di Roberto Maurizio
Dedicato a una segretaria di un istituto privato di Roma
2 aprile 2009. La Basilica. Foto di Roberto Maurizio
Giornata particolare, il 2 aprile 2009. Come da calendario, dovevo essere sul sagrato di Piazza San Pietro per poter “onorare gli impegni” con i lettori. Niente di più sbagliato nei media, garantire le notizie del futuro. La scommessa, invece, è risultata, alla fine, vincente. Vediamo adesso se le prossime avranno la stessa “fortuna”. Per seguire il mio calendario, serve, oltre all’accettazione dell’inevitabile esistenza di un pizzico di follia di ambo le parti, un particolare animo sensibile, come quello di una segretaria di un istituto privato di Roma.
La corsia preferenziale
L’udienza generale di Benedetto XVI con i “Papa Boys” e la Santa Messa per il “dono” della beatificazione di Papa Giovanni Paolo II si sono celebrate il 2 aprile 2009, nella Basilica di San Pietro, sotto un cielo quasi primaverile, con qualche folata di vento gelido a tratti. Papa Ratzinger ha pregato per la “corsia preferenziale” verso la beatificazione del Papa polacco, senza però soffermarsi sui tempi. Per una “felice coincidenza”, questa data ha segnato anche il quarto anniversario della morte di Papa Wojtyla, così l’incontro con i giovani e la messa hanno assunto una duplice valenza. “Fare memoria del grande Pontefice e raccoglierne l’eredità”. Questo la sintesi dell’omelia di Ratzinger su Papa Giovanni Paolo II che era solito incontrare i “Papa Boys” proprio il giovedì prima della domenica delle Palme, in vista della Giornata mondiale della gioventù (Gmg) che si celebra su base diocesana. Benedetto XVI ha parlato ad una vera e propria “generazione”, formatasi alla scuola di ben 23 Giornate mondiali della gioventù e che nell’ora della morte “volle manifestargli di aver compreso i suoi ammaestramenti”.
L'amore per l'Africa di Giovanni Paolo II racchiuso nello sguardo di questa suora
La Bocca della Verità
Prevedendo una grande e festosa affluenza, prendo la macchina per tempo e, da buon romano, mi armo di telecamera, di macchinetta fotografica, di teleobiettivo “500” e di una buona dosa di pazienza sapendo del difficoltoso, tortuoso ed estenuante cammino da percorrere. Una Roma, come al solito, intasata. Passo davanti al Circo Massimo, dove stavano allestendo il palco della Cgil. Pensavo già alla via di fuga per il ritorno, non sapevo che la manifestazione “isolata” della Cgil si sarebbe svolta solo il 5 aprile. Costeggio la Bocca della Verità (che per i romani automobilisti è la cartina di tornasole del traffico del Lungotevere: se è intasata la salita della bocca figuriamoci l’uscita)! E ripenso ai miei anni trascorsi in mezzo al traffico: quasi un terzo della vita degli italiani viene buttata all’interno di un’autovettura (due terzi delle loro sofferenze, invece, lo passano gli “utenti” della Salerno Reggio Calabria). Vicino alla Sinagoga, un “intelligente” avviso stradale luminoso ti avvisa, nonostante il convulso caos di lamiere che ti soffoca, del “traffico scorrevole”: “per Ara Pacis, solo 20 minuti”. Prima di arrivare all’Ara Pacis, mi butto a sinistra (seguendo i consigli di Totò). E qui inizia un’altra disavventura tipica dei romani capitolini: la ricerca quotidiana quasi impossibile del parcheggio. Istintivamente, vado dritto verso Cola Di Rienzo. Poi, Piazza del Risorgimento. Niente parking! Finalmente, dopo i “doverosi” tre giri, ecco un posto in via dei Gracchi, proprio davanti a un’impresa mai in crisi: le Onoranze funebri.
