30 aprile 2009

Una brutta pagina

Molise, là dove corrono i carri
di Roberto Maurizio

Questa è un articolo dettato dal cuore. Non sarà apprezzato, giustamente. Ci sto lavorando. Ma voglio essere presente il 30 aprile. Un giorno magico, il giorno dei carri.

Il giuramento “Pizzuti”
Nel momento in cui mi resi conto che avrei dovuto lasciare i miei affetti in quella terra abbandonata da qualsiasi barlume di speranza per il futuro, stavo creando, nella mia intimità, un altro avvenire. La cava di un improbabile e ancor più instabile impianto abitativo che era in costruzione proprio di fronte a casa mia, fu il luogo del giuramento. Stavano costruendo la casa popolare o giù di lì di “Pizzuti”. Questa terra, la terra della mia infanzia, è stata un pungolo per trovare fortuna in altri luoghi la realizzazione di una vita migliore, per fare in modo di elevare la “sabbia” della mia “montagna”, del mio “monte lepre”, della mia “piccola Africa” che sentivo nel vento caldo che scorreva e ruggiva sulla stessa scia del Biferno e del Cigno. Un giuramento ancora non portato a termine. Forse la colpa è del fiume Biferno, lontano e maldestro, o del ruscello Cigno, vicino e subdolo, nonostante il suo nome gentile. Biferno, il doppio dell’inferno; Cigno, un fiumiciattolo senz’anima. Né il primo, il Biferno, né il secondo, il Cigno, possono competere con la Senna, il Tamigi, l’Arno, il Po, il Tevere. Sono solo dei gregari. Gregari nella storia, nella geografia, nella stampa, nella cultura, nella vita e anche nella morte.

Il 10 agosto tra le stelle
Quali sono, allora, i sentimenti di un molisano che fa finta di essere ancora legato ad una terra inospitale, che non offre lavoro ai giovani, che non permette uno sviluppo decente? La pietà di una terra che appartiene all’immenso universo che con le sue stelle riscalda le serate estive di terreni senza dolori, senza una minima reazione dovuta all’ingiustizia di una natura che ha voluto piazzare questo lembo di arida terra tra il traballante Abruzzo e il torrido e fantasioso Gargano. Quando le stelle si danno appuntamento su San Martino in Pensilis, tra il 10 e il 15 agosto, è uno spettacolo da non perdere. E’ differente rispetto ad ogni parte del mondo, anche perché, San Martino in Pensilis è l’unico paese degno di esistere in questi 5 giorni di estate. Scompare all’orizzonte tutto ciò che è negativo. Da Sud arrivano i ragni benevoli che portano il sorriso e la musica. Si alza nel cielo un caldo respiro e tiepide note di una canzone d’amore. E’ il Molise che canta nelle 5 notti di mezz’estate.

Tra la Maiella e Foggia
Molise, se non ci fossi, nessuno se ne accorgerebbe. Molise, terra di amore e di passioni abbandonato a te stesso. Molise, soltanto la pioggia e la neve si degnano di ricordarsi che esisti. Molise, terra di emigranti che hanno lasciato il loro cuore e i loro affetti tra la Maiella e Foggia. Molise che chiedi di esistere senza averne il coraggio. Molise, montagne e colline che baciano il mare.

Hanno vinto i Giovanotti
Oggi, 30 aprile 2009, si è svolta, a San Martino in Pensilis (Cb), la tradizionale corsa dei carri, una celebrazione che affonda le sue radici nella storia medievale. Una ricorrenza religiosa, piena di emozioni laiche. Hanno partecipato alla competizione tre “carri” (aggregazioni di sostenitori appartenenti ai “Giovani”, ai “Giovanotti” e ai “Giovanissimi”). I “carri” sono delle splendide macchine da corsa, condotte da due buoi allenati e coccolati per un anno dai sostenitori. La corsa dei carri ha oggi preso il nome di carrese, un nome equivoco, nel senso che i buoi non trainano il carro come avviene a Larino, ma lo catapultano a velocità considerevoli (forse 60 km all’ora). I buoi non sono maltrattati durante la corsa, vengono a volta pungolati per stimolarli ad una maggiore velocità e a un corretto allineamento con il percorso. Non ha niente a che fare con la corrida, dove il toro viene ucciso. Gli animalisti si sono scagliati contro questa incruenta festa dove gli animali, il bue e il cavallo, sono all’apice degli interessi per 365 giorni all’anno. Gli animalisti si svegliano solo il 30 aprile. I buoi, coperti da un sacro panno, sono benedetti dal parroco; i buoi, coperti da un caldo panno, riscaldati dall’amore dei sammartinesi, si recano alla partenza; i buoi, coperti dalla fede per la squadra, sono pronti a partire.

E le Tremiti stanno a guardare

Mentre i buoi guardano San Martino, si accendono i riflettori delle Tv. Un plauso va a Tele Molise e a Sky che ha fato vedere in diretta tutte le immagini di un magico giorno. La pioggia minacciosa mette le sue mani sulla corsa, ma poi passa, come nelle favole più belle. I cavalieri sono imbracati con i caschi che nulla hanno a che fare con la salvezza della vita dei giovani, dei giovanotti e dei giovanissimi. Ancora caschi e non istruzioni per non morire. I cavalieri sono costretti a rendere i loro redde rationem. Il Venerdì Santo appare nelle loro anime. Un Venerdì senza senso, un Venerdì santo senza le ultime stime di Wall Street. Mentre la pioggia batte sul Tratturo, mentre i carri si avvicinano al Pit Stop, mentre l’Ansa batte la pandemia dei porci messicani, mentre il sindaco di San Martino dice che va tutto bene, partono i buoi, i cavalli e i cavalieri sammarinesi. Un Trionfo. Un Trionfo la gara, un Trionfo i Giovanotti, un Trionfo i Giovani. Un Trionfo anche i Giovanissimi. Un’Italia che prende per buona la partecipazione della popolazione, è un’Italia fascista.

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