29 marzo 2008

Gli indelebili anni '80. Una classe a "forma di Elle"

Una serata particolare

di Roberto Maurizio

La "foto di famiglia" - Quinta C 1983-84 e Professori

Questo blog, “Stampa, Scuola e Vita”, finora, si è occupato di Informazione e di Vita, lasciando poco spazio alla Scuola. Vogliamo cercare di dare un po’ più di attenzione al ruolo dell’Istruzione, raccontandovi un evento di comune e ordinaria "solennità", accaduto il 27 marzo 2008.


Le porte girevoli
La porta girevole rappresenta il passaggio da una situazione di ingresso ad una di uscita. La nascita, la maturità, la vecchiaia, la gioia di vivere in un Universo accogliente ed infinito.


Grazie alla capacità organizzativa di alcuni ex studenti della VC dell’Istituto Tecnico Commerciale di Roma, “Giovanni Da Verrazano”, anno scolastico 1983-1984, un giovedì di marzo del 2008, quasi tutta la vecchia classe si è incontrata, in un ristorante con i “tavoli ad Elle”, dopo 24 anni, con tre ex professori. Il rendez-vous è stato fissato alle 21. Gli insegnanti sono puntuali e stanno commentando l’avvenimento, quando, alla spicciolata arrivano gli ex alunni. I complimenti reciproci si sprecano: “ma non è invecchiato per niente!”, “sempre lo stesso”, di converso “ricordo il tuo sguardo”, “ma tua sorella come mai che non viene”? “ha la bambina che si sentiva poco bene”; “mi ricordo che un anno tua sorella aveva una benda agli occhi, un altro aveva la gamba ingessata”, “ma, professore, Lei, probabilmente forse si sbaglia. Forse era un’altra alunna”, e avanti di questo passo. Gli ex studenti, quasi tutti quarantenni , salutano i vecchi insegnati sull’orlo della pensione o già immersi nella splendida e agiata situazione di “persone a riposo”. Purtroppo, altri insegnanti, hanno già attraversato “le porte girevoli”.

La tavolata a “forma di Elle”

La tavolata a "forma di Elle"

“Nella storia dell’Istituto, mai prima d’ora era stata organizzata una rimpatriata di questo genere”, commenta un insegnante, visibilmente commosso. Cinque lustri sono tanti. E la memoria di cinque anni trascorsi insieme nelle superiori riaffiora tra gli ex alunni e si rinvigorisce con il passare del tempo e delle portate. Tra un bicchiere di vino e una bottiglia d’acqua, la tavolata a “forma di Elle” è travolta dai racconti e dalle pietanze. I ricordi si mescolano ai sorrisi, alle risate a squarciagola, al rumore dei piatti, al frastuono delle posate e agli squilli dei cellulari. Le rievocazioni più interessanti sono quelle gridate a gran voce che riescono ad infrangere la barriera del suono e che si mescolano nel fumo profumato della griglia e ardono fintanto che un altro non interviene con “ma che fine ha fatto la professoressa di italiano della Prima U”?, si proprio U (come Udine). La sensazione netta è di rivivere il passato in tempo reale. La narrazioni degli alunni, infatti, è talmente avvincente che “il fatto o misfatto” sembra essere avvenuto veramente di recente, come quello relativo al “raid Quinta C vs Quinta A”, con tanto di cerotti, bende e uso di mercurio al cromo. Il richiamo ufficiale della Vicepreside, la convocazione immediata dei genitori, la sensazione di protezione che le alunne ebbero in seguito alla riuscita spedizione punitiva contro “quelli della Quinta A”, sembrano proprio avvenimenti di cronaca locale letti in metropolitana su “Leggo” o su “Metro”.

Insegnati rispettati
Poi, si scende nei particolari: “Professore, si ricorda quando mi interrogò alla lavagna sul contenuto del compito che avevo copiato e l’otto si trasformò in un bel due”? “Professore, si ricorda quando mi annullò il compito e io gli dissi: con Lei nun ce parlo più”? I racconti si susseguono a ritmo sfrenato, e dopo tanti anni, nonostante che gli ex alunni siano diventati ormai avvocati, commercialisti e imprenditori affermati, poliziotti, funzionari di banca, lavoratori autonomi con molte responsabilità, padri e madri di famiglia, si sente ancora aleggiare tra i tavoli a “forma di Elle” un profondo rispetto verso gli ex insegnanti, verso i propri amici e verso se stessi.
Gli indelebili Anni ‘80

La Quinta C in gita scolastica (oggi si chiamano "viaggi di istruzione")

Una bella e indimenticabile serata. Una serata particolare, dove le emozioni dell’Esame di Stato 1983-84 vengono rivissute profondamente, e gli antichi turbamenti trapassano la pelle degli studenti e anche degli insegnanti: la Commissione d’esame tutta esterna, con un unico professore interno, la professoressa di inglese Elvira d’Aloja, portata quasi a icona di Santa Protettrice dell’intero gruppo classe; le foto “ripassate” su un Cd in cui emergono con evidenza i segni indelebili di quegli “anni Ottanta”, con lo scontato sottofondo di Raf, “Cosa resterà…”; la “notte prima degli esami” rivissuta con lucidità e con un pizzico di paura. Ma sono “i giorni degli scritti”, soprattutto quello della famigerata “seconda prova”, Ragioneria, che riecheggiano nel ristorante con i tavoli posti a “forma di Elle”, dai quali spuntano macchinette fotografiche digitali, videocamere Jvc, telefonini con display ad alta risoluzione, e tornano alla mente gli incubi della seconda prova “allucinante”: analisi di bilancio con dati a piacere che impediva l’”effetto fotocopia”, una capacità che da sempre contraddistingueva il corso C. Gli studenti avevano preparato con cura questa disciplina, fin dal primo anno, ma si erano svezzati soprattutto nel terzo, quando le materie professionali non lasciavano spazio alla fantasia. La Quinta C si era accuratamente preparata in questa disciplina. Purtroppo, dopo cinque anni di impegno continuo e sostenuto nella metodologia della copiatura a tutti i costi, in verità non sempre andato a buon fine (“Professore, con Lei nun ce parlo più”), la povera Quinta C venne battuta dalla furbizia del Ministero della Pubblica istruzione: bilancio con dati a piacere. Una defaillance incredibile: l’onore della Quinta C, dell’Istituto e del Professor di Ragioneria stavano per andare in frantumi. Ecco che dall’alto della “divina provvidenza” venne un segnale: tutti promossi.

Il Calumet della Pace
Una volta superato l’esame di Stato, gli allora maturati della Quinta C, abituati ad essere valutati con il sistema cardinale (dieci, cinque, otto che passa a due, due perché copi, quattro, sei, sette) e non ordinale (primo, secondo, terzo, etc.) disotterrarono il Calumet della Pace e si fecero una feroce guerra tribale (tu hai preso 56 ed io 49). Gli strascichi di questa feroce diatriba restano ancora intatti e non sono stati del tutto smaltiti: peggio della diossina! Infatti, attorno alla tavolata a “forma di Elle” i vecchi rancori riemergono, ma solo sotto forma di sfottò, tipico della gente perbene di una periferia romana, tanto umana quanto antropologicamente disponibile, comprensiva, tollerante, solidale e altruistica.

La Quinta C, durante una gita nel 1983: le corna


Dopo un quarto di secolo, la Quinta C: ancora corna


L’obbrobrio della valutazione
Una parentesi, a dir poco noiosa, ma essenziale ai fini del raggiungimento del fine sociale di “Stampa, Scuola e Vita”: la scuola italiana dovrebbe cambiare la metodologia dell’assegnazione del voto. Come giustamente afferma il Prof. Giacomo Vaciago, una voce nel deserto inascoltata, la votazione dovrebbe essere ordinale e non cardinale, in questo modo emerge il più bravo rispetto agli altri e crea una classificazione di merito che comporta la competizione, la concorrenza, che non vanno viste in modo negativo, ma come incoraggiamento a fare sempre di più e meglio per elevare la qualità dell’apprendimento . Il sistema scolastico di valutazione insegnante- alunno non consente la valutazione ordinale, mentre, da sempre gli alunni la utilizzano la attribuzione dei voti ordinali nei confronti degli insegnanti: il più bravo, il meno bravo, il più fesso, quello più preparato, quello meno preparato, quello che si fa rispettare, quello che non si fa rispettare e via dicendo. Questa dicotomia che consente valutazioni diverse (insegnante-alunno; alunno-insegnante; per non parlare di genitore-alunno) è sicuramente uno degli obbrobri, delle oscenità della scuola italiana. Quanto tempo dobbiamo aspettare ancora affinché un Ministero dell’istruzione prenda in mano il problema della valutazione? Oggi si sono inventati, giustamente, il monitoraggio delle scuole pubbliche e private rispetto al merito. Ma se alla radice non è stato tolto il male supremo, quello della valutazione cardinale (utilizzata anche per esprimere il voto di condotta: in alcune scuole elementari è stato dato 6 in condotta!), come si pretende di cambiare minimamente la scuola italiana?

"Io nun ce parlo più con Lei"


D come Domodossola
Gli anni ’80 hanno rappresentato per l’intero pianeta un momento di rottura con il passato: crollo del muro di Berlino, uscita di scena dell’Urss e del comunismo nel mondo (con poche eccezioni nel mondo e in Italia per alcuni irriducibili nostalgici), fine della guerra fredda. Anche in Italia, questi anni hanno segnato la nostra storia: uscita dalla tragedia brigatista, affermazione del cosiddetto riflusso, l’era di Craxi. Invece, per gli alunni della “favolosa Quinta C” questi anni hanno disegnato solo la fine di un mondo che non tornerà mai più. Un bacio sulla guancia, come conquista massima per lo sfigato, una cassetta mangianastri da riavvolgere con la bic, uno scampanellio senza risposta per indispettire il signore del settimo piano, quattro figurine in meno per riempire l’album Panini. E poi, la casa della Prateria, il Fantasma Formaggino, Happy Days, Forza 4, “Professore, io nun ce parlo più con Lei”, gli zaini Invicta e Smemoranda, le foto nelle gite scolastiche con le corna, il gioco “nomi, cose, animali e città” con la risposta sempre pronta di D come Dossola, il 1° novembre festa di Tutti i Santi e non Halloween, la Ferrari di Alboreto, la McLaren di Prost, la Williams di Mansel, la Lotus di Senna e Piquet, la Benetton di Nannini, il Drive In con i Paninari, Colpo Grosso e soprattutto una cabina telefonica per eludere ascolti indesiderati, per riaffermare il proprio amore ad una che ti ha sempre snobbato.

Il trionfo della purezza
La Quinta C 1983-84 è stata e rimarrà una pietra angolare dell’Itc “Giovanni Da Verrazano”, difficilmente imitabile. La cosa più bella emersa durante la cena tra i tavoli a “forma di Elle” è la costatazione che tutti gli studenti della Quinta C 1983-84 hanno potuto vivere all’interno di una famiglia unita: il divorzio non era ancora di casa. Un male, il divorzio, che ricade drammaticamente sugli studenti. Una famiglia disunita fa la felicità del padre e della madre, che si fanno un'altra famiglia, quindi trovano la loro misera felicità, per poi separarsi ancora per trovare di nuovo il vuoto assoluto. Gli alunni e le alunne della Quinta C 1983-84 hanno avuto il privilegio di vivere in una famiglia unita.
Un elogio, piccolo piccolo, va attribuito anche all’Itc Da Verrazano e ai suoi professori. Mentre ai trentuno alunni della Quinta C 1983-84 va assegnato senza ombra di dubbio il ruolo di classe modello. Al suo interno esistono e trionfano la bellezza d’animo e i sentimenti semplici e spontanei, che il tempo ha cercato di cancellare senza riuscirci. Intatte, infatti, sono rimaste la genuinità e la purezza che sono emerse negli occhi e nei sorrisi di tutti gli alunni e, soprattutto, delle alunne, durante una serata particolare, con i tavoli a “forma di Elle” e con le “Porte girevoli”.