I Papa Boys
Timbrato il biglietto di sosta, mi dirigo, rigorosamente a piedi verso Piazza San Pietro (c’è qualcuno che attraversa la “frontiera” con l’auto blu). La gente dei “Prati” è quella di sempre, mezzo addormentata, stravolta, simpatica, indaffarata qb. Non c’è molto movimento. Più mi avvicino alla Piazza, più l’atmosfera si anima di ragazzi, bandiere, tamburi, fazzoletti, suore, preti, poliziotti, carabinieri, guardie svizzere. Finalmente, il colonnato. Un fila interminabile si snoda per tutto l’emiciclo. Non è la stessa fila che si vede tutti i giorni nelle poste italiane di gente incazzata, ma un “lungo serpentone festoso” pieno di colori e di sorrisi. Come quattro anni fa, i Papa Boys attraversano Piazza San Pietro e rivolgono lo sguardo verso quella finestra dove si consumavano le ultime ore terrene di Giovanni Paolo II. Un ragazzo polacco lancia un grappolo di palloncini al di sotto dei quali posiziona uno striscione dove c’è scritto solamente Jaohannes Paolus II. Il nome dell’”Atleta di Dio”, del “Viaggiatore instancabile”, del Papa comunicatore, sorvola Piazza San Pietro, si posa sulla stele, si colloca davanti gli schermi televisivi giganti della televisione vaticana, accarezza per un secondo il volto di Karol Wojtyla che appare in sovrapposizione con quello di Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia.
Un serto di rose profumate
Questa è la foto più bella. Una mano racchiude l'amore "nascosto" per l'Universo intero. Foto di Roberto Maurizio
Nella lunga coda emergono su tutti, i volti delle giovani suore sui quali si può leggere una dolcezza infinita e una profonda fede, testimoniata anche dal tenero abbraccio delle dita affusolate sui grani di una corona del santo rosario tenuta come un serto di rose profumate multicolori da posare sui piedi di Maria. Come d’incanto, alle 18.00 in punto, si sciolgono le campane di San Pietro e del lungo “serpentone” sul sagrato resta solo un ricordo. I pochi esclusi hanno però il privilegio di assistere alla cerimonia dagli schermi giganti accompagnando il passare del tempo con gli ultimi raggi di Sole che sfiorano umanamente “er Cuppolone” e svaniscono verso ovest.
La fiaccola della fede
All’interno della Basilica, Benedetto XVI accoglie i “sostenitori” di Wojtyla, dal quale (come egli stesso sottolinea) ha ricevuto “in eredità la fiaccola della fede e della speranza”. Il Pontefice e i giovani ricordano insieme il quarto anniversario della morte del Papa avviato già verso l’onore degli altari. Ma in fondo l’atmosfera di preghiera e di raccoglimento è la stessa. E’ la presenza di Giovanni Paolo II che si sente e che è palese nelle parole dell’omelia e nell’affetto con cui il suo successore sulla Cattedra di Pietro ne parla ai giovani. “Sin da giovane – sottolinea, infatti, Papa Ratzinger – si mostrò intrepido e ardito difensore di Cristo” e “non accettò di scendere a compromessi quando si trattava di difendere la sua verità”. La presenza di Karol Wojtyla si avverte anche grazie al cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, e segretario personale di Giovanni Paolo II. Ma si percepisce. ancora più chiaramente, nella grande partecipazione dei giovani e nell’entusiasmo con cui alla fine della messa si stringono intorno al successore di Pietro. Sono arrivati dalla Polonia, da Sydney (sede dell’ultima Gmg) e da Madrid (che ospiterà la prossima nel 2011). Ma soprattutto ci sono i giovani romani. Giovanni Paolo II era solito incontrarli proprio il giovedì prima della Domenica delle Palme, in vista della Giornata mondiale della gioventù che si celebra su base diocesana.
