20 marzo 2008

Le Olimpiadi di Pechino

Tibet. E se avesse ragione Mao Tse Tung?
di Roberto Maurizio

(Per pubblicare questo articolo, ho impiegato circa 10 ore. Si sente parlare dei navigatori di Internet cinesi censurati dal "brutto" Governo Centrale. E come la chiamate l'impossibilità di esprimersi in un paese democratico che non ti permette di comunicare le tue opinioni attraverso il malfunzionamento di un provider, di un ospite gentile (gratis) ma inefficace? Sembra che in Cina non sia permesso la libertà di parola. Non vi preoccupate, fratelli, compagni, anche in Occidente succede la stessa cosa, ma per più futili motivi. Voi combatterete e vincerete. E' impossibile, invece, sconfiggere dappertutto il demone dell'insipienza). Il titolo di questo articolo (Tibet. E se avesse ragione Mao Tse Tung?) è, volutamente, provocatorio. Siamo "tutti" Tibetani come eravamo un tempo "tutti" Maoisti? Quando nel '49 la Cina conquistava il Tibet, sotto gli occhi di tutto il mondo, il Mondo dov'era? Quando la maggioranza dell'attuale classe politica alzava al cielo il pugno chiuso della mano sinistra e con la destra mostrava il "libretto rosso di Mao", il mondo dov'era? Il Comunismo sovietico è riuscito a sottomettere milioni di persone per 70 anni ed ha fatto convivere popoli e culture diverse assoggettate all'ideologismo della rivoluzione del proletariato stalinista e leninista. La Cina ha fatto di più e meglio. 60 anni di pace per circa un mliardo e 400 milioni di persone. Mi dite quale "azienda produttiva" possa raggiungere gli stessi risultati? Mentre i paesi "democratici" dal 1945 ad oggi si sono imbattuti in circa 2.345.678 guerre internazionali, locali, provinciali, comunali (la cifra è palesamente inventata, ma non molto lontana dalla realtà), la Cina non è mai stata coinvolta in prima persona (salvo errori ed omissioni) in grandi stragi con milioni di morti e di ferite profonde nella dignità umana. La Cina, nei suoi grossi limiti di non rispetto dei diritti umani, nella sua grande contraddizione di Stato patrone e onnipotente, ha dovuto "irrigimentare" miliardi di persone che oggi si presentano come concorrenti aggressivi di un'intelligenza che si propone di dare spazio alla sua gente, con l'innovazione, la tecnologia, l'umanità che è una delle caratteristiche ereditate dalla millenaria civiltà cinese. Ingegneri, giovani preparati, gente ricca proveniente dalla Cina, cercheranno di trovare una loro collocazione nel mondo. Questo l'aspetto, diciamo così, positivo. Di grandi sacrilegi, la Cina ha segnato la sua storia nel tempo. E da ultimo, continua a macchiarsi di grandi crudeltà, come quella nei confronti del Tibet. Una pressione demografica cinese senza interruzione di rilievo spinge gli abitanti del Grande paese della Grande Muraglia ad allargarsi a macchia d'olio. Ecco perché le analisi del grande maestro, Luigi De Marchi, dovrebbero far riflettere. Parafrasando De Marchi, la sovrappopolazione è una componente che potrebbe portare il mondo verso la sua distruzione. Questo non significa che bisogna praticare tecniche abortive contro natura, ma dovrebbe spingere i governi a produrre sviluppo per dare la possibilità alle popolazioni di trovare un equilibrio stabile nel tempo basato sulla ricchezza e sulle prospettive di crescita "naturali". Il Tibet con la sua gente, le sue tradizioni, la sua religione, la sua capacità di vivere è immerso tra nuvole e montagne. E' il tetto dove nascono i fiumi tra i più lunghi e più benefici del mondo. Miliardi di persone si abbeverano nelle acque che sorgono da Tibet, miliardi di persone vorrebbero abbeverarsi nelle idee di fratellanza, di non violenza e di pace del Dalai Lama. Purtroppo la vita non si conclude solo con acqua e fratellanza. Gli uomini e le donne hanno bisogno di sostentamento quotidiano, hanno bisogno di ricchezza che li possa elevare dallo stato di bestia a quella di persona umana. Le Olimpiadi di Pechino ci sbatteranno in faccia molte contraddizioni. Ma è bene che queste contraddizioni vengano evidenziate da persone al di sopra delle parti, cioè da quelle che no hanno nessun interesse personale o partitico. La gente, forse, attraverso le Olimpiadi di Pechino ritroverà un suo modus vivendi.
Allora, Pechino, giù la maschera dei tuoi tanti misfatti (diritti umani calpestati, pena di morte a migliaia di esseri umani, maltrattamento degli animali, incapacità di soddisfare le richieste di autonomia di tante "province", prima fra tutte il grande e superbo Tibet). Allora, tu Tibet, con le tue verità assolute di convivenza con Dio, solo per alcuni metri di altitudine e di migliaia di anni di storia, ritorna in te, e segui le parole del Dalai Lama che vanno al di là delle Olimpiadi. One World, One Dream. Credo che queste siano state copiate dalle autorità cinesi al Dalai Lama. Questo è un buon segno.