26 marzo 2008

Stampa, Scuola e Vita a "Quota 5.000"

“Quota 5.000”
di Roberto Maurizio


Il Monte Everest

Dal 29 settembre 2007 ad oggi , grazie ai nostri lettori, abbiamo raggiunto quota 5.000. Un ottimo risultato. Ma faremo ancora meglio in seguito. Il nostro prossimo obiettivo è raggiungere, per l’8 agosto 2008 (giorno della cerimonia ufficiale di apertura delle Olimpiadi di Pechino 2008), quota 8.844. Questa “quota” corrisponde all’altezza del Monte Everest, situato nella catena dell'Himalaya, al confine tra il Tibet e il Nepal. Il monte è chiamato Chomolangma (madre dell'universo) in tibetano e Qomolangma (珠穆朗瑪峰 pinyin: Zhūmùlǎngmǎ Fēng) in cinese. Il nome nepalese è Sagaramāthā (सगरमाथा, in Sanscrito "dio del cielo"), ideato dallo storico nepalese Baburam Acharya e adottato ufficialmente dal governo del Nepal all'inizio degli anni ‘60. Il nome comunemente usato oggi, Everest, fu introdotto nel 1865 dall'inglese Andrew Waugh, governatore generale dell'India, in onore di Sir George Everest, che al servizio della corona britannica lavorò per molti anni come responsabile dei geografi britannici in India.Dal 1850 al 1954 l'altezza si calcolava in 8840 metri, poi esperti dell'India proposero un'altezza di 8847 metri, con variazioni di tre metri a causa neve. Tecnici cinesi nel 1975 stabilirono un'altezza di 8848 metri. Nel 1993 il CNR italiano suggerì un'altezza di 8846 metri. La misurazione fatta da satellite nel 2002 aveva dato un valore di 8.850 m s.l.m., valore utilizzato da allora su tutte le pubblicazioni e carte geografiche della National Geographic Sosiety, ma gli ultimi rilevamenti effettuati hanno rivisto al ribasso questa misura e hanno fissato l'altezza della montagna a 8.844,43 m s.l.m.

25 marzo 2008

Kiun e Kyi

Tra Kiun e Kyi

di Roberto Maurizio

Kiun e Kye sono divisi attualmente solo dal "Tetto del Mondo". Non passerà molto tempo, e Joseph Zen Ze-kiun e Aung San Suu Kyi si potranno riabbracciare.

24 marzo 2008

Via Crucis, Cina e Olimpiadi della salvezza

I Colossei si sono moltiplicati

di Roberto Maurizio


Il Venerdì Santo, a Roma, viene vissuto intensamente, ma non da tutti. E’ una ricorrenza sempre bagnata dalla folla e dall’acqua. Gli ascolti della diretta televisiva fanno invidia a Pippo Baudo e ai politici italiani. Non è solo la fede a far rimanere incollati al video miliardi i persone per circa due ore. E' la bellezza del luogo, il fascino che trasuda da tutte le pietre di Roma: una cornice unica nel mondo. Pietre che hanno visto, vedono e vedranno “politici” insensibili, incuranti, convinti di essere loro i padroni del Colosseo e delle cosiddette “rovine”. C’è un balcone al Campidoglio, chiamato “il balcone del Sindaco”, da dove è possibile ammirare il Foro Romano, via dei Fori Imperiali e il Colosseo. Con il passare degli anni è diventata proprietà privata del Sindaco che sceglie chi è degno di andarci e chi deve passare per primo! E’ lui, il sindaco, a decidere chi, come e quando deve sporgersi sul balcone, come se fosse suo. Di concerto con l’Unesco, anche se ha inflazionato i suoi siti protetti, Roma appartiene all'umanità e non al sindaco. A poca distanza dal balcone del sindaco, c’è un altro balcone. Anche lì, il presunto proprietario aveva creduto di poterlo usare a suo piacimento, ma non aveva fatto i conti con la storia. Gli attuali politici, occupano abusivamente, tanta bellezza che non esiste in nessun’altra parte del mondo, con arroganza, e senza rendersene conto. Cacciare i politici dal centro di Roma potrebbe essere un punto prioritario di un ipotetico partito che ancora non esiste. Facciamo un esempio: la Provincia di Roma. Questo agglomerato di persone che stanno lì per mandato divino, sta a due passi dal Foro Traiano. I funzionari, cioè persone di livello amministrativo, che dovrebbero occuparsi di riparare i tetti, i cessi e le fognature delle scuole, godono di una posizione di lavoro invidiabile che molti stranieri farebbero a gara, pagando migliaia di euro, per poterci solamente soggiornare per qualche settimana. Ma perché non vengono spostati in zone più limitrofe e più raggiungibili lasciando queste aeree al turismo, ai commercianti del Centro che hanno bisogno di “sopravvivere”? I media, guidati dai politici, si scagliano contro i cinesi di Piazza Vittorio, e non si accorgono che sono soprattutto loro che stanno facendo morire Roma.
Meno male che, una volta all’anno, i pochi romani e molti stranieri si ritrovano nei pressi del Colosseo per il Venerdì Santo.


Roma, Via Crucis sotto la pioggia - Foto Ansa


Benedetto XVI, Roma, Via Crucis - Foto Ansa


Quest’anno, come da tradizione, la pioggia non si è fatta attendere. La pioggia di Roma è diversa da tutte le altre piogge del mondo. (“A Roma, quando piove, fanno certi goccioloni!”). Un detto ormai passato di moda, perché gli ambientalisti ci dicono che non fa più freddo come una volta, non sempre più caldo, non piove più, non ci sono le mezze stagioni, il buco nell’ozono, e quant’altro.


Colosseo, Roma, 21 marzo 2008 - Foto Ansa


La croce della disabile

Papa Benedetto XVI, Via Crucis, Roma, 21 marzo 2008 - Foto Ansa

Dunque, a Roma, sotto la pioggia, il Papa non se l’è sentita di portare la croce. Meno male: non ci sono più i tedeschi di una volta! E’ toccato al cardinale vicario Ruini portare la croce per primo. Poi, nella seconda e nella terza, in rappresentanza dell'Africa, una suora del Burkina Faso. L'Italia è stata rappresentata nella quarta e quinta stazione da una famiglia della Diocesi di Roma e, nella sesta e settima, da una disabile in carrozzella, accompagnata da un barelliere e da una dama dell'Unitalsi. Un forte impatto emotivo ha scosso il mondo dei credenti e non credenti quando, per la prima volta nella storia della Via Crucis del Colosseo, una disabile, sotto una pioggia scrosciante, ha posto con cura il legno che le era stato affidato a metà strada tra le sue braccia e le ruote della carrozzina, surrogato meccanico delle sue insostituibili gambe. Tra gli altri portatori di croce i frati della Custodia di Terra Santa, nell'ottava e nona stazione in rappresentanza dell'Asia, e una ragazza cinese nella decima e undicesima. Il Papa è rimasto sempre sotto il gazebo allestito per lui sulla terrazza del Palatino per la pioggia intensa che si è abbattuta sulla Capitale. All’inizio, il Pontefice ha seguito la Via Crucis in piedi, mentre nelle ultime stazioni si è inginocchiato. Al termine della Via Crucis il Pontefice ha affermato che la Croce sulla quale fu inchiodato Gesù è per noi «sorgente di vita e scuola di giustizia e di pace». «Sulla Croce - ha spiegato - il Redentore ci ha restituito la dignità che ci appartiene. Anche quest'anno abbiamo ripercorso il suo cammino doloroso rievocando con fede le sofferenze che il nostro Signore ha dovuto sopportare. Ci percuotiamo il petto ripensando a quanto è accaduto. E dobbiamo chiederci: ma cosa abbiamo fatto di questo amore?». «Tanti - ha ricordato Papa Ratzinger - non conoscono Dio, altri credono di non aver bisogno di Lui. Quante volte guardiamo alla Croce con sguardi distratti da dispersivi interessi terreni. Lasciamo - ha invocato il Papa rivolto ai fedeli - che il sacrificio sulla croce ci interpelli. Apriamogli il cuore. Gesù è la libertà che ci rende liberi. Gesù portò i nostri peccati perché vivessimo per la giustizia. Dalle sue piaghe siamo stati guariti. Per noi, per la nostra salvezza si è fatto uomo, ha intrapreso questo cammino doloroso, e così uomini di ogni epoca sono diventati amici di Dio. Amico, così - ha concluso - Gesù chiama Giuda e ognuno di noi, è amico vero di tutti noi. Purtroppo non sempre riusciamo a percepire questo amore sconfinato».


Benedetto XVI e Zen Ze-kiun


Gesù con gli occhi a mandorla

La Cina, durante la celebrazione della “Via Crucis”, è stata una tra le principali protagoniste. Mai, prima d’ora, Pechino, è stato così presente nei pensieri del Papa. I testi delle meditazioni e delle preghiere sono stati curati, infatti, per la prima volta, dal cardinale Joseph Zen Ze-Kiun, vescovo di Hong Kong, un simbolo per la comunità cattolica cinese. Cambia volto anche Gesù, che nelle immagini scelte ha gli occhi a mandorla, Pilato è un cinese, gli uomini del Sinedrio sono cinesi, i soldati romani che percuotono Gesù sono cinesi. C’è stato anche un cinese tra le sette persone che sabato, durante la veglia pasquale, hanno ricevuto il battesimo dal Papa. Non aveva gli occhi a mandorla Magdi Cristiano Allam, però aveva la stessa fede del figlio della Grande Muraglia. Magdi si è “convertito”, ma non è cambiato. Ha sempre la stessa fede nell’unico Dio esistente nelle tre grandi religioni monoteistiche. Un gesto, quello di Cristiano Allam, che oggi non è stato compreso a fondo dai cattolici e non è stato condiviso dai musulmani. Allam rappresenta un nuovo uomo del nuovo millennio e un nuovo modo di credere in Dio che va al di là delle separazioni volute dalle contingenze storiche, che, purtroppo, non sono state ancora superate. A Pasqua, come in una Resurrezione, la Rai (Tg3), ha mandato in onda un programma nel quale venivano presentate le realtà vissute di tre classi di tre scuole elementari di Roma: una cattolica, una ebrea e una musulmana. Le tre classi hanno compiuto un percorso in comune. I bambini e le bambine di sei o sette anni, sono state "riprese" dalle telecamere in classe durante le ore di “catechismo” con le loro maestre e i loro maestri. Ai bambini ebrei, musulmani e cattolici si sono insegnati i primi passi delle tre religioni: chi è Dio, che cos’è il bene e il male, che cosa distingue un angelo dal diavolo. Le risposte che i bambini dei tre gruppi religiosi, alla fine, sono risultate molto simili fra di loro. Un programma Rai (forse l’unico) ben confezionato. Allora, Allam poteva benissimo appartenere, come bambino, indifferentemente, ad uno dei tre gruppi ed oggi si sarebbe potuto chiamare ancora Magdi o a farsi chiamare Cristiano e non è detto che un domani non potrebbe chiedere di chiamarsi Allam Magdi Cristiano Joshua.

La comunione di Magdi Cristiano Allam

La reazione di Pechino

La Croce sul Palatino, Roma, Via Crucis - Foto Ansa

La chiesa cattolica, dunque, in questo Venerdì Santo, ha sferrato un attacco contro la persecuzione dei suoi fedeli in Cina e nel mondo: il ricordo dei «martiri viventi» del XXI secolo, preghiere «anche per i persecutori». Questi sono stati i temi principali delle meditazioni preparate dal cardinale Joseph Zen Ze-Kiun che non mancheranno di far discutere vista la non facile relazione tra Vaticano e Cina e l'attualità dello scoppio degli scontri in Tibet. La reazione di Pechino non si è fatta attendere, anzi, ha proceduto addirittura l’azione. “Il Vaticano si presenta a noi con una doppia faccia”: mentre cerca rapporti diplomatici con Pechino, vuole in realtà tornare al “controllo del potere e della gestione della Chiesa cattolica in Cina”. E ancora: “Il Vaticano odia il socialismo”, ma per esso, aprire le porte della Cina “è fra le missioni più importanti nella ‘strategia del nuovo millennio’ per la Chiesa cattolica”, un modo per acquisire potere politico e ritornare ad essere “Centro del mondo”. Ormai “Cuba è amministrata da loro [dal Vaticano]. Il Vietnam è amministrato da loro. Tra i Paesi socialisti, è rimasta solo la Cina a non considerarli”. Sono alcune delle pesanti affermazioni di Ye Xiaowen, direttore dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi, un ministro del governo cinese. Esse fanno parte di una lunga intervista concessa da Ye al settimanale Nan Fang il 13 marzo scorso, riportate da Asianews.


