14 gennaio 2009

Buon compleanno Andreotti

Andreotti. 14 gennaio, un giorno in più
di Roberto Maurizio
Foto di Roberto Maurizio e Raffaello Fellah
Siamo sicuri sulle guerre Puniche?
Che Bel Paese l’Italia! Basta una nevicata (la cosa più naturale del mondo) per ridurla in un colabrodo! Basta un’intercettazione telefonica (la cosa più usuale della Telecom di una volta) e ti danno gli arresti domiciliari. Basta un nano per rimettere a posto il pubblico impiego. Basta un’attrice per portare in piazza milioni di persone. Basta uno che si impunta (e si ferma il controllo della Rai). Basta un Fazio qualsiasi e l’imbecillità dei suoi ospiti per fare acquistare voti ai sinistrati. Ma chi c’è dietro queste sciagure? Andreotti. Qualsiasi cosa che avvenga in Italia, il responsabile è lui: “a parte le guerre Puniche, mi viene attribuito di tutto”, ha detto il senatore a vita, il Presidente, l'Onorevole, il giornalista, il leader, il colluso, il bello e cattivo tempo, lui, Giulio.

Oggi, 14 gennaio

Foto di Roberto Maurizio e Raffaello Fellah

Oggi, 14 febbraio 2009, l’on. Giulio Andreotti (on. è il migliore appellativo che si addica a questa personalità di spicco di questa povera Italia, Onorevole), compie 90 anni, come la paura. Nel 1919, o giù di lì, nacquero il Partito Fascista e il Partito Comunista. Sono in troppi ancora che non se ne sono resi conto che oramai queste forze oscure del '900 sono morte e seppellite. L’unico del 1919 rimasto ancora in vita è lui, il Presidente, il politico più longevo di tutti nel mondo. Andreotti è sulla scena politica da più tempo della regina Elisabetta ed è il politico italiano più blasonato: sette volte alla guida del governo, uno dei leader democristiani più votati; ma per i suoi nemici e detrattori è stato "Belzebù", circondato da una fama di politico cinico e machiavellico che lui stesso, in fondo, amava coltivare. In più di mezzo secolo di vita pubblica, più di ogni altro governante, Giulio Andreotti è stato identificato come l'emblema di un potere che nasce e si alimenta nelle zone d'ombra. Quando Tommaso Buscetta raccontò la storia del bacio a Totò Riina i colpevolisti erano di gran lunga più numerosi. Si illudevano se pensavano che Andreotti sarebbe uscito politicamente distrutto dalla vicenda: ma lui, passato dall'altare alla polvere nel giro di poche ore, affrontò la prova con animo da combattente, sfidò i giudici andando a tutte le udienze del processo che lo vedeva imputato, la testa china sui suoi appunti, contestando l'accusa fino alla sentenza definitiva di assoluzione. Autore di diversi libri che fotografano la storia recente del nostro paese, Andreotti conserva tutt'oggi una personalità brillante, intelligenza e acume politico frutto delle esperienze che lo vedono perenne protagonista della vita politica italiana. Tra i tanti suoi aforismi, i più “intelligenti” sono: “il potere logora chi non ce l’ha” e “a parlar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”. Interessante è anche l’idea che il Presidente ha dei politici italiani. Vediamone due. Su Berlusconi dice: “Ognuno anche nella vita pubblica porta il proprio carattere, il proprio modo di vedere le cose. Alcune cose le ha corrette. Ora, ad esempio, non dice più 'voi politici' e questo e' un bene. Mi pare sia un personaggio che ha capito quelli che sono i nostri difetti e quelle che sono le nostre virtù e quindi sappia navigare abbastanza bene”. Walter Veltroni, secondo il senatore a vita dovrebbe essere “un po’ meno dogmatico, perché anche quando dice cose abbastanza semplici sembra sempre che si tratti di una sentenza della Cassazione a sezioni riunite. A Roma diciamo “parla come ti ha insegnato la mamma”. La politica non è una cosa da accademia, la politica è vita, vita quotidiana''.

Cose inedite su Giulio

Ho lavorato per lui, Giulio, al Ministero degli Affari Esteri e non mi ha nemmeno degnato di uno sguardo. Quando lavoravo per lui, ho ricevuto a casa da uno dei tanti attivisti democristiani, passati ora al Pd, un suo libro con una dedica, ma come? Me lo fai dare dai galoppini? Non ho mai letto il libro e non so che fine abbia fatto. Una volta, bastava dire Andreotti e le porte del paradiso si spalancavano. Volevi un terreno a Fiuggi, ma c’è Andreotti, e tutto filava liscio. Era tutto inventato, o quasi, ma c'era la sua "ombra". Quando l’ho intervistato un paio di anni fa, ho ricordato al Presidente il lavoro svolto per lui, ha fatto finta di ricordarselo. Per non parlare del genero, mio amico, e scomparso dalla Rai e dalla impudica Spagna. Andreotti è l’essere vivente più apprezzato in questa valle di lacrime. Ha solo un problema: è nato un giorno dopo mia moglie 33 anni prima.

