20 luglio 2008

Se non ci fosse Bossi!

'O Sole mio
di Roberto Maurizio
Schiavi di Roma
L'unico politico italiano, che ravviva una scena ormai prossima alla chiusura delle saracinesche, è Bossi. Con il medio in alto, sbeffeggia l'Inno d'Italia. "Schiavi di Roma"?

Il Sole splende a Sud
Che l'Inno di Mameli non sia il "nonplusultra", si sapeva. Gli inni nazionali più gettonati sono quello russo (riciclato dall'Urss), quello americano (Usa), quello britannico. Il più "deficiente" (in quanto "mancano" le parole) quello spagnolo. Molto più bello di tutti è "Va, pensiero" di Verdi (Viva emanuele re d'italia). Personalmente, propongo come inno italiano "'O Sole mio", quel Sole del Sud che porta i professori "terroni" che sono "costretti" ad abbandonare le proprie famiglie per andare ad educare un popolo di pelandroni che non riescono nemmeno a formare un classe docente propria, sempre impegnati a "lavurar" per fare i soldi, senza idee, senza ideali, senza Sole.

Caro Bossi, tieniti la tua nebbia



Il formaggio senza pere

Ma ti sei mai chiesto, capo leghista, se i professori sono contenti di venire a svernare in quelle terre in cui la nebbia serve solo per far "maturare" il parmigiano? Che cosa avete di più di quello che noi del Sud non abbiamo: i soldi. Ma credi che con i soldi ti puoi comprare la felicità?


I matti servono
Senza matti il mondo non gira. Ma c'è un limite! Il governo Prodi è caduto perché aveva i matti in casa. Berlusca, che credeva di governare per 5 anni, con la Lega perderà i consensi e sarà costretto a dimettersi. Quale è la ricetta da seguire? Via i matti! L'Italia ha bisogno di persone serie, di due soli partiti senza matti. Matto sta per estremista, che dice quello che vuole senza tener conto delle conseguenze, come se non ci fossero la borsa, l'economia, la politica internazionale.


Viva l'Italia Meridionale
Mentre Sarkozy sta cercando di unificare l'Europa con il Mediterraneo, la Lega vuole essere autonoma. Che lo diventi! Faremo un'Italia del Sud rivolta al Mediterraneo, che ha molti più soldi della Padania. Padania, senza la globalizzazione, sei perduta! La nebbia "maturerà" il parmigiano che dovrà essere mangiato solo dai "maturandi" studenti preparati da quatrro professori leghisti.

17 luglio 2008

Astronomia. Problemi di "Vista"

Quando nasci, sogni il cielo
di Roberto Maurizio


Il cielo, l'Universo, le nuvole, le stelle, i pianeti, le galassie sono sopra le nostre teste. Si guarda in alto per non vedere la televisione. Il rumore della via Lattea è così silenzioso che nessuno si accorge di appartenere totalmente a questo immenso fiume di astri, di nebulose, di buchi neri. Per non perdere un'occasione unica, cioè quella di guardare direttamente in alto, ti compri un telescopio. Fantastico. Vedi i crateri della Luna, vedi Giove, vedi Saturno. Poi compri il software per inseguire le stelle, poi la webcam, poi la macchina fotografica digitale, poi tutti gli obiettivi possibili. Finalmente, vediamo sul computer quello che trasmette il telescopio. "C'è un problema di Vista". Windows Vista non è compatibile. Ma signori, capisc a me (come direbbe Di Pietro) come è possibile? Qui, in Italia si parla di fannulloni, di finanziaria, di giustizialismo e nessuno difende i poveri consumatori, che fanno bene a non comprare più nulla, visto lo sfascio di questa Italia. Ti fai un sito con Register, collegato a Google (solo che Google è serio, e mi permette, fino a prova contraria di trasmettere) e non funziona, prendi un altro sito con Register pagando soldi in abbondanza, e non funziona. Compri un telescopio, pagando l'ira di dio, circa 15 stipendi mensili di pensionati di Maratea, e il problema resta: è Vista. Visto che dobbiamo continuare così, allora diamo l'addio a una proposta mai avanzata in finanziaria (rendiamo obbligatoria l'Astronomia come disciplina fin dalle elementari), diamo un calcio alle associazioni di astronomi che chiedono soldi, quando invece dovrebbe essere gratuita l'iscrizione (la nicchia diventerà sempre più improbabile, se continuerà nel suo monopolio del cavalo), diamo una zampata ad un mondo irreale che potrebbe contribuire allo sviluppo socio culturale di un'Italia che perde sempre più posizioni, anche grazie a loro, alle Lobbies senza potere, con il potere di rendere più rarefatte la cultura e la scienza.

Rom. Le impronte digitali

Le impronte digitali
di Roberto Maurizio

Cretino
Non esiste essere di destra o di sinistra. Occorre essere intelligenti. Prendere le impronte digitali agli zingari era veramente una cretinata. In realtà, cretino deriva da cristiano. Cioè quella persona semplice che agisce per la giustizia, per la difesa dei più deboli, per un mondo basato sulla dolcezza, sull’umanità, sul rispetto di Dio. Ora tutto è risolto: si prendono le impronte digitali di tutti, così nessuno sarà più cretino.

Razzismo
L’ipotesi di prendere le impronte digitali solo agli zingari non era solo da considerare estremamente cretina, ma era un’operazione di stampo decisamente razzista.

I costi
Quanto costa prendere le impronte di 60 milioni di italiani? Per un’impronta 6 euro moltiplicata per 60.000.000, 360.000.000 milioni di euro.


Chi lo dice a mia suocera che sarà schedata come le prostitute?
Quando le nostre vecchiette riceveranno l’invito a farsi schedarsi ci sarà da ridere. Sotto Mussolini non ho mai dato le mie impronte, sotto la Dc mi davano l’impronta, con il compromesso storico stavo peggio di come stavo prima, e, adesso, devo dare le impronte alla patria? Sarò schedata come una prostituta?


Infine
Meglio di così non poteva andare. Risolviamo tutti i problemi con le impronte. Ma chi si occuperà della vita “normale”degli zingari? Chi non farà sentire la suocera simile a una prostituta? Chi proteggerà le prostitute?


Un’estate rovente
Il caldo aiuta l’Inps e Inpdap. Muoiono stecchiti molti vecchi, contenti di non essere più inseriti nelle liste degli assistiti da questa Italia ingrata. Mentre il problema dei leghisti è quello dei Rom, quello di Di Pietro è arrestare tutti, nel bene e nel male, quello del Pd è tornare a governare, nel bene e nel male, quella della Pdl è salvare Berlusconi e tutti i filistei, nel bene e nel male, la vecchia popolazione degli italiani ultra ottantenni cade, una ad una, come erba ingiallita, abbandonata a se stessa con lo sguardo rivolto verso l’alto solo nel male. E solo lassù potranno avere una ricompensa. Tutta una vita per la Patria, tutta la Patria contro, tutta la sinistra e la destra contro, insieme per stroncare la loro vita, nel bene e nel male.