Corona di spine - Caravaggio


Antologia della Via Crucis di Zen


Il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun


La versione integrale della “Via Crucis 2008”, scritta dal Cardinal Joseph Zen Ze-kiun, Vescovo di Hong Kong, letta Venerdì Santo, 21 marzo 2008, è pubblicata da questo sito su “Articoli di Stampa, Scuola e Vita”
Presentiamo, qui di seguito, i passi essenziali.

PRESENTAZIONE
… Il Papa ha voluto che io portassi al Colosseo la voce di quelle sorelle e di quei fratelli lontani.
Certamente il protagonista di questa Via dolorosa è Nostro Signore Gesù Cristo, come ci viene presentato dai Vangeli e dalla tradizione della Chiesa. Ma dietro di Lui c’è tanta gente del passato e del presente, ci siamo noi. Lasciamo che stasera tanti nostri fratelli lontani anche nel tempo siano presenti spiritualmente in mezzo a noi. Essi probabilmente più di noi oggi hanno vissuto nel loro corpo la Passione di Gesù . Nella loro carne Gesù è stato nuovamente arrestato, calunniato, torturato, deriso, trascinato, schiacciato sotto il peso della croce ed inchiodato su quel legno come un criminale.
Ovviamente questa sera al Colosseo non ci siamo solo noi. Sono presenti al cuore del Santo Padre e al nostro cuore tutti i « martiri viventi » del ventunesimo secolo. « Te martyrum candidatus laudat exercitus ».
Pensando alla persecuzione, pensiamo anche ai persecutori. Nello stendere il testo di queste meditazioni, con grande mio spavento mi sono accorto di essere poco cristiano.
(Ecco come deve essere un vero cristiano, poco cristiano e molto Allam Magdi, Cristiano che deve ancora crescere…)
Mettiamoci, dunque, a meditare, a cantare e a pregare Gesù e con Gesù per quelli che soffrono a causa del Suo nome, per quelli che fanno soffrire Lui e i Suoi fratelli e per noi stessi peccatori e qualche volta anche Suoi persecutori.

PREGHIERA INIZIALE


Gesù Salvatore,
ci troviamo riuniti in questo giorno, in quest’ora e in questo luogo, che ci ricorda i tanti Tuoi servi e serve, che, secoli orsono, tra i ruggiti dei leoni affamati e le grida della folla divertita, si sono lasciati sbranare e colpire a morte per la fedeltà al Tuo nome. Noi oggi veniamo qui ad esprimere a Te la gratitudine della Tua Chiesa per il dono della salvezza, operata mediante la Tua Passione.
I Colossei si sono moltiplicati attraverso i secoli, là dove i nostri fratelli, in varie parti del mondo, in continuazione della Tua Passione, vengono ancora oggi duramente perseguitati. Insieme con Te e con i nostri fratelli perseguitati di tutto il mondo, iniziamo pieni di commozione questo cammino sulla Via dolorosa, da Te un giorno percorsa con tanto amore.

PRIMA STAZIONE
Gesù in agonia nell’Orto degli ulivi

Giunsero ad un podere chiamato Getsèmani, e Gesù disse ai suoi discepoli: « Sedetevi qui, mentre io prego ». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura ed angoscia. Disse loro: « La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate ». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora. E diceva: « Abbà, Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu».

MEDITAZIONE


Gesù sentiva paura, angoscia e tristezza fino a morire. Si scelse tre compagni, che però presto caddero addormentati, e cominciò a pregare, solo: « Passi da me quest’ora, allontana da me questo calice... Però, Padre, sia fatta la tua volontà ». Era venuto nel mondo per fare la volontà del Padre,
ma mai come in quel momento gustò la profondità dell’amarezza del peccato e si sentı` smarrito.
Nella Lettera ai Cattolici in Cina, Benedetto XVI ricorda la visione nell’Apocalisse di San Giovanni che piange davanti al libro sigillato della storia umana, del « mysterium iniquitatis ». Solo l’Agnello immolato è capace di togliere quel sigillo. In tante parti del mondo la Sposa di Cristo sta attraversando l’ora tenebrosa della persecuzione, come un tempo Ester, minacciata da Aman, come la « Donna » dell’Apocalisse minacciata dal drago. Vegliamo e accompagniamo la Sposa di Cristo nella preghiera.

PREGHIERA

Gesù , Dio onnipotente, che Ti sei fatto debolezza a causa dei nostri peccati, Ti sono familiari le grida dei perseguitati, che sono l’eco della tua agonia. Essi chiedono: Perché questa oppressione? Perché questa umiliazione? Perché questa prolungata schiavitù? Tornano alla mente le parole del Salmo: « Svégliati, perché dormi Signore? Déstati! Non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto! » (Sal 43, 24-26).
No, Signore! Tu non hai usato questo Salmo nel Getsèmani, ma hai detto: « Sia fatta la tua volontà! ». Avresti potuto mobilitare dodici legioni di angeli, ma non l’hai fatto.
Signore, la sofferenza ci fa paura. Torna in noi la tentazione di aggrapparci ai mezzi facili di successo. Fa’ che non abbiamo paura della paura, ma confidiamo in Te.

SECONDA STAZIONE

Gesù tradito da Giuda
e abbandonato dai suoi

E subito, mentre ancora Gesù parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici. Appena giunto, Giuda gli si avvicinò e disse: « Rabbı` » e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono.
Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggı` via nudo.

MEDITAZIONE

Tradimento e abbandono da parte di coloro che Egli aveva scelto come apostoli, ai quali aveva confidato i segreti del Regno, nei quali aveva riposto piena fiducia! Dunque, fallimento completo. Quale dolore e quale umiliazione! Ma tutto ciò avvenne come adempimento di quello che
avevano detto i profeti. Altrimenti come si sarebbe potuto conoscere la bruttezza del peccato, che è appunto tradimento dell’amore? Il tradimento sorprende, soprattutto se riguarda anche i
pastori del gregge. Come hanno potuto fare questo a Lui? Lo spirito è forte, ma la carne è debole. Tentazioni, minacce e ricatti piegano le volontà. Ma quanto scandalo! Quanto dolore al cuore del Signore! Non scandalizziamoci! Le defezioni non sono mai mancate nelle persecuzioni. E dopo ci sono stati spesso i ritorni. In quel giovane, che buttò via il lenzuolo e fuggì nudo (cfr Mc 14, 51-52), autorevoli interpreti hanno visto il futuro evangelista Marco.

PREGHIERA

Signore, chi fugge dalla Tua Passione rimane senza dignità. Abbi pietà di noi. Noi ci denudiamo dinanzi alla Tua maestà. Mostriamo a Te le nostre piaghe, le più vergognose. Gesù , abbandonare Te è abbandonare il sole. Volendoci sbarazzare del sole, cadiamo nel buio e nel freddo. Padre, ci siamo allontanati dalla Tua casa. Non siamo degni di essere ricevuti di nuovo da Te. Ma Tu dai
ordini perché siamo lavati, vestiti, calzati e ci sia messo l’anello al dito.

TERZA STAZIONE

Gesù è condannato dal Sinedrio

I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: « Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto? ». Gesù rispose: « Io lo sono! ». Tutti sentenziarono che era reo di morte.

MEDITAZIONE

Il Sinedrio era la corte di giustizia del popolo di Dio. Ora questa corte condanna il Cristo, il Figlio di Dio benedetto, e lo giudica reo di morte. L’Innocente viene condannato « perché ha bestemmiato
», dichiarano i giudici e si stracciano le vesti. Ma noi dall’Evangelista sappiamo che lo hanno fatto per invidia e odio. San Giovanni dice che, in fondo, il sommo sacerdote aveva parlato a nome di Dio: solo lasciando condannare l’innocente Suo Figlio, Dio Padre poté salvare i colpevoli fratelli di Lui. Attraverso i secoli, schiere di innocenti sono state condannate a sofferenze atroci. Qualcuno grida all’ingiustizia, ma sono essi, gli innocenti, che espiano in comunione con Cristo, l’Innocente, i peccati del mondo.

PREGHIERA

Gesù , Tu non Ti preoccupi di far valere la Tua innocenza, intento come sei solo a ridonare all’uomo la giustizia che ha perduto a causa del peccato. Eravamo Tuoi nemici, non c’era modo di poter cambiare la nostra condizione. Tu Ti sei fatto condannare per darci il perdono. Salvatore, fa’ che non ci facciamo condannare nell’ultimo giorno. «Iudex ergo cum sedebit, quicquid latet apparebit; nil inultum remanebit. Iuste iudex ultionis, donum fac remissionis ante diem rationis».


QUARTA STAZIONE

Gesù è rinnegato da Pietro

Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: « Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù ». Ma egli negò dicendo: « Non so e non capisco che cosa dici ». E subito, per la seconda volta un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: « Prima che due volte il gallo
canti, tre volte mi rinnegherai ». E scoppiò in pianto.

MEDITAZIONE

« Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò » (Marco 14, 31). Pietro era sincero quando diceva questo, ma non conosceva se stesso, non conosceva la propria debolezza. Era generoso, ma aveva dimenticato di avere bisogno della generosità del Maestro. Pretendeva di morire per Gesù , mentre era Gesù che doveva morire per lui, per salvarlo. Facendo di Simone la « pietra » su cui fondare la Chiesa, Cristo coinvolse l’apostolo nella sua iniziativa di salvezza. Pietro credette ingenuamente di poter dare qualcosa al Maestro, mentre tutto gli veniva dato gratuitamente
da Lui, anche il perdono dopo il rinnegamento. Gesù non ritirò la sua scelta di Pietro come fondamento della sua Chiesa. Dopo il pentimento, Pietro fu reso capace di confermare i suoi fratelli.

PREGHIERA


Signore, quando Pietro parla, illuminato dalla rivelazione del Padre, Ti riconosce Cristo, Figlio del Dio vivente. Quando invece si fida della sua ragione e della sua buona volontà, diventa ostacolo alla Tua missione. La presunzione gli fa rinnegare Te, suo Maestro, mentre l’umile pentimento lo riconfermerà roccia su cui Tu edifichi la Tua Chiesa. La Tua scelta di affidare la continuazione dell’opera di salvezza a uomini deboli e vulnerabili manifesta la Tua saggezza e potenza.
Proteggi gli uomini che Tu hai prescelto, Signore, perché le porte degli inferi mai prevalgano contro i Tuoi servi. Rivolgi a noi tutti il Tuo sguardo come quella notte a Pietro, dopo il canto del gallo.

QUINTA STAZIONE

Gesù è giudicato da Pilato

Pilato disse loro di nuovo: « Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei? ». Ed essi di nuovo gridarono: « Crocifiggilo! ». Pilato diceva loro: « Che male ha fatto? ». Ma essi gridarono più forte: « Crocifiggilo! ». Pilato, volendo dar soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

MEDITAZIONE

Pilato sembrava potente, aveva diritto di vita e di morte su Gesù . Prendeva gusto ad ironizzare sul «Re dei Giudei », ma in realtà egli era debole, vile e servile. Temeva l’imperatore Tiberio, temeva il popolo, temeva quei sacerdoti, che pur disprezzava nel cuore. Consegnò alla crocifissione Gesù , che egli sapeva essere innocente. Nel velleitario tentativo di salvare Gesù , diede pure
libertà ad un pericoloso omicida. Inutilmente cercava di lavarsi quelle mani grondanti di sangue innocente. Pilato è immagine di tutti coloro che detengono l’autorità come strumento di potere e non si curano della giustizia.

PREGHIERA

Gesù , con il Tuo coraggio di dichiararti re hai cercato di risvegliare Pilato alla voce della sua coscienza. Illumina la coscienza di tante persone costituite in autorità, perché riconoscano l’innocenza dei tuoi seguaci. Da’ loro il coraggio di rispettare la libertà religiosa. E ` molto diffusa la tentazione di adulare il potente e di opprimere il debole. E i potenti sono coloro che sono costituiti in autorità, quelli che controllano il commercio e i mass media; ma c’è anche la gente che si lascia facilmente manipolare dai potenti per opprimere i deboli. Come poteva gridare « Crocifiggilo! » quella gente che pur Ti aveva conosciuto come amico compassionevole, che aveva fatto solo del bene a tutti?


SESTA STAZIONE

Gesù è flagellato e coronato di spine

Pilato dopo aver fatto flagellare Gesù lo consegnò perché fosse crocifisso. Allora i soldati lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: « Salve, re dei Giudei! ». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui.

