2 gennaio 2009

Vito Scafidi. Quegli occhi celesti portati in cielo

VITO SCAFIDI: QUEGLI OCCHI CELESTI PORTATI IN CIELO
di Roberto Maurizio





Pianezza, 13.421 abitanti (meno uno), a 13 km da Torino a e a 13 milioni di anni luce dal ricordo

Pubblichiamo, volentieri, l’intervento del Prof. Federico, un docente di Pianezza che ricorda in questo suo splendido commento i momenti più significativi del funerale di Vito Scafidi, il ragazzo ucciso dall’incuria e dall’ipocrisia della scuola italiana, il 22 novembre 2008.

L’assalto dei “media”
Ciao Roberto sono un prof, un tuo collega, che non avrebbe voluto partecipare ai funerali del suo compaesano Vito, anche se sono stato compagno di classe di suo zio alle elementari, lo zio Rosarioche compare anche in queste tue foto (“Vito e le flebili luci delle Pleiadi”, 26 novembre 2008, ndr). Quel giorno è arrivata l'ordinanza del sindaco, che ha imposto la chiusura dalle 13 alle 17 del centro storico del natio borgo selvaggio alle auto. Così sono andato per la prima volta dopo tanto tempo al lavoro, cioè a scuola, a piedi. 20 minuti calmo, come ho fatto io. L'amico giornalaio mi dice che chiuderà un po' prima, e intanto sta già lustrando l'edicola, non si sa mai, magari passa la tv. Freddo pungente. Passo dal centro sono quasi le 10 ed è già è arrivata Skynews, con ottimo tempismo sugli altri. A scuola il vicepreside subito mi becca (mi hanno incastrato come ingegnere per il monitoraggio della sicurezza statica dell'edificio) per un giro dell'esterno, alla ricerca di cornicioni pericolanti e/o annessi. Dopo rientro, e alcuni ragazzi di una classe non mia mi fanno vedere un po' impauriti leggere fessurazioni, distacchi di intonaco e via così. Dico loro di scrivermi tutto, che poi passo in tutte le classi. La psicosi. Salito finalmente nella mia classe si parla della corona di fiori che è stata comprata con la colletta, e tanto per cambiare della sicurezza. La sicurezza. Esco, vado più veloce, sono quasi le 14, è tutto chiuso, sbarrato, la vigilessa è gentile ma irremovibile, in 15 minuti sono a casa, non prima di aver notato che ormai sono arrivati anche Italia 1, Canale 5 e mamma RAI. Mangio in fretta, e poi mi chiedo se è davvero il caso di andare, visto che non conoscevo Vito.

Il tubo di ghisa e quello di scappamento
Il funerale. Ho deciso, non vado, si parla di Pianezza una volta ogni trent'anni e solo per cose negative. E poi io sono un prof, certo. Tanti anni fa ho insegnato per un mesetto proprio lì, al seminario di Rivoli, certo, forse proprio sotto a quel famigerato controsoffitto così poco armato vittima di qualche appalto al ribasso e sotto quel tubo di ghisa lasciato in pegno dalla sciatteria di chissà quale muratore, certo. E poi quella foto che per quattro giorni è comparsa un po' dappertutto per la le televisioni, mi ha ricordato e mi ricorda un'altra foto, che scattai personalmente a un mio allievo, che conoscevo bene, pochissime ore prima che fosse anche lui portato via da un altrettanto assurdo incidente motociclistico con una morte altrettanto "fatale", o se preferisci, altrettanto "annunciata", certo. Ma in fondo io che c'entro con la TV, i politici, e con tutta questa storia?

Un cammino obbligato


Casa mia è proprio adiacente al cimitero, tutti i funerali passano sotto le mie finestre. Verso le 16 cominciano ad arrivare i primi sguardi sperduti dei ragazzi che mi convincono a scendere, anche se c'entro poco, o nulla, con tutta questa storia. La sepoltura. Devo scendere. Scendo. Stanno arrivando sei Mercedes piene di corone, da quella del Darwin, a quella della nostra scuola, a quelle di Napolitano e Berlusconi, e poi arriva Vito portato a spalle dai suoi compagni, e da suo zio. Centinaia, ma che dico, forse qualche migliaia di sguardi giovanissimi, attoniti, nessuna traccia di telecamere e autorità, tutti dileguatisi d'un tratto. Il prete concede di liberare dei palloncini con le intenzioni. E' buio, e non c'è più tempo per salutare i parenti.

I grandi occhi celesti portati via dal vento
Il vento che ha portato via Vito, da quella sera lo ha fatto riposare non lontano da dove riposa il mio papà.Rientro in casa, ormai è troppo tardi per fare qualunque altra cosa, ho troppo freddo e non solo in senso letterale. E' l'inizio di un nuovo anno, oggi, dopo un mese il velo dell'oblio è calato su Vito, forse è "fatale". Intanto io mi auguro che lui ora stia meglio di come stanno il suo papà, mamma e Paola. Presto o tardi, avrò finalmente il privilegio di conoscerlo questo ragazzino biondo con i grossi occhi celesti spauriti che riposerà per sempre vicino a me e che sicuramente non dimenticherò più.

Da oggi almeno saremo in due, Roberto.

Fabrizio

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