One World, One Dream

Mao

Sicuramente, rispetto al Darfur e al Myanmar (Birmania), il Tibet resterà più a lungo sulle pagine delle cronache dei giornali italiani è stranieri, non perché gli “occidentali” siano più “sensibili” alle vette dell’Himalaya, ma perché il “Tetto del mondo” è strettamente collegato alle prossime Olimpiadi che si svolgeranno a Pechino dall’08/08/2008 al 24/08/2008. Ufficialmente, questa straordinaria competizione, ideata dal barone Pierre de Coubertin, con la prima Olimpiade moderna, ad Atene nel 1896, sotto lo slogan “Importante non è vincere, ma partecipare”, è stata denominata “Giochi della XXIX Olimpiadi”, ma è meglio nota con l’appellativo popolare: “Beijing 2008”. Lo slogan ufficiale adottato dagli organizzatori delle Olimpiadi, Bocog (The Beijing Organizing Committee for the Games of the XXIX Olympiad), scelto tra più di 210.000 proposte provenienti da tutte le parti della Terra, è One World, One Dream (cioè Un Mondo, Un Sogno, in cinese 同一个世界 同一个梦想 Tóng Yíge Shìjiè Tóng Yíge Mèngxiǎng). Lo slogan vuole invitare ad unirsi allo spirito olimpico e a costruire un futuro migliore per l'umanità. Le discipline di Pechino 2008 sono quasi del tutto simili a quelle di Atene 2004. Le discipline previste sono 28 e si disputeranno in 302 eventi. Per la prima volta sarà presente la nuova disciplina ciclistica della Bmx e le donne competeranno nei 3000 siepi. Inoltre la maratona di nuoto per uomini e donne, 10 chilometri, sarà aggiunta alle discipline di nuoto.

Pierre de Coubertin


La “Nuvola di Promesse” nel “Nido d’Uccello”