MEDITAZIONE

La flagellazione in uso allora era una punizione terrificante. L’orribile flagellum dei Romani strappava la carne a brandelli. E la corona di spine, oltre che causare acutissimo dolore, costituiva anche uno scherno alla regalità del divino Prigioniero, come pure gli sputi e gli schiaffi.
Torture tremende continuano a emergere dalla crudeltà del cuore umano – e quelle psichiche non sono meno tormentose di quelle fisiche – e sovente le vittime stesse diventano carnefici. Sono senza senso tante sofferenze?

PREGHIERA

No, Gesù , sei Tu che continui a raccogliere e a santificare tutte le sofferenze: quelle degli ammalati, di coloro che muoiono di stenti, di tutti i discriminati; ma le sofferenze che brillano tra tutte sono quelle per il Tuo nome. Per le sofferenze dei martiri, benedici la Tua Chiesa; che
il loro sangue diventi seme di nuovi cristiani. Crediamo fermamente che le loro sofferenze, anche se sul momento sembrano completa sconfitta, porteranno la vera vittoria alla tua Chiesa. Signore, da’ costanza ai nostri fratelli perseguitati!

SETTIMA STAZIONE

Gesù è caricato della Croce

Dopo essersi fatti beffe di Gesù, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

MEDITAZIONE

La croce, il grande simbolo del cristianesimo, da strumento di punizione ignominiosa è diventata vessillo glorioso di vittoria. Ci sono atei coraggiosi che sono pronti a sacrificarsi per la rivoluzione: sono disposti ad abbracciare la croce, ma senza Gesù . Tra i cristiani vi sono « atei » di fatto che
vogliono Gesù , ma senza la croce. Ora senza Gesù la croce è insopportabile e senza la croce non si può pretendere di essere con Gesù . Abbracciamo la croce e abbracciamo Gesù e con Gesù
abbracciamo tutti i nostri fratelli sofferenti e perseguitati!

PREGHIERA

O divino Redentore, con quale trasporto hai abbracciato la croce, che da lungo desideravi! Essa pesa sulle Tue spalle piagate, ma viene sostenuta da un cuore pieno di amore.
I grandi Santi hanno capito cosı` profondamente il valore salvifico della croce da esclamare: «O patire o morire! ». Concedi a noi di accogliere almeno il Tuo invito a portare la croce dietro di Te. Tu hai preparato una croce su misura per ciascuno di noi. Abbiamo davanti alla mente l’immagine di Papa Giovanni Paolo II, che sale la « Collina delle croci » in Lituania. Ognuna di quelle croci aveva una storia da raccontare, storia di dolore e di gioia, di umiliazione e di trionfo, di morte e di
risurrezione.

OTTAVA STAZIONE

Gesù è aiutato dal Cireneoa portare la Croce

Costrinsero a portare la croce di Gesù un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.

MEDITAZIONE

Simone di Cirene veniva dalla campagna. Si imbatté nel corteo di morte e venne angariato a portare la croce insieme a Gesù . In un secondo tempo, egli ratificò questo servizio, si mostrò felice di essere stato di aiuto al povero Condannato e divenne uno dei discepoli nella Chiesa primitiva.
Certamente fu oggetto di ammirazione e quasi di invidia per la sorte speciale di aver sollevato Gesù nelle sue
sofferenze.

PREGHIERA

Caro Gesù , Tu probabilmente hai mostrato al Cireneo la Tua riconoscenza per il suo aiuto, mentre la croce in realtà era dovuta a lui e a ciascuno di noi. Cosı`, Gesù , sei riconoscente a noi ogni volta che aiutiamo i fratelli a portare la croce, mentre facciamo semplicemente il nostro dovere per espiare i nostri peccati. Sei Tu, Gesù , all’inizio di questo circolo di compassione.
Tu porti la nostra croce, cosı` che noi siamo resi capaci di aiutare Te nei Tuoi fratelli a portare la croce. Signore, come membra del Tuo Corpo, noi ci aiutiamo a vicenda a portare la croce e ammiriamo l’esercito immenso di cirenei che, pur non avendo ancora la fede, hanno generosamente alleviato le Tue sofferenze nei Tuoi fratelli.
Quando aiutiamo i fratelli della Chiesa perseguitata, facci ricordare che, in realtà, siamo noi a essere ancor più aiutati da loro.


NONA STAZIONE

Gesù incontra le donne di Gerusalemme

Seguiva Gesù una grande moltitudine di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: « Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli ».

MEDITAZIONE

Le donne, le mamme attingono dall’amore una immensa capacità di sopportazione nella sofferenza. Soffrono a causa degli uomini, soffrono per i loro figli. Pensiamo alle mamme di tanti giovani perseguitati e imprigionati a causa di Cristo. Quante lunghe notti passate nella veglia e in lacrime da quelle mamme! Pensiamo alle mamme che, rischiando arresti e persecuzioni, hanno perseverato
a pregare in famiglia, coltivando nel cuore la speranza di tempi migliori.

PREGHIERA

Gesù , come Ti sei preoccupato, nonostante i tuoi patimenti, di rivolgere la Tua parola alle donne sulla Via della Croce, fa’ sentire anche oggi la Tua voce consolatrice e illuminante a tante donne sofferenti. Tu le esorti a non piangere su di Te, ma su se stesse e sui loro figli.
Piangendo su di Te, piangono sofferenze che portano la salvezza all’umanità e sono quindi causa di gioia. Ciò su cui devono piangere, invece, sono le sofferenze dovute ai peccati, che rendono esse e i loro figli e noi tutti come legni secchi meritevoli di essere gettati nel fuoco. Tu, Signore, hai mandato Tua Madre a ripeterci questo stesso messaggio a Lourdes e a Fatima: « Fate penitenza
e pregate per fermare l’ira di Dio ». Fa’ che noi finalmente accogliamo con cuore sincero l’accorato appello!

DECIMA STAZIONE

Gesù è crocifisso

Erano le nove del mattino quando crocifissero Gesù. Anche i capi dei sacerdoti con gli scribi, fra loro, si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! ». Alle tre, Gesù gridò a gran voce: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? ».

MEDITAZIONE

Gesù denudato, inchiodato, in preda a indicibili dolori, deriso dai suoi nemici, si sente perfino abbandonato dal Padre. E ` l’inferno meritato dai nostri peccati. Sulla croce Gesù è rimasto, non si è liberato. Si sono realizzate in Lui le profezie del Servo sofferente: « Non ha apparenza né bellezza ... non splendore ... Noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio ... Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprı` la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori » (Is 53, 2.4.6-7).

PREGHIERA

Gesù crocifisso, non tanto sul Tabor quanto sul Calvario, Tu ci hai rivelato il Tuo vero volto, il volto di un amore che si è spinto fino alla fine. C’è chi per riverenza vuole rappresentarTi coperto dal manto regale anche sulla croce. Ma noi non temiamo di esporTi cosı` come pendevi sul patibolo quel venerdı`, dall’ora sesta all’ora nona.
La visione di Te crocifisso ci sprona a vergognarci delle nostre infedeltà e ci riempie di gratitudine per la Tua infinita misericordia. O Signore, quanto Ti è costato l’averci amato!
Fidandoci della forza che viene dalla Tua Passione, promettiamo di mai più offenderTi. Desideriamo di avere un giorno l’onore di essere messi noi pure in croce come Pietro e Andrea. Ci incoraggia la serenità e la gioia che abbiamo avuto la grazia di contemplare sui volti dei Tuoi servi fedeli, i martiri del nostro secolo.

UNDICESIMA STAZIONE

Gesù promette il suo Regno al buon ladrone

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero Gesù e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Uno dei malfattori disse: « Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno ». Gli rispose: « In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso ».

MEDITAZIONE

Era un malfattore. Rappresenta tutti i malfattori, cioè tutti noi. Ha avuto la fortuna di essere vicino a Gesù nella sofferenza, ma noi tutti abbiamo questa fortuna. Diciamo anche noi: « Signore, ricordati di noi, quando arriverai nel Tuo regno ». Avremo la stessa risposta. E quelli che non hanno la fortuna di essere vicini a Gesù? Gesù è vicino a loro, a tutti e a ciascuno.
« Gesù , ricordati di noi »: diciamoglielo per noi, per i nostri amici, per i nostri nemici, e per i persecutori dei nostri amici. La salvezza di tutti è la vera vittoria del Signore.

PREGHIERA

Gesù , ricordati di me quando, conscio delle mie infedeltà, sono tentato di disperazione.
Gesù , ricordati di me, quando, dopo sforzi ripetuti, mi trovo ancora in fondo alla valle.
Gesù , ricordati di me, quando tutti si sono stancati di me e nessuno più mi concede fiducia, e io mi ritrovo solo e abbandonato.


DODICESIMA STAZIONE

La madre e il discepolo accanto alla croce di Gesù

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: « Donna, ecco tuo figlio! ». Poi disse al discepolo: « Ecco tua madre! ». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

MEDITAZIONE

Gesù dimentica se stesso anche in quel momento supremo e pensa a Sua Madre, pensa a noi. Affida anzitutto Sua Madre al discepolo, come sembra suggerire San Giovanni, o piuttosto affida il discepolo alla Madre? Comunque, per il discepolo Maria sarà sempre la Madre che il Maestro morente gli ha affidato e per Maria il discepolo sarà sempre il figlio che il Figlio morente le
ha affidato e a cui sarà spiritualmente vicina soprattutto nell’ora della morte. A fianco poi dei martiri morenti, ci sarà sempre la Madre che sta in piedi, accanto alla loro croce, a sostenerli.

PREGHIERA

Gesù e Maria, avete condiviso fino in fondo anche la sofferenza: Tu, Gesù , sulla croce e tu, Madre, ai piedi di essa. La lancia ha squarciato il costato del Salvatore e la spada ha trafitto il cuore della Vergine Madre.
In realtà, siamo stati noi coi nostri peccati a causare tanto dolore. Accettate il pentimento di noi tutti, che per la nostra debolezza siamo sempre esposti al rischio di tradire, rinnegare e disertare.
Accettate l’omaggio di fedeltà di tutti quelli che hanno seguito l’esempio di San Giovanni, che restò coraggiosamente accanto alla croce.
Gesù e Maria, vi dono il cuore e l’anima mia. Gesù e Maria, assistetemi nell’ultima agonia. Gesù e Maria, spiri in pace con voi l’anima mia.

TREDICESIMA STAZIONE

Gesù muore sulla Croce

Gesù, gridando a gran voce, disse: « Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito ».
Detto questo, spirò.

MEDITAZIONE

Gesù muore veramente, perché è vero uomo. Consegna al Padre l’ultimo respiro. Oh, com’è prezioso il respiro! Il soffio di vita fu dato al primo uomo, è ridato a noi in modo nuovo dopo la risurrezione di Gesù , affinché siamo capaci di offrire ogni respiro al suo Datore. Quanta
paura abbiamo della morte e come siamo tenuti schiavi da questa paura! Il senso e il valore di una vita sono decisi dal come la si sa donare. Già per l’uomo senza fede non è ammissibile che s’aggrappi alla vita perdendone il senso. Per Gesù , poi, non c’è amore più grande di quello di dare la vita per l’amico. Chi è attaccato alla vita la perderà. Chi è pronto a sacrificarla la conserverà.
I martiri danno la più alta testimonianza del loro amore. Non si vergognano del loro Maestro davanti agli uomini. Il Maestro sarà orgoglioso di loro davanti a tutta l’umanità nell’ultimo giorno.
PREGHIERA

Gesù , Tu hai preso la vita umana proprio per poterla donare. Indossando la nostra carne di peccato, Tu, Re immortale, sei diventato mortale. Accettando la morte più tragica e oscura, frutto estremo del peccato, Tu hai posto l’atto supremo di completa fiducia nel Padre. « In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum ».

QUATTORDICESIMA STAZIONE

Gesù è deposto dalla croce nel sepolcro


Giuseppe d’Arimatea, comprato un lenzuolo, depose il corpo di Gesù dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro.

MEDITAZIONE

Gesù ha scelto non di scendere vivo dalla croce, ma di risorgere dal sepolcro. Vera morte, vero silenzio, la Parola di Vita tacerà per tre giorni. Immaginiamo lo smarrimento dei nostri progenitori
davanti al corpo esanime di Abele, la prima vittima della morte.
Pensiamo al dolore di Maria, che accoglie sul suo seno Gesù ridotto a un cumulo di piaghe, verme piuttosto che uomo, non più capace di ricambiare lo sguardo d’amore di Sua Madre. Ora ella deve consegnarlo alle gelide pietre del sepolcro, dopo averlo affrettatamente pulito e composto. Ora c’è solo da aspettare. Sembra interminabile l’attesa del terzo giorno.