Per capire parte della personalità del grande uomo politico italiano, pubblichiamo l’intervista rilasciata dal Presidente Giulio Andreotti a “Il Messaggero”

Giulio Andreotti: «Non mi pento di nulla Spero nel Paradiso e... in una proroga»
di Mario Stanganelli
ROMA (12 gennaio) - «Beh, ai 90 ci sono arrivato, e se mi guardo intorno non ne vedo molti di quelli di una volta, anche di quelli che volevano seppellirmi, non solo politicamente, e che invece mi hanno preceduto». Giulio Andreotti mercoledì compirà 90 anni. Lo si trova, come di solito, nel suo studio di senatore a vita di palazzo Giustiniani in ottima forma a star dietro a un’agenda fitta di impegni per la celebrazione del compleanno. Tra l’altro, oggi sarà al centro della serata di ”Porta a Porta“.

A proposito di sopravvivenza, dopo l’intervista per i suoi 70 anni, Craxi, che allora ne aveva 55, con una punta di invidia per il suo attivismo politico in età già avanzata, mi sussurrò: ”Non è che questo ci sotterra tutti...“
«E’ andata come è andata. E’ stato sfortunato. Con lui, al di là di tutte le invidie e le gelosie che noi politici nutriamo tra noi, c’era una stima reciproca. Certo essere vissuto più a lungo non è merito mio, forse mi ha avvantaggiato il fatto di essere stato deboluccio da ragazzino e quindi mi sono un po’ riguardato».

Ha superato anche l’infausta previsione della visita di leva...
«Sì perché io mi lamentavo dell’essere stato escluso dal corso allievi ufficiali a cui, invece, erano stati ammessi i miei compagni di scuola. E l’ufficiale medico mi rispose: ”Ma tu quanto credi di poter campare?“. Poi quando sono diventato ministro della Difesa ho cercato quell’ufficiale. Era morto».

Comunque, mercoledì sono 90, un numero legato alla paura, vorrei chiederle se nutre qualche preoccupazione per il suo avvenire?
«A questa vita lunga ci ho fatto l’abitudine. Certo, se dipendesse da me, un’ulteriore proroga non mi dispiacerebbe affatto».

Lei conta anche sulla misericordia divina, senza la quale - ha detto - non si entrerebbe in Paradiso?
«Certo, quando uno muore noi usiamo un’espressione: è passato a miglior vita. Beh, potrebbe essere migliore, ma anche no. Io nell’altro mondo ci credo e per andare in Paradiso spero più nella misericordia di Dio che nei miei presunti meriti, che non ci sono».

D’altra parte, chi si è guadagnato la qualifica di Belzebù dovrebbe ricevere un trattamento di riguardo anche se va altrove. E poi c’è chi pensa che il Paradiso sia preferibile per il clima, ma l’Inferno per la compagnia...
Andreotti ride divertito: «Beh, la compagnia è più varia perché i buoni fanno meno cronaca e non fanno notizia. In compenso gli altri ne fanno anche troppa».

In ogni caso, quando il più tardi possibile verrà il momento, per la sua collocazione definitiva peseranno a suo favore i particolarissimi rapporti e le tante amicizie che lei ha intessuto in Vaticano, Papi compresi...
«Il mio rapporto con la Chiesa viene più dall’ambiente in cui sono cresciuto da piccolo. In una famiglia di tradizione romana, a casa di una zia nata nel 1854, per la quale il Papa era sempre Pio IX, come se non fosse passato niente da quando bambina andava tutti i giorni a via Giulia a vederlo passare in carrozza. A 12 anni leggevo già ”L’Osservatore Romano“ comprandolo con i soldi che mia madre mi dava per la merenda assieme a ”Il Messaggero“».

Il Messaggero?
«Sì certo, compravo ”L’Osservatore“ per quel certo fondo clericale che mi appartiene, e ”Il Messaggero“ perché era il giornale più importante di Roma. Leggevo molto la cronaca, ma ricordo anche le corrispondenze estere di grande pregio».