16 luglio 2008

Tutti i tetti di Roma

Tutti i tetti di Roma
di Roberto Maurizio


NON E' ANCORA UNA POESIA

Quando a 16 anni vieni trasportato da una realtà ad un'altra, non sei né cavolo né pesce. Dimentichi il tuo passato, ma non puoi fare a meno di non apprendere completamente il tuo futuro. Il romanesco non è la mia lingua, il molisano (che non esiste come aggettivo per distinguere un'idioma) non è la mia lingua. Nonostante ciò, cercherò in questa improbabile poesia di raccontare un fatto. Con un super cannocchiale riesco a vedere San Pietro da Cinecittà, settimo piano. Ergo, tutti i settimi piani vedono San Pietro. Ma San Pietro vede tutti i settimi piani? Il romanesco è improprio e impreciso, ma un domani qualcuno mi aiuterà ad aggiustarlo.

Na Basilica che sona più li morti che li vivi

Nun ce se crede! Sott'ar Cuppolone,
tutti i tetti sono iguali.
Ma dai tetti, nascosto, sghimbescio, de traverso,
de sguincio, sta muraglia che s’alza al cielo
se po’ vede’ come 'na sorella, 'na mamma, 'na modella.
Dai tetti romani dell’Est, s’erge, a sinistra,
De Monte Mario e, a destra, de Garbatella.
Al centro Don Bosco. L’ultimo in classifica
Vorrebbe primeggia’ cor Papa.
'Na Basilica che suona più li morti che li vivi
Se pone come “prima”, al centro, e centra il botto.
Ecco la verità: anche si nun sei nessuno
Sei come Dio.
Tutti i tetti di Roma
Guardano San Pietro.
San Pietro guarda in alto
E in basso ritrova la sua gente.

15 luglio 2008

Omar Assan, Sudan, Ottaviano Del Turco, Abruzzo

Il Darfour confina con l’Abruzzo
di Roberto Maurizio

Omar Hassan e Ottaviano Del Turco. Profumo di arresti
L’unico elemento che lega Hassan, il Presidente del Sudan, a Del Turco, Governatore dell’Abruzzo, è la data 14 luglio 2008. Mentre a Parigi, il Presidente Sarkozy accoglieva l’Europa e il Mediterraneo, in altri siti di questa strana Europa (L’Aia e Ovindoli), si scatenava la furia giustizialista: in manette e buttato nelle carceri il Governatore dell’Abruzzo, Ottaviano Del Turco, in manette con la promessa di buttarlo nelle carceri europee il Dittatore sanguinario del Sudan, Omar Hassan al Bashir. Fra i due uomini politici non esiste nessuna correlazione, se non quella di essere “colpevoli” prima di un giudizio. Se verrà confermata l’accusa contro il Governatore dell’Abruzzo, allora non esisterà nessuna pietà. Se verrà confermata l’accusa contro il Presidente del Sudan, allora non esisterà nessuna pietà. Genocidio e associazione a delinquere. Due accuse pesanti, con il profumo di giustizialismo. E’ mai possibile che tutte le colpe ricadano sul Presidente del Sudan? E’ mai possibile che Del Turco si sia infangato di atroci delitti? Se sì, allora bisogna che la giustizia faccia il suo corso. In caso contrario, gli autori delle accuse dovrebbero assumersi le loro responsabilità, di fronte alla storia.

Chiesto l’arresto di Omar Hassan al Bashir

Il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Luis Moreno Ocampo, ha inoltrato, oggi 14 luglio 2008, alla Camera della Corte il mandato d'arresto per il Presidente del Sudan Omar Hassan al Bashir per genocidio e crimini di guerra relativamente alla crisi del Darfur. Immediata la replica del Governo del Sudan che ha detto di non riconoscere l'atto formale d'accusa contro Moreno Ocampo. La Cpi, la cui sede è all’Aia, in Olanda, è diventata una realtà il primo luglio 2002, dopo la ratifica del Trattato istitutivo a Roma da parte di sessanta Paesi. Dal primo giugno scorso, i paesi sono diventati 106. La Cpi è presieduta dal canadese Philippe Kirsch e conta 18 giudici. I crimini che entrano nella giurisdizione della Corte sono il genocidio, i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità, fra cui lo sterminio, la riduzione in schiavitù, la tortura, lo stupro, le persecuzioni per motivi razziali, etnici o religiosi, la deportazione o l’apartheid. Nello statuto figura anche «il crimine di aggressione», ma non è stato ancora meglio definito. Contrariamente ai tribunali "ad hoc" creati per giudicare i crimini commessi durante un determinato conflitto, come il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia o il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, la Cpi ha una giurisdizione priva di scadenze temporali. La Corte può essere invocata dagli Stati firmatari del Trattato di Roma. Il suo procuratore può anche prendere l’iniziativa d’ufficio. In entrambi i casi, la giurisdizione della Corte può essere esercitata solo sul territorio di uno Stato firmatario dello Statuto di Roma. Anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu può chiedere l’intervento della Corte. In questo caso, la giurisdizione della Cpi può estendersi a uno Stato che non ha firmato lo Statuto, come nel caso del Darfur. La sua giurisdizione si esercita indipendentemente dalla nazionalità del responsabile dei crimini. Uno Stato che non ha ratificato il Trattato può accettare la giurisdizione della Corte in un caso particolare. In virtù del principio di complementarietà, la Corte può intervenire unicamente nei casi in cui la giustizia nazionale non può o non vuole trattare in maniera adeguata i crimini che competono alla giurisdizione della Cpi. La giurisdizione della Corte non è retroattiva, pertanto la Cpi può giudicare solo i crimini commessi dopo il primo luglio 2002. Il procuratore della Cpi, l’argentino Luis Moreno-Ocampo, ha avviato indagini in quattro Paesi africani: Repubblica Democratica del Congo, Uganda, Sudan e Repubblica Centrafricana. Ha già emesso 12 mandati di arresto: sette sospetti sono oggi latitanti. Sono stati arrestati quattro congolesi, trasferiti poi al centro di detenzione dell’Aia: i capi delle milizie Thomas Lubanga, Germain Katanga e Mathieu Ngudjolo Chui, accusati per il ruolo avuto nella guerra civile nell’Ituri, regione orientale del Congo, e l’ex capo dei ribelli e vicepresidente Jean-Pierre Bemba, accusato di crimini commessi dai suoi uomini nella Repubblica centrafricana. In Sudan la tensione crescente per la richiesta di incriminazione per crimini di guerra del presidente Omar al-Beshir ha costretto le Nazione Unite e l'Unione Africana a evacuare il personale non essenziale della missione Unamid in Darfur. Ne ha dato notizia un portavoce del palazzo di Vetro specificando però che i caschi blu Onu e i baschi verdi dell'Ua resteranno sul posto. Anche a Roma, come in altre capitali europee, si è svolta una manifestazione a sostegno della richiesta di incriminazione del presidente del Sudan, ritenuto responsabile di crimini di guerra in Darfur. La comunità darfuriana in Italia e l'associazione Italians for Darfur hanno organizzato un presidio di fronte all'ambasciata sudanese.