PREGHIERA

Signore, i tre giorni ci sembrano tanto lunghi. I nostri fratelli forti si stancano, i fratelli deboli scivolano sempre più giù , mentre i prepotenti si ergono spavaldi. Da’ perseveranza ai forti, Signore, scuoti i deboli e converti tutti i cuori.
Abbiamo noi ragione ad avere fretta e pretendere di vedere subito la vittoria della Chiesa? Non è forse la nostra vittoria che siamo ansiosi di vedere? Signore, rendici perseveranti nello stare accanto alla Chiesa del silenzio e nell’accettare di scomparire e morire come il chicco di grano.
Facci sentire sempre la Tua parola, Signore: « Non abbiate paura! Io ho vinto il mondo. Non manco mai all’appuntamento. Sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo ».
Signore, aumenta la nostra fede!

23 marzo 2008

Nancy Pelosi. La coerenza delle idee

Buona Pasqua Nancy
di Roberto Maurizio

Se mettiamo insieme i redditi di tutti i firmatari della lettera in favore del Dalai Lama, compreso quelli della Presidente della Camera dei Rappresentanti Usa, Nancy Patricia Pelosi, potremmo riuscire a sfamare 1 miliardo di persone per un anno. Queste persone sono scese in soccorso del Dalai Lama, oltre alla Pelosi ed hanno condannato l’operato della Cina. Tra di loro anche Elie Wiesel, lo scrittore americano di origine ebraica sopravvissuto ai lager nazisti e altri 25 premi Nobel: “Protestiamo contro l’ingiustificata campagna persecutoria intrapresa dal governo cinese contro il nostro collega, Sua Santità il Dalai Lama”, si legge nel comunicato firmato da Wiesel, che è da tempo un amico personale del leader tibetano, con cui condivide anche l’onore di essere stato insignito del Nobel per la pace. “Non capisco la posizione della Cina: perché ha tanta paura del Tibet?”, si chiede Wiesel, che da sempre sottolinea come il Dalai Lama non sia un separatista che mira ad un Tibet indipendente e sovrano, “Tutto quello che desidera è l’autonomia culturale e religiosa”.


“E' il nostro destino aiutare la gente del Tibet. Se il mondo non si esprime contro la Cina e contro i cinesi in Tibet, allora vuol dire che abbiamo perso tutta l'autorità morale per parlare di diritti umani" ha detto la Pelosi durante l’incontro con il Dalai Lama nella sua residenza a Dharamsala, in India.
La visita al Dalai Lama della “Pelosi” aveva fatto ben sperare a questo blog di potersi trovarsi di fronte ad una nuova eroina, Nancy, da alzare sugli “altari” gia elevati per Aung San Suu Kyi, Ingrid Betancourt, Emma Marcegaglia, vere donne che rendono onore a tutta l’umanità. Invece, su Wikipedia si apprende che: “La famiglia di Pelosi ha un reddito netto di 25 milioni di dollari, derivanti principalmente dagli investimenti del marito Paul Pelosi. Oltre ad un ampio portafoglio di partecipazioni in proprietà immobiliari nella zona della Baia di San Francisco, detiene anche quote azionarie per milioni di dollari in società trattate in borsa quali Microsoft, Amazon.com e AT&T”. Si legge, sempre su Wikipedia, che Nancy Pelosi in realtà è “nata” D’Alesandro (non è un errore, la famiglia italoamericana di chiama proprio con una “s” in meno, anche Google ti chiede: forse cercavi D’Alessandro). Ma, a parte i miliardi di dollari di cui Nancy dispone (questo non è peccato, anzi), si scopre che la Pelosi è una cattolica convinta che doveva far tremare i polsi ai laici e ai miscredenti: invece, è a favore dell’aborto e dei matrimoni fra gay. Ognuno può pensarla come vuole. Ma come fa Nancy a prendere i voti dai cattolici e poi schierarsi in favore dell’aborto, sempre se quello che dice Wikipedia è vero, e stimolare i matrimoni fra i gay, sempre se quello che dice Wikipedia è vero?
Nancy D’Alessandro, ha perso una “s” (D’Alesandro), ha perso il nome (si chiama Nancy e non Annunziata), ha perso il cognome (prendendo quello di suo marito, Pelosi), ha perso l’occasione di non accostarsi a persone serie, i buddisti, che credono in quello che fanno e agiscono di conseguenza.

20 marzo 2008

Le Olimpiadi di Pechino

Tibet. E se avesse ragione Mao Tse Tung?
di Roberto Maurizio

(Per pubblicare questo articolo, ho impiegato circa 10 ore. Si sente parlare dei navigatori di Internet cinesi censurati dal "brutto" Governo Centrale. E come la chiamate l'impossibilità di esprimersi in un paese democratico che non ti permette di comunicare le tue opinioni attraverso il malfunzionamento di un provider, di un ospite gentile (gratis) ma inefficace? Sembra che in Cina non sia permesso la libertà di parola. Non vi preoccupate, fratelli, compagni, anche in Occidente succede la stessa cosa, ma per più futili motivi. Voi combatterete e vincerete. E' impossibile, invece, sconfiggere dappertutto il demone dell'insipienza). Il titolo di questo articolo (Tibet. E se avesse ragione Mao Tse Tung?) è, volutamente, provocatorio. Siamo "tutti" Tibetani come eravamo un tempo "tutti" Maoisti? Quando nel '49 la Cina conquistava il Tibet, sotto gli occhi di tutto il mondo, il Mondo dov'era? Quando la maggioranza dell'attuale classe politica alzava al cielo il pugno chiuso della mano sinistra e con la destra mostrava il "libretto rosso di Mao", il mondo dov'era? Il Comunismo sovietico è riuscito a sottomettere milioni di persone per 70 anni ed ha fatto convivere popoli e culture diverse assoggettate all'ideologismo della rivoluzione del proletariato stalinista e leninista. La Cina ha fatto di più e meglio. 60 anni di pace per circa un mliardo e 400 milioni di persone. Mi dite quale "azienda produttiva" possa raggiungere gli stessi risultati? Mentre i paesi "democratici" dal 1945 ad oggi si sono imbattuti in circa 2.345.678 guerre internazionali, locali, provinciali, comunali (la cifra è palesamente inventata, ma non molto lontana dalla realtà), la Cina non è mai stata coinvolta in prima persona (salvo errori ed omissioni) in grandi stragi con milioni di morti e di ferite profonde nella dignità umana. La Cina, nei suoi grossi limiti di non rispetto dei diritti umani, nella sua grande contraddizione di Stato patrone e onnipotente, ha dovuto "irrigimentare" miliardi di persone che oggi si presentano come concorrenti aggressivi di un'intelligenza che si propone di dare spazio alla sua gente, con l'innovazione, la tecnologia, l'umanità che è una delle caratteristiche ereditate dalla millenaria civiltà cinese. Ingegneri, giovani preparati, gente ricca proveniente dalla Cina, cercheranno di trovare una loro collocazione nel mondo. Questo l'aspetto, diciamo così, positivo. Di grandi sacrilegi, la Cina ha segnato la sua storia nel tempo. E da ultimo, continua a macchiarsi di grandi crudeltà, come quella nei confronti del Tibet. Una pressione demografica cinese senza interruzione di rilievo spinge gli abitanti del Grande paese della Grande Muraglia ad allargarsi a macchia d'olio. Ecco perché le analisi del grande maestro, Luigi De Marchi, dovrebbero far riflettere. Parafrasando De Marchi, la sovrappopolazione è una componente che potrebbe portare il mondo verso la sua distruzione. Questo non significa che bisogna praticare tecniche abortive contro natura, ma dovrebbe spingere i governi a produrre sviluppo per dare la possibilità alle popolazioni di trovare un equilibrio stabile nel tempo basato sulla ricchezza e sulle prospettive di crescita "naturali". Il Tibet con la sua gente, le sue tradizioni, la sua religione, la sua capacità di vivere è immerso tra nuvole e montagne. E' il tetto dove nascono i fiumi tra i più lunghi e più benefici del mondo. Miliardi di persone si abbeverano nelle acque che sorgono da Tibet, miliardi di persone vorrebbero abbeverarsi nelle idee di fratellanza, di non violenza e di pace del Dalai Lama. Purtroppo la vita non si conclude solo con acqua e fratellanza. Gli uomini e le donne hanno bisogno di sostentamento quotidiano, hanno bisogno di ricchezza che li possa elevare dallo stato di bestia a quella di persona umana. Le Olimpiadi di Pechino ci sbatteranno in faccia molte contraddizioni. Ma è bene che queste contraddizioni vengano evidenziate da persone al di sopra delle parti, cioè da quelle che no hanno nessun interesse personale o partitico. La gente, forse, attraverso le Olimpiadi di Pechino ritroverà un suo modus vivendi.
Allora, Pechino, giù la maschera dei tuoi tanti misfatti (diritti umani calpestati, pena di morte a migliaia di esseri umani, maltrattamento degli animali, incapacità di soddisfare le richieste di autonomia di tante "province", prima fra tutte il grande e superbo Tibet). Allora, tu Tibet, con le tue verità assolute di convivenza con Dio, solo per alcuni metri di altitudine e di migliaia di anni di storia, ritorna in te, e segui le parole del Dalai Lama che vanno al di là delle Olimpiadi. One World, One Dream. Credo che queste siano state copiate dalle autorità cinesi al Dalai Lama. Questo è un buon segno.


One World, One Dream

Mao

Sicuramente, rispetto al Darfur e al Myanmar (Birmania), il Tibet resterà più a lungo sulle pagine delle cronache dei giornali italiani è stranieri, non perché gli “occidentali” siano più “sensibili” alle vette dell’Himalaya, ma perché il “Tetto del mondo” è strettamente collegato alle prossime Olimpiadi che si svolgeranno a Pechino dall’08/08/2008 al 24/08/2008. Ufficialmente, questa straordinaria competizione, ideata dal barone Pierre de Coubertin, con la prima Olimpiade moderna, ad Atene nel 1896, sotto lo slogan “Importante non è vincere, ma partecipare”, è stata denominata “Giochi della XXIX Olimpiadi”, ma è meglio nota con l’appellativo popolare: “Beijing 2008”. Lo slogan ufficiale adottato dagli organizzatori delle Olimpiadi, Bocog (The Beijing Organizing Committee for the Games of the XXIX Olympiad), scelto tra più di 210.000 proposte provenienti da tutte le parti della Terra, è One World, One Dream (cioè Un Mondo, Un Sogno, in cinese 同一个世界 同一个梦想 Tóng Yíge Shìjiè Tóng Yíge Mèngxiǎng). Lo slogan vuole invitare ad unirsi allo spirito olimpico e a costruire un futuro migliore per l'umanità. Le discipline di Pechino 2008 sono quasi del tutto simili a quelle di Atene 2004. Le discipline previste sono 28 e si disputeranno in 302 eventi. Per la prima volta sarà presente la nuova disciplina ciclistica della Bmx e le donne competeranno nei 3000 siepi. Inoltre la maratona di nuoto per uomini e donne, 10 chilometri, sarà aggiunta alle discipline di nuoto.

Pierre de Coubertin


La “Nuvola di Promesse” nel “Nido d’Uccello”

Sarà la terza volta nella storia delle Olimpiadi che l’Asia ospiterà i cosiddetti “Giochi Estivi”: dopo Tokyo del 1974 e Seoul del 1988. La Fiaccola Olimpica, una torcia di alluminio di 72 centimetri del peso di 985 chilogrammi, è stata ricoperta da un disegno cinese tradizionale chiamato “Nuvola Fortunata” partirà alla volta della capitale cinese il 25 marzo 2008 da Olimpia, in Grecia e percorrerà una distanza di 137.000 chilometri in 132 giorni. Nel suo percorso, la Fiamma Olimpica non toccherà sicuramente Taiwan, ma transiterà per il Tibet e raggiungerà l’Himalaya. Durante la lunga marcia, i tedofori si passeranno una torcia altamente tecnologica, con gusto tutto cinese. La Fiaccola è stata ribattezzata, “Nuvola di Promesse” perché se negli intenti degli organizzatori il passaggio da una mano all'altra dovrebbe essere “il viaggio dell'armonia” sospinto dallo slogan “accendi la passione, condividi il sogno”, in realtà è ancora lungo il cammino per vedere realmente un mondo in pace e in amicizia, composto da Stati che rispettano i diritti umani, che non schiacciano popoli e territori abitate da etnie diverse. L’8 agosto, comunque, la Fiaccola accenderà il braciere che illuminerà lo stadio, “Nido d’Uccello” di Beijing, una delle meraviglie architettoniche delle Olimpiadi, nel corso dell’imponente cerimonia d’apertura dei Giochi che sarà seguita in diretta da miliardi di persone. I partecipanti alle 28 discipline, dal Tennis al Taekwondo, dalla Lotta al Baseball, terranno incollati ai teleschermi miliardi di spettatori. L'Italia, ad oggi, si presenterà con 168 atleti. Il team azzurro viene dalla lusinghiera prestazione di Atene 2004, dove ha collezionato 31 medaglie. Sarà difficile confermare questo successo, ma nello sport è d'obbligo puntare a migliorarsi.