Sarà la terza volta nella storia delle Olimpiadi che l’Asia ospiterà i cosiddetti “Giochi Estivi”: dopo Tokyo del 1974 e Seoul del 1988. La Fiaccola Olimpica, una torcia di alluminio di 72 centimetri del peso di 985 chilogrammi, è stata ricoperta da un disegno cinese tradizionale chiamato “Nuvola Fortunata” partirà alla volta della capitale cinese il 25 marzo 2008 da Olimpia, in Grecia e percorrerà una distanza di 137.000 chilometri in 132 giorni. Nel suo percorso, la Fiamma Olimpica non toccherà sicuramente Taiwan, ma transiterà per il Tibet e raggiungerà l’Himalaya. Durante la lunga marcia, i tedofori si passeranno una torcia altamente tecnologica, con gusto tutto cinese. La Fiaccola è stata ribattezzata, “Nuvola di Promesse” perché se negli intenti degli organizzatori il passaggio da una mano all'altra dovrebbe essere “il viaggio dell'armonia” sospinto dallo slogan “accendi la passione, condividi il sogno”, in realtà è ancora lungo il cammino per vedere realmente un mondo in pace e in amicizia, composto da Stati che rispettano i diritti umani, che non schiacciano popoli e territori abitate da etnie diverse. L’8 agosto, comunque, la Fiaccola accenderà il braciere che illuminerà lo stadio, “Nido d’Uccello” di Beijing, una delle meraviglie architettoniche delle Olimpiadi, nel corso dell’imponente cerimonia d’apertura dei Giochi che sarà seguita in diretta da miliardi di persone. I partecipanti alle 28 discipline, dal Tennis al Taekwondo, dalla Lotta al Baseball, terranno incollati ai teleschermi miliardi di spettatori. L'Italia, ad oggi, si presenterà con 168 atleti. Il team azzurro viene dalla lusinghiera prestazione di Atene 2004, dove ha collezionato 31 medaglie. Sarà difficile confermare questo successo, ma nello sport è d'obbligo puntare a migliorarsi.

Il fuoco Olimpico evita Taiwan
Il passaggio sul territorio di Taiwan sarebbe dovuto essere uno dei momenti politicamente più significativi di questi Giochi, invece l’atteso evento è già stato cancellato. La politica, purtroppo, ha preso il sopravvento e così questo primo passo per un riavvicinamento tra Cina e Taiwan non ci sarà. Taiwan è Stato autonomo dal 1949, dopo la Rivoluzione comunista, quando sul territorio di quest’isola s’insediarono i cinesi nazionalisti guidati da Chiang-Kai-Shek. Da allora sono passati quasi sessant’anni ma i tempi evidentemente non sono ancora maturi per un riavvicinamento. Le tensioni del resto sono sempre state marcate tra il gigante cinese e la piccola Taiwan, e si sono spesso evidenziate anche in altre edizioni dei Giochi, come quando a Montreal, nel 1976, Taiwan pretendeva di iscriversi con il nome di Republic of China. La Cina, pur non partecipando, si oppose e riuscì a far escludere Taiwan: anche adesso, con l’occasione del viaggio della Fiamma, l’isoletta rivendica tutta la propria autonomia, mentre la Cina in qualche modo più o meno evidente cerca di reclamarne l’appartenenza. In un primo tempo Cina e Taiwan si erano trovati d’intesa nel proposito del passaggio della Fiamma sull’isola e difatti il Presidente del Comitato Olimpico Taiwanese così scriveva nel dicembre 2006 al Bocog: “A nome del Comitato Olimpico di Taiwan confermo che siamo disposti a partecipare al viaggio della torcia delle Olimpiadi di Pechino e ci attendiamo una piena collaborazione con il Bocog per compiere la missione sacra del passaggio del fuoco olimpico in conformità con lo spirito e gli ideali olimpici”. Buoni propositi che poi alla prova dei fatti sono andati completamente a cadere, dopo mesi di olimpici scambi di comunicati, accordi e inviti reciproci tra Taiwan e Pechino. Il 20 aprile 2007 da Taiwan fanno sapere che la Fiamma non può entrare nel paese dal Vietnam ed uscire andando ad Hong Kong, perché questo metterebbe in dubbio, secondo loro, la posizione di piena sovranità del paese. Infatti, la Fiamma sarebbe entrata da un paese esterno come il Vietnam, e dopo un weekend di visita a Taiwan sarebbe riuscita atterrando ad Hong Kong, territorio sotto sovranità cinese. Questo equivarrebbe per Taiwan al creare una continuità dei territori cinesi nel percorso della Fiamma: come dire, prima andiamo nei paesi limitrofi e poi da Taiwan in quelli sotto la sovranità cinese. Un ingresso ed un’uscita della Fiamma dal paese entrambi attraverso paesi esterni avrebbe dato quella discontinuità necessaria a slegare completamente lo stato isolano dalla parte cinese del viaggio e a far sì che esso avesse luogo. Invece nessuno dei due ha voluto cedere, in barba agli ideali olimpici a cui sia Pechino che Taiwan si erano lungamente richiamati nei proclami dei mesi precedenti. Da Taiwan accusano la Cina di approfittare della Fiamma per imporre una prova di autorevolezza, da Pechino si ribatte che il tragitto era stato deciso con un accordo bilaterale e così via. L’unica certezza è che i cinesi di Taiwan la Fiamma non la vedranno.