“Essere” speranza
A Benedetto XVI, in sintesi, sta a cuore che l’eredità del Papa non vada dispersa. Perciò non basta “avere” speranza, ma occorre “essere” speranza. “Fate attenzione – raccomanda infatti ai suoi giovani amici – in momenti come questo, dato il contesto culturale e sociale nel quale viviamo, potrebbe essere più forte il rischio di ridurre la speranza cristiana a ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore”. “Nulla di più contrario al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli recitino una parte, magari quella della speranza”. Egli vuole che essi siano speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a Lui! Vuole che ognuno di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di speranza per il suo prossimo, e che tutti insieme diventiate un’oasi di speranza per la società all’interno della quale siete inseriti”. È questa “la fiaccola che Giovanni Paolo II ci ha lasciato in eredità”, ha concluso Benedetto XVI. E poi rivolgendosi in particolare ai giovani di Roma: “Continuate ad essere sentinelle del mattino, vigili e gioiosi in quest’alba del terzo millennio”. Infine, il Papa si è recato nelle grotte vaticane per un momento di preghiera sulla tomba del suo predecessore, che “dal Cielo – aveva detto poco prima – non smette mai di accompagnarci e di intercedere per noi”.
Doccia fredda sui tempi per la beatificazione
Il cammino della speranza. Foto di Roberto Maurizio
Secondo alcune fonti, un’Ansa del 2 aprile, nonostante gli auspici e le pressioni dei giovani fedeli di Papa Giovanni Paolo II, sembra che il processo di beatificazione di Karol Wojtyla, nonostante la “corsia preferenziale” riservata al Papa slavo, possa subire uno “slittamento”. L’incontro del 2 aprile non ha dato, dunque, una risposta precisa in merito. Il prefetto della Congregazione per le cause dei santi, Mons. Angelo Amato, alla vigilia del quarto anniversario della morte di Wojtyla, ha ribadito che la causa per Giovanni Paolo II ha già ottenuto la sua “corsia preferenziale” quando papa Ratzinger ha derogato ai cinque anni dalla morte richiesi dal codice canonico per aprire il processo.
Al volto sofferente del Papa viene affiancata una rosa, la nostra speranza
“Non possiamo prevedere tempi precisi" per la conclusione dell'iter, ha affermato Amato, e tutte le fasi, compresi gli esami del miracolo, vanno espletate "in modo particolarmente accurato". A quattro anni da quella sera di aprile in cui decine di migliaia di persone in preghiera sotto la sua finestra accompagnarono le ultime ore di vita di Karol "il Grande", il miracolo scelto dalla Congregazione vaticana per avvalorare la beatificazione è la guarigione di una suora francese affetta dal Parkinson, lo stesso che funestò l'ultimo decennio della vita di Wojtyla: il morbo tolse la forza all'atleta di Dio e il passo al viaggiatore instancabile mentre l'estremo affronto al papa-comunicatore fu la perdita della parola. All'approssimarsi dell'anniversario si sono moltiplicate comunque le segnalazioni di miracoli o presunti tali e non è chiaro quanti di questi siano all'esame della Congregazione vaticana. Intanto, in barba alle decisioni vaticane, in Polonia non rinunciano a sperare per Giovanni Paolo II presto beato, tanto che un sito Internet ha avviato una petizione invocando "Wojtyla santo subito". Delusa sui tempi del processo, l'opinione pubblica polacca ha riesumato la pista russa per l'attentato dell'81 in cui Alì Agca ridusse Wojtyla in fin di vita. Mentre il cardinale Dziwisz ha gettato lumi sulle ultime frasi pronunciate dal papa morente: quando disse "lasciatemi andare alla casa del Padre" non intendeva rifiutare le cure, ma esprimeva il suo desiderio di riunirsi a Dio. "Vi ho cercato e ora voi siete venuti da me", inoltre, la frase rivolta ai giovani in preghiera sotto la sua finestra, secondo Dziwisz fu pronunciata non esattamente in punto di morte, ma prima. Santo nella convinzione di tutti, non ancora santo per la legge canonica, Giovanni Paolo II è venerato in tutto il mondo e il ricordo dei suoi quasi 27 anni di regno, dei viaggi tra i popoli della terra, dei gesti storici e della grande umanità non sembra sbiadire con il trascorrere del tempo. E Dziwisz propone: sia patrono dei diritti umani e delle nazioni.
Tutte le foto di questo servizio sono di Roberto Maurizio, si prega di citare la fonte.
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