molise, montagne e colline che baciano il mare.

Hanno vinto i Giovanotti
Oggi, 30 aprile 2009, si è svolta, a San Martino in Pensilis (Cb), la tradizionale corsa dei carri, una celebrazione che affonda le sue radici nella storia medievale. Una ricorrenza religiosa, piena di emozioni laiche. Hanno partecipato alla competizione tre “carri” (aggregazioni di sostenitori appartenenti ai “Giovani”, ai “Giovanotti” e ai “Giovanissimi”). I “carri” sono delle splendide macchine da corsa, condotte da due buoi allenati e coccolati per un anno dai sostenitori. La corsa dei carri ha oggi preso il nome di carrese, un nome equivoco, nel senso che i buoi non trainano il carro come avviene a Larino, ma lo catapultano a velocità considerevoli (forse 60 km all’ora). I buoi non sono maltrattati durante la corsa, vengono a volta pungolati per stimolarli ad una maggiore velocità e a un corretto allineamento con il percorso. Non ha niente a che fare con la corrida, dove il toro viene ucciso. Gli animalisti si sono scagliati contro questa incruenta festa dove gli animali, il bue e il cavallo, sono all’apice degli interessi per 365 giorni all’anno. Gli animalisti si svegliano solo il 30 aprile. I buoi, coperti da un sacro panno, sono benedetti dal parroco; i buoi, coperti da un caldo panno, riscaldati dall’amore dei sammartinesi, si recano alla partenza; i buoi, coperti dalla fede per la squadra, sono pronti a partire.

E le Tremiti stanno a guardare

Mentre i buoi guardano San Martino, si accendono i riflettori delle Tv. Un plauso va a Tele Molise e a Sky che ha fato vedere in diretta tutte le immagini di un magico giorno. La pioggia minacciosa mette le sue mani sulla corsa, ma poi passa, come nelle favole più belle. I cavalieri sono imbracati con i caschi che nulla hanno a che fare con la salvezza della vita dei giovani, dei giovanotti e dei giovanissimi. Ancora caschi e non istruzioni per non morire. I cavalieri sono costretti a rendere i loro redde rationem. Il Venerdì Santo appare nelle loro anime. Un Venerdì senza senso, un Venerdì santo senza le ultime stime di Wall Street. Mentre la pioggia batte sul Tratturo, mentre i carri si avvicinano al Pit Stop, mentre l’Ansa batte la pandemia dei porci messicani, mentre il sindaco di San Martino dice che va tutto bene, partono i buoi, i cavalli e i cavalieri sammarinesi. Un Trionfo. Un Trionfo la gara, un Trionfo i Giovanotti, un Trionfo i Giovani. Un Trionfo anche i Giovanissimi. Un’Italia che prende per buona la partecipazione della popolazione, è un’Italia fascista.

Nucleare. Viuuleeenza e paura

Le scorie siete voi
di Roberto Maurizio
Ilaria D'Amico

Ilaria vince per una scollatura

La “D’Amico di chi”? apre la sua scollatura agli italiani alle 21 e 40, dopo un vuoto assoluto della Sette dalle 8 e mezzo in poi. La Ilaria, con il seno fuori dalle orbite, con le anche da matrona romana che attraggono più le signore che i pensionati, punta sui maschietti subito dopo aver consumato la merendina. I ragazzotti, soprattutto quelli di sinistra, vanno pazzi per Ilaria, l’unica che sa distinguere la calvizie di Spalletti da quella di Gabriele D’Annunzio. L’unica “giornalista” di Sky che riesce a capire se è un rigore o un corner, se è una rovesciata incrociata o un assist, se il modulo adottato sia un 4 2 4 o un albero di Natale o a cerbottana spenta. La sua professionalità di esperta di calci la dedica anche alla Sette. Ma non si occupa di calci romanisti, intersiti e milanisti. I suoi calci alle palle li dedica alla politica, ai terremoti, ai maremoti, ai giromoti, all’Alitalia, all’elettronica, agli extra terresti, ai marziani, ai calendari esotici, al kamasutra, alle bombe atomiche, al conflitto arabo palestinese, al conflitto israeliano ebraico, alle europee, al referendum, agli immigrati, ai menomati, agli scoglionati. Sembra proprio “Stampa, Scuola e Vita”! Ma, mentre quest’ultima non riceve applausi, se non dalla dedizione degli utenti ai quali va il mio sentito riconoscimento e il mio più autentico ringraziamento, lei, la Ilaria, con il “suo” programma, preparato a tavolino, forse, da lui stesso in persona, Exit – Uscita di sicurezza o di emergenza, fa il verso, probabilmente, all’impossibilità di trovare una via di fuga dalle Torre gemelle, o di allontanarsi da questo paese di merda se non attraverso i finti applausi guidati da uno stolto regista (o stolta, forse la seconda è meglio) che si girerà nel letto la notte per ogni clap in più che ha procurato per fare andare al potere chi poi gli sbatterà la porta in faccia in una casa senza uscita (No Exit Home).

Spartito preso

Non esiste al mondo, una trasmissione televisiva pagata dal canone o dagli sponsor che parta da posizioni preconcette, premasticate, preparate su di un tavolo verde, dove si scommette per fregare l’avversario. L’avversario siete voi. Esistono, invece, vivaddio, programmi o canali di partito che vanno incentivati e fatti vedere dai sostenitori. Per esempio, Red, la televisione di Massimo D’Alema. In questo modo so cosa sto mangiando, l’ho ordinata io la mia mucca pazza, l’ho scelto io il mio porco messicano. Invece, la Sette prende i soldi dagli sponsor e mi rifila trasmissioni invedibili, come quella della D’Amico. "Sto cavolo" di “Tonno Astomare”, con “Sapore di mare”, quel giro di Do che ce l’abbiamo ormai tutti sulla punta dei capelli da anni (e non quelli di Spalletti), è diventato, come la sigla del Tg1, un po’ come la Costituzione italiana: dio ce li ha dati e guai a chi ce li tocca! D’Amico si inserisce nel solco delle trasmissioni guidate, tipo Santoro, tipo Lerner, tipo bulgaro (a proposito, le trasmissioni della televisione bulgara sono migliori di queste che ci vengono propinate ogni giorno dalla Rai, da Mediaset e dalla moribonda Sette) e ci riesce. La ricetta è semplice: basta fare applaudire la claque a bacchetta quando lo dico io!

Viuuleeenza, viuuleeenza


De Magistris e Tozzi si ergono contro la scelta del nucleare. Il primo è un “giudice” di Di Pietro, il secondo è quello con l’attrezzo, un piccone che va predicando da anni la prossima sventura che capiterà a Gaia, la nostra amata Terra, anzi amata solo dai Verdi, dal “Tonno Astomare” e dalle brave maestre, o uniche o accoppiate, che rendono la vita impossibile ai nostri figli inculcando loro la “favola” dell’ecologia, del verde, della margherita da sfogliare che è molto più semplice di spiegare rispetto ad una materia così complessa come la “conservazione del nostro piccolo pianeta”. I danni sono irreversibili. I piccoli alunni diventeranno cittadini italiani e si ricorderanno cosa ha detto loro la maestra. Desertificazione, riscaldamento della Terra, il buco nell’ozono, la scomparsa degli animali seguita da quella della specie umana. Paura, paura, paura. Così, assistiamo oggi alla peste messicana con migliaia di rinunce di viaggi da parte degli italiani(sono gli ex alunni impauriti), mentre quei furbi degli svedesi approfittano per uno sconto megagalattico! Paura e violenza, o meglio “viuuleeenza”, applausi e consensi. Così tiriamo fuori una classe dirigente di felloni. Exit è il triangolo della morte. Allora, siti da bonificare, menti da convertire in una scelta di civiltà idilliaca da ricercare sugli orti sui grattacieli, come, il dio della sinistra Hussein Obama chiede! Ma di che orti state parlando se l’Italia è tutto un orto, tutto un giardino, tutto un fiorire di arte e di cultura? Dimenticavo: la puntata della D’Amico era imperniata sul rifiuto assoluto e preconcetto del maledetto nucleare e delle sue scorie. Nel 1986, dopo la paura di Chernobil (“viuuleeenza” e paura), l’Italia ha abbandonato il nucleare, mentre il paese di Obama Hussein assumeva sempre più Homer Simpson.


La D’Amico, durante la trasmissione Exit, ha voluto far passare da scemi i sostenitori della bontà della scelta nucleare. Credeva di stare in un salotto bene della Brianza o di Tor Bella Monaca! “Viuuleeenza” e paura, così l’Italia non farà mai più un passo avanti per poter “risuolare questo stivale” piazzato all’interno della faglia tettonica euro africana con centinaia di terremoti che ci attendono, non muoverà più un dito per gli Appennini allo sfascio per le continue erosioni e frane.



Occorrerebbe, invece, un ripensamento bipartisan che, correttamente, scientificamente e seriamente, sappia trovare le soluzioni ai problemi e rifiuti l’arrocco degli stolti dietro la “viuuleeenza” e la paura.

29 aprile 2009

Draghi, l'Istat e i bamboccioni

Draghi parla dei poveri, l’Istat disegna l’Italia, la famiglia parcheggia
di Roberto Maurizio

Impatto amplificato della crisi di Wall Street sui paesi poveri

Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi
Mentre i Grandi della Terra riuniti a Washington, il 25 aprile 2009, vedevano timidi spiragli di luce dopo mesi di buio, i dossier della Banca mondiale hanno messo a nudo i drammatici effetti sui paesi in via di sviluppo del terremoto con epicentro Wall Street. Il mondo avrà novanta milioni di poveri in più a causa della crisi finanziaria. Sulle economie più deboli del pianeta l’impatto della crisi sarà «grave», ha detto il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, parlando il 26 aprile, al Development Committee, un organismo della Banca mondiale, composto da 24 membri, eletti per due anni dai rappresentanti dei paesi o dei gruppi di paesi (constituencies), che nominano i membri del Consiglio degli Executive Directors. Il Development Committee si occupa di segnalare al Board of Governors le questioni critiche riguardanti lo sviluppo e di indicare il fabbisogno di risorse finanziarie per promuovere lo sviluppo economico nei paesi in via di sviluppo che detta le linee politiche della Banca mondiale.