Arrestato il Governatore Ottaviano del Turco


Quando all’Aia si svegliano le galline e i galli per il mandato di cattura al Presidente del Sudan, ad Ovindoli, in Abruzzo, il 14 luglio 2008, si concretizza l'accusa nei confronti del Governatore, Ottaviano Del Turco. Associazione a delinquere e truffa. Nella stessa inchiesta sono coinvolti anche diversi assessori regionali e alcuni esponenti politici. Dieci, in tutto, le persone arrestate e 25 quelle indagate, con ipotesi di reato che vanno dall'associazione per delinquere, riciclaggio, concussione, corruzione, truffa aggravata, falso e abuso d'ufficio. Con Del Turco, sono così finiti in carcere il Segretario Generale della Giunta Regionale ,Lamberto Quarta, l'Assessore alle Attività produttive Antonio Boschetti, il capogruppo Pd In Consiglio regionale Camillo Cesarone e l'ex Direttore Generale della Asl di Chieti Luigi Conga e Gianluca Zelli. Il gip Michela Di Fine ha invece disposto gli arresti domiciliari per Giancarlo Masciarelli (ex presidente della Fir), Vito Domenici (ex assessore regionale alla Sanità), Bernardo Mazzocca (attuale assessore regionale alla Sanità) e Angelo Bucciarelli. Al direttore dell'Agenzia regionale sanitaria, Francesco Di Stanislao, è stata applicata la misura del divieto di dimora a Pescara. Un'indagine, quella della procura di Pescara, partita dall'esame della cartolarizzazione dei crediti vantati dalle case di cura private nei confronti delle Asl abruzzesi. Secondo gli inquirenti, vi sarebbero stati movimenti di denaro per circa 15 milioni di euro. Contestualmente agli arresti, gli uomini della Guardia di Finanza hanno svolto perquisizione nella casa del presidente della Regione a Collelongo, a Palazzo Centi (sede della Presidenza della Regione Abruzzo) e nella sede del Consiglio regionale a L'Aquila. Intanto Ottaviano Del Turco ha raggiunto il carcere di Sulmona. Del Turco è arrivato a bordo di un'Alfa Romeo 156 di colore grigio e ad attenderlo c 'era una piccola folla di fotografi e cineoperatori. Nell'istituto sulmonese, che viene considerato uno dei supercarceri più moderni, è stato sistemato in una zona di massima sicurezza dove viene sorvegliato a vista. Dalle notizie trapelate nel pomeriggio tutti gli arrestati resteranno in regime di isolamento per 3 giorni e poi si darà corso agli interrogatori di garanzia.

14 luglio 2008

Salviamo l'Otto di Picche. Tarek Aziz

Salviamo il Soldato Yuhanna. Tarek Aziz
di Roberto Maurizio
Contro la condanna a morte
Dopo 5 anni di detenzione l’ex vice premier di Saddam, Mikhail Yuhanna, meglio conosciuto come Tarek Aziz, sta per essere condannato a morte dai giudici iracheni. E’ stato imputato per l’esecuzione di decine di commercianti nel ‘92. “Stampa, Scuola e Vita” ha lanciato una campagna per la salvezza del Soldato Yuhanna, rivolta soprattutto ai cristiani e ai cattolici. Infatti, Aziz, era l’unico cristiano caldeo nell’entourage del Raìs. L’appello è rivolto, in primo luogo, a Ingrid Betancourt, che ha avuto tanta solidarietà, da parte di tutto il mondo, durante la sua prigionia, compresa quella di “Stampa, Scuola e Vita”.

Salviamo l’Otto di Picche



“L’Otto di Picche” nel mazzo degli iracheni più ricercati dagli Stati Uniti rischia la pena capitale. Aziz, un cristiano in un regime musulmano, deve la sua fama alla sua abilità diplomatica e allo stile “occidentale”.

Giuliana Sgrena e Aziz
Un articolo pubblicato su “il manifesto” il 20 maggio 2008, a firma Giuliana Sgrena, presenta il quadro più esauriente e veritiero mai prima pubblicato sulla vita dell’ “Otto di Picche”. Dato lo spessore e l’interesse dell’articolo lo riproponiamo ai nostri lettori. Sono stati effettuati alcuni cambiamenti “tipografico-editoriali”, del tipo Tarek, invece di Tareq, Papa al posto di papa, e inserito qualche titoletto, tipo “Il figlio di un cameriere”.



Alla sbarra Tarek Aziz, volto credibile di Saddam
L'unica voce cristiana in un regime rigidamente musulmano. Mikhail Yuhanna, nome rifiutato e cambiato in Tarek Aziz da adulto - dopo aver maturato posizioni laiche e socialiste - per evitare di essere troppo identificato con la sua appartenenza religiosa alla chiesa caldea irachena, sarebbe diventato l'otto di picche nel mazzo di carte degli uomini più ricercati dagli americani. Piazzato al numero 43 in una lista di 55 tra i personaggi più ricercati dagli Stati uniti dopo l'occupazione dell'Iraq nell'aprile del 2003, la sua collocazione rispondeva forse più alla scarsa pericolosità dell'uomo che all'importanza di Aziz nella gerarchia del regime che governava l'Iraq. Tarek Aziz è stato sicuramente il volto più presentabile del regime di Saddam Hussein, con uno stile e un comportamento accettabile anche per l'occidente. E' stato il personaggio più presente sulla scena internazionale, soprattutto nei momenti cruciali per la storia recente dell'Iraq, per la sua abilità diplomatica ma anche perché il raìs non si spostava troppo per problemi di sicurezza.


Il figlio di un cameriere
Una figura diversa dagli altri «compagni di Saddam», anche per la sua formazione oltre che per essere l'unico non musulmano e non appartenente al clan dei «tikriti» (Saddam era di Tikrit) a guidare il paese dei due fiumi. Nato nel 1936 a Tel Kaif, vicino a Mosul, dove la presenza caldea è più concentrata, da una famiglia umile - il padre era un cameriere - si era laureato in letteratura inglese all'Accademia delle belle arti di Baghdad, acquisendo una perfetta conoscenza della lingua anglosassone. Ancora giovane, nel 1957, si era iscritto al partito Baath, ai tempi della rivoluzione anti-monarchica quando al potere era re Faisal.