Il fuoco Olimpico evita Taiwan
Il passaggio sul territorio di Taiwan sarebbe dovuto essere uno dei momenti politicamente più significativi di questi Giochi, invece l’atteso evento è già stato cancellato. La politica, purtroppo, ha preso il sopravvento e così questo primo passo per un riavvicinamento tra Cina e Taiwan non ci sarà. Taiwan è Stato autonomo dal 1949, dopo la Rivoluzione comunista, quando sul territorio di quest’isola s’insediarono i cinesi nazionalisti guidati da Chiang-Kai-Shek. Da allora sono passati quasi sessant’anni ma i tempi evidentemente non sono ancora maturi per un riavvicinamento. Le tensioni del resto sono sempre state marcate tra il gigante cinese e la piccola Taiwan, e si sono spesso evidenziate anche in altre edizioni dei Giochi, come quando a Montreal, nel 1976, Taiwan pretendeva di iscriversi con il nome di Republic of China. La Cina, pur non partecipando, si oppose e riuscì a far escludere Taiwan: anche adesso, con l’occasione del viaggio della Fiamma, l’isoletta rivendica tutta la propria autonomia, mentre la Cina in qualche modo più o meno evidente cerca di reclamarne l’appartenenza. In un primo tempo Cina e Taiwan si erano trovati d’intesa nel proposito del passaggio della Fiamma sull’isola e difatti il Presidente del Comitato Olimpico Taiwanese così scriveva nel dicembre 2006 al Bocog: “A nome del Comitato Olimpico di Taiwan confermo che siamo disposti a partecipare al viaggio della torcia delle Olimpiadi di Pechino e ci attendiamo una piena collaborazione con il Bocog per compiere la missione sacra del passaggio del fuoco olimpico in conformità con lo spirito e gli ideali olimpici”. Buoni propositi che poi alla prova dei fatti sono andati completamente a cadere, dopo mesi di olimpici scambi di comunicati, accordi e inviti reciproci tra Taiwan e Pechino. Il 20 aprile 2007 da Taiwan fanno sapere che la Fiamma non può entrare nel paese dal Vietnam ed uscire andando ad Hong Kong, perché questo metterebbe in dubbio, secondo loro, la posizione di piena sovranità del paese. Infatti, la Fiamma sarebbe entrata da un paese esterno come il Vietnam, e dopo un weekend di visita a Taiwan sarebbe riuscita atterrando ad Hong Kong, territorio sotto sovranità cinese. Questo equivarrebbe per Taiwan al creare una continuità dei territori cinesi nel percorso della Fiamma: come dire, prima andiamo nei paesi limitrofi e poi da Taiwan in quelli sotto la sovranità cinese. Un ingresso ed un’uscita della Fiamma dal paese entrambi attraverso paesi esterni avrebbe dato quella discontinuità necessaria a slegare completamente lo stato isolano dalla parte cinese del viaggio e a far sì che esso avesse luogo. Invece nessuno dei due ha voluto cedere, in barba agli ideali olimpici a cui sia Pechino che Taiwan si erano lungamente richiamati nei proclami dei mesi precedenti. Da Taiwan accusano la Cina di approfittare della Fiamma per imporre una prova di autorevolezza, da Pechino si ribatte che il tragitto era stato deciso con un accordo bilaterale e così via. L’unica certezza è che i cinesi di Taiwan la Fiamma non la vedranno.

… e fa chiudere l’Everest
Per motivi di «sicurezza» la Cina vieterà le escursioni sul versante tibetano fino a maggio, quando la torcia «nuvole di promesse» sarà portata sul tetto del mondo. E anche il Nepal si impegna a chiudere il suo accesso. Oggi, 20 marzo 2008, comunque, è ufficiale: La fiaccola olimpica transiterà per il Tibet, nonostante la rivolta scoppiata la settimana scorsa. La conferma e' stata data dal comitato organizzatore di Pechino 2008. "La staffetta procederà come da programma", ha assicurato il vicepresidente del comitato, Jiang Xiaoyu, "crediamo fermamente che la regione autonoma tibetana sarà in grado di garantire la stabilità di Lhasa". Xiaoyu si è detto anche detto fiducioso che non ci saranno boicottaggi significativi dei Giochi, perché "la maggioranza" dei leader politici e degli atleti "farà la scelta giusta e parteciperà sia ai Giochi che alla cerimonia di apertura". La fiaccola che sarà accesa lunedì in Grecia e arrivera' in Cina il 31 marzo, quando da Piazza Tienanmen avrà inizio una staffetta di 130 giorni che toccherà cinque continenti e 19 città. La parte cinese avrà inizio il 4 maggio nell'isola meridionale di Hainan e si concludera' l'8 agosto nello stadio olimpico di Pechino. Il transito per il Tibet avverrà due volte: a inizio maggio, quando la fiaccola sarà portata sul monte Everest, Qomalangma in cinese, (per evitare disordini il Nepal bloccherà l'accesso dal suo lato) e a giugno, quando passerà per il capoluogo Lhasa. Anche il Cio aveva espresso l'auspicio che la staffetta potesse rispettare i programmi, ricordando che "la fiaccola olimpica è un potente simbolo che porta i popoli del mondo a superare le loro divergenze". Tuttavia, i drammatici eventi tibetani, ancora in corso e dall'esito incerto, rischiano tuttavia di rovinare la festa a Pechino. Quale che sia l'evoluzione della vicenda appaiono comunque già irrimediabilmente offuscati gli intenti e gli slogan, prima fra tutti, One Word, One Dream.

Ventiduemila tedofori, l’Everest e la Via della Seta
Come abbiamo già detto, la partenza della fiamma è prevista per il 25 marzo del 2008 da Olimpia, in Grecia. Attraverserà la Grecia per arrivare a Beijing il 31 marzo e da qui comincerà il suo viaggio attraverso i 5 continenti. In Europa farà tappa a San Pietroburgo (5 aprile), Londra (6 aprile) e Parigi (7 aprile). Ci sarà anche un tentativo di portare la fiamma in cima al Monte Everest (Qomolangma), la più alta vetta della Terra. Nel determinare il percorso della fiaccola olimpica gli organizzatori si sono ispirati alla millenaria storia cinese. In passato, dall’antica capitale Chang’an (l’attuale città di Xi’an), la Via della Seta, una delle più note vie carovaniere della storia, fu la via attraverso cui la Cina entrò in diretto contatto con numerose altre civiltà del mondo. Inoltre, più di 600 anni or sono, l’eunuco viaggiatore della dinastia Ming (1368-1644) Zheng He intraprese diverse navigazioni di esplorazione nel Sud-est asiatico e in Africa e la Cina aprì gli scambi commerciali via mare attraverso quella oggi conosciuta come “Via delle Spezie”.


Nel concepire l’itinerario della fiaccola olimpica i suoi ideatori hanno quindi tratto ispirazione da queste importanti vie commerciali. La Via della Seta rappresenta infatti la comunicazione con i numerosi paesi del mondo; in pratica lo stesso concetto simbolico della fiaccola olimpica: diffondere la cultura cinese e creare armoniosi rapporti di comunicazione e cooperazione fra le nazioni del mondo. La torcia olimpica, di colore rosso “lacca di Cina” e argento è di alluminio anodizzato, si presenta come un rotolo incurvato la cui estremità superiore forma una “nuvola di buon augurio” (Xiangyun). L’ispirazione degli stilisti sta nel fatto che le nuvole si compattano e cambiano forma continuamente fino a diventare ogni volta qualcosa di nuovo, proprio come una delle tematiche legate alle Olimpiadi: che le persone dovrebbero giungere da ogni luogo per costruire un futuro brillante. Il colore principale della torcia è il rosso, colore che rappresenta la Cina. Il muro che circonda la Città Proibita è rosso come il colore della bandiera cinese. La torcia sembra un rotolo di carta, e la carta, una delle quattro grandi invenzioni della Cina, è tradizionalmente considerata conduttrice di civiltà e cultura, stessa funzione dello spirito del percorso della fiamma olimpica.La torcia è fatta per restare accesa con venti di 65 km/h e piogge di 50 mm/ora. Il combustibile scelto è il propano, che non solo presenta il vantaggio di essere poco costoso e facilmente disponibile, ma dopo la suacombustione nell’aria non rimane che CO2 e vapore d’acqua, riducendo al minimo il rischio minimo per l’ambiente.

Il Tibet in rivolta
Nei giorni appena trascorsi, Lhasa è diventato un campo di battaglia. Sparatorie, scontri, auto e negozi dati alle fiamme. Caos e paura. Un numero imprecisato di morti e di feriti. In occasione dell’anniversario della rivolta del 1959 che si concluse con la fuga all’estero del Dalai Lama, lunedì 10 marzo, e iniziata una protesta che è la più violenta che il Tibet abbia vissuto da vent'anni a questa parte, e che sta assumendo i preoccupanti contorni di una vera e propria sfida alle autorità occupanti di Pechino. Non è un caso che gli scontri in atto nella capitale tibetana esplodano ora, alla vigilia della nomina del nuovo governo cinese da parte dell'Assemblea Nazionale del Popolo e a pochi mesi dall'avvio delle Olimpiadi di Pechino, con i riflettori dell'opinione pubblica internazionale sempre più concentrati sull'irrisolta questione della tutela dei diritti umani e della democrazia. Ma le manifestazioni sono il frutto del convergere di una serie di fattori tanto annosi quanto contingenti. Come l'arresto, alcuni mesi fa, di alcuni monaci che avevano festeggiato il conferimento al Dalai Lama della Medaglia del Congresso statunitense. La richiesta della loro liberazione è infatti alla base delle proteste scoppiate il 13 marzo, mentre dall'altra parte del confine, in India, alcuni tibetani in esilio organizzavano una marcia di protesta verso il confine, bloccata dalla polizia indiana.