Un’altra piega sulla piaga

«Rispetto a sei mesi fa, secondo il Governatore Draghi, la crisi ha preso un'altra piega. Quella che prima era una crisi che colpiva soprattutto le economie avanzate ora sta avendo un impatto pesante sui paesi in via di sviluppo e in transizione». «Diversi meccanismi di trasmissione, ha aggiunto il Governatore della Banca d’Italia, hanno agito in modo avverso nell'ultimo semestre: gli intermediari finanziari eccessivamente esposti... hanno tagliato i prestiti, una maggiore avversione al rischio ha ridotto i flussi di capitale verso i paesi emergenti, le entrate derivanti dall'esportazioni sono calate come conseguenza di una flessione del commercio e di una riduzione dei prezzi delle materie prime, le rimesse sembrano aver invertito la tendenza da anni positiva». A pesare sulle economie in evoluzione, quindi, sono il peggioramento del credito, il ridursi dei flussi di capitale verso i paesi emergenti e la caduta dei ricavi dell'export per effetto del declino dei volumi del commercio mondiale. Ma come si è propagata la crisi nel Terzo Mondo? La diagnosi di Draghi sui meccanismi che hanno colpito i Paesi più poveri è precisa. «Alcuni meccanismi di trasmissione hanno agito in modo avverso nell’ultimo semestre: gli intermediari finanziari eccessivamente esposti ai rischi di scadenza/cambio hanno tagliato i finanziamenti; l’aumentata avversione al rischio ha ridotto massicciamente i flussi di capitale nelle economie emergenti; gli incassi derivanti dalle esportazioni sono crollati come conseguenza del calo degli scambi commerciali e delle materie prime; le rimesse degli emigrati, normalmente un fattore anticiclico nei Paesi poveri, sembrano ora mostrare un’inversione nella loro tendenza pluriennale di aumento».

Gli standard di sorveglianza
L'ex Presidente della Banca mondiale, Paul Wolfowitz
La Banca Mondiale ha risposto "prontamente" secondo Draghi aumentando l'assistenza allo sviluppo attraverso due istituzioni che lavorano sotto la sua giurisdizione: l'International Bank of Reconstruction and Development (Irbd) e l'International Finance Corporation (Ifc). Pur lodando l'azione del presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, che ha sostituito da un paio di anni il discusso Paul Wolfowitz, Draghi sottolinea nel suo intervento la necessità che le nuove risorse canalizzate attraverso il Vulnerability Framework siano assoggettate agli stessi standard di sorveglianza e controllo seguiti per gli altri aiuti della Banca mondiale. In aggiunta, il nuovo impegno di Ibrd e Ifc deve rispettare la disciplina di bilancio ed è necessaria un'analisi dell'operato delle due istituzioni per quanto riguarda la sostenibilità finanziaria e l'esposizione al rischio.
Robert Zoellick, Presidente della Banca mondiale
Sulla riforma della Banca mondiale, Draghi sottolinea la necessità di un accordo per il riallineamento della presenza dei diversi paesi nel capitale della Banca, in favore delle nazioni in via di sviluppo, entro gli Spring meeting del 2010. Il numero di persone destinate a entrare in condizioni di estrema povertà aumenterà fra i 55 e i 90 milioni entro la fine dell’anno. Secondo i dati dell’Istituto di Washington nel 2005 erano un miliardo e 375 milioni le persone che vivevano con 1,25 dollari al giorno, ovvero il 25% della popolazione mondiale. L’obiettivo è dimezzare i livelli degli Anni Novanta portando il tasso di povertà al 20,9% entro il 2015. «L’economia globale si è deteriorata drammaticamente dall’ultimo incontro» spiega il comunicato del Development Committee, secondo cui «la crisi si è trasformata in un disastro umanitario», con già 50 milioni di nuovi poveri, in particolare donne e bambini. I Grandi della Terra devono intervenire per alleviare questo drammatico effetto, è l’appello della Banca mondiale. Ecco allora che i Paesi del G20 mobiliteranno, in termini di stimoli fiscali, 820 miliardi di dollari nel 2009 e 660 miliardi nel 2010.
La sede della Banca mondiale e Washington
La stima è dell’Fmi che rivede al rialzo le previsioni «relative alla metà di marzo» portando dall’1,8% al 2,0% del Pil complessivo del G20 il peso degli stimoli fiscali per l’anno in corso. Per il 2010 il peso degli stimoli è ritoccato dall’1,3% all’1,5%. In base alla revisione, le misure discrezionali decise dall’Italia risultano, al netto degli stabilizzatori automatici, pari allo 0,2% del Pil nel 2009 e allo 0,1 per cento nel 2010. Data la possibilità di una ripresa lenta, è stata considerata però la necessità di «possibili risorse addizionali», oltre ai cento miliardi per i prossimi tre anni.
Timothy Geithner
Sulla questione degli aiuti al Sud del mondo è intervenuto Timothy Geithner che ha chiesto alle istituzioni internazionali che si occupano di sviluppo di attuare una revisione ampia e condivisa delle loro politiche di azione assicurando di aver adeguate risorse per affrontare la crisi, una sorta di «stress test» per le «development bank». Geithner ha inoltre detto che gli Stati Uniti agiranno sino a quando «sarà necessario per riavviare la crescita» sia interna che globale, contrastando allo stesso tempo le emergenze economico-sociali dei Paesi in via di sviluppo. A questo proposito Washington destinerà allo sviluppo dell’Africa Sub-sahariana circa 8,7 miliardi di dollari entro il 2010.
I saldi demografici italiani
Mentre a Washington, il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, analizza, per filo e per segno, le cause e gli effetti della crisi economica e finanziaria mondiale, l’Istat in Italia, presenta il suo bilancio demografico relativo a gennaio-novembre 2008. La popolazione residente in Italia, secondo l’Istat, ha superato la soglia dei 60 milioni. Nello scorso novembre, la popolazione italiana ammontava a 60.017.677. Dopo cinquant'anni dal raggiungimento dei 50 milioni di residenti (avvenuto nel 1959), il nostro paese supera così quella dei 60 milioni. A questo risultato - precisa l'Istat - ha contribuito nei primi venti anni (cioé dal 1959 al 1979) la componente naturale della crescita, poi, con "intensità crescente e in misura pressoché esclusiva", la componente migratoria. Nel 2008, rispetto al 2007, si è registrato un incremento dello 0,7% pari a 398.387 unità. L'aumento è concentrato al nord-Est (+1,1%), al centro (+1%), al nord-ovest (+0,8%). Nei primi undici mesi del 2008 si è confermato un saldo naturale negativo (-4.431; nello stesso periodo del 2007 era stato -2.576) ed un saldo migratorio con l'estero elevato. Si sono avute 528.772 iscrizioni in anagrafe per nascita (+1,9%). Mentre per il movimento migratorio si è registrato un saldo positivo (+420.236), di poco inferiore a quello degli stessi mesi dell'anno precedente (+455.998). E' Bologna la provincia italiana con il tasso di occupazione più alto (72,4%) mentre Crotone resta la maglia nera con appena il 37,3% di persone tra i 15 e i 64 anni che hanno un lavoro: i dati disaggregati per Regione e provincia sulla media 2008 delle forze di lavoro sono stati diffusi oggi dall'Istat che sottolinea come la forchetta rispetto alla media del Paese (58,7% il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni nel 2008, con una crescita di appena 0,1 decimi di punto rispetto al 2007) resti molto ampia.

Lo stato dell’occupazione


Se infatti a Bologna lavorano quasi i tre quarti delle persone nella fascia di età considerata, a Crotone si supera appena un terzo della fascia. A livello regionale è rimasta invariata rispetto al 2007 la graduatoria delle prime cinque regioni con il tasso di occupazione più alto (Emilia-Romagna, Trentino, Valle d'Aosta, Lombardia e Veneto) e di quelle con i tassi di occupazione più bassi (Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata) mentre l'Umbria scavalca il Piemonte e sale alla sesta posizione. Il Piemonte scende dalla settima alla nona. Nelle regioni meridionali restano contenuti e comunque inferiori alla media nazionale i tassi di occupazione femminile: se in Emilia Romagna hanno un lavoro oltre sei donne su 10 in Campania la media scende a meno di una su tre. E se si considerano le province si scopre che è sempre Bologna la città con la percentuale più alta di occupate (il 66,6% mentre per i maschi la città più operosa è Reggio Emilia con l'82,8%). Per le femmine Crotone lascia la maglia nera a Caserta che con il 23% di occupate fa ancora peggio della città calabrese (23,2%). Tra le Regioni il Lazio supera per tasso di occupazione la media nazionale (con il 60,2% di occupati), grazie soprattutto alla provincia di Roma (62,6%) così come l'Abruzzo (59%) mentre le Regioni del Sud sono tutte sotto la media del Paese. La Lombardia è la quarta regione per tasso di occupazione mentre Milano è al settimo posto tra le province con il 68,7%. Il tasso di disoccupazione torna a crescere dopo nove anni di discesa ininterrotta e si posiziona al 6,7% ma anche qui con grosse differenze tra Nord e Sud. Se in Sicilia è al 13,8% in Trentino Alto Adige la media si ferma al 2,8% e in Emilia Romagna al 3,2%. Per le femmine il tasso di disoccupazione è in media all'8,5% ma oscilla tra il 17,3% siciliano e il 3,7% del Trentino. La provincia che ha nel complesso il tasso di disoccupazione più basso e Piacenza (1,9%), seguita da Bologna (2,2%) mentre il più alto è a Palermo (17,2%). Se si considera solo quello femminile il tasso di disoccupazione più alto è a Enna (22,2%), seguita da Sassari (21,5%). Nelle regioni meridionali è alto anche il tasso di inattività (ovvero delle persone che nella fascia di età 15-64 anni non hanno un lavoro e non ne cercano uno). Se in Italia la media è del 37% nella fascia considerata in Campania sale al 51,3% mentre in Emilia Romagna è al 27,4%.

Senza immigrati


Senza gli stranieri, sottolinea l'Istituto di statistica, l'Italia non avrebbe mai raggiunto la soglia dei 60 milioni di residenti: secondo le stime dell'Istat, infatti, la popolazione residente non supererebbe i 55.500.000. Il contributo della popolazione straniera - dice Angela Silvestrini, ricercatrice delle statistiche demografiche dell'Istat - è fondamentale. Senza di essi, gli italiani raggiungerebbero i 55 milioni e mezzo, una crescita di appena cinque milioni in 50 anni, da quando cioè è stata superata la soglia dei 50 milioni di residenti. Visto che gli stranieri attualmente sono stimati in circa 3.900.000 e che gli immigrati che hanno acquisito la cittadinanza sono fra i 400 mila-500, si può dire - sottolinea la ricercatrice - che degli attuali oltre 60 milioni residenti in Italia, quasi 4 milioni e mezzo sono immigrati.

I numeri per regioni
Nel 2008, rispetto al 2007, il numero dei residenti in Italia è cresciuto dello 0,7% pari a 398.387 unità. L'aumento si è concentrato al nord-Est (+1,1%), al centro (+1%), al nord-ovest (+0,8%). Nei primi undici mesi del 2008 si è confermato un saldo naturale negativo (-4.431; nello stesso periodo del 2007 era stato -2.576) ed un saldo migratorio con l'estero elevato. Si sono avute 528.772 iscrizioni in anagrafe per nascita (+1,9%). Mentre per il movimento migratorio si è registrato un saldo positivo (+420.236), di poco inferiore a quello degli stessi mesi dell'anno precedente (+455.998).

