2 luglio 2010

Dopo Copenhagen, Cancun. Ancora sorrisi amari per il clima?

Ancora sorrisi amari per il clima. Verso il Vertice di Cancun
di Roberto Maurizio


Energia e clima



Diciasette paesi hanno partecipato, il 30 giugno e il 1° luglio 2010, a Roma, al “Mef (Major Economies Forum) su Energia e Clima”. I rappresentanti di Australia, Brasile, Canada, Cina, Unione Europea, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Corea del Sud, Messico, Russia, Sudafrica, Regno Unito e Stati Uniti d'America hanno discusso animatamente sulla necessità di un accordo sui cambiamenti climatici nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change - Unfccc). L’incontro di Roma del Mef è il follow up naturale frutto di un processo lanciato dal Presidente degli Stati Uniti nel marzo 2009, con l'intento di facilitare un dialogo tra le maggiori economie mondiali e le economie emergenti, per contribuire a dare l'impulso politico necessario al raggiungimento di un accordo globale sui cambiamenti climatici e per procedere ad esplorare iniziative concrete e collaborazioni che incrementino l'offerta di energia pulita riducendo le emissioni di gas serra. Tra i temi trattati nel corso del Mef, gli interventi di adattamento ai cambiamenti climatici e relativo finanziamento; monitoraggio, rendicontazione e verifica - consultazione internazionale e analisi degli interventi per la riduzione delle emissioni; impegni di mitigazione in vista della 16a Conferenza delle Parti (Cop) sui cambiamenti climatici dell'Unfccc (Conference of the Parties - Cop16) di fine anno a Cancun (Messico); progressi nelle negoziazioni in ambito Unfccc per Cancun; aggiornamento sulla preparazione della riunione Ministeriale su Energia Pulita ("Clean Energy”) del 19-20 luglio a Washington.

I rimedi alla crisi proposti dal Mef

Il sorriso spento del nuovo Segretario Onu sui cambiamenti climatici, Christina Figueres

La riunione di Roma del Mef è stata aperta dalla 53enne costaricana, Christiana Figueres, che dalla prossima settimana sarà ufficialmente il nuovo segretario della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici in sostituzione del dimissionario Yvo De Boer. Christina ha affermato di attendersi dall’appuntamento di Cancun qualche risultato “pratico” in più rispetto a quella, definita da tutti fallimentare, dello scorso dicembre a Copenhagen. “Sono fiduciosa che a Cancun le decisioni degli Stati inizieranno ad essere più focalizzate sugli impegni delle istituzioni contro i cambiamenti climatici – ha affermato Figueres a margine dei lavori romani – è evidente che mettere d’accordo i rappresentanti di quasi 195 nazioni è un processo difficile, lento e doloroso, ma non vedo altre opzioni percorribili. Non si può lasciare nessuno indietro, perché non c’è nessuno che non sia affetto dai cambiamenti climatici”. Parlando poi nello specifico dei temi al centro del Mef, la rappresentante delle Nazioni Unite non si è nascosta le difficoltà di nel far partire la distribuzione dei fondi dai paesi più ricchi a quelli in via di sviluppo, e i controlli necessari perché vengano spesi bene, che non tutti accettano: “E’ comprensibile che i paesi donatori che hanno l’obbligo di dare i fondi vogliano anche controllare come vengano spesi – ha sottolineato – ma d’altra parte è giustificabile che chi li riceve abbia un accesso diretto e non condizionato. Dobbiamo mettere insieme queste due visioni”. Secondo Figueres, la crisi economica potrebbe mettere a rischio i fondi a breve termine, ma sul lungo periodo potrebbe essere uno stimolo: “C’è il rischio che sul breve termine qualche conseguenza ci sia – ha precisato – ma qui si parla di strategie di lungo periodo. Inoltre, gli investimenti sulle tecnologie verdi hanno già dimostrato di poter sostenere la crescita, quindi possono funzionare come rimedio alla crisi”.

La "Governance verde"



Quali sono state le conclusioni dell’incontro delle 17 maggiori economie mondiali? Di fronte alla possibilità di uno stallo infinito tra due posizioni contrapposte, è prevalsa la linea che punta a ottenere subito qualche passo avanti concreto in direzione di una diminuzione dell'aumento delle emissioni serra. Dal punto di vista scientifico questa posizione è abissalmente lontana da quella necessaria a bloccare la crescita della temperatura entro un tetto di due gradi a fine secolo. Ma dal punto di vista pragmatico può mettere in moto un processo di trasformazione economica capace magari di produrre uno sprint improvviso. Insomma, la soluzione dei problemi del clima sono stati “traslate” al vertice di Cancun, sperando in un cambiamento di rotta: il nuovo accordo sarà basato sui fondi e sui controlli. Si partirà con 10 miliardi di dollari l'anno, ma si deve ancora stabilire chi controllerà la riduzione delle emissioni serra, chi gestirà i finanziamenti, chi assicurerà il corretto funzionamento della macchina a sostegno dell'adattamento climatico e della Green Economy. Lo scontro su cui si sono infrante le speranze di Copenaghen è stato dunque per il momento congelato. A dicembre in Messico i 193 Paesi Onu non si divideranno più tra sostenitori della “governance” mondiale sui beni comuni dell'umanità (Europa) e difensori della sovranità degli Stati (Usa, Cina, India). La possibilità di un accordo globale obbligatorio come quello in vigore per il commercio è stata per ora messa da parte. Si cercherà un accordo più limitato ma più probabile. Un accordo economico che tenga comunque assieme varie esigenze: evitare il caos climatico, agevolare lo sviluppo sostenibile dei Paesi più poveri, dare ossigeno alle imprese che hanno scommesso sulla green economy. E' un'intesa che nell'immediato suona molto limitata rispetto alle ambizioni nate dal ben più stringente protocollo di Kyoto. Ma lascia aperta la porta a successivi progressi e radica la questione ambientale in un gioco economico di ampio respiro. Il punto reale è se i fondi annunciati (una cifra in crescita che parte dai 10 miliardi di dollari l'anno del 2010-2012 per arrivare a 100 miliardi l'anno nel 2020) verranno stanziati davvero. "Facciamo un sito web e diamo in diretta le informazioni sui Paesi che hanno pagato e quelli che non hanno pagato", ha proposto, sotto forma di battuta, il delegato indiano. Per il momento pochi hanno pagato e c'è chi non ha nemmeno messo i soldi in bilancio.

Onorare gli impegni

Ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo

L'Italia per esempio. "Non credo ci saranno soldi freschi o aggiuntivi per gli impegni economico-finanziari assunti a Copenaghen", ha precisato il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. "Comunque in sede Ecofin è stato stabilito che l'Europa onorerà gli impegni presi a Copenaghen". Insomma l'Italia, ha detto il ministro, potrebbe mettere soldi "non freschi", ottenuti dalla "rimodulazione di altre voci", ma è comunque chiamata a trovare 600 milioni in tre anni per tener fede a ciò che ha sottoscritto in sede di accordo internazionale sul clima. Soddisfatto anche il capo delegazione degli Stati Uniti, Todd Stern: "Sono stati due giorni di incontri che hanno prodotto risultati importanti in vista della conferenza di Cancun. Progressi nel campo della mitigazione, dell'adattamento, della difesa delle foreste, del trasferimento di tecnologie pulite e del sistema di finanziamento". Tra cinque mesi, a Cancun, si potrà verificare la solidità di questi annunci.

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