… e fa chiudere l’Everest
Per motivi di «sicurezza» la Cina vieterà le escursioni sul versante tibetano fino a maggio, quando la torcia «nuvole di promesse» sarà portata sul tetto del mondo. E anche il Nepal si impegna a chiudere il suo accesso. Oggi, 20 marzo 2008, comunque, è ufficiale: La fiaccola olimpica transiterà per il Tibet, nonostante la rivolta scoppiata la settimana scorsa. La conferma e' stata data dal comitato organizzatore di Pechino 2008. "La staffetta procederà come da programma", ha assicurato il vicepresidente del comitato, Jiang Xiaoyu, "crediamo fermamente che la regione autonoma tibetana sarà in grado di garantire la stabilità di Lhasa". Xiaoyu si è detto anche detto fiducioso che non ci saranno boicottaggi significativi dei Giochi, perché "la maggioranza" dei leader politici e degli atleti "farà la scelta giusta e parteciperà sia ai Giochi che alla cerimonia di apertura". La fiaccola che sarà accesa lunedì in Grecia e arrivera' in Cina il 31 marzo, quando da Piazza Tienanmen avrà inizio una staffetta di 130 giorni che toccherà cinque continenti e 19 città. La parte cinese avrà inizio il 4 maggio nell'isola meridionale di Hainan e si concludera' l'8 agosto nello stadio olimpico di Pechino. Il transito per il Tibet avverrà due volte: a inizio maggio, quando la fiaccola sarà portata sul monte Everest, Qomalangma in cinese, (per evitare disordini il Nepal bloccherà l'accesso dal suo lato) e a giugno, quando passerà per il capoluogo Lhasa. Anche il Cio aveva espresso l'auspicio che la staffetta potesse rispettare i programmi, ricordando che "la fiaccola olimpica è un potente simbolo che porta i popoli del mondo a superare le loro divergenze". Tuttavia, i drammatici eventi tibetani, ancora in corso e dall'esito incerto, rischiano tuttavia di rovinare la festa a Pechino. Quale che sia l'evoluzione della vicenda appaiono comunque già irrimediabilmente offuscati gli intenti e gli slogan, prima fra tutti, One Word, One Dream.

Ventiduemila tedofori, l’Everest e la Via della Seta
Come abbiamo già detto, la partenza della fiamma è prevista per il 25 marzo del 2008 da Olimpia, in Grecia. Attraverserà la Grecia per arrivare a Beijing il 31 marzo e da qui comincerà il suo viaggio attraverso i 5 continenti. In Europa farà tappa a San Pietroburgo (5 aprile), Londra (6 aprile) e Parigi (7 aprile). Ci sarà anche un tentativo di portare la fiamma in cima al Monte Everest (Qomolangma), la più alta vetta della Terra. Nel determinare il percorso della fiaccola olimpica gli organizzatori si sono ispirati alla millenaria storia cinese. In passato, dall’antica capitale Chang’an (l’attuale città di Xi’an), la Via della Seta, una delle più note vie carovaniere della storia, fu la via attraverso cui la Cina entrò in diretto contatto con numerose altre civiltà del mondo. Inoltre, più di 600 anni or sono, l’eunuco viaggiatore della dinastia Ming (1368-1644) Zheng He intraprese diverse navigazioni di esplorazione nel Sud-est asiatico e in Africa e la Cina aprì gli scambi commerciali via mare attraverso quella oggi conosciuta come “Via delle Spezie”.