Previsioni
Anche le previsioni del futuro legano la crescita della popolazione italiana a quella straniera. Fra poco più di 40 anni, nel 2051 si stima che la popolazione residente nella Penisola raggiungerà i 61 milioni e 600 mila unità. Di questi, 10 milioni e 700 mila saranno stranieri.

Dalla famiglia comunità al parcheggio di bamboccioni (di Paolo Di Stefano)


Che cos’è cambiato in Italia negli ultimi 120 anni? Tutto o qua­si. Nel 1926, quando eravamo 40 milioni, la giovane contadina An­na, della provincia di Vicenza, che si sposò ventenne, poteva racconta­re di aver trovato, nella nuova fami­glia, «quatro omeni, più mé suoce­ro, mé suocera e mé cugnà». I figli, chissà quanti, sarebbero venuti do­po. Famiglie allargatissime al Nord. Figurarsi al Sud. Quando era­vamo 30 milioni, nel 1896, una con­tadina meridionale avrebbe potuto dire cose simili, sia pure con un dia­letto diverso. Ma rimanendo al cli­ché delle famiglie allargate, si pote­va raccontare anche un’altra storia rispetto a quella di Anna: per esem­pio, nel 1894, quella de « I viceré» di De Roberto. Famiglia nobile cata­nese, i cui componenti vengono di­vorati dall'odio, dalla sete di potere e dalla corruzione, fino ad averne deformati non solo i tratti morali ma anche quelli fisici. In realtà, ne­gli ultimi anni dell'800 prevalgono, in fotografia, le immagini dei gran­di eventi, cioè dei matrimoni in po­sa perfetta, le famiglione-comuni­tà di montagna, prete compreso al centro; oppure i quadretti interni di cucitrici in sala da pranzo e di ric­che famiglie con dietro quadri, can­delabri e l'immancabile pianoforte. Nelle famiglie operaie c'è sempre un giovane robusto «con due baffi da uomo» e cappello, al fianco di una ragazza con guanti e chignon approntato apposta per la comunio­ne del bimbo. Scalati tre decenni e dieci milio­ni, dipende. Se siamo nella Cala­bria più profonda, la guardia giura­ta del barone, fucile a tracolla e bar­ba incolta, può farsi riprendere con i quattro figli chi in piedi, chi sedu­to su un sasso, chi tra le braccia del­la mamma o della suocera, il cane in un angolo, la cesta al centro, per terra, colma di pane. La suocera non manca mai. A Palermo come a Belluno. Era lei che prendeva in ma­no le sorti domestiche della dina­stia, povera o ricca che fosse. Solo la guerra e il lavoro saranno capaci di sfilacciare provvisoriamente la famiglia italiana: basta pensare alle immagini di sole donne in gruppo, prive di padri e mariti, foto destina­te ai consorti al fronte o in emigra­zione perenne (in America prima, nelle miniere o nelle fabbriche del Nord dopo). Certo, tornando all'Italia dei qua­ranta milioni di abitanti, c'era già anche la famiglia dissipata che rac­conta Moravia ne « Gli indifferenti» (1929), dove la figura paterna viene sostituita dall'amante della madre rimasta vedova, in un intreccio di falsità e di ipocrisie borghesi. Ma la borghesia può permettersi combi­nazioni più fantasiose di quanto possa concedere il tran tran dell'ita­liano medio, concentrato per lo più a sbarcare il lunario. Sin dall'800 le figlie della borghesia studiano più a lungo delle altre e si sposano più tardi senza preoccuparsi di cercare lavoro. Le più povere trovano mari­to bambine e se non lo trovano da sé, c'è chi glielo impone. E ancora fin dentro ai ’60, da poco superati i cinquanta milioni, che scoccano nell'anno di grazia 1959. Quando possiamo trovare a Nord il dopo­pranzo delle mondine semiscoscia­te distese sui campi di fianco alle lo­ro biciclette, a Sud gli instancabili braccianti che continuano a scarica­re cassette di uva o di pomodori. O imbatterci in un cult dell’immagina­rio italiano: l’emigrante che dai fine­strini dei treni scarica grosse vali­gie chiuse da corde nelle banchine di stazioni ancora sconosciute. In at­tesa, ovviamente, di essere raggiun­to da moglie e figli, e magari anche da padre, madre, suoceri, cognati e nipoti. Perché la famiglia è — come scrisse nel 1973, Peter Nichols, cor­rispondente del Times da Roma— «il più celebre capolavoro della so­cietà italiana attraverso i secoli, il baluardo, l'unità naturale, il dispen­satore di tutto ciò che lo Stato ne­ga ». Così ancora nel '59, pieno boom economico, quando la Rai aveva già superato il milione di ab­bonamenti, dead line per le giorna­te di molti bambini, si apprestava a imporre, come avrebbe scritto Pa­solini, 'in tutto il suo nitore (...) il nuovo tipo di vita che gli italiani 'devono' vivere». Passato mezzo secolo, approdati nell'era del consu­mo edonistico e irresponsabile, e toccato il picco dei sessanta milio­ni di abitanti, chissà se la diagnosi sulla società familistica italiana pro­nunciata a suo tempo dal famoso corrispondente del Times avrebbe qualche senso. Anche in Italia la sa­cra famiglia è ormai un'entità da declinare al plurale: famiglie mono­parentali, famiglie miste nate dal­l’immigrazione, famiglie di fatto, famiglie instabili, famiglie deboli, famiglie esplose, famiglie corte e fa­miglie lunghe, famiglie-parcheg­gio per bamboccioni, per eterni adolescenti e per precari in attesa di una società che li accolga come cittadini a tutti gli effetti. Non tutto ciò che è contenuto in questo articolo di Paolo Di Stefano è condivisibile al 100%. Però, rappresenta uno “spaccato” che rasenta una parte consistente della verità, forse molto più complessa, ma dà una base di discussione che questo sito vorrebbe avere con i propri lettori.

28 aprile 2009

Un altro 25 aprile. Gregory Peck

Roma. Un altro 25 aprile. La città di Gregory Peck
di Roberto Maurizio

Una Vespa e basta

Via Ambaradam, via dei Laterani. Roma, 25 aprile 2009. Caput mundi? Obiettivo Panella. Largo Argentina. Strada libera fino a San Giovanni. Blocco al semaforo prima dell’ospedale. Blocco davanti l’ospedale. Blocco e basta. Ore 11.50. Ancora blocco. Ore 12.20, ancora blocco. Obiettivo non raggiunto. Retromarcia. Ma dove? Via dei Laterani? Ma non sei un taxi. Allora avanti, con il mal di denti e con la convinzione di fare altri 35 minuti in una fila pazzesca, in una metropoli senza controlli che non ti consente nessun ripensamento. Bastava un vigile (ma è il 25 aprile). Chi può ripensarci? I taxi (perché?). Anche loro bloccati, ma senza traumi, tanto paga il cliente scellerato che ha scelto Roma come vacanza. Vacanze romane. Se avessi avuto la mia bellissima vespa del 1957, come quella di Gregory Peck e della principessa Anna, Audrey Hepburn, non ci sarebbero stati problemi. Vacanza romane avvelenate, con una Nikon 80 e un 500 Sigma per poter immortalare Marco Pannella e la sua esaltante esibizione che tanto si avvicina alla gente normale, non infetta dall’antifascismo che chiede ancora vendetta, dall’anticomunismo che chiede la forca: vacanze romane imbavagliate. Getto la spugna. Giro a sinistra, anche se in questi tempi non conviene. Infatti, imbocco via dei Laterani, in senso vietato, e mi sento libero. Libero di essere bersagliato come un delinquente con 12 punti in meno sulla patente, una multa da 500 euro e meno male che non sono stato arrestato. Le disfunzioni ricadono sui miserabili, cioè sui cittadini, cioè su quelli che pagano le tasse, cioè su quelli che come me hanno bisogno di un mondo migliore, che vogliono una città come quella di Gregory Peck.

Lerner e Vespa. Aspetta un Vattimo

Aspetta un Vattimo
di Roberto Maurizio
Gianni Vattimo


Parole al vento


Gad Lerner parla di Di Pietro. Vespa ospita Franceschini. Ecco le espressioni più utilizzate durante le due trasmissioni televisive. Area minimalistica. Ventre molle. Fisognostica. Uomo del trattore. Partito che protesta. Mutazione genetica. Giustizialista. Attributi. Allarme dittatura. Fioretto. Un set di coltelli. Cantiere. Una china che porta verso una separazione consensuale. Art. 30. Mele marce. Condivisione programmatica. Spazio di un mattino. Far vedere i muscoli. Binetti. Pensiero letale. Ceti intellettuali. Mani pulite. Virus della democrazia. Il predellino. Domanda sociale. Un possibile travaglio. Legge e ordine. Riformismo nemico a sinistra. Identità che non esiste più. L’asticella. Emorragia dei consensi. Centrocampisti e retrocessione. Pronto soccorso. Low profile. Mobilità elettorale. Credibilità delle persone. Il Porcellum. Anomalia sulle furbizie. Gruppo europeo. Scorazzati. Sassoli. Pd non entra nel Partito socialista europeo. Un passo più avanti. Porte girevoli. L’idea è buona. No destra né sinistra. Di sinistra o una cosa giusta. Interventi strutturali. Buttare dalla finestra. Ideologicamente viziate. Patto di stabilità. 14 miliardi in cassa. Evasione fiscale. Delitto. Tracciabilità dei pagamenti. Terza villa, terza barca. Commento: ma il povero terremotato abruzzese, sotto la tende che cacchio capirebbe di tutte queste parole al vento?

Santoro sputa, Vespa lecca


Lerner è un istrione. Durante la sua trasmissione fa il “seminarista ebreo di sinistra, ma non troppo”, diventa una “belva” se ospite di Santoro. Una trasmissione, quella di ieri sera di Gad, buona, forse con molti ascolti, ma priva di “nerbo”, l’arma utilizzata dai giornalisti di sinistra che non fanno altro che fare piacere al produttore che guadagna e a Berlusconi che prende i voti. Vespa come contraltare di Santoro (Santoro sputa, Vespa lecca) invece, più pacato, più “sornione come un orso marsicano”, presenta un leader in “nuce”: Dario Franceschini. Che dio ce lo mandi buono, senza bandiera in testa. Aspetta un Vattimo. E se vincesse le eureopee?