Un professore salvato dalla cattedra
La sua formazione l'aveva portato a dedicarsi al giornalismo per poi diventare l'editore del quotidiano del partito Baath, al Jumuriya prima e al Thawra poi. Una scelta che favorirà l'inizio della sua carriera politica quando, negli anni 70, diventerà ministro dell'informazione, un ruolo particolarmente delicato nei regimi in cui i media devono essere supercontrollati. Nel 1977 Tareq Aziz, unico non musulmano, entra a far parte del Consiglio del comando della rivoluzione, l'organismo alla guida del paese formato dagli esponenti del partito Baath più alti in grado e fedeli al raìs. Tareq Aziz è sopravvissuto alle alterne fortune - e alle feroci purghe - che hanno coivolto il regime ed eliminato altri esponenti del partito e soprattutto ex fedeli di Saddam. Le sue posizioni laiche e la sua foggia occidentale, i suoi sigari cubani, ne fanno un personaggio particolarmente inviso ai musulmani integralisti. Che attraverso membri del partito (religioso, sciita) Dawa attentano alla sua vita nel 1980 mentre si trovava all'università Mustansiriya di Baghdad. Il vice primo ministro si salva miracolosamente buttandosi sotto una cattedra. Il clima era teso: la deportazione in Iran di esponenti kurdi fayli (sciiti) aveva esacerbato la situazione alimentando la repressione del regime contro gli sciiti. In seguito all'attentato contro Tareq Aziz veniva varata una risoluzione che prevedeva la pena di morte per gli appartenenti al partito Dawa, il principale partito religioso sciita dell'epoca (fondato nel 1956 per contrastare il forte Partito comunista). Lo scontro con gli sciiti sarebbe esploso, nel settembre dello stesso anno, con la guerra per il controllo dello Shatt el Arab contro l'Iran.


Tra Mosca e Washington


E' questa l'occasione per manifestare le grandi capacità diplomatiche di Tareq Aziz: dopo aver stabilito forti relazioni economiche con l'Unione sovietica, nel 1984, nella veste di ministro degli esteri, viene ricevuto alla Casa bianca dall'allora presidente statunitense Ronald Reagan, un incontro che porterà alla ripresa delle relazioni diplomatiche tra Washington e Baghdad e a un appoggio Usa nella guerra contro l'Iran. Finita la guerra con l'Iran nel 1988 la pace sarebbe durata poco. E il compito di Tareq Aziz si sarebbe presentato sempre più difficile. L'occupazione del Kuwait, nel 1990, impone al diplomatico iracheno un tour delle capitali straniere per cercare supporto all'Iraq contro l'embargo e l'ultimatum imposto dagli Stati uniti. Inutilmente. Alla vigilia dello scoppio della guerra, il 9 gennaio 1991, sotto i riflettori dei media di tutto il mondo, Tareq Aziz incontra a Ginevra il segretario di stato Usa, James Baker, che chiede il ritiro unilaterale dell'Iraq dal Kuwait. Il colloquio si sarebbe rivelato un dialogo tra sordi senza possibilità di intesa. La lettera di Bush che poneva le condizioni (il ritiro incondizionato dell'Iraq dal Kuwait) veniva rifiutata da Tareq Aziz, nonostante le minacce degli americani. La situazione precipitava: il 17 gennaio 1991 iniziava la prima guerra del Golfo. Quaranta giorni di bombardamenti fino al ritiro di Saddam dal Kuwait. Cessava il fuoco ma non l'embargo che colpiva soprattutto la popolazione civile. Il ruolo di Tareq Aziz rimaneva fondamentale: a lui si rivolgevano le forze internazionali sensibili ai problemi umanitari che affliggevano la popolazione irachena. Ed era sempre lui, ancora al suo posto, a ricevere delegazioni internazionali che giungevano a Baghdad alla vigilia della seconda guerra del Golfo per cercare di sventare il conflitto.


Dal Papa per evitare la guerra

Nonostante le difficoltà, le preoccupazioni, forse la consapevolezza che nulla avrebbe potuto evitare quella guerra, Tarek Aziz si mostrava ancora una volta fermo sulle sue posizioni, senza cedimenti, con una grande dignità che rasentava l'arroganza. Una sicurezza che quando l'avevamo incontrato, a pochi giorni dall'inizio del conflitto, non riuscivo a capire se nascondeva un asso nella manica per poter uscire dall'impasse oppure era consapevole dell'inevitabilità della guerra. Nemmeno con l'intervento del Papa, Giovanni Paolo II, che Tarek Aziz aveva incontrato per mezz'ora in Vaticano il 14 febbraio 2003, prima di essere ricevuto dai frati francescani ad Assisi e di una breve visita al Ministro degli Esteri Frattini. Più calorosa l'accoglienza del Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, vecchia conoscenza di Tarek Aziz, che avrebbe anche inviato una delegazione della regione a Baghdad proprio nell'imminenza della guerra.


La profezia «Nessuno ha mai potuto controllare l'Iraq. Se attaccato il popolo iracheno si difenderà con ogni mezzo... Qualcuno proprio non capisce che noi siamo patrioti. Noi siamo nati in Iraq e in Iraq moriremo». Una profezia che si è avverata: dopo cinque anni di occupazione gli americani non hanno nessun controllo sull'Iraq. Si è già avverata per Saddam e probabilmente si avvererà anche per Tarek Aziz la morte sul suolo iracheno, anche se forse quest'ultimo non dovrà nemmeno superare la prova della condanna a morte.

La salute
Il suo stato di salute, già molto precario, è profondamente degenerato dopo cinque anni di detenzione in condizioni che non sono certamente quelle previste dal diritto internazionale per i prigionieri di guerra. Lo stesso arresto o consegna di Tarek Aziz agli americani, il 24 aprile 2003, è ancora circondato dal mistero. Una possibilità, quella dell'arresto, che Aziz aveva escluso per il timore di finire a Guantanamo, ma poi forse qualche mediazione (ecclesiastica?) o garanzia avevano permesso l'arresto. O forse le stesse condizioni di vita non hanno lasciato altra scelta a Tarek Aziz. Dopo l'arresto, la sua splendida villa sulla riva del Tigri era stata requisita e sarebbe diventata la residenza dell'ayatollah al Aziz al Hakim, leader del partito sciita Sciri, una delle componenti del governo di Nouri al Maliki.


Cinque anni di isolamento
Ripetutamente è stata sollevata la questione delle condizioni di detenzione di Tarek Aziz, dell'isolamento in cui è stato tenuto. Il 29 maggio 2005 il britannico The Observer aveva pubblicato le lettere scritte dall'ex ministro degli esteri iracheno (a nome anche degli altri detenuti) all'opinione pubblica internazionale. «... Speriamo che ci vogliate aiutare. Siamo in prigione da molto tempo e siamo stati isolati dalle nostre famiglie. Nessun contatto, nessuna telefonata, nessuna lettera. Anche i pacchi che ci mandano le nostre famiglie non ci vengono consegnati. Noi chiediamo un trattamento decente, una inchiesta equa e un equo processo».


Rinchiuso a Camp Cropper
Finalmente nell'agosto 2005 alla famiglia Aziz viene concesso di visitare Tareq in carcere. I familiari vengono trasportati su un pulmino con le finestre oscurate per non permettere di riconoscere il luogo di detenzione di uno dei personaggi più in vista del regime di Saddam. Per «ragioni di sicurezza» successivamente sarebbe poi stato rinchiuso a Camp Cropper dentro la base Usa dell'aeroporto di Baghdad.