Nel concepire l’itinerario della fiaccola olimpica i suoi ideatori hanno quindi tratto ispirazione da queste importanti vie commerciali. La Via della Seta rappresenta infatti la comunicazione con i numerosi paesi del mondo; in pratica lo stesso concetto simbolico della fiaccola olimpica: diffondere la cultura cinese e creare armoniosi rapporti di comunicazione e cooperazione fra le nazioni del mondo. La torcia olimpica, di colore rosso “lacca di Cina” e argento è di alluminio anodizzato, si presenta come un rotolo incurvato la cui estremità superiore forma una “nuvola di buon augurio” (Xiangyun). L’ispirazione degli stilisti sta nel fatto che le nuvole si compattano e cambiano forma continuamente fino a diventare ogni volta qualcosa di nuovo, proprio come una delle tematiche legate alle Olimpiadi: che le persone dovrebbero giungere da ogni luogo per costruire un futuro brillante. Il colore principale della torcia è il rosso, colore che rappresenta la Cina. Il muro che circonda la Città Proibita è rosso come il colore della bandiera cinese. La torcia sembra un rotolo di carta, e la carta, una delle quattro grandi invenzioni della Cina, è tradizionalmente considerata conduttrice di civiltà e cultura, stessa funzione dello spirito del percorso della fiamma olimpica.La torcia è fatta per restare accesa con venti di 65 km/h e piogge di 50 mm/ora. Il combustibile scelto è il propano, che non solo presenta il vantaggio di essere poco costoso e facilmente disponibile, ma dopo la suacombustione nell’aria non rimane che CO2 e vapore d’acqua, riducendo al minimo il rischio minimo per l’ambiente.

Il Tibet in rivolta
Nei giorni appena trascorsi, Lhasa è diventato un campo di battaglia. Sparatorie, scontri, auto e negozi dati alle fiamme. Caos e paura. Un numero imprecisato di morti e di feriti. In occasione dell’anniversario della rivolta del 1959 che si concluse con la fuga all’estero del Dalai Lama, lunedì 10 marzo, e iniziata una protesta che è la più violenta che il Tibet abbia vissuto da vent'anni a questa parte, e che sta assumendo i preoccupanti contorni di una vera e propria sfida alle autorità occupanti di Pechino. Non è un caso che gli scontri in atto nella capitale tibetana esplodano ora, alla vigilia della nomina del nuovo governo cinese da parte dell'Assemblea Nazionale del Popolo e a pochi mesi dall'avvio delle Olimpiadi di Pechino, con i riflettori dell'opinione pubblica internazionale sempre più concentrati sull'irrisolta questione della tutela dei diritti umani e della democrazia. Ma le manifestazioni sono il frutto del convergere di una serie di fattori tanto annosi quanto contingenti. Come l'arresto, alcuni mesi fa, di alcuni monaci che avevano festeggiato il conferimento al Dalai Lama della Medaglia del Congresso statunitense. La richiesta della loro liberazione è infatti alla base delle proteste scoppiate il 13 marzo, mentre dall'altra parte del confine, in India, alcuni tibetani in esilio organizzavano una marcia di protesta verso il confine, bloccata dalla polizia indiana.

