9 febbraio 2008

Agenda Darfur. A Sylvie

AGENDA DARFUR

di Roberto Maurizio


Rubrica "Sylvie"
Prima puntata

Come avevamo promesso, la rubrica Sylvie cerca di parlare del Darfur, una delle aree nel mondo più difficili da decifrare. Ci saranno, nelle analisi di questa “Agenda Darfur”, sicuramente degli errori e molte omissioni, dovute alla pochezza delle notizie reperibili su questa Regione africana, che subisce dai media e dall’opinione pubblica lo stesso trattamento a “singhiozzo” e le solite impennate “propagandistiche” (anche per raccogliere fondi), come quelle “promosse” per Aung San Suu Kyi e Ingrid Betarcourt. La Torre di Pisa, il Campidoglio, Vasco Rossi, il lutto rosso al braccio dei giocatori della seria A sono tutte soluzioni palliative che, forse, producono l’effetto contrario del messaggio che vogliono sponsorizzare. Da sempre, infatti, noi parliamo della “flebile luce delle Pleiadi”, che non si spegnerà, fino a quando ci sarà, perlomeno un essere umano, a godere gratis della bellezza del bellissimo ammasso aperto situato nella costellazione del Toro, M45 dal catalogo di Charles Messier. Tradotto, significa che finché esisterà l’Universo sarà viva una giustizia latente che guarderà, sorveglierà, vigilerà e giudicherà. Il Darfur (دار فور, che in arabo significa « paese dei Fur ») è una regione dell’ovest sudanese, di circa 6 milioni di abitanti, situata a ridosso della frontiera con il Ciad, copre una superficie di circa 490.000 km2, una regione, quindi, grande quasi due volte l'Italia, è suddiviso in tre province: Gharb Darfur con capitale Al-Genaina, Chamal Darfur con capitale Al Fachir e Djanoub Darfur con capitale Nyala. Gran parte del territorio è situato su un altopiano. Il centro della regione è montagnoso, dominato dal monte Marrah (Jebel Marra) che raggiunge i 3088 m s.l.m., il nord del paese è coperto di dune sabbiose, mentre il sud è dominato dalla savana. Il Darfur è in maggioranza costituito da popolazioni musulmane, come nel resto del Sudan, salvo alcune etnie che abitano il sud della regione che sono animiste. Il Sudan ha una delle popolazioni etnicamente più differenziate del mondo. A lungo governato dai musulmani, il sultanato del Darfur raggiunse la massima potenza tra la fine del XVII ed il XVIII secolo. Inglobato nell'Egitto nel 1874, fu coinvolto nella rivoluzione mahdista, ottenendo, nel 1898, una certa indipendenza. Ci sono oltre 400 gruppi etnici con le proprie lingue o dialetti. L'arabo è la lingua comune. Khartoum, la città più grande del paese, ha una popolazione di circa 2 milioni di abitanti. Circa l'85% della popolazione sudanese vive di agricoltura di sussistenza e di pastorizia.In questa regione, gli arabi si spostano incessantemente in cerca di pasco­li, percorrono per settimane terre aride, rin­novando gesti e rituali senza tempo, si orien­tano con le stelle, dormono su stuoie all'aria aperta, bevono da otri di pelle appese sui dorsi dei cammelli e si esprimano in lingua araba, mentre i neri africani vivono invece di agri­coltura, sono stanziali e le loro rivendicazio­ni di proprietà su quelle terre affondano le radici nella storia e nei sultanati indipenden­ti che per secoli si avvicendarono al potere. Le etnie nere principali dell’area sono i Fur insieme agli Zaghawa, ai Masalit e a un'altra decina di gruppi minori. Il paese dei Fur è da alcuni anni al centro dell’attenzione internazionale per una guerra assurda che ha assunto dimensioni impressionanti. Ma non sono solo questi i problemi che si abbattano sull’intera popolazione. L’avanzata inarrestabile del deserto sta mettendo a dura prova gli uomini, le donne e i bambini del paese. La rincorsa verso le terre più fertili muove intere popolazioni alla ricerca della sopravvivenza. Il “conflitto” tra sedentari e nomadi, che i giornali occidentali chiamano arabi e neri, è in primo luogo legato alla conservazione della specie. Al di là delle altre argomentazioni che verranno poste all’attenzione del lettore in questo articolo e nei prossimi, sembra che lo scontro avvenga tra l’idea della proprietà di un terreno sul quale fondare le speranze del futuro, ricevere sicurezza direttamente dal suo humus, riconoscersi come entità simbiotica con le piante e i suoi frutti, e l’archetipo di un’appartenenza impercettibile al vento, al movimento inafferrabile delle dune, all’inseguimento di un sonno sotto una coperta trapuntata di stelle. La casa dei Fur, come del resto il paese del Regno della Nubia, il Sudan, sono realtà affascinanti e al tempo stesso raccapriccianti. Solo chi abbia sorvolato in volo queste zolle, queste colline, queste immense distese di sabbia, di acqua, di fiumi, di mille colori, potrebbe cercare di raccontare le emozioni che ti assalgono all’istante e ti lasciano un segno indelebile per giorni e giorni, per anni e anni. Raccontare l’Africa “dal basso” è facile. Vederla dall’alto è impressionante.

Nessun commento:

Posta un commento