Indebolito e traballante
Dopo cinque anni, il 29 aprile 2008, per la prima volta Tarek Aziz è stato portato davanti al tribunale, indebolito e traballante. Su quanto si possa parlare di inchiesta e giudizio equo i precedenti processi ad altri esponenti del regime di Saddam Hussein non lasciano certo ben sperare. Tarek Aziz è accusato dell'esecuzione, nel 1992, di 42 commercianti colpevoli di aver speculato sui prezzi dei generi alimentari mentre il paese era sottoposto a embargo. In occasione del processo Tarek Aziz ha ancora una volta avuto il sostegno della chiesa caldea irachena e in particolare del vescovo di Kirkuk, Louis Sako. «Giustizia, ma nel rispetto dei diritti umani e della dignità della persona, contro ogni condanna capitale», è stato l'appello lanciato dal monsignore in occasione dell'apertura del processo. A far aprire un processo che per gli americani è senza dubbio imbarazzante, come del resto i cinque anni di detenzione di un uomo come Tareq Aziz, è stata soprattutto la pressione internazionale. Che forse non si fermerà davanti al verdetto.


Giuliana Sgrena
Fonte:/www.ilmanifesto.it

13 luglio 2008

L'Unione per il Mediterraneo

L’Unione per il Mediterraneo. Adesso è una realtà
di Roberto Maurizio

Verso la pace nel Mediterraneo
Il Presidente francese, Nicolas Sarokozy, e i dirigenti di 43 paesi hanno lanciato ufficialmente, oggi, 13 luglio 2008, al Grand Palais di Parigi, l’Unione per il Mediterraneo (Upm). E’ una vittoria da attribuire, indiscutibilmente, al Presidente francese, ora anche Presidente dell’Ue, ma è anche una conquista di tanti che sperano nella pace e nello sviluppo del Bacino del Mediterraneo. Prima fra tutti “Stampa, Scuola e Vita”.

Upm
L'Unione per il Mediterraneo (Upm) è formata da 43 stati: i 27 dell'Ue, Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Mauritania, Sira, Tunisia, Turchia, Albania, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Monaco più l'Autorità palestinese. Assente annunciato, il leader libico Muammar Gheddafi, contrario, forse giustamente, all'iniziativa. All'incontro con Sarkozy è risultato assente giustificato il Re del Marocco Mohammed VI, rappresentato dal fratello.


I risvolti di una grande conquista francese in Italia
Abbiamo già avuto occasione di dire che l’Italia, sulla questione mediterranea, è in ritardo sia a destra sia a sinistra. Il Mediterraneo è sempre stato trattato come oggetto del desiderio (la sinistra appoggia i palestinesi, la destra si defila; la destra appoggia gli israeliani, la sinistra si defila; la destra appoggia il Marocco, la sinistra la Libia; la sinistra appoggia l’Egitto, la destra il Libano). Tutto ciò è un riassunto che non corrisponde alla realtà, ma serve solo per confutare l’esistenza di una univoca politica estera italiana per il Mediterraneo, al di fuori delle begere differenze ideologiche. Sarkozy ha fatto bene. Via le ideologie, passiamo ai fatti.
D’Alema e Frattini
D’Alema e Frattini, i due ultimi Ministri degli Esteri, non fanno altro che rincorrersi nell’insipienza di una ricerza senza sbocco di una sana politica verso il Mediterraneo. Il primo con il suo Red ha sempre avuto un occhio di riguardo per il mondo arabo, senza mai scendere a patti. D’Alema non ha mai saputo disegnare una politica per il Mediterraneo completa e fuori da certe influenze. Frattini, una delusione. Il suo antiamericanismo è evidente e viscerale, oppure si tratta di uno studio non approfondito sulla politica estera americana. Prendiamo la sua intervista rilasciata ieri 12 luglio al Secolo XIX. La domanda era: “Quando parla di modelli precotti allude anche al proposito degli Usa di esportare la democrazia in Iraq”? Risposta: «Più che riferendosi all’Iraq, è osservando quanto accaduto in Palestina o nel Parlamento egiziano che gli Stati Uniti hanno potuto verificare che se si tenta di esportare un modello occidentale, all’europea, si possono avere risultati opposti a quelli attesi. Si diceva: elezioni, elezioni, libere elezioni. Ebbene, in Palestina ha vinto Hamas, che è una organizzazione terroristica, mentre in Egitto la “Fratellanza Musulmana” è risultata la vera vincitrice. Non è esattamente ciò che gli Usa e l’Occidente si aspettavano». Sembra quasi che l’Occidente voglia contemporaneamente indire le elezioni e far vincere chi vuole. Questa risposta, con qualche refuso, pubblicata dal giornale di Genova, è indice di una impreparazione del nostro Ministro. Proviamo a cambiare qualche parola e vedere se il discorso torna. “Elezioni, elezioni, libere elezioni”. Ebbene in Italia nel 1946 il referendum fu vinto dalla Monarchia (e gli Stati Uniti non intervennero). “Ebbene in Italia vinse la Dc, ma nel ’48 ci poteva essere il passaggio del nostro paese all’Urss (e gli Stati Uniti non intervennero). Se in Italia avessero vinto i comunisti, forse, gli Usa non sarebbero intervenuti. “Fratellanza comunista” in Italia poteva vincere le elezioni e, forse, tutto sarebbe rimasto intatto: il volere del popolo innanzitutto, anche se il popolo sbaglia. La storia ha una sua arma contro la quale nessuno può combattere: il tempo.

Salviamo Mikhail Yuhanna. Tarek Aziz

Salviamo Mikhail Yuhanna
di Roberto Maurizio


L'arcangelo Michele vola su Bagdad
Basterebbero solo il nome e il cognome per mobilitare tutti i cristiani per la salvezza di Mikhail (l’arcangelo Michele) e Yuhanna (che suona indiscutibilmente come Giovanni, come Giovanni Paolo II). Mikhail Yuhanna è di fede cattolica caldea. Invece, la mobilitazione arriva da “Nessuno tocchi Caino” (come se Mikhail fosse un assassino), dal Satyagrha radicale che si rifà alle tradizioni indiane. Ma dove sono i cristiani? Dov’è la cattolicissima Ingrid Betancourt, dove sono i Casini, i Mastella, gli Andreotti, i Prodi, gli Scalfaro, le Binetti, i Rutelli e le Bindi (i sinistri), dove sono i Berlusconi, i Fini, i Bondi e i Dc d’hoc (i destri), dov’è Bossi (con un piede sinistro e uno destro)?

Tareq, Tariq, Tarak, Tarek


Non è ancora dato di apprendere quale sia il nome giusto di Aziz, che viene storpiato in Tarak, Tariq, Tareq, Tarak, Tarek. E' certo che il nome storpiato in occidente sia lo pseudonimo di Mikhail Yuhanna (in arabo: طارق عزيز, in siriaco: ܜܪܩ ܥܙܝܙ) (Tel Keppe, 1936). Ufficialmente Aziz è stato Ministro degli Affari Esteri (1983-1991) e Vice-Primo Ministro (1979-2003) dell’Iraq sotto il Governo dittatoriale di Saddam Hussein di cui Aziz è stato anche consigliere per molti anni. Pur essendo Saddam, sia Primo Ministro sia Presidente dell’Iraq, Aziz spesso ricoprì il ruolo di Capo di Governo del facto. Aziz rappresentava Saddam nei summit internazionali.