Il Dalai Lama, Tenzin Gyatso



Da parte sua, il Dalai Lama, riferendosi oggi, 20 marzo 2008, ai giornalisti da Dharamsala, in India, sede del suol Governo in esilio, ha detto: “Sono sempre pronto a incontrare leader cinesi, soprattuto Hu Jintao". Il Dalai Lama - che ha chiesto ai tibetani di evitare proteste violente e di vivere accanto ai cinesi - è accusato dalla Cina di aver architettato le proteste proprio da Dharamsala. Il Dalai Lama, come leader spirituale tibetano, non aveva lesinato parole molto dure nei confronti del regime cinese, di denuncia contro l'uso "brutale" della forza e di invito alla moderazione. Accuse che Pechino respinge al mittente, incolpando “la cricca del Dalai Lama” di aver orchestrato i disordini e restando in questo, almeno per una volta, isolata, perché quello che giunge da Europa e Stati Uniti è invece un coro di sdegno di fronte alla violenta repressione messa in atto contro i bonzi, simbolo esasperato del pacifismo e della non-violenza che fondano la religione buddista. E' importante, ora, che i monaci si muovano con estrema prudenza, perché difficilmente la loro protesta riuscirà a fondersi con quella di altri gruppi religiosi o di quei cinesi che sognano un paese più libero. Il governo di Pechino gode in questo momento di un indiscusso prestigio sia sul piano interno, sia su quello internazionale. Non solo per l'effetto - Olimpiadi - che sono una vetrina del successo del paese - ma soprattutto per la sua rampante economia. E il verde profumo dei dollari, si sa, è in grado di mettere a tacere anche i disaccordi più profondi: ancora una volta, i formali rimproveri rivolti alla Cina da buona parte del mondo, occidentale e non, sono destinati a rimanere parole gettate al vento. In Occidente, quindi, l'idea di boicottaggio totale dei Giochi trova scarsi proseliti, mentre si diffonde la proposta di disertare solo la cerimonia di apertura da parte delle autorità (appoggiata da Reporter senza frontiere, Human Rights Watch e Hans-Gert Pöttering, presidente dell'Europarlamento). Nel Tibet con il Dalai Lama è in corso «una lotta per la vita o per la morte». È l'atteggiamento della Cina nei confronti delle proteste tibetane che, secondo Pechino, sono state organizzate dal Capo in persona dei buddisti tibetani per boicottare le Olimpiadi e gettare discretito sull'intera Cina.«Siamo nel mezzo di un'aspra lotta che comporta sangue e fiamme, una lotta per la vita o per la morte con la cricca del Dalai», ha detto in una teleconferenza ai capi del partito il segretario del Partito comunista del Tibet, Zhang Qingli. «I leader di tutto il Paese devono capire la difficoltà, la complessità e la natura di un lungo periodo della lotta», ha detto in un intervento riportato da Tibet Dayly. «Se restiamo un cuore solo, se trasformiamo le masse in una fortezza e lavoriamo insieme per attaccare il nemico, allora possiamo salvaguardare la stabilità sociale e ottenere una piena vittoria in questa battaglia contro il separatismo». Dal canto suo il Dalai Lama, che ha lanciato un appello per la ripresa del dialogo con la Cina, ha incontrato a Dharamsala i capi più intransigenti della comunità tibetana in esilio, in particolare il leader del Congresso dei giovani tibetani Tsewang Rigzin che, come altri, al contrario del Dalai Lama chiede il boicottaggio delle Olimpiadi e una lotta più incisiva contro Pechino per arrivare all'indipendenza, che Tenzin Gyatso (il nome "da civile" del capo spirituale tibetano) non chiede. Il Dalai Lama incontrerà domani anche Nancy Pelosi, presidente democratica della Camera dei rappresentanti Usa, in India per una visita di cinque giorni. Ad assistere all'incontro dovrebbe esserci anche Richard Gere, fervido sostenitore della causa tibetana. Era stata proprio la Pelosi a volere lo scorso ottobre il conferimento della Medaglia d’oro del Congresso al Dalai Lama, che ha raffreddato le relazioni Usa-Cina.

Il Papa addolorato per il Tibet
Papa Benedetto XVI, ieri, ha espresso “tristezza e dolore di fronte alla sofferenza di tante persone” in Tibet ed ha auspicato che venga scelta la strada del dialogo. "Con la violenza i problemi si aggravano", ha detto il Papa al termine dell'Udienza Generale di mercoledì, 19 marzo 2008. "Il mio cuore di padre - ha detto il Pontefice - sente tristezza e dolore di fronte alla sofferenza di tante persone. Il mistero della Passione e della morte di Gesù, che riviviamo in questa settimana santa, ci aiuta ad essere particolarmente sensibili alla loro situazione", ha aggiunto. "Con la violenza - ha ammonito - non si risolvono i problemi, ma solo si aggravano". "Vi invito - ha continuato - ad unirvi a me nella preghiera. Chiediamo a Dio onnipotente, fonte di luce , che illumini le menti di tutti e dia a ciascuno il coraggio di scegliere la via del dialogo e della tolleranza".