27 aprile 2009

La Chimera e la peste suina

La peste suina e la Chimera
di Roberto Maurizio


Rai 3 tifa per la peste suina. Annuncia un caso a Venezia. Telegiornale (un termine che dovrebbe essere negato a chi fa informazione di parte) subito smentito da “Leonardo”, dall’unico uomo presente in quella trasmissione di femmine che parlano bene l’inglese e razzolano male. Mentre il virus messicano potrebbe arrecare danni gravissimi all’umanità, in Italia si parla ancora del non riconoscimento dei repubblichini con i partigiani. Ma chi se ne frega! I tempi sono cambiati, i virus si sono tramutati, le influenze aumentano, ma resta ancora la guerra civile di 60 anni fa. Speriamo che qualcuno possa capire che le ideologie di fronte alla vita degli uomini e delle donne non valgono niente. Sono stati capaci solo di procurare morti e distruzione. “Stringiamoci a coorte” ma non siam pronti alla morte. Cambiamo anche quest’inno di Mameli vecchio di 200 anni. Stringiamoci per prevenire una catastrofe imminente, senza soluzione di continuità. Stringiamoci per salvare il salvabile, poco, ma consistente. La chimera è la fonte di tutti i mali, la chimera siamo noi. Ma c’è ancora poco tempo per salvarci? Decisamente sì. Ma i giornali e i telegiornali devono vendere. Franceschini con la sua “equivicinanza” non fa più notizia, l’Abruzzo ormai è nel dimenticatoio, non ci restano che porci e Porcellum!

Franceschini, il trionfo dell'equivicinanza

L’equivicinanza di Franceschini trionfa
di Roberto Maurizio

Il Segretario nazionale del Pd, Dario Franceschini, conquista punti. La notizia è di ieri, 26 aprile 2009: il disegno di legge presentato al Parlamento da un’iniziativa bipartisan, Pdl e Pd, sarà ritirato, come aveva chiesto il 25 aprile Franceschini. Ad annunciarlo è stato lo stesso Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi che ha tenuto a precisare che il Governo non era a conoscenza della proposta presentata dall’On. Barani (Pdl) nel mese di luglio del 2008 e da una serie di parlamentari anche del PD, come gli onorevoli Corsini, Fogliardi e Narducci (che poi hanno ritirato la firma il mese scorso). Il disegno di legge prevedeva la parificazione dei partigiani con i repubblichini della Rsi. Il Segretario del Pd, Dario Franceschini, appresa la notizia, ha risposto con una battuta: «Mi hanno detto che poteva essere un boomerang invitare Berlusconi in piazza per il 25 aprile. Poi gli ho chiesto anche di ritirare il disegno di legge. Questa seconda cosa è un boomerang o è una cosa buona?». Anche il capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro, definisce la decisione del Capo del Governo un “successo” dei Democratici. Insomma, l’equivicinanza annunciata ieri da “Stampa, Scuola e Vita”, sembra aver fatto dei passi avanti. Non si può equiparare chi combattè dalla parte giusta a chi invece lottò per una causa tragicamente sbagliata, ma la riconciliazione nazionale dopo 60 anni e la convivenza pacifica e civile tra tutti i cittadini italiani è un obiettivo minimo da raggiungere nel breve termine. Spegniamo le micce e accendiamo il cervello.

26 aprile 2009

Un altro 25 aprile: l'equivicinanza

Un altro 25 aprile: l’equivicinanza
di Roberto Maurizio
La foto è di Roberto Maurizio

'A livella

Tutti conoscono, si presume, la poesia di Totò, Antonio De Curtis, “A livella”. Ho provato a sostituire i due protagonisti della bellissima poesia del più grande comico italiano di tutti i tempi, il nobile marchese signore di Rovigo e di Belluno e Esposito Gennaro, rispettivamente, con un Colonnello partigiano e con un Brighetto repubblichino e spostando la data dal 2 novembre alla Festa della liberazione. Vediamo cosa è venuto fuori. Ogni anno, il 25 aprile, c’è l’usanza di andare a Porta San Paolo o in un cimitero dei caduti della seconda Guerra mondiale; tutti devono avere questa accortezza, tutti devono avere questo pensiero. Ogni anno, puntualmente, in questo giorno, che rappresenta una bella ricorrenza sono andato anch’io a portare dei fiori sulla bara di un Partigiano delle Langhe, un certo Zi’ Vincenzo. Mentre era intento a posare i fiori sulla bara di Zi’ Vincenzo, mi sono fatto coraggio e cominciato a visitare altre tombe. Quando si avvicinava l’ora di chiusura, tomo tomo, guardavo qualche sepoltura. «Qui dorme in pace il Comandante Partigiano che si è battuto a Rovigo e a Belluno, ardimentoso eroe di mille imprese, morto l’11 maggio del 1944, chiamato prima “Naviga” e poi “Sire”». La tomba aveva uno stemma luminoso ed era avvolta da mazzi di rose e da “cannelle, canne lotte e sei lumine”. Accanto, invece c’era una “tomba piccirella, abbandonata, senza manco un fiore; pe’ segno, solamente ‘na crucella”. Sulla croce di legge “Brighetto Esposito Gennaro, repubblichino”. Tutto intento a visitar le tombe non mi accorsi che ero rimasto chiuso dentro il cimitero. Ad un certo punto nella notte si avvicinarono a me due ombre. La prima era quella del brillante Comandante Partigiano con la bandiera rossa, la falce ed il martello, la seconda quella “fetente” del repubblichino. Il “Sire”, allora, si rivolse al don Gennaro: «Da Lei vorrei saper, vile carogna, con quale ardire e come avete osato di farvi seppellir, per mia vergogna, accanto a me che sono blasonato! La casta è casta e va, si, rispettata, ma Lei ha perso il senso e la misura; la sua salma andava, si, inumata; ma seppellita nella spazzatura! Ancora oltre sopportar non posso la sua vicinanza puzzolente, fa d'uopo, quindi, che cerchiate un fosso tra i vostri pari, tra la vostra gente». «Signor Partigiano, nun è colpa mia, i'nun v'avesse fatto chistu tuorto; la mia gente è stata a ffa' sta fesseria, i' che putevo fa' si ero muorto? Si fosse vivo ve farrei cuntento, pigliasse 'a casciulella cu 'e qquatt'osse e proprio mo, obbj'...'nd'a stu mumento mme ne trasesse dinto a n'ata fossa». «E cosa aspetti, oh turpe malcreato, che l'ira mia raggiunga l'eccedenza? Se io non fossi stato un titolato avrei già dato piglio alla violenza»! «Famme vedé.. piglia sta violenza... 'A verità, Partigiano é, mme so' scucciato 'e te senti; e si perdo 'a pacienza, mme scordo ca so' muorto e so mazzate!... Ma chi te cride d'essere...nu ddio? Ccà dinto,'o vvuo capi, ca simmo eguale?... ...Muorto si' tu e muorto so' pur'io; ognuno comme a 'na'ato é tale e quale». «Lurido porco!...Come ti permetti paragonarti a me ch'ebbi medaglie, riconoscenze, premi e citazioni, da fare invidia a Generali Alleati? «Tu qua' Natale...Pasca e Ppifania!!! T''o vvuo' mettere 'ncapo...'int'a cervella che staje malato ancora e' fantasia?... 'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella. 'Nu rre,'nu maggistrato,'nu grand'ommo, trasenno stu canciello ha fatt'o punto c'ha perzo tutto,'a vita e pure 'o nomme: tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto? Perciò, stamme a ssenti...nun fa''o restivo, suppuorteme vicino-che te 'mporta? Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive: nuje simmo serie...appartenimmo à morte»!

Uguali di fronte alla morte

Il Sindaco Letizia Moratti e il padre

Solo il grande Totò poteva avere queste intuizioni e questi sentimenti. Di fronte alla morte non esistono differenze tra ricchi e poveri, tra vincenti e perdenti, tra imprenditori ed operai, e, noi, aggiungiamo, tra partigiani e repubblichini. In Italia, basta poco per essere etichettato. Chi chiede pietà per i “ragazzi di Salò” viene subito definito fascista. Quello che si chiede in questa nota, parafrasando Giulio Andreotti, non è l’equidistanza, ma l’equivicinanza, un neologismo che dovrebbe essere utilizzato anche per l’esigua distanza della tomba del “Sire” con quella di “don Gennaro”.

L’armadio della vergogna

L’Unità del 25 aprile 2009 è dell’avviso che: «non basta la buona fede per dimenticare, attraverso il nobile sentimento della pietà, 2.273 stragi naziste e repubblichine che hanno ucciso, torturato e massacrato 25 mila tra uomini, donne e bambini in soli due anni, tra il 1943 e il 1945»? Il contributo di sangue che l’Italia versò nel Secondo conflitto mondiale fu di 443.000 morti di cui 130.000 civili. «Il 15 aprile 2003 - continua lo stesso articolo de l’Unità - nella XIV Legislatura, è stata istituita una commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause dell'occultamento dei fascicoli relativi a crimini nazifascisti. I fascicoli sono 695, occultati per più di mezzo secolo in un armadio, che è stato denominato “l’armadio della vergogna”. Purtroppo è tutto scritto da sempre. Purtroppo quel fiume carsico che non riaffiora, e che ha portato alle stragi di quegli anni, è ancora lì».

Le cifre parlano



In un altro articolo, sempre dell’Unità del 25 aprile, si legge: «Sulla pietà non ci sono dubbi. Sul rispetto della storia anche, però. Il credersi nel giusto è un concetto applicabile a molti: non credevano di essere nel giusto le Ss? Non credevano di essere nel giusto gli uomini di Laurenty Beria, il capo della polizia di Stalin, quando in nome di una rivoluzione che avrebbe portato “al sol dell’avvenire”, prelevavano la gente di notte, per imprigionarli nei Gulag? Non credeva di essere nel giusto l’esercito americano che sterminò quasi soltanto donne e bambini Cheyenne del villaggio Sand Creek? Vale come un’assoluzione essere in buona fede»? L’Unità si è dimenticato tantissime altre cifre della seconda Guerra mondiale, come ad esempio i 6 milioni di ebrei uccisi dai nazifascisti, Hiroschima e Nagasaki con più di 160 mila morti in solo due giorni, i 19.600.000 morti cinesi, i 5.600.000 polacchi, i 7.600.000 tedeschi, i 2.600.000 giapponesi, e poi, 1.500.000 di indiani (non gli Cheyenne), 1.600.000 yugoslavi, e i 23.000.000 dell’Unione Sovietica.


La miccia lunga


Andra Camilleri

Mentre in tutti i paesi del mondo, colpiti più di sessant’anni fa dal Secondo conflitto mondiale, si è raggiunta la “pacificazione” e la “riconciliazione”, solo in Italia continua la “guerra civile strisciante”. Il “grande” Andrea Camilleri parla ancora della “miccia lunga” che continua ad ardere dopo 60 anni. Ma la miccia è destinata a fare esplodere la bomba e a procurare altre vittime? Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sottolinea che “piaccia o non piaccia” i partigiani furono determinanti per ridare la libertà all’Italia, ma questo è giusto e sacrosanto.

Le minacce di Bersani

Pier Luigi Bersani

Per Massimo D'Alema, invece, «la pietà fa parte dei sentimenti umani, ma non si possono mescolare i sentimenti» a quanto è accaduto nella storia perché altrimenti «questo è solo un modo per fare confusione e sulla confusione non si costruisce nulla». «Si torna sempre sui temi che dovrebbero essere limpidamente chiari. Noi viviamo in una Repubblica democratica che fu costruita da quella parte degli italiani che combatterono per la libertà, a fianco degli alleati e contro il fascismo e il nazismo». Secondo Pier Luigi Bersani «la pietà è per tutti, la riconoscenza è solo per chi ci ha dato la libertà». «Non si azzardino a proporre norme in contraddizione con questo semplice principio». Quello che, forse, una nazione civile non è l’equiparazione, ma equivicinanza, la pacificazione, la riconciliazione e basta; non riconoscimenti di eroismo o di medaglie postume a chi scelse la parta sbagliata con il senno del poi.