Prigioniero a Camp Crooper


Uno tra gli uomini più ricercati dalla coalizione durante l’invazione dell’iraq, Aziz raggiunse il 25° posto tra i più pericoli per scendere successivamente al 43°. Si arrese il 24 aprile 2003 ed è stato deportato nella prigione di Camp Crooper, vicino a Baghdad, dove attualmente si troverebbe in attesa della condanna a morte.


I crimini commessi
Yuhanna è accusato dell'esecuzione di 40 commercianti colpevoli di aver speculato sui prezzi ai tempi dell'embargo durante il governo di Saddam.



L’Appello di “Stampa, Scuola e Vita”

Salviamo Mikhail Yuhanna




Appello alle autorità irachene e a tutti i cattolici del mondo affinché sia evitato il ricorso alla pena di morte nei confronti di Mikhail Yuhanna.
Al Presidente iracheno Jalal Talabani
Al Primo Ministro iracheno Nuri al-Maliki
Al Ministro della Giustizia iracheno Hashim al-Shibli
Al Presidente del Parlamento iracheno Hajim al-Hassani
Ai politici italiani cattolici (o quasi): Berlusconi, Prodi, Bindi, Casini, etc.
A Ingrid Betancourt

L’ex Vice Premier e già Ministro degli Esteri, Mikahil Yuhanna, si trova da cinque anni custodito nella base militare Usa a Baghdad in attesa che si concluda il processo a suo carico. “Stampa, Scuola e Vita”, convinta che la giustizia faccia il suo corso, chiede che il processo nei confronti di Mikhail Yuhanna sia condotto nel pieno rispetto di tutte le garanzie internazionalmente riconosciute, affinché il processo sia giusto e imparziale. “Stampa, Scuola e Vita” chiede a Ingrid Betancourt di rivolgere un appello personale per la liberazione di Mikhail Yuhanna.

Fermamente convinti
Fermamente convinti, noi di “Stampa, Scuola e Vita”, che la Betancourt si farà soltanto i suoi affari e che tutti i politici cattolici italiani se ne fregheranno, come da tradizione, chiediamo a tutti i cittadini italiani responsabili e indipendenti, di mandare un segnale per fermare l’esecuzione capitale che fra pochi giorni colpirà Mikhail Yuhanna.

Sarkozy e l'Unione per il Mediterraneo

Parigi val bene una "massa"
di Roberto Maurizio

Dal Marocco al Baltico
44 Capi di Stato e di Governo saranno oggi, 13 luglio 2008, 195° giorno dell’anno Gregoriano a 170 giorni dalla fine di quest’anno bisestile, vigilia della festa nazionale francese e delle sue Dipedenze, dell’Iraq e dell’indipendenza del Kiribati, al cospetto del Presidente francese Sarkozy per lanciare, insieme, l’Unione per il Mediterraneo (Upm), un progetto ambizioso che prevede di unificare l’Europa con tutti i paesi della sponda sud del Mediterraneo. Dal Marocco al Baltico.


Un nuovo Dialogo Euro-Mediterraneo
E’ l’uovo di Colombo, quello di Sarkozy, che non è venuto in mente agli italiani. La nostra politica estera, sia di destra sia di sinistra, ha avuto gli occhi bendati, ha continuato a percorrere la strada del provincialismo, delle lotte tra i due schieramenti senza senso: comunista, conflitto di interessi, cooperative rosse, magistratura, girotondi e tasse. Mentre i due Poli si beccavano come due polli, ecco che la “lince” Sarkozy riesce a mettere a segno, proprio durante la sua presidenza europea, un risultato che potrebbe segnare una tappa fondamentale nella storia del Mediterraneo: rifondare il Dialogo Euro-Mediterraneo sulla base di una governance condivisa: non è più l’Europa che aiuta il Sud, ma ci sarà nel progetto Upm di Sarkozy la co-decisione, il co-investimento, il co-sviluppo, la corresponsabilità.

59 contro 69
Mentre in Italia si mangia “pane e cicoria” e nelle piazze si parla di gossip “ministeriali”, in Francia si leggono le statistiche: l’area Mediterranea nel 2006 ha accolto investimenti stranieri per 59 miliardi di dollari, contro i 69 miliardi della Cina, ed ha visto aumentare il suo Pil a ritmi frenetici. Renault, Nissan, imprese tedesche, cinesi, indiane, sono solo alcuni esempi di aziende sempre più interessate a spostare i centri di produzione nella sponda Sud del Mediterraneo.



La Grande Unione
Sarkozy sta cercando fondi per far partire grandi progetti, degni di una Grande Unione: unire tutti i porti delle due sponde, ripulire il Mediterraneo entro 2020, creare una protezione civile che intervenga da Venezia a Gibilterra e coprire di pannelli solari i deserti del Maghreb. Sarkozy ha puntato in alto, e dietro di lui l'Unione europea e tutti i leader come la tedesca Angela Merkel che non volevano essere tagliati fuori dal progetto faraonico.


Una vittoria anche politica

Sarkozy e Mubarak

Oltre all’economia, che è la premessa della pace, il Presidente francese vuole dare un nuovo impulso alla politica: far sedere allo stesso tavolo leader di paesi che si combattono da tempo. Sarkozy si è accreditato come mediatore per il Medio Oriente (soppiantando Tony Blair), riuscendo a portare attorno allo stesso tavolo Siria, Algeria, Libano, Autorità nazionale palestinese e Israele. Sarkozy ha infatti preparato tutto affinché il 13 luglio non si celebri solo la nascita della nuova Unione, ma anche la prova generale della riconciliazione in Medio Oriente: il premier israeliano Ehud Olmert siederà accanto al collega palestinese Abu Mazen, e anche il presidente siriano Bashar al-Assad tornerà per la prima volta ad avere un posto al tavolo della diplomazia internazionale, dopo l'assassinio dell'ex premier libanese Rafic Hariri e i sospetti mai chiariti di un coinvolgimento diretto della Siria. E per essere sicuro che tutto vada per il verso giusto, e che il conflitto arabo-israeliano non torni a mettersi di traverso nelle aspirazioni all'unità dell'area Euro-Mediterranea, il Presidente francese ha avviato fin da oggi gli incontri bilaterali con Olmert e Abu Mazen, e poi con Assad, il presidente libanese Michael Sleiman e l'emiro del Qatar. Se per il ruolo da mediatore nello scacchiere mediorientale Sarkozy è appena agli inizi, ha invece già tutte le carte in regola per vantarsi di aver riformato completamente una delle politiche europee in un anno soltanto.


Rancori duri a morire

Sarkozy e Bashar al-Assad

Da indiscrezioni, sembra, che i leader che si siederanno allo stesso tavolo non vogliano farsi fotografare insieme e che qualche soldato francese, durante la parata del 14 luglio, girerà la testa dall’altra parte per non salutare qualche leader arabo indigesto.