Il Tetto del Mondo
Il Tibet (in tibetano: བོད་, Bod, pronuncia pö nel dialetto di Lhasa; in cinese: 西藏, p'nyin: Xizàng: antica grafia Thibet) è situato sull'omonimo altipiano (detto anche Plateau tibetano) ad un'altitudine media di circa 4.900 metri, che gli fanno meritare il nome di Tetto del Mondo. La sua montagna più alta è l'Everest che con i suoi 8.842 metri è la montagna più alta del mondo e fa parte della catena dell'Himalaya compresa per gran parte nel territorio tibetano. Il clima è piuttosto rigido e ventoso e possono esserci escursioni notturne anche superiori ai 30° C. Questa regione dell'Asia Centrale per secoli ha avuto rapporti diversi di dipendenza o autonomia con l'impero Cinese. Dopo l'invasione militare cinese iniziata nel 1949, oggi quasi la totalità del Tibet è sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese. Il Tibet non ha una definizione univoca. Per il Governo Tibetano in Esilio, il Tibet è la larga zona sotto l'influenza culturale tibetana per parecchi secoli, comprese le province tradizionali di Amdo, Kham (Khams) e Ü-Tsang (dBus-gTsang), ma esclusa la zona sotto l'influenza culturale del Tibet storico all'esterno della Repubblica Popolare Cinese comprendente Arunachal Pradesh, Sikkim, Bhutan e Ladakh, area reclamata soltanto da qualche gruppo tibetano. Per la Repubblica Popolare Cinese, il Tibet è la Regione Autonoma del Tibet, chiamata anche Tibet Autonomous Region o TAR, reclamando anche il territorio del Arunachal Pradesh come appartenente alla stessa. Alcuni cinesi reclamano anche Sikkim, Bhutan e Ladakh come appartenenti alla TAR. La TAR copre solo l'Ü-Tsang e il Kham occidentale, mentre l'Amdo e il Kham orientale appartengono alle province cinesi di Qinghai, Gansu, Yunnan e Sichuan. Il clima è piuttosto rigido e ventoso e possono esserci escursioni notturne anche superiori ai 30° C. I monsoni provenienti dall'India e dal Nepal, notevolmente ridotti dalla catena himalayana portano alcune leggere precipitazioni in particolare nella parte sud-occidentale tra metà giugno e metà settembre. Il clima è molto secco per tutto il resto dell'anno. Le temperature più basse sono tra i mesi di dicembre e febbraio. D'inverno le precipitazioni nevose sono scarse nella valle e abbondanti nella catena himalayana. I passi del sud rimangono spesso chiusi per la neve durante l'inverno. Nella capitale Lhasa (a 3.595 m. sul livello del mare) le temperature massime vanno da qualche grado sopra lo zero d'inverno ai 25°C d'estate, mentre le minime vanno dai -15°C ai +10°C. Altre città tibetane sono: Shigatse (gZhis-ka-rtse), Gyantse (rGyang-rtse), Chamdo (Chab-mdo), Nagchu (Nag-chu), Nyingchi (Nying-khri), Nedong (sNe-gdong), Dartsendo (Dar-btsen-mdo), Jyekundo (sKyes-rgu-mdo) o Yushu (Yul-shul), Golmud (Na-gor-mo), Barkam ('Bar-khams), Gartse (dKar-mdzes), Lhatse (lHa-tse), Machen (rMa-chen), Pelbar (dPal-'bar), Sakya (Sa-skya) e Tingri (Ding-ri). Il Tibet era storicamente composto da diverse regioni: Amdo (a'mdo) nel nord-est, appartiene alle province cinesi di Qinghai, Gansu e Sichuan, Kham (khams) nell'est, parte delle province cinesi del Sichuan, nord Yunnan e parte del Qinghai, Kham occidentale, parte della Regione Autonoma del Tibet, Ü (dbus), nel centro, parte della Regione Autonoma del Tibet, Tsang (gtsang) nell'ovest, parte della Regione Autonoma del Tibet. I maggiori fiumi hanno origine dal plateau in particolare dalla provincia cinese di Qinghai e dalla zona di Monte Kailash e Lago Manasarovar. I più importanti sono: Qinghai; Huang He (o Fiume Giallo); Yangtze; Mekong; Monte Kailash; Indo; Brahmaputra (Yarlong Tzangpo); Gange (Karnali); Sutlej. Storicamente la popolazione del Tibet è costituita primariamente da Tibetani. Altri gruppi etnici includono i Monpa, Lhoba, Mongoli e Hui. Dopo l'annessione cinese del Tibet, l'etnia prevalente è quella dei cinesi Han. Tuttavia non vi sono stime concordanti. Il Governo tibetano in esilio stima che vi siano 7,5 milioni di non tibetani introdotti dal governo cinese per nazionalizzare la regione, contro 6 milioni di tibetani, e ritiene che la recente apertura della ferrovia del Qingzang, che collega Lhasa con Pechino in 40 ore, faciliterà l'afflusso di persone da altre province cinesi. Secondo il Governo cinese, la Regione Autonoma del Tibet è abitata al 92% da Tibetani, mentre nelle altre zone del Tibet storico appartenenti ad altre province cinesi la percentuale è più bassa, smentendo ogni accusa. L'economia tibetana è dominata dall'agricoltura e dall'allevamento. Lo yak rappresenta una delle maggiori fonti di sussistenza per le famiglie rurali in quanto viene utilizzato come forza motrice per il lavoro nei campi, per il latte e derivati ed, infine, per la carne. Gli ultimi anni hanno costituito un'apertura al turismo, quasi esclusivamente interno, recentemente promosso dalle autorità cinesi. La ferrovia del Qingzang che collegherà Lhasa con Pechino contribuirà ad incrementare l'economia in particolare della parte cinese della popolazione che aumenterà notevolmente. Il Tibet rappresenta il centro tradizionale del Buddhismo tibetano, una forma distintiva del Buddhismo Vajrayana. Il buddhismo tibetano è praticato anche in Mongolia e largamente praticato dai Buryat nella Siberia meridionale. Presso le popolazioni tibetane, in specie delle regioni nord-orientali, è, nonostante le persecuzioni che ha subito fino al XIX Secolo, ancora largamente praticato l'ancestrale sciamanesimo pagano pre-buddhista, conosciuto come religione bòn. Il contatto con Buddhismo e Induismo vi ha provocato profonde trasformazioni in senso sincretistico, come ad esempio la nascita di congregazioni e conventi di Lama. Nelle città è presente anche una piccola comunità di musulmani, conosciuti come Kachee (o Kache), la cui origine deriva da tre regioni: Kashmir (Kachee Yul nell'antico Tibet), Ladakh e paesi centro asiatici turchi. L'influenza islamica in Tibet proviene anche dall'antica Persia. C'è anche una consolidata comunità di musulmani cinesi (Gya Kachee) di etnia Hui cinese. Sembra che le popolazioni provenienti da Kashmir e Laddakh emigrarono verso il Tibet a partire dal XII secolo. I matrimoni e le interazioni graduali hanno portato ad un'ingrandimento della comunità islamica tibetana nei pressi di Lhasa. Piccole comunità cristiane, sia nestoriane che cattoliche, vi svolgono un'esistenza al limite della semi-clandestinità. Fino ad un recente passato, fra gli abitanti del Tibet, il cui fondo culturale remoto è essenzialmente matriarcale era diffusa la "diandria". Era costume corrente che le donne sposassero due uomini, di soliti fratelli o comunque parenti. Il Governo cinese, a partire dalla Grande rivoluzione culturale, ha cercato di distruggere i simboli tradizionali della cultura originale tibetana (demolendo monasteri, incarcerando monaci e limitando o, addirittura, proibendo (per i funzionari pubblici, le guide turistiche ed altri mestieri) di professare la loro religione e operando vandalismi in alcuni posti sacri ai tibetani. Tuttavia sono stati preservati e parzialmente ristrutturati alcuni palazzi per incrementare il turismo, soprattutto interno.

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