Bouteflika e la riconciliazione


Magdi Allam

Prendiamo esempio dall’Algeria. Un paese insanguinata da una guerra civile, non 60 anni fa, ma solo da poco più di un decennio, ha visto cadere sotto l’odio dell’isterismo incivile della lotta fratricida, 250.000 vittime (10 volte di più della Lotta partigiana italiana, le cifre nel calcolo dei morti sono sempre poco opportune e insignificanti, però…). A pochi anni di distanza dalla insana mattanza, il Presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika sta cercando a tutti i costi la riconciliazione e la pacificazione. I risultati finora raggiunti sono buoni. Restano delle frange di irriducibili, ma quello che conta è puntare sulla pace e sullo sviluppo. Come mai in Italia si deve parlare ancora di odio, di “micce ancora accese”, dopo più di mezzo secolo di distanza? Fra pochi anni, credo e spero, che anche Israele e Palestina avranno superato tutti i problemi, mentre in Italia si parlerà ancora del nazifascismo e della sua crudeltà. Non bisogna mai dimenticare, è vero. Ma i ricordi devono servire per costruire e non per distruggere. I ricordi servono per non commettere più gli stessi errori. Ecco perché la “equivicinanza” potrebbe essere una soluzione definitiva: mettere una pietra sopra il passato, senza però assolvere i criminali che resteranno tali per l’eternità. Per seguire questo cammino, sarebbe necessario abbandonare tutte le vecchie ideologie che producono solo intolleranza, come quella di fischiare e insultare il Sindaco di Milano, Letizia Moratti, durante le celebrazioni del 25 aprile di due anni fa con il padre, un reduce di Dacau, o di non permettere al Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, di partecipare alla manifestazione di Porta San Paolo, o di offendere con urla e fischi i rappresentanti della Brigata ebraica, tra i quali spiccava Magdi Allam: “Assassini, Palestina libera” questo uno dei tanti slogan pronunciati a Milano dai contestatori “pacifici” del 25 aprile lombardo.


Riconciliazione “modello Franceschini”



Il Segretario nazionale del Pd, Dario Franceschini


Un “modello” da seguire, potrebbe essere quello del Segretario nazionale del Pd, Dario Franceschini, secondo il quale, anche se «non si può equiparare chi combattè dalla parte giusta e chi invece lottò per una causa tragicamente sbagliata», si può personalmente essere “equivicini”. Infatti, con un padre partigiano, Franceschini ha sposato la figlia di un repubblichino. «Un conto, (quindi ndr), la comprensione (equivicinanza ndr), altro è l'equiparazione (equidistanza ndr) che non va fatta». La riconciliazione tra partigiani e fascisti nella mia famiglia di Franceschini avvenne nel 1952, quando il padre Giorgio, che rappresentava la Democrazia cristiana nel Comitato di liberazione nazionale di Ferrara, sposò la madre Gardenia Gardini, figlia di Giovanni Gardini, che fu in Libia con Italo Balbo, aderì a Salò, divenne podestà a San Donà di Piave e dopo la Liberazione dovette nascondersi per anni.

Gardini boia


La moglie di Franceschini, da ragazzina, andava a scuola con gli occhi bassi, per non vedere le scritte sui muri "Gardini boia", "Gardini a morte". Giovanni Gardini era di Poggio Renatico, tra Ferrara e Bologna. Aveva aderito al fascismo insieme con il medico del paese, Enrico Caretti, amico di Italo Balbo. «Caretti e mio nonno, racconta il leader del Pd, sposarono due sorelle, mia zia Albina e nonna Maria». I due ferraresi, ormai parenti, seguono Balbo in Libia, quando nel '34 sostituisce Badoglio come governatore della Tripolitania e della Cirenaica. Gardini è funzionario all'ispettorato dell'Agricoltura. Caretti è segretario federale del Pnf a Tripoli. Muore, insieme con un altro ferrarese, Nello Quilici, padre di Folco, sull'aereo di Balbo, abbattuto dalla contraerea italiana nel cielo di Tobruk il 28 giugno 1940. Il nonno di Franceschini torna in Italia e accoglie in casa la vedova e gli orfani di Caretti, che crescono con i suoi due figli: Gardenia e Annio, chiamato così perché tenuto a battesimo da Annio Bignardi, il gerarca più vicino a Balbo, che sarà tra i firmatari dell'ordine del giorno Grandi per deporre il Duce.


La Pira, Scalfaro e Gonella

Giorgio La Pira

In quegli stessi anni, a Ferrara cresce un giovane studente cattolico, di idee antifasciste. È Giorgio Franceschini. «Papà, racconta Franceschini, combatté in Albania, poi tornò in Italia, a Lucca, dove conobbe La Pira e si avvicinò al suo circolo. Dopo l'8 settembre tornò a casa e si schierò con i partigiani. Senza prendere le armi, ma facendo attività politica clandestina. Entrò nel nuovo Cln provinciale, dopo che i precedenti erano stati fatti fuori tutti, a Doro. Nel ‘53 Giorgio Franceschini, avvocato come il padre, Luigi, allora tra i più noti in città, e come il figlio Dario, entrò alla Camera con la Dc. Ma nel '58 nessun democristiano ferrarese fu rieletto. Franceschini senior divenne sindaco di Masi Torello, isola bianca nel mare rosso emiliano. «Papà non era un democristiano di sinistra. Era molto amico di Oscar Luigi Scalfaro e Luigi Gonella.

La riconciliazione

Dario Franceschini

Per questo, quando io aderii all'area Zaccagnini, fui considerato un ribelle. Il mio contraltare ferrarese era Alessandro Baratti, giovane comunista: ci scontravamo, ma eravamo legati da valori condivisi. Per questo, quando alla Fiera di Roma ho parlato di Costituzione e laicità, non ho detto cose democristiane né comuniste: esprimevo valori che avevamo in comune già allora». Durante l'occupazione nazista, il nonno materno di Franceschini fu podestà a San Donà di Piave. «Non fece nulla di male, anzi, protesse i partigiani, li aiutò a passare il confine jugoslavo ». Dopo la guerra, la Corte d'assise di Venezia lo assolverà da ogni accusa. «Ma il nonno non poteva comunque tornare al paese. Se si fosse fatto rivedere, l'avrebbero fatto secco. Fuggì. Stette via tre o quattro anni, tra l'Abruzzo, il Lazio, l'Umbria. Ma moglie e figli erano rimasti a Poggio Renatico. «La mia storia mi ha aiutato a capire molte cose. Non tutti gli uomini di Salò erano criminali, anche tra loro c'erano brave persone, in buona fede. Ma per me è sempre stata una verità assoluta che è impossibile equiparare e confondere le due Italie. Questo non significa che, fatta questa premessa, la conciliazione non sia possibile. Nella mia casa è già successa, molto tempo fa».

24 aprile 2009

Pannella, la peste nera e la stella gialla

Pannella, la peste nera e la stella gialla
di Roberto Maurizio

Marco Pannella e il Dalai Lama


La peste nera
“Le regole democratiche che i padri costituenti intesero porre alla base della Carta fondamentale dello Stato sono state, da subito ed in maniera ampia, disattese dai partiti, che si sono impadroniti del sistema politico-istituzionale del nostro paese. Nei decenni successivi il processo degenerativo ha investito tutti gli organi e le istituzioni repubblicane, via via erodendo lo Stato di diritto per finire ai giorni nostri, dove il processo di svuotamento e di svilimento della Costituzione viene a compimento in maniera così eclatante, oltre che condivisa”. Questo è il tema di fondo, scritto in “profondo radicalese”, del documento “La Peste Italiana”, ovvero la metamorfosi del Male in Storia (sessantennale) di distruzione dello Stato di diritto, della democrazia, della legalità (re) instaurando un regime neototalitario. Il documento, curato dal "Gruppo di iniziativa di Satyagraha 2009 per lo Stato di diritto e la democrazia cancellati in Italia", rappresenta la premessa fondamentale per la presentazione della Lista Bonino-Pannella alle prossime elezioni europee è stato presentato oggi, a Roma in via di Torre Agentina, 76. Andranno soli “i partigiani” della nuova Resistenza alle Elezioni Europee che “già si possono definire illegali” per chiarire alla gente come, “il male del ventennio fascista si sia in realtà trasformato e sia sopravvissuto, in altra forma, nel sessantennio partitocratico, attraverso innanzitutto la negazione della Costituzione e della legge scritta, la sottrazione delle grandi questioni sociali e di libertà alla conoscenza e alla possibilità di scelta dei cittadini”. Questo è l’annuncio dei vertici dei Radicali Italiani da Marco Pannella a Emma Bonino, da Sergio Stanzani a Antonella Casu, da Marco Cappato a Sergio D'Elia da Giorgio Pagano a Marco Perduca, da Niccolò Figà-Talamanca a Carlo Pontesilli, in cui si annuncia anche che il 25 aprile i radicali, alle 9.30 inizieranno una marcia in fila indiane verso l’Altare della Patria per proseguire poi verso il Quirinale, indossando magliette con il simbolo della “stella gialla in segno di monito e di allarme su come là dove vi è strage di legalità, di democrazia, di informazione, di giustizia, di diritti umani... vi sarà anche strage di vite e di popoli".

La risposta dei giovani ebrei

“Pannella cambi la sua proposta sulla stella gialla, metta al centro della bandiera europea la Stella di David”. Questa la risposta di Daniele Nahum, Presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia alla decisione dei radicali. Capisco e comprendo le ragioni di Marco Pannella e del Partito Radicale che denunciano di essere discriminati dai mezzi di comunicazione per le elezioni europee, però non posso fare altro che contestare la proposta di Marco di fare mettere la stella gialla ai candidati radicali alle europee, perché è di pessimo gusto visto che la Shoah non è comparabile a nulla. Ritengo che i contenuti in politica siano di fondamentale importanza e il Partito Radicale ha sempre incentrato l’azione politica su programmi forti, da amico mi permetto di fargli una proposta che va in questa direzione ovvero basare la campagna elettorale del Partito Radicale sull’idea di fare entrare Israele nell’Unione Europea e dunque trasformare la stella gialla dei candidati radicali in una bandiera europea con una stella di David come simbolo dell’ingresso di Israele in Europa”.