11 luglio 2008

Il subcontinente rosso: l'America Latina

America Latina. Il rosso e il nero
di Roberto Maurizio




Red, red, red
Negli anni cinquanta, sessanta, settanta, ottanta e novanta, gli Stati Uniti erano accusati di essere gli imperialisti senza cuore, quelli che facevano dominare i dittatori fascisti in America Latina. Negli anni del primo decennio del 2000, tutti i paesi latinoamericani, ad eccezione della Colombia, sono governati dalla sinistra. Allora, com’è che quei porci yankee adesso consentono un subcontinente latino americano rosso?


Manca solo la Colombia all’appello

La statua di Cristoforo Colombo "impiccata" dai venezuelani

"Le campane stanno suonando, e non a lutto, bensì per la nascita di una nuova America Latina: io credo che è arrivata l'ora che la Colombia si sieda per parlare, non di guerra o di morte, ma di vita e di pace", ha detto Chavez. Caduto l’ultimo “destrorso” della Colombia, finalmente avremo un subcontinente completamente rosso. Red, lo stesso colore della barca di D’Alema.

10 luglio 2008

Sodoma, Gomorra e il Diavolo

A Natale gli Esami di Stato
di Roberto Maurizio


Nelle fauci di Satana
Poche parole per i risultati degli ultimi esami di Stato. Wikio continua a prendere in considerazione gli esamidi maturità,che non esistono più: si chiamano Esami di Stato. Wikio, che professionalità! Come previsto da questo blog, si grida ancora allo scandalo: tutti promossi. E' come se Grillo e Di Pietro continuassero a dire per l'eternita che non è vero che "tout va trés bien, Madame la Marquise". Invece, va "tout trés bien", ad eccezione della scuola italiana che ha bisogno di buttare fuori gli incompetenti, soprattutto i giustizialisti, quelli che si sono nutriti di ideologia alle falde della Maiella. Una scuola nuova, una scuola vera, senza Sodoma (la Presidente, o Presidentessa per le quote rose, di italiano), Gomorra (italiano) e il Diavolo (diritto). Quest'ultima figura rappresenta il massimo della malvagità: finirai nelle fauci di Satana.


Il mondo gira e gira il Sole


I nomi e i cognomi saranno resi noti al più presto, come saranno resi noti i comportamenti di certi alunni, coperti dai genitori, che subiranno un bella "lezione" di "educazione" a Natale. Un Esame di Stato diverso, ma con la stessa intensità delle porcate che essi hanno prodotto. Questi imbecilli, credono di trasformare l'immondizia italiana, quella di Napoli, in una "monnezza" spagnola, una realtà "effimira" simile a quella di Sodoma e Gomorra, dove vengono ammazzate le nostre alunne. Ma il mondo gira. Bisogna saper attendere. Quando i genitori scopriranno (una dote completamente fuori dalla loro portata) cosa vogliono i figli, sarà troppo tardi.

9 luglio 2008

Esami di Stato 2007-2008. La sbornia

La sbornia degli Esami di Stato
di Roberto Maurizio





La ceralacca
Una tappa “fondamentale” della vita, per chi ha l’occasione di attraversarla, è l'Esame di Stato. Traumatica e bella, come la nascita, la vita e la morte. E' un'esperienza irripetibile, con una "Commissione di insegnanti" composta da chi ti vuole crocifiggere e chi ti dovrebbe "proteggere" (rispettivamente, esterni e interni). Una candela ti accoglie all'inizio della tua vita, un'altra ti accompagna alla fine, e ancora un'altra "squaglia la ceralacca sul pacco" dove vengono conservate tutte le "prove" (intese sia come documenti giuridici di testimonianza, sia come compiti svolti durante le tre tornate e sia come oggettiva sofferenza). Alla fine di questo “infernale” passaggio, rimane nella mente degli alunni e degli insegnanti solo la memoria di una sbornia passata in giudicato. Ma, restano gli interrogativi: è veramente necessaria una "prova" così “massacrante” che nulla dà e nulla aggiunge?



Il Parco della Rimembranza



Sono arrivati al capolinea gli Esami di Stato 2007-2008 e le cifre saranno commentate dalla “stampa specializzata” come un successo della promozione generalizzata al 99%, dimenticando il “parco dei caduti”. Su 100 iscritti al primo superiore arrivano al diploma solo il 30% di essi. E’ il 99% del 30% che saranno promossi. Che successo! Un’impresa privata, davanti a questo disastro dovrebbe dichiarare fallimento. Invece “la stampa specializzata” parla di 99% di promossi. In un’impresa privata sarebbero stati licenziati (nel vero senso della parola, cioè buttati fuori a calci) tutti i responsabili di questo infausto risultato. Invece, ci si scandalizza per i buoni risultati falsati dalla base di calcolo errata. Quindi si grida allo scandalo! Tutti promossi! Il vero scandalo è aver perso il 70% della popolazione giovanile costretta ad abbandonare gli studi, La colpa è degli insegnanti, delle professoresse o dei professoressi, delle loro frustrazioni, delle loro sofferenze pubbliche o private.


La psichiatria agli Esami di Stato


Il professore (20%) e la professoressa (80%) sono chiamati a giudicare durante gli Esami di Stato la “maturità” degli alunni (40%) e delle alunne (60%). Questi individui, nominati dal Csa (una volta si chiamava Provveditorato, adesso ha cambiato nome rimanendo esattamente come era prima) diventano giudici. Immolano la loro vita inutile al ristabilimento della giustizia nel mondo, anzi nell’universo, anzi nell'anzi. Ma si può mettere in mano un processo alla mafia a un giudice colluso con la mafia? Che cos’è la mafia negli esami di Stato: l’imbecillità e l frustrazioni che le insegnanti (soprattutto) si portano nel loro “bagagliaio” culturale.


La notte prima degli esami
La notte per chi ha colpe incoffessate fa paura. Di Pietro dorme tranquillo. Gli italiani dei valori sono casti e puri: nessuno mai scaglierà contro di loro la prima pietra. Di Pietro ha scavalcato anche Gesù Cristo. Come marziani, ecco che scendono dall’alto dei cieli, i professori dipietrani purificati, quelli che faranno vedere i sorci verdi ai farabutti, quelli che non ti permetteranno di copiare, quelli la cui morale è più alta del Sole, quelli che ti riducono ad un incubo la notte prima. Dategli un Esame di Stato e solleveranno il mondo!


A che pro? Why? Pecchè?
La giustizia in terra prende le sembianze di un povero professore di Economia Aziendale che sfodera la sua spada e la alza insieme a quella di una professoressa di Geografia, secondo la quale la capitale del Canada è Ovaia, che il Darfour si trova all’Anagnina e che l’Eire confina con il Congo . Povero Fantozzi: a che pro tutto ciò? Why, pecchè?