Il Dalai Lama, Tenzin Gyatso



Da parte sua, il Dalai Lama, riferendosi oggi, 20 marzo 2008, ai giornalisti da Dharamsala, in India, sede del suol Governo in esilio, ha detto: “Sono sempre pronto a incontrare leader cinesi, soprattuto Hu Jintao". Il Dalai Lama - che ha chiesto ai tibetani di evitare proteste violente e di vivere accanto ai cinesi - è accusato dalla Cina di aver architettato le proteste proprio da Dharamsala. Il Dalai Lama, come leader spirituale tibetano, non aveva lesinato parole molto dure nei confronti del regime cinese, di denuncia contro l'uso "brutale" della forza e di invito alla moderazione. Accuse che Pechino respinge al mittente, incolpando “la cricca del Dalai Lama” di aver orchestrato i disordini e restando in questo, almeno per una volta, isolata, perché quello che giunge da Europa e Stati Uniti è invece un coro di sdegno di fronte alla violenta repressione messa in atto contro i bonzi, simbolo esasperato del pacifismo e della non-violenza che fondano la religione buddista. E' importante, ora, che i monaci si muovano con estrema prudenza, perché difficilmente la loro protesta riuscirà a fondersi con quella di altri gruppi religiosi o di quei cinesi che sognano un paese più libero. Il governo di Pechino gode in questo momento di un indiscusso prestigio sia sul piano interno, sia su quello internazionale. Non solo per l'effetto - Olimpiadi - che sono una vetrina del successo del paese - ma soprattutto per la sua rampante economia. E il verde profumo dei dollari, si sa, è in grado di mettere a tacere anche i disaccordi più profondi: ancora una volta, i formali rimproveri rivolti alla Cina da buona parte del mondo, occidentale e non, sono destinati a rimanere parole gettate al vento. In Occidente, quindi, l'idea di boicottaggio totale dei Giochi trova scarsi proseliti, mentre si diffonde la proposta di disertare solo la cerimonia di apertura da parte delle autorità (appoggiata da Reporter senza frontiere, Human Rights Watch e Hans-Gert Pöttering, presidente dell'Europarlamento). Nel Tibet con il Dalai Lama è in corso «una lotta per la vita o per la morte». È l'atteggiamento della Cina nei confronti delle proteste tibetane che, secondo Pechino, sono state organizzate dal Capo in persona dei buddisti tibetani per boicottare le Olimpiadi e gettare discretito sull'intera Cina.«Siamo nel mezzo di un'aspra lotta che comporta sangue e fiamme, una lotta per la vita o per la morte con la cricca del Dalai», ha detto in una teleconferenza ai capi del partito il segretario del Partito comunista del Tibet, Zhang Qingli. «I leader di tutto il Paese devono capire la difficoltà, la complessità e la natura di un lungo periodo della lotta», ha detto in un intervento riportato da Tibet Dayly. «Se restiamo un cuore solo, se trasformiamo le masse in una fortezza e lavoriamo insieme per attaccare il nemico, allora possiamo salvaguardare la stabilità sociale e ottenere una piena vittoria in questa battaglia contro il separatismo». Dal canto suo il Dalai Lama, che ha lanciato un appello per la ripresa del dialogo con la Cina, ha incontrato a Dharamsala i capi più intransigenti della comunità tibetana in esilio, in particolare il leader del Congresso dei giovani tibetani Tsewang Rigzin che, come altri, al contrario del Dalai Lama chiede il boicottaggio delle Olimpiadi e una lotta più incisiva contro Pechino per arrivare all'indipendenza, che Tenzin Gyatso (il nome "da civile" del capo spirituale tibetano) non chiede. Il Dalai Lama incontrerà domani anche Nancy Pelosi, presidente democratica della Camera dei rappresentanti Usa, in India per una visita di cinque giorni. Ad assistere all'incontro dovrebbe esserci anche Richard Gere, fervido sostenitore della causa tibetana. Era stata proprio la Pelosi a volere lo scorso ottobre il conferimento della Medaglia d’oro del Congresso al Dalai Lama, che ha raffreddato le relazioni Usa-Cina.

Il Papa addolorato per il Tibet
Papa Benedetto XVI, ieri, ha espresso “tristezza e dolore di fronte alla sofferenza di tante persone” in Tibet ed ha auspicato che venga scelta la strada del dialogo. "Con la violenza i problemi si aggravano", ha detto il Papa al termine dell'Udienza Generale di mercoledì, 19 marzo 2008. "Il mio cuore di padre - ha detto il Pontefice - sente tristezza e dolore di fronte alla sofferenza di tante persone. Il mistero della Passione e della morte di Gesù, che riviviamo in questa settimana santa, ci aiuta ad essere particolarmente sensibili alla loro situazione", ha aggiunto. "Con la violenza - ha ammonito - non si risolvono i problemi, ma solo si aggravano". "Vi invito - ha continuato - ad unirvi a me nella preghiera. Chiediamo a Dio onnipotente, fonte di luce , che illumini le menti di tutti e dia a ciascuno il coraggio di scegliere la via del dialogo e della tolleranza".

Il Tetto del Mondo
Il Tibet (in tibetano: བོད་, Bod, pronuncia pö nel dialetto di Lhasa; in cinese: 西藏, p'nyin: Xizàng: antica grafia Thibet) è situato sull'omonimo altipiano (detto anche Plateau tibetano) ad un'altitudine media di circa 4.900 metri, che gli fanno meritare il nome di Tetto del Mondo. La sua montagna più alta è l'Everest che con i suoi 8.842 metri è la montagna più alta del mondo e fa parte della catena dell'Himalaya compresa per gran parte nel territorio tibetano. Il clima è piuttosto rigido e ventoso e possono esserci escursioni notturne anche superiori ai 30° C. Questa regione dell'Asia Centrale per secoli ha avuto rapporti diversi di dipendenza o autonomia con l'impero Cinese. Dopo l'invasione militare cinese iniziata nel 1949, oggi quasi la totalità del Tibet è sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese. Il Tibet non ha una definizione univoca. Per il Governo Tibetano in Esilio, il Tibet è la larga zona sotto l'influenza culturale tibetana per parecchi secoli, comprese le province tradizionali di Amdo, Kham (Khams) e Ü-Tsang (dBus-gTsang), ma esclusa la zona sotto l'influenza culturale del Tibet storico all'esterno della Repubblica Popolare Cinese comprendente Arunachal Pradesh, Sikkim, Bhutan e Ladakh, area reclamata soltanto da qualche gruppo tibetano. Per la Repubblica Popolare Cinese, il Tibet è la Regione Autonoma del Tibet, chiamata anche Tibet Autonomous Region o TAR, reclamando anche il territorio del Arunachal Pradesh come appartenente alla stessa. Alcuni cinesi reclamano anche Sikkim, Bhutan e Ladakh come appartenenti alla TAR. La TAR copre solo l'Ü-Tsang e il Kham occidentale, mentre l'Amdo e il Kham orientale appartengono alle province cinesi di Qinghai, Gansu, Yunnan e Sichuan. Il clima è piuttosto rigido e ventoso e possono esserci escursioni notturne anche superiori ai 30° C. I monsoni provenienti dall'India e dal Nepal, notevolmente ridotti dalla catena himalayana portano alcune leggere precipitazioni in particolare nella parte sud-occidentale tra metà giugno e metà settembre. Il clima è molto secco per tutto il resto dell'anno. Le temperature più basse sono tra i mesi di dicembre e febbraio. D'inverno le precipitazioni nevose sono scarse nella valle e abbondanti nella catena himalayana. I passi del sud rimangono spesso chiusi per la neve durante l'inverno. Nella capitale Lhasa (a 3.595 m. sul livello del mare) le temperature massime vanno da qualche grado sopra lo zero d'inverno ai 25°C d'estate, mentre le minime vanno dai -15°C ai +10°C. Altre città tibetane sono: Shigatse (gZhis-ka-rtse), Gyantse (rGyang-rtse), Chamdo (Chab-mdo), Nagchu (Nag-chu), Nyingchi (Nying-khri), Nedong (sNe-gdong), Dartsendo (Dar-btsen-mdo), Jyekundo (sKyes-rgu-mdo) o Yushu (Yul-shul), Golmud (Na-gor-mo), Barkam ('Bar-khams), Gartse (dKar-mdzes), Lhatse (lHa-tse), Machen (rMa-chen), Pelbar (dPal-'bar), Sakya (Sa-skya) e Tingri (Ding-ri). Il Tibet era storicamente composto da diverse regioni: Amdo (a'mdo) nel nord-est, appartiene alle province cinesi di Qinghai, Gansu e Sichuan, Kham (khams) nell'est, parte delle province cinesi del Sichuan, nord Yunnan e parte del Qinghai, Kham occidentale, parte della Regione Autonoma del Tibet, Ü (dbus), nel centro, parte della Regione Autonoma del Tibet, Tsang (gtsang) nell'ovest, parte della Regione Autonoma del Tibet. I maggiori fiumi hanno origine dal plateau in particolare dalla provincia cinese di Qinghai e dalla zona di Monte Kailash e Lago Manasarovar. I più importanti sono: Qinghai; Huang He (o Fiume Giallo); Yangtze; Mekong; Monte Kailash; Indo; Brahmaputra (Yarlong Tzangpo); Gange (Karnali); Sutlej. Storicamente la popolazione del Tibet è costituita primariamente da Tibetani. Altri gruppi etnici includono i Monpa, Lhoba, Mongoli e Hui. Dopo l'annessione cinese del Tibet, l'etnia prevalente è quella dei cinesi Han. Tuttavia non vi sono stime concordanti. Il Governo tibetano in esilio stima che vi siano 7,5 milioni di non tibetani introdotti dal governo cinese per nazionalizzare la regione, contro 6 milioni di tibetani, e ritiene che la recente apertura della ferrovia del Qingzang, che collega Lhasa con Pechino in 40 ore, faciliterà l'afflusso di persone da altre province cinesi. Secondo il Governo cinese, la Regione Autonoma del Tibet è abitata al 92% da Tibetani, mentre nelle altre zone del Tibet storico appartenenti ad altre province cinesi la percentuale è più bassa, smentendo ogni accusa. L'economia tibetana è dominata dall'agricoltura e dall'allevamento. Lo yak rappresenta una delle maggiori fonti di sussistenza per le famiglie rurali in quanto viene utilizzato come forza motrice per il lavoro nei campi, per il latte e derivati ed, infine, per la carne. Gli ultimi anni hanno costituito un'apertura al turismo, quasi esclusivamente interno, recentemente promosso dalle autorità cinesi. La ferrovia del Qingzang che collegherà Lhasa con Pechino contribuirà ad incrementare l'economia in particolare della parte cinese della popolazione che aumenterà notevolmente. Il Tibet rappresenta il centro tradizionale del Buddhismo tibetano, una forma distintiva del Buddhismo Vajrayana. Il buddhismo tibetano è praticato anche in Mongolia e largamente praticato dai Buryat nella Siberia meridionale. Presso le popolazioni tibetane, in specie delle regioni nord-orientali, è, nonostante le persecuzioni che ha subito fino al XIX Secolo, ancora largamente praticato l'ancestrale sciamanesimo pagano pre-buddhista, conosciuto come religione bòn. Il contatto con Buddhismo e Induismo vi ha provocato profonde trasformazioni in senso sincretistico, come ad esempio la nascita di congregazioni e conventi di Lama. Nelle città è presente anche una piccola comunità di musulmani, conosciuti come Kachee (o Kache), la cui origine deriva da tre regioni: Kashmir (Kachee Yul nell'antico Tibet), Ladakh e paesi centro asiatici turchi. L'influenza islamica in Tibet proviene anche dall'antica Persia. C'è anche una consolidata comunità di musulmani cinesi (Gya Kachee) di etnia Hui cinese. Sembra che le popolazioni provenienti da Kashmir e Laddakh emigrarono verso il Tibet a partire dal XII secolo. I matrimoni e le interazioni graduali hanno portato ad un'ingrandimento della comunità islamica tibetana nei pressi di Lhasa. Piccole comunità cristiane, sia nestoriane che cattoliche, vi svolgono un'esistenza al limite della semi-clandestinità. Fino ad un recente passato, fra gli abitanti del Tibet, il cui fondo culturale remoto è essenzialmente matriarcale era diffusa la "diandria". Era costume corrente che le donne sposassero due uomini, di soliti fratelli o comunque parenti. Il Governo cinese, a partire dalla Grande rivoluzione culturale, ha cercato di distruggere i simboli tradizionali della cultura originale tibetana (demolendo monasteri, incarcerando monaci e limitando o, addirittura, proibendo (per i funzionari pubblici, le guide turistiche ed altri mestieri) di professare la loro religione e operando vandalismi in alcuni posti sacri ai tibetani. Tuttavia sono stati preservati e parzialmente ristrutturati alcuni palazzi per incrementare il turismo, soprattutto interno.

15 marzo 2008

Elezioni politiche 2008. L'invito al voto

L'invito al voto
di Roberto Maurizio
Le prossime elezioni politiche di aprile non riservano novità rilevanti. Le indicazioni sulle modalità di votazioni che vengono proposte sulla Rai (quel cumulo di ammucchiati che si parano il cumulo) sono eloquenti. Nel pomeriggio le informazioni vengono "diluite" da una "traduzione" per non udenti, non vedenti, non sapienti, diversamente abili e non so che, ma solo nel pomeriggio, dove i non udenti, i non vedenti, i non sapienti, i diversamente abili e i non so che, sono incollati al video per vedere e sentire l'invito al voto mentre compare un cane che accompagna un non vedente al voto. L'avvicinamento tra cane e elettore è evidente! Viva il cane!

14 marzo 2008

Emma Marcegaglia

In viale dell’Astronomia brilla una Stella
di Roberto Maurizio

Emma Marcegaglia

Emma Marcegaglia, nata a Mantova nel 1965, laurea in Economica Aziendale, Master in Business Administration presso la New York University, Amministratore Delegato della Società Marcegaglia S.p.A. e di tutte le Società controllate, Presidente della Fondazione Areté Onlus per il sostegno dell’attività Vita-Salute San Raffaele, Membro permanente del “Enterprise Policy Group – Professional Chamber” e del Comitato Esecutivo dell’Aspen Institute Italia, ha ricoperto gli incarichi di Vice Presidente di Confindustria per l’Europa; Presidente Nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria; Presidente dello YES (Young Entrepreneurs for Europe); Vice Presidente Nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria.