Pannella, 60 anni di regime

Effetti perversi, sciabole e fioretti
di Roberto Maurizio Marco Pannella


Si avvicina il 25 aprile, la resistenza è alle porte. Compatti, compagni e camerati. Il ventennio sembra non finire mai! Pannella, giustamente, ricorda che è ora, dopo 60 anni, il triplo del fascismo, di mettere i piedi per terra e lottare contro un regime dittatoriale che ci governa da circa 21.900 giorni. Una conferma indiretta del “pensiero” del grande vecchio abruzzese, escluso da qualsiasi "agone" televisivo, è stata la trasmissione di Santoro del 23 aprile: l’Annozero delle sciabole e dei fioretti, dei maghi e del vento, dei travagli e dei montanelli ripescati, dei lerner affocati che non fanno bene alla causa dello Stato di Israele, del prezzemolo prezzolato da Mediaset e cacciato a suon di milioni, cioè l’enrichetto. I giornalisti, ricchi sfondati, si piangono addosso e accusano il tiranno, il malvagio Berlusconi, come il male peggiore di questa Italia, mentre la crisi butta sul lastrico milioni di persone che non riescono a raggiungere la fine del mese. Questi pezzenti senza una lira prima e senza un euro adesso non sono mai stati a Lampedusa e non avranno mai la possibilità di vederla nemmeno da lontano. Chi invece è ospite di spiagge di lusso, come Travaglio, trova anche l’opportunità di farsi sponsorizzare gratis un libro che sarà acquistato dalla stessa percentuale degli italiani che voterà alle europee per la sinistra incarnata da un Monatanelli, ex fascista, e da Franceschini, ex democristiano. Annozero, sicuramente avrà avuto un calo di zuccheri e di ascolti, e anche il bel riposato di Sanpietroburgo, Vauro, il mago del vento, ha fatto cilecca: si è potuto rifare gli occhi solo con la figa che ormai si è spostata a destra.

22 aprile 2009

Il discorso di Ahmadinejad a Durban II

Ahmadinejad, rimandato in italiano?
di Roberto Maurizio

Se dal discorso pronunciato a Ginevra il 20 aprile da Mahmud Ahmadinejad, durante la “Durban Review Conference”, il seguito della “World Conference Against Racism di Durban 2001”, si togliesse il riferimento allo Stato di Israele, del quale, però, il Presidente iraniano non chiede, in questo caso, l’eliminazione e non nega, sempre in questo caso, la Shoa, o come dicono i giornalisti italiani un po’ razzisti, l’Olocuasto, sembrerebbe quello di Mahumd, un tema scritto da un liceale di sinistra, una “zecca”, come viene definito a Roma. E’ scritto abbastanza bene, è scorrevole, ma i contenuti non vanno al di là della sufficienza. Ahmadinejad sarebbe stato rimandato in italiano. Se si tolgono alcune parti, e si fa correggere per la valutazione questo tema-discorso di Ahmadinejad da un professore di italiano, sarebbe meglio da una professoressa, possibilmente zitella, forse non raggiungerebbe nemmeno il 5 meno meno. Quello che non si capisce, perché mai abbia suscitato tanto scalpore un tema liceale. Le cose che dice contro gli Stati Uniti sono le stesse che vengono sostenute, non solo dalle “zecche” di diciotto anni, ma anche da fior fior di sindacalisti e da rifondaroli. La professoressa di prima, se invece fosse trasformata in una sessantottina ex Lotta Continua, sui punti relativi al capitalismo e all'imperialismo americano darebbe allo studente modello Mahmud perlomeno 9. Là dove, però, il “candidato” Mahmud raggiungerebbe l’en plein, il massimo dei voti, addirittura 10 con lode, è la parte che contiene il riferimento alla religione, ovviamente non deve essere la zitella, né la comunista, ma una professoressa di Comunione e Liberazione. Durban II, in effetti, è difficile da spiegare. Quello che si capisce, però, leggendo il "tema-discorso" è il grande successo che il Presidente ha avuto al suo ritorno in patria. Infine, quello che non ho capito, perché nessun giornale abbia riportato integralmente il “temino”, anche se forsennato, ma pur sempre di un Capo di Stato. Il problema forse, come dice lo stesso Ahmadinejad, è la mancanza di una nuova Organizzazione delle Nazioni Unite, occorre pensare veramente ad una forte e radicale riforma dell’Onu che risente ancora oggi degli echi provenienti dalla seconda metà del secolo scorso. Chi non si ricorda dei "Non Allineati" capeggiati da Tito, Nerhu e Nasser e del Gruppo dei 77?




Il testo integrale dell’intervento del Presidente iraniano, Ginevra, 20 aprile 2009 (traduzione non ufficiale)


Signor Presidente, onorevole segretario generale delle Nazioni Unite, onorevole Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, signore e signori.Ci siamo riuniti a seguito della conferenza di Durban contro il razzismo e la discriminazione razziale per cercare di agire concretamente in nome della nostra causa, che è sacra e umanitaria.Nel corso degli ultimi secoli l'umanità ha attraversato grandi dolori e grandi sofferenze. Durante il Medio Evo, pensatori e scienziati sono stati mandati a morte. A quell'epoca è seguita l'era della schiavitù e della tratta. Persone innocenti sono state prese prigioniere a milioni, separate dalle loro famiglie e dai loro cari e deportati in Europa ed in America nelle peggiori condizioni di vita che si possano immaginare. Un periodo oscuro, cui non furono ignote le occupazioni, i saccheggi ed i massacri di persone innocenti.Sono passati molti anni prima che le nazioni insorgessero e combattessero per la loro libertà e per la loro autodeterminazione: hanno pagato un prezzo molto alto nel farlo. Milioni di persone hanno perso la vita per cacciare le potenze occupanti e per stabilire governi indipendenti e nazionali. Tuttavia non trascorse molto tempo prima che le potenze rapaci imponessero due guerre all'Europa, due guerre che hanno afflitto anche parte dell'Asia e dell'Africa. Queste guerre terribili sono costate la vita a cento milioni di persone ed hanno lasciato il retaggio di devastazioni imponenti. Il fare tesoro della lezione impartita dalle occupazioni, dagli orrori e dai crimini di quelle guerre avrebbe senz'altro rappresentato una luce di speranza per le epoche a venire.Ma le potenze vincitrici si sono autonominate conquistatrici del mondo, ignorando o minacciando i diritti delle altre nazioni con l'imposizione di leggi ed accordi internazionali oppressivi.Signore e signori, prendiamo un momento in esame il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che è uno dei retaggi della prima e della seconda guerra mondiale. Quale logica regola un organismo i cui partecipanti hanno diritto al veto incrociato? Una logica simile come può non confliggere con i valori spirituali o umanitari? Non contrasta con i principi accettati di giustizia, uguaglianza davanti alla legge, amore e dignità umana? Non rappresenta una discriminazione, un'ingiustizia, una violazione ai diritti umani, un'umiliazione che colpisce la maggioranza delle nazionalità e dei paesi sovrani?Per quanto riguarda la salvaguardia della pace e della sicurezza internazionali, il Consiglio di Sicurezza è l'organo decisionale più importante del mondo. Come possiamo aspettarci una giustizia ed una pace effettive, quando di fatto le discriminazioni sono legalizzate e gli stessi organi legislativi sono in preda alla coercizione e alla forza, piuttosto che avere come guida la giustizia e i diritti?La coercizione e l'arroganza sono all'origine dell'oppressione e della guerra. Anche se oggi molti sostenitori di fatto del razzismo condannano con parole e slogan la discriminazione razziale, un gruppo ristretto di potenze può ancora decidere per tutte le altre nazioni tenendo conto dei propri interessi ed a propria discrezione, e può facilmente violare tutte le leggi e tutti i valori umani, cosa già verificatasi.



Dopo la seconda guerra mondiale si è fatto ricorso all'aggressione militare per privare un popolo intero della propria terra, col pretesto delle sofferenze patite dagli ebrei, e sono stati inviati migranti dall'Europa, dagli Stati Uniti e da altre parti del mondo al fine di istituire un governo assolutamente razzista nella Palestina occupata. In concreto, nel tentativo di porre rimedio alle conseguenze del razzismo in Europa, si è aiutata la costruzione in Palestina della più crudele, repressiva e razzista forma di governo.Il consiglio di Sicurezza ha contribuito a consolidare il regime di occupazione e lo ha sostenuto per sessant'anni, consentendo agli occupanti di commettere ogni sorta di atrocità. Ancora più deplorevole è il fatto che molti governi occidentali e quello degli Stati Uniti si siano impegnati a difendere questi razzisti intenti a perpetrare un genocidio, mentre le coscienze risvegliate e le menti più libere del mondo condannano l'aggressione, le brutalità ed i bombardamenti contro i civili perpetrati a Gaza. I sostenitori di Israele, a fronte di questi crimini, o approvano o tacciono.Cari amici, illustri delegati, signore e signori. Quali sono le cause prime delle guerre statunitensi contro l'Iraq, o dell'invasione dell'Afghanistan?

Quali motivazioni hanno sostenuto l'invasione dell'Iraq, se non l'arroganza del governo statunitense, le crescenti pressioni esercitate dai ricchi e dai potenti per espandere la propria sfera di influenza per perseguire gli interessi di gigantesche aziende produttrici di armi a scapito di una nobile cultura con migliaia di anni di storia alle spalle, la volontà di eliminare tutte le minacce, potenziali o pratiche che fossero, dei paesi arabi contro il regime sionista, e quella di controllare e saccheggiare le risorse energetiche del popolo iracheno?Per quale motivo quasi un milione di persone sono state uccise o ferite, ed altri milioni sono state strappate alla loro terra? Per quale motivo il popolo iracheno ha avuto danni per centinaia di miliardi di dollari? E perché il popolo americano è stato tassato per miliardi come risultato di queste azioni militari? L'aggressione all'Iraq non è stata forse progettata dai sionisti e dai loro uomini nel governo statunitense di allora, insieme ai paesi produttori di armi e ai detentori delle ricchezze? L'invasione dell'Afghanistan ha forse riportato la pace, la sicurezza e la prosperità economica nel paese?Gli Stati Uniti e i loro alleati non si sono limitati a fallire, nel loro intento di limitare la produzione di stupefacenti in Afghanistan; negli anni della loro presenza in Afghanistan le colture si sono perfino moltiplicate. La questione essenziale è: quali sono le responsabilità e le colpe del governo statunitense che decise l'invasione, e dei suoi alleati?[Gli statunitensi ed i loro alleati] rappresentano forse tutti i paesi del mondo? Hanno ricevuto un mandato? Sono stati autorizzati dai popoli del mondo ad intromettersi ovunque, ed in modo particolare nella nostra regione? Questi comportamenti non sono forse un chiaro esempio di egocentrismo, di razzismo, di discriminazione, di prevaricazione nei confronti della dignità e dell'indipendenza delle nazioni?Signore e signori, chi è responsabile per la crisi economica mondiale attualmente in atto? Da dov'è cominciata la crisi? Dall'Africa, dall'Asia o dagli Stati Uniti, paese dal quale si è diffusa in Europa e nei paesi alleati?Per molto tempo il loro potere politico ha imposto all'economia internazionale regolamentazioni economiche inique. Hanno imposto un sistema finanziario e monetario privo di autentici meccanismi di supervisione internazionali a nazioni e governanti che non avevano alcun ruolo nelle campagne o nelle politiche repressive. Non permettevano neppure ai loro cittadini di supervisionare o controllare le politiche finanziarie messe in atto. Hanno introdotto una quantità di leggi e di regolamenti contrari a tutti i valori morali, al solo scopo di proteggere gli interessi dei detentori di ricchezze e di potere.Gli Stati Uniti, inoltre, hanno imposto una visione dell'economia di mercato e della concorrenza che negava molte opportunità economiche cui invece sarebbe giusto accedessero anche gli altri paesi del mondo. Hanno scaricato i loro problemi sugli altri, mentre l'ondata della crisi imperversava infliggendo alla loro economia migliaia di miliardi di dollari di perdite. In questi stessi giorni, stanno iniettando centinaia di miliardi di dollari di denaro liquido preso dalle tasche dei loro cittadini e da quelli di altre nazioni in banche, compagnie ed istituzioni finanziarie sulla via del fallimento, complicando ulteriormente la situazione per la loro economia e per il loro popolo. Stanno semplicemente pensando a come mantenere il loro potere e la loro ricchezza. Non potrebbe importargliene meno dei popoli del mondo; non si interessano neppure del loro.