Senatore, ai grandi vecchi si attribuisce la dote della preveggenza. Lei, in un suo divertissement letterario di una decina d’anni centrato sul Giubileo del 2025 scriveva che il Papa del tempo si sarebbe chiamato Benedetto XVI. Un bel colpo. Le chiedo una previsione meno impegnativa: chi sarà il prossimo presidente della Repubblica?
«La prima è stata una combinazione. La seconda previsione non è facile farla. Posso astenermi?»

Come vuole. Passiamo all’attualità della politica. Le chiedo, anche alla luce delle sue vicende giudiziarie, cosa pensa dell’irrisolto rapporto tra politica e magistratura. La riforma di cui si parla è necessaria?
«Non mi pare un problema tecnico-giuridico. Il fatto è che ognuno deve stare nel proprio campo. La giustizia è l’esercizio di un potere importante che non può essere assolutamente intrecciato a considerazioni di altra natura, culturali, sindacali, politiche. Quello che giustamente si chiede ai cittadini, il rispetto assoluto della magistratura, presuppone proprio che non vi siano confusioni di campo. Ognuno può avere anche le sue tendenze, il magistrato è anche un cittadino votante, però nell’esercizio delle sue funzioni la politica gli deve essere assolutamente estranea. Sotto questo aspetto, anche la sindacalizzazione, cioè la creazione di organizzazioni dei giudici con le rispettive correnti, forse non è stata positiva».

E le intercettazioni, lei è mai stato intercettato?
«Certo che lo sono stato. Anche in questo deve esserci una misura. Però io alcune volte ho detto quella che può sembrare una battuta, ma non lo è: se uno non vuole veramente far sapere una cosa, non deve neppure pensarla. Perché se poi uno legge tra le righe quello che tu hai detto, magari dando consistenza anche ai silenzi, rischi di vederti fatto un ceck-up psicologico senza neanche accorgertene».

E sulla crisi economica, lei che governando ne ha affrontato anche altre, cosa consiglia di fare?
«Di cercare di tener conto che ci sono fasce di cittadini che abbisognano ancora del minimo necessario e altri che hanno molto più del necessario. Quindi una politica, sia pure graduale, di perequazione sociale deve essere al centro dei programmi di ogni forza di governo e di opposizione».

Nei suoi sette governi lei ha avuto solo tre ministri donne. Oggi Berlusconi ne ha quattro e vuole aggiungere la Brambilla, tutte giovani e belle. Che ne pensa?
«Mah, credo ci si debba convincere che nelle valutazioni politiche contano molte cose ma il sesso non può essere una discriminante. Perché uno può essere un uomo vigorosissimo e un imbecille, e viceversa. Penso però anche che l’accesso delle donne alla vita pubblica sia stato un fatto essenziale per la rappresentatività della nostra democrazia».

Senatore, chi ha visto il suo archivio lo descrive come un apparato gigantesco, a chi lo lascia?
«Alla Fondazione Sturzo».

Contiene segreti di Stato?
«Va detto innanzitutto che nove cose su dieci sono inutili o ovvie, ci sono anche i biglietti di auguri, ma c’è anche del materiale che potrà servire a dare elementi aggiuntivi alla conoscenza di alcuni periodi della nostra vita pubblica. Poi c’è qualcosa che non c’è neppure in quegli archivi...»

In 90 anni di vita, senatore, c’è qualcosa di cui si è pentito severamente. Cosa certamente non farebbe più?
«Sarò forse troppo superbo, ma pentimenti non ne ho. Nel senso che errori molto gravi credo di non averne compiuti. Curve ad ”U“ nel mio cammino non ne ho fatte. Forse perché sono un po’ pigro e abbastanza meditativo, ma anche se alcune cose avrei potuto farle molto meglio, mi rimane difficile dire: no, questo non lo avrei assolutamente dovuto fare».

Senatore Andreotti, nell’intervista per i suoi 80 anni, lei citava il Venio in Senatum frequens dal De Senectute di Cicerone. Intende continuare così? E potrebbe, infine, dare anche qualche consiglio di longevità?
«Certamente desidero continuare a lavorare così. Quanto ai consigli posso solo dire che il fatto di essere romano e quindi anche un po’ burocrate mi ha aiutato, nel senso che io reputo importante anche l’ordinaria amministrazione. Cioè fare bene anche il tran tran quotidiano nel proprio lavoro. Mentre qualcuno pensa che sia una noia la vita regolare, gli orari d’ufficio, l’intervallo per il pranzo, io, invece, ho tratto giovamento da questo ritmo di vita ordinato. Quindi, se vogliamo prendere appuntamento tra dieci anni spero di poter citare ancora Cicerone».

Allora, arrivederci al centenario...
«Ciao».

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