Un risultato "bulgaro"

Marcegaglia e Montezemolo

L'imprenditrice, Emma Marcegaglia, con un risultato definito “bulgaro”, 99,2% degli imprenditori, è stata designata, il 13 marzo 2008, 27° Presidente di Confindustria. E’ la prima volta nella storia di viale dell'Astronomia che un leader registra una percentuale così alta ed è anche la prima volta che una donna diventi Presidente dopo circa 100 anni dalla nascita dell’Associazione (1910). I voti a suo favore sono stati 126 su 132 aventi diritto (5 non sono state votate e una è stata ritenuta nulla, con Montezemolo che ha ironicamente chiosato, “sarà stata lei a sbagliarsi per l'emozione”). “Emma ha avuto una meravigliosa accoglienza da parte di tutti gli imprenditori - ha sottolineato il Presidente uscente Montezemolo che resterà in carica fino al 21 maggio, a detta di alcuni più commosso di lei nel consegnarle un grande mazzo di rose rosse subito dopo la designazione - con una doppia standing ovation a dimostrazione dell'unità sulla scelta di un'imprenditrice giovane, che conosce il sistema associativo e che saprà continuare il lavoro introducendo delle novità”. Emma è la figlia minore di Steno Marcegaglia, Presidente del gruppo omonimo, fondato nel 1959 con un laboratorio artigianale di 120 metri quadrati, e, attualmente, decimo gruppo industriale italiano, con un fatturato di oltre 4 miliardi di euro e 6.500 dipendenti in 50 insediamenti produttivi in Italia e all'estero, tutti attivi nel settore metallurgico.

Una vera Festa delle Donne




Pubblichiamo volentieri questa notizia che è la prima del nostro blog dopo l’8 marzo. Il 13 marzo, dunque, può essere definito “un proseguimento della Festa della Donna”, questa volta, però, una Festa veramente concreta. Femme d'acier, femme de soie, fu definita Emma Marcegaglia da una copertina di Madame Figaro: Donna d'acciaio (anche per il business di famiglia), donna di seta. L'acciaio, per l'appunto: per cui è stato facile affibbiare alla giovane Marcegaglia, entrata a far parte dell'associazione dei Giovani Industriali nel 1986, a soli 21 anni, il soprannome di Black and Decker, o di lady acciaio. Però le cronache di quegli anni documentano, oltre all'indiscutibile impegno della giovane imprenditrice nell'associazione, che la porta a diventarne presidente dieci anni dopo, le minigonne che qualcuno definisce 'vertiginose', e persino un ballo sui tavoli a Capri, con tanto di 'mossa'. "Fu divertente ma me ne sono vergognata per anni", disse lei in seguito a un giornalista Emma Marcegaglia, che, passata a Confindustria, ha allungato le gonne, si è sposata con Roberto Vancini, ingegnere informatico, e nel 2003 ha avuto una figlia, Gaia. Esaurito il mandato alla guida degli 'under 40' infatti l'imprenditrice venne designata già nel 2000 alla vicepresidenza di Confindustria per l'Europa, ma due anni dopo lasciò, in seguito a uno scontro con l'allora presidente Antonio D'Amato. Per poi tornare con la presidenza di Luca Cordero di Montezemolo, e con una delega più prestigiosa su energia, ambiente e territorio.

Una Vicepresidenza di peso

Negli anni, Emma Marcegaglia, che è anche amministratore delegato insieme al fratello dell'azienda di famiglia, ha sempre manifestato posizioni ferme e a volte dure sulle scelte del governo, e ha seguito puntualmente anche le politiche di Bruxelles (volando sempre in classe economica, assicurano da più parti). Al tempo stesso, l'imprenditrice mantovana si è distinta dallo stile Montezemolo per un atteggiamento distante dalla politica: non ha mai dichiarato preferenze, e pur esprimendo scelte e opinioni precise va d'accordo con tutte le controparti, sindacati compresi. Curriculum eccellente anche sotto il profilo della preparazione culturale: dopo essersi laureata alla Bocconi, ha seguito un master in business administration all'Università di New York, e pertanto parla anche un ottimo inglese. Non è una persona che conceda molto ai giornali sotto il profilo privato, per cui di lei si sa poco, e le indiscrezioni sono inconsistenti. Si dice che le piaccia la montagna, e che le rare vacanze al mare siano una scelta dettata dalle esigenze della figlia. Che giochi bene a tennis, e che collezioni orologi, cercandoli con accanimento nei mercatini. E' presidente della Fondazione Aretè Onlus per il sostegno all'attività Vita-Salute San Raffaele.

La famiglia

Della famiglia si elogia l'austerità: i Marcegaglia si definiscono “imprenditori poveri di un'azienda ricca”. Il padre Steno molti anni fa venne rapito e tenuto prigioniero sull'Aspromonte, e si liberò da solo. Le leggende narrano che, appena tornato a casa, convocò subito una riunione. Si racconta inoltre che Emma e il fratello maggiore, Antonio, quando giocavano da piccoli facevano a turno il direttore amministrativo e il capo del personale delle bambole. Lo stile austero non impedisce alla famiglia e al gruppo Marcegaglia di nutrire grandi ambizioni: “La crescita è quasi un'ossessione per il nostro gruppo - ha dichiarato qualche mese fa, in occasione dell'inaugurazione di un nuovo impianto per la produzione di tubi trafilati a Boltiere, in provincia di Bergamo - Vogliamo continuare ad aumentare i volumi, recitando un ruolo di primaria importanza sui mercati mondiali”.

Il cancellino


Brava, neanche dirlo: “Bravissima”. Secchiona, neanche pensarci: “Prima della classe sì, ma di quelle che lasciavano copiare”. E che se capitava un po' di goliardico casino non si tiravano indietro: niente roba da sette in condotta, per carità, “però ha presente le battaglie dei cancellini? Nel bel mezzo, un giorno, entra la prof. E lei la prende in pieno”. Sospensione immediata, per Emma Marcegaglia. La quale, raccontata dalla sua migliore amica, non assomiglia per niente a quell'immagine black&decker che “non so chi le abbia appiccicato, 12 anni fa, ma c'entra proprio zero. Non è dura, non è fredda, non è calcolatrice. In privato ancora meno che in pubblico”.

I “Boss” in gonnella

Nel mondo dell’imprenditoria i “Boss” con la gonna sono sempre di più. Nonostante i vertici delle istituzioni, degli Enti e delle grandi società si declinino ancora al maschile, le donne cominciano a farsi spazio nel settore aziendale e tante, ormai, hanno conquistato un posto in prima linea. A segnare un forte cambio di passo in questo senso è la nomina di Emma Marcegaglia a Presidente di Confindustria, ruolo per la prima volta nella storia affidato a una donna. Un evento che apre a una specie di “rivoluzione industriale” al femminile e che accende la speranza a che il colore rosa, presto, possa tingere anche altri settori di rilievo. Certo, nelle classifiche mondiali sinora le manager italiane ancora scarseggiano. Nella classifica 2007 delle 100 donne più potenti del mondo, pubblicata da Forbes, bisogna scendere al 33esimo posto prima di vedere comparire una donna italiana, Marina Berlusconi, presidente di Fininvest. Al 91esimo posto, poi, troviamo Giuliana Benetton, cofondatrice del gruppo veneto. Nelle “50 donne da tenere d’occhio”, classifica del World Street Journal, bisogna tornare al 2006 per vedere comparire un’italiana, Frida Giannini, direttrice creativa di Gucci. Eppure nel mondo delle multinazionali troviamo un’italiana: Maria Cristina Elmi Busi Ferruzzi, detta “Lady Coca Cola”, Presidente della Sibeg, che imbottiglia e distribuisce i prodotti Coca Cola in Sicilia. Le donne di casa nostra “che contano”, però, sono sempre di più. Basta guardare nel settore aziendale personaggi di spicco come Anna Maria Artoni, presidente degli industriali dell’Emilia Romagna; Diana Bracco, a capo del gruppo Bracco e presidente di Assolombarda; l’imprenditrice veneta Marina Salomon, a capo di una delle piu’ importanti aziende europee di abbigliamento, la Altana, o la quarantunenne Michela Vittoria Brambilla, presidente dei giovani di Confcommercio, ormai lanciata da due anni in politica. Meno conosciute ma non per questo meno “potenti” donne come Giannola Nonino, a capo della storica azienda friulana di grappe, o la proprietaria di Valtur, Paola Patti. Un mondo dove la figura femminile di successo è ormai sdoganata è quello della moda, dove troviamo al posto di comando delle maison più celebri a livello internazionale nomi come Laura Biagiotti, Donatella Versace (vicepresidente del gruppo) o Miuccia Prada, proprietaria della casa di moda insieme ai fratelli e al marito. Anche il Presidente e Amministratore delegato di Furla, nota casa di pelletteria, è donna e si chiama Giovanna Furlanetto.

Cent’anni di storia


L’imprenditrice Emma Marcegaglia subentra a Luca di Montezemolo che ha governato in via dell' Astronomia per quattro anni. Uno dei più giovani presidenti della storia secolare di Confindustria, seconda solo - nel dopoguerra - a Giorgio Fossa, che diventò il portabandiera degli imprenditori italiani ad appena 42 anni e di pochi mesi più giovane di un altro ex presidente quarantenne: Antonio D'Amato. Il primato assoluto, come più giovane presidente dell'associazione, è appannaggio invece dell' italo-francese, Luigi Bonnefon, torinese di elezione, che assunse l'incarico appena 37nne. Era il primo presidente di Confindustria e correva l'ormai lontano 1910. Poi attraverso quasi 100 anni di storia, al vertice dell'associazione si sono succeduti alcuni dei nomi più illustri dell'imprenditoria e dell'economia italiana: dall'Avvocato Gianni Agnelli (1974-1976) all'ex Governatore della Banca d'Italia Guido Carli (1976-1980); da Alberto Pirelli (1934) a Vittorio Merloni (1980-1984); da Luigi Lucchini (1984-1988) a Sergio Pininfarina (1988-1992). Le regole attualmente vigenti prevedono che il mandato del presidente duri 4 anni, ma in precedenza il limite era meno rigido. Antonio Stefano Benni ad esempio guidò l'associazione per 10 anni tra il 1923 ed il 1933 e il conte Giuseppe Volpi di Misurata rimase in carica per un periodo analogo, dal novembre 1934 all'aprile 1943; entrambi furono però superati da Angelo Costa, altro patriarca dell'impresa italiana, il cui mandato al vertice di Confindustria durò complessivamente 14 anni, dal dicembre 1945 al febbraio 1955, e successivamente dal marzo 1966 all'aprile 1970. Ecco, di seguito, l'elenco dei presidenti di Confindustria dal 1910 ad oggi:Luigi Bonnefon (dal 1910 al 1913) - Ferdinando Bocca (1914 al 1918) - Dante Ferraris (1919) - Giovanni Battista Pirelli (1919) - Giovanni Silvestri (1919 al 1920) - Ettore Conti (1920 al 1921) - Raimondo Targetti (dal 1922 al 1923) - Antonio Stefano Benni (dal 1923 al 1934) - Alberto Pirelli (1934) - Giuseppe Volpi di Misurata (dal 1934 al 1943) - Giovanni Balella (1943) - Giuseppe Mazzini (1943) - Fabio Friggeri (dal 1944 al 1945) - Angelo Costa (dal 1945 al 1955 e dal 1966 e al 1970) - Alighiero De Micheli (1955 al 1961) - Furio Cicogna (dal 1961 al 1966) - Renato Lombardi (dal 1970 al 1974) - Giovanni Agnelli (dal 1974 al 1976) - Guido Carli (dal 1976 al 1980) - Vittorio Merloni (dal 1980 al 1984) - Luigi Lucchini (dal 1984 al 1988) - Sergio Pininfarina (dal 1988 al 1992) - Luigi Abete (dal 1992 al 1996) - Giorgio Fossa (dal 1996 al 2000) - Antonio D'Amato (dal 2000 al 2004) - Luca Cordero di Montezemolo (2004-2008) - Emma Marcegaglia (presidente designato 21 maggio 2008-2012).