Signor Presidente, signore e signori, l'origine del razzismo sta nell'ignorare che l'essenza dell'esistenza umana è data dal fatto che l'uomo è la creatura prediletta di Dio. Il razzismo è anche il risultato dell'allontanamento dall'autentico percorso della vita umana e dagli obblighi che, nel mondo creato, spettano al genere umano; un allontanamento che impedisce una consapevole devozione verso Dio rendendo incapaci di pensare al significato profondo della vita o al percorso verso la perfezione che sono i principali testimoni della presenza divina, e di valori immanenti che hanno ristretto l'orizzonte delle prospettive umane ad interessi effimeri e limitati, divenuti l'unico campo di azione. Ecco perché il potere del Male ha preso forma ed ha esteso il suo dominio, togliendo a tutti la possibilità di accedere ad opportunità di sviluppo eque e giuste.Il risultato di tutto questo è stato lo scatenarsi di un razzismo che rappresenta ora una serissima minaccia per la pace tra le nazioni e che ha disseminato di ostacoli ovunque, nel mondo, il cammino verso la costruzione di una convivenza pacifica. Senza dubbio il razzismo simboleggia un'ignoranza profondamente radicata nella storia ed è segno indubitabile di frustrazione nello sviluppo della società umana.Per questo è importantissimo identificare le manifestazioni del razzismo nelle situazioni o nelle società afflitte dall'ignoranza deliberata o dalla mancanza di conoscenza. Questa crescente consapevolezza generale, insieme alla comprensione del significato profondo dell'esistenza umana, è il principale strumento per combattere le manifestazioni razziste, e testimonia sia la centralità del genere umano nel creato, sia il fatto che la soluzione del problema del razzismo passa dalla riscoperta dei valori morali e spirituali ed in definitiva dalla propensione alla devozione verso un Dio onnipotente.La comunità internazionale deve cominciare a muoversi collettivamente per stimolare questa consapevolezza nelle società più depresse, laddove l'ignoranza data dal razzismo ancora prevale, in modo da fermare la diffusione di questo malevolo contagio.Cari amici, il razzismo che la comunità universale si trova ad affrontare oggi sta offuscando, in questo inizio del terzo millennio, l'immagine dell'umanità.Il sionismo mondiale impersona un tipo di razzismo che falsamente si richiama alla religione, e che abusa dei sentimenti religiosi per mascherare il proprio odioso ed orribile volto. E'molto importante dunque mettere in luce gli obiettivi politici di alcune tra le potenze mondiali e di coloro che controllano enormi ricchezze ed enormi interessi in tutto il mondo. Costoro mobilitano tutte le loro risorse, la loro influenza economica e politica e tutti i media del mondo per sostenere, invano, il regime sionista e per diminuirne in piena malafede l'indegnità e la vergogna.Qui non si tratta di una semplice questione di ignoranza, e questo brutto modo di agire non può essere contrastato semplicemente con l'azione dei consolati. Occorre fare sforzi concreti perché gli abusi dei sionisti e dei loro sostenitori politici ed internazionali arrivino alla fine, nel rispetto della volontà e delle aspirazioni dei popoli. I governi devono ricevere incoraggiamento e sostegno nella loro lotta volta a sradicare questo razzismo barbaro ed a promuovere una riforma globale nei meccanismi che regolano le relazioni internazionali.Non c'è dubbio che tutti voialtri siate consapevoli delle cospirazioni intessute da alcune potenze e dalle conventicole sioniste contro i traguardi e contro gli obiettivi di questa conferenza. Purtroppo esistono una vasta opera letteraria e molte prese di posizione in sostegno dei sionisti e dei loro crimini. Ed è vostro compito, onorevoli rappresentanti delle nazioni, svelare queste macchinazioni che vanno contro ogni valore ed ogni principio umano.Deve essere chiaro che boicottare quest'assemblea, che ha un'enorme importanza internazionale, significa sostenere nei fatti questo palese esempio di razzismo. Difendere i diritti umani significa innanzitutto difendere il diritto di tutti i popoli di partecipare alla pari in tutti i processi decisionali internazionali di una qualche importanza, senza subire l'influenza di questa o di quella potenza mondiale.In secondo luogo, è necessario ripensare le organizzazioni internazionali esistenti ed i regolamenti che le fanno funzionare. Questa conferenza è una specie di esperimento e l'opinione pubblica mondiale di oggi e di domani trarrà precise conclusioni sulle nostre decisioni e sulle nostre azioni.Signor Presidente, signore e signori, il mondo sta attraversando mutamenti rapidi ed epocali. Le relazioni di potere sono diventate deboli e fragili. Possiamo sentire scricchiolare i pilastri del sistema mondiale. Le istituzioni politiche ed economiche più importanti sono sull'orlo del collasso. Si sta avvicinando una crisi mondiale per la politica e per la sicurezza. Il peggiorare della crisi economica mondiale, per la quale non si intravedono prospettive di miglioramento, dimostra la montante ondata di cambiamenti globali di portata molto ampia. Ho spesso sottolineato l'importanza di correggere la rotta sulla quale il mondo viene a tutt'oggi mantenuto ed ho anche messo in guardia sulle conseguenze che qualunque ritardo nell'affrontare questo compito di fondamentale responsabilità potrebbe portare con sé.Oggi, in questa preziosa occasione, vorrei ribadire a tutti i leader politici, a tutti i pensatori e a tutti i popoli del mondo rappresentati in questo incontro, a tutti coloro che desiderano la pace e la prosperità economica che le politiche economiche mondiali basate sull'ingiustizia sono giunte alla fine del loro cammino. Lo stallo cui si è giunti era inevitabile, a causa della logica vessatoria che sta alla base di queste politiche.Alla base del controllo condiviso degli affari mondiali ci sono invece aspirazioni nobili, incentrate sugli esseri umani e sul primato d'Iddio Onnipotente, che rendono vano ogni politica ed ogni piano che vada contro la volontà vera dei popoli. La vittoria del giusto sull'ingiusto e l'instaurazione di un sistema globale basato sulla giustizia costituisce la promessa d'Iddio Onnipotente e dei suoi profeti, ed ha rappresentato un obiettivo comune per tutti gli esseri umani nelle diverse società e nelle diverse generazioni che si sono succedute nella storia. La realizzazione di un futuro come questo dipende dalla consapevolezza della creazione e dalla fede dei credenti.La costruzione di una società globale rappresenta infatti il raggiungimento di un nobile obiettivo, rappresentato dall'instaurazione di un sistema comune globale che dovrà funzionare con la partecipazione di tutti i popoli del mondo ai processi decisionali più importanti; la costruzione di una società globale è anche la radice stessa di questo sublime obiettivo.Le competenze scientifiche e tecniche e le tecnologie di comunicazione hanno prodotto una capacità di comprensione comune e diffusa ovunque nella società mondiale, ed hanno anche fornito il terreno necessario all'edificazione di un sistema comune. Adesso tocca agli intellettuali, ai pensatori ed ai politici del mondo farsi carico delle proprie responsabilità storiche, credendo fermamente nella base di cui dispongono.Voglio anche porre l'accento sul fatto che il liberalismo occidentale ed il capitalismo sono arrivati alla fine, perché non sono riusciti a percepire la vera essenza del mondo e degli esseri umani.Hanno imposto i loro obiettivi e le loro direttive agli esseri umani. Non esiste in essi alcun riguardo per i valori umani e per quelli divini, per la giustizia, la libertà, l'amore e la fratellanza; hanno basato la vita sulla competizione estrema, ponendo avanti a tutto gli interessi materiali individuali e di gruppo.Adesso dobbiamo fare tesoro del passato sforzandoci tutti insieme di affrontare le sfide del presente, e a questo proposito, in conclusione, vorrei guidare la vostra gentile attenzione su due questioni importanti.In primo luogo, è assolutamente possibile cambiare in meglio la situazione mondiale presente. Sarà possibile farlo soltanto attraverso la cooperazione di tutti i paesi, che permetterà di ottenere il meglio dalle competenze e dalle risorse esistenti. Partecipo a questa conferenza perché sono convinto dell'importanza delle questioni affrontate, del fatto che è nostra comune responsabilità difendere i diritti dei popoli a fronte del sinistro fenomeno del razzismo, e perché è importante che io stia con voi, i responsabili del mondo.In secondo luogo, tenendo conto dell'inefficienza del sistema politico, economico e di sicurezza internazionale, è necessario non perdere di vista i valori divini ed umani, facendo costante riferimento ad un'autentica definizione di essere umano basata sulla giustizia e sul rispetto dei diritti di tutti i popoli in ogni parte del mondo e riconoscendo gli errori commessi in passato da chi controllava il pianeta. Occorre intraprendere azioni comuni per la riforma dei sistemi esistenti.Sotto questo aspetto è fondamentale riformare rapidamente il funzionamento del Consiglio di Sicurezza, eliminando l'istituto discriminatorio rappresentato dal diritto di veto, e cambiare il sistema finanziario e monetario mondiale.






E' evidente che il non comprendere quanto questi cambiamenti siano urgenti significherà affrontare ritardi a caro prezzo.Cari amici, fate attenzione al fatto che muoversi in direzione favorevole alla giustizia e alla dignità umane è come seguire la corrente rapida di un fiume. Non dimentichiamo l'essenza dell'amore e degli affetti. La prospettiva del futuro promesso all'umanità rappresenta una grande risorsa che può tenerci uniti nella costruzione di un mondo nuovo.Per fare del mondo un posto migliore, pieno di amore e di benedizioni, un mondo privo di povertà e di odio, che raccolga la crescenti benedizioni d'Iddio Onnipotente e la retta gestione operata da esseri umani nella loro completezza, stringiamoci tutti le mani, per l'amicizia e per la costruzione di un mondo nuovo.La ringrazio signor Presidente, ringrazio il Segretario Generale e tutti i signori partecipanti per aver avuto la pazienza di starmi ad ascoltare. Molte grazie.
Le foto sono de "Il Corriere della Sera"

21 aprile 2009

Durban II. Un giallo a Ginevra, Durban II

Razzismo: giallo a Ginevra, Durban II
di Roberto Maurizio
Carlo Dapporto, pubblicità Durban's 1957
Agostino, Durban’s ti fa sorridere come un dentice
Una volta, negli anni '50, era Carlo Dapporto a sorridere negli spot del dentifricio Durban's. L'attore torinese impersonava il baffuto ed ingenuo Agostino, strampalato che parla e storpia in piemontese i termini pià comuni e consueti. Al termine delle sue gags consigliava al malcapitato: "Sorridi come un dentice, sorridi durbans"! La conclusione è per la voce fuori campo che rammenta: "Volete aver successo ovunque? Procuratevi un sorriso Durban's!. Tenete allo splendore dei vostri denti? Scegliete Durban's!". L'Onu si è allineato alle gags dell'indimenticabile attore buttato nella spazzatura da un'italietta che non riesce nemmeno a valutare i suoi gioielli. Carlo Dapporto era un "gioello" buttato nel dimenticatoio da un popolo irriverente. Ma la Durbans ha avuto la sua rivincita. Non una, ma due Durbans, uno peggio dell'altra. Ma, si sa, sono le Nazioni Unite! Mentre a Durban I, Israele veniva crocifissa, come sa fare Vauro nelle sue vignette, a Durban II, si lasciano parlare a ruota libera tutti i dittatori esistenti ancora oltre l'anno 2000. I piccoli e malconci dittatori del '900 hanno trovato la loro rovina nella storia (Hitler, Mussolini, Stalin, solo per citare i più gettonati). Oggi, pullulano nel mondo, nonostante le Nazioni Unite: e non sono tre. Il razzismo è stata l'arma più avvelenta che ha contraddistinto i violenti tiranni del '900. Basta con il razzismo! Basta con le differenze del colore della pelle, della religione, degli occhi a mandorla, dei piedi piatti. Quando Darwin pensava alla sua teoria dell'evoluzione, non aveva in mente che George Washington da bianco sarebbe poi diventato nero, credeva che dopo miloni di anni gli animali si adattato alla natura e la natura li costringe a cambiare. Ma Darwin, qui, è fuori luogo. L'uomo e la donna non hanno ancora la capacità di trasformarsi in bestie in poche migliaia di anni. Diventeranno un'altra cosa tra milioni di anni. Ma, come diceva Keynes, nel lungo periodo non ci saremo più. Chi, invece, sono gli uomini e le donne di questo nuovo secolo? Delle bestie in evoluzione che attualmente non rispondono a nessun "comandamento" o, forse, a troppi "comandamenti" confliggenti. Basterebbe solo accorgersi di essere animali normali per poter vivere in pace e trovare insieme il benessere di tutti. Ma questa è pura fantasia. Allora: prima di tutto eliminiamo le differenze, quando invece ci sarebbe bisogno di sapere quali sono le similitudini. Non esistono differenze tra gli uomini e le donne del mondo perché siamo tutti uguali. Anche questa è una baggianata. Come si fa a dire che un ricco americano è uguale a un povero del Malawi? L'Onu, giustamente, ce lo impone. Allora, perché a Ginevra succede l'ira di dio?

Onu, da Durban I a Durban II

Tanto chiasso per niente. La seconda “Conferenza contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e le intolleranze connesse” ha approvato per acclamazione, oggi, all’unanimità il documento finale che prenderà il nome di Durban II, la città del Sud Africa che ospitò, nel 2001, la prima assise mondiale sul razzismo. Rispetto al documento di otto anni fa, quello votato oggi da più di 100 paesi dell’Onu a Ginevra non contiene nessun riferimento a Israele. Il documento finale è lo stesso di quello presentato come bozza venerdì 17 aprile, composto da sedici pagine, cinque sezioni e 143 punti, che non contiene nessun elemento polemico al suo interno nei confronti di alcun governo o gruppo particolare, ma solo, una burocratica e, volendo, anche noiosa sequenza formale di passi presi, da prendere e da mettere a punto per combattere il razzismo in tutte le sue forme. Questo è quello che emerge da un’analisi approfondita della versione integrale del documento finale. Nella versione approvata venerdì scorso, comunque (prima quindi che molti paesi occidentali confermassero la loro volontà di boicottare l’appuntamento), gli unici riferimenti precisi e degni di nota a qualche gruppo in particolare si trovano nella sezione più ampia (la quinta e ultima) e sono relativi ai migranti e ai richiedenti asilo, ai Rom-Sinti ai Gitani, alle popolazioni indigene di Asia e America Latina, ai discendenti degli schiavi africani, alle donne (discriminazione di genere), ai portatori di handicap o ai malati di Sindrome da immunodeficienza acquisita (Sida/Aids). Sulla base della lettura effettuata, alcuni dei passaggi del documento politicamente più rilevanti e in una certa misura critici sono quelli in cui si ricorda agli Stati di “assicurarsi che qualsiasi misura presa nella lotta contro il terrorismo venga portata avanti nel pieno rispetto dei diritti umani, in particolare del principio di non discriminazione…” o, riguardo i migranti, l’invito a “prendere misure per combattere il persistere di comportamenti xenofobi o stereotipizzazioni negative dei non cittadini (ovvero migranti e richiedenti asilo, ndr) , anche da parte di politici, forze di sicurezza, funzionari dell’immigrazione e responsabili dei media, che hanno portato a violenze xenofobe, omicidi e attacchi a migranti, rifugiati e richiedenti asilo”. Sempre sul fronte migranti – l’unico dove forse è possibile trovare passaggi che potrebbero aver irritato alcuni governi europei ed occidentali – il documento chiede un “approccio bilanciato e generale alle migrazioni”, invitando al dialogo internazionale e ad accordi di partnership tra paesi, oltre a “rinnovare la richiesta agli Stati di rivedere e, se necessario, modificare le politiche migratorie che risultano incompatibili con gli obblighi posti dal diritto umanitario internazionale”.

Intolleranza razziale

Riguardo alle polemiche relative a presunti passaggi antisemiti o anti-israeliani nel documento, dall’analisi effettuata non è stato possibile trovarne traccia. Anzi, nella relazione al punto 12 si denuncia “l’aumento del numero di incidenti legati a violenza o intolleranza razziale o religiosa e che include islamofobia, anti-Semitismo, Cristianofobia, e anti-Arabismo”, mentre al punto 60 di chiede “con urgenza agli Stati di punire le attività violente, razziste e xenofobiche di gruppi fondati su principi neo-Nazisti o neo-fascisti e altre ideologie violente” mentre al punto 66 si “ricorda che l’Olocausto non deve mai essere dimenticato, e in questo contesto chiede agli stati membri di adottare le risoluzioni dell’Assemblea Generale 60/7 e 61/225”.

Durban’s, il D’Amico’s
Sembra che il dentifricio più in voga nel mondo prenda in nome dal paese dell’Africa del Sud (Durban’s), come le gite scolastiche prendevano il nome di D’Amico. Durban’s e D’Amico’s lo stesso messaggio. Fai il viaggio che voi, nei tuoi denti e nelle tue corriere basta che non sollevi nulla nelle barriere.
Cento passi
Vicino a Israele ci sono cento passi, per percorrerli devi soltanto essere superiore ai programmi televisivi della Rai e di Mediaset. Un’impresa impossibile, se non ci fosse il telecomando. Spegni la Tv e accendi il cervello, una frase fatta, ma oltremodo efficace. Cento passi dalla giustizia, cento passi dal giornalismo corretto, cento passi dal tuo dentista. Ma come si fa a raggiungere la giustizia in Abruzzo se nessuno controlla i dentisti. Cadono le case come i denti. Ma se ti mancano i denti non puoi mangiare le bistecche, se non mangi le bistecche non si arricchisce il macellaio, se il macellaio non si arricchisce l’economia non funziona. Crollano le borse e tutti corrono al loro capezzale. Crollano i tuoi denti e nessuno se ne frega. Nemmeno il Vaticano che viene preso per il culo dalla Gialappa. Di Gialappa si può anche morire perché non riescono ad individuare il vincitore del Grande Fratello. Alle europee, hanno puntato su Franceschini che già si sta toccando le palle.
Tornando a bomba
Dall'ex campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, il vicepremier israeliano, Silvan Shalom, ha affermato che “cio' che l'Iran sta tentando di fare oggi non è troppo lontano da quello che Hitler ha fatto agli ebrei 65 anni fa”. Alla Conferenza di Ginevra, dei rappresentanti di 23 Paesi Ue che avevano lasciato la sala in segno di protesta, 22 sono tornati al loro posto. Unica eccezione la Repubblica Ceca, presidente di turno dell'Unione, che si è unita al boicottaggio già deciso da Israele, Stati Uniti, Canada, Australia, Italia, Olanda, Germania, Polonia e Nuova Zelanda. Presente anche la Santa Sede, che in una nota ha deplorato “l'utilizzazione del forum dell'Onu sul razzismo per assumere posizioni politiche, estremiste e offensive, contro qualsiasi Stato”. Un tale atteggiamento, spiega la nota, “non contribuisce al dialogo e provoca una conflittualità inaccettabile”. Per il Vaticano, “si tratta, invece, di valorizzare tale importante occasione per dialogare insieme, secondo la linea di azione che la Santa Sede ha sempre adottato, in vista di una lotta efficace contro il razzismo e l'intolleranza che ancor oggi colpiscono bambini, donne, afro-discendenti, migranti, popolazioni indigene e altri in ogni parte del mondo”. Resta la spaccatura tra i Ventisette, minimizzata dalla Presidenza Ceca di turno del'Ue che a nome di tutti ha chiesto che “la Conferenza si svolga in uno spirito di reciproco rispetto e di dignità”. Per il Ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, la bufera scatenata da Ahmadinejad “è stata tutt'altro che una sconfitta, piuttosto è stato l'inizio di un successo”. Il Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, da Malta, ha affermato che Ahmadinejad “è andato fuori tema”. L'Italia ha confermato “con forte rammarico” la sua decisione di non partecipare alla Conferenza sul razzismo a Ginevra perché il documento sul tavolo rappresenta "un compromesso fragile e contraddittorio". "Ma sulla lotta al razzismo e alla discriminazione non sono possibili compromessi al ribasso", sottolinea una nota della Farnesina. Intanto Ahmadinejad è stato accolto da eroe al suo rientro a Teheran. Alcune decine di militanti fondamentalisti hanno scandito slogan come "Morte all'America" e "Il regime sionista va eliminato" all'uscita del presidente iraniano dall'aeroporto.