Nomi e Cognomi
Faremo nomi e cognomi di questa gentaglia che distrugge la scuola italiana, già a pezzi per conto suo. Occorre rinnovare il corpo docente. Basta con il ’68, il ’78, l’88, il 98, il 2008! La scuola ha bisogno di dinamismo, di produttività. La scuola vuole avere un nome e un cognome: cultura, il nome e professionalità il cognome.

7 luglio 2008

Ilaria Alpi

Da Ingrid a Ilaria
di Roberto Maurizio


Un microfono da 90 mila lire, al massimo, un vestito da 40, riprese televisive da 100. Questa la struttura portante di una giornalista di assalto che doveva sconfiggere miliardi di dollari di loschi affari!



La Cooperazione è marcia, marciamo contro la Cooperazione
Finita nell'ignominia l'epopea della franco-colombiana, Ingrid Betancourt, "Stampa, Scuola e Vita" vuole dedicarsi ad un fatto più vicino agli interessi degli italiani, sempre più distratti e sempre più attenti alla terza settimana. Alpi, che non è una catena montuosa che una volta veniva declinata nella scuola postfascista, postguerra civile, post partigiana con "ECONLEGRASITIRAGIU" (non è questa la giusta "dizione" che veniva insegnata nelle quinte elementati del 1957, chiediamo ai lettori un aiuto), era una giornalista, del Tg3 sbattuta in Somalia con il compito di scoprire le malefatte della Cooperazione italiana allo sviluppo. Un processo indiziario a tavolino. Vai e uccidi la Cooperazione. La Cooperazione è marcia, marciamo contro la Cooperazione! Il giro di affari si aggirava intorno alle centinaia di miliardi di dollari. Io ti do, tutto compreso, due milioni di lire al mese, tutto compreso, trovami i colpevoli. Ma, senza soldi non si fanno le nozze. Ilaria, infatti, senza soldi, senza riferimenti, senza nulla, ha solo potuto offrire il suo corpo al massacro. Quello che doveva fare l'ha fatto! Ha infangato la Cooperazione, ha ridotto gli aiuti italiani allo sviluppo ai minimi termini, ha fatto regredire il nostro paese ai posti più bassi della "classifica" del Dac. Le Alpi fiutano il vento. Prima era la Cooperazione corrotta, poi il traffico illecito di armi, ora, finalmente, sembra essere la "monnezza"! Le Alpi, una volta immobili, ora si muovono là dove tira il vento. La puzza della spazzatura di Napoli arriva a Mogadiscio. All'epoca, 1994, o giù di lì, era Bertolaso il grande esperto della Cooperazione italiana che si occupava, con grande professionalità, di emergenza nei paesi in via di sviluppo.

Ilaria, trovare i colpevoli in Italia
Come si fa mandare una giovane giornalista in Somalia con un compito assegnato da fare a casa, senza averle mai dato nessuna informazione in merito? Ilaria non si era mai occupata di Cooperazione allo sviluppo, non era mai stata contattata dai giornalisti che all'epoca collaboravano con la Banca Mondiale, con il Ministero degli Esteri italiano e con la Cee. Ilaria si è improvvisata giornalista della Cooperazione, ha indossato i panni dell'inviata vestita di bianco candore contro gli squali dell'Oceano Indiano, voleva battere le iene senza soldi, senza attrezzature, senza progetti. Sulla scena teatrale dell'epoca, le hanno fatto assumere la figura di una martire votata alla distruzione della Cooperazione Italiana. I mandanti, sentitamente ringraziano.

Basta con la Betancourt

La "pièce". Pirandello, Silvio Pellico e Tirofijo si rivoltano nelle tombe!
di Roberto Maurizio



Un fermaglio tra i capelli


0,7%, l'aiuto allo sviluppo delle tasche sudamericane
Questa è l'ultima volta che questo blog si occuperà della Betancourt. La delusione sulle modalità della sua liberazione è stata troppo forte. A novembre 2008, come da calendario di "Stampa, Scuola e Vita", non si parlerà più della Betancourt. Non si sa ancora se Uribe, l'ultimo destro in un subcontinente di sinistra, sia stato il "deus ex machina" della liberazione della "prigioniera con i capelli avvolti da un pettine ultima moda", oppure se il blitz sia stato frutto di un consistente riscatto, 20 milioni di dollari. Quello che è certo che, la più famosa prigioniera del mondo negli ultimi 6 anni si appresta a scrivere una "pièce" teatrale delle "sue prigioni". Povero Silvio Pellico! O tempora o mores! Il testo teatrale della "prigoniera dal pettine ultima moda" avrà un sicuro successo di incassi che coprirà lo 0,7% dei costi di produzione: 20 milioni di dollari. Si sono già prenotati i sindacati dei bagnini di Gabicce Mare e tutte le Feste dell'Unità dei prossimi cento anni.

5 luglio 2008

Betancourt. 2321, la smorfia

www betancourt punto info
di Roberto Maurizio

Pino La Lavatrice



Equamente distribuito
Betancourt punto info è il sito aristocratico che ha gestito la "prigionia" di Ingrid Betancourt. Mi ero sempre chiesto perché mai questi snob non citavano mai "Stampa, Scuola e Vita" . Adesso lo so. Perché non gliene fregava niente. Aspettavano, forse, solo la liberazione della Betancourt, ad alto livello. Forse con qualche dollaro in più, equamente distribuito. Il sito della "liberazione di Betancourt" si è fermato a 2321 giorni di prigionia. Adesso che la signora Betancourt è finalmente libera. E finalmente saranno disoccupati i 2321 addetti ai lavori.

2321
2321 è il numero che farà guadagare 20 milioni si dollari a chi lo gioca sulla ruota di Napoli. Nella Cabala si vince una volta sola. Anche Chavez, Uribe, Sarkozy, Chierici e Minà hanno scommesso sulla testa della Betancourt. Quelli che escono vincitori da questo losco affare sono le Farc. Tanti milioni di dollari per proseguire il loro core business: droga, rapimenti, lotta contro l'imperialismo, contro la fame nel mondo, contro il riscaldamento del pianeta.

Dimmi cosa devo fare e io lo faccio (Pino La Lavatrice)


Dopo 2321 giorni, quello che più ti fa incazzare è che durante questi sei anni e più, qualcuno ha giocato con i sentimenti di milioni per persone nel mondo. Una Betancourt, appena liberata, tutta pimpante, dopo aver subito la prigionia settanta volte sette più oscena di quella dei sequestrati del Gernagentu o dell'Aspromonte (a questi martiri deve andare tutta la solidarietà del mondo civile), compare come nulla fosse mai accaduto, con un fermaglio con le lame lunghe 7 centimetri tra i capelli. appena lavati e shampati, e, soprattutto, in sovrappeso. I denti bianchi come se fossero stati sottoposti di recente ad una profonda pulizia dei denti (90 euro). Veramente in forma. Sono molte le donne che vorrebbero essere prigioniere delle Farc per raggiungere queste performances. I coglioni che hanno seguito tutte le fasi del rapimento e della liberazione della Betancourt, sono costretti adesso a dire, come Pino La Lavatrice, "dimmi quello che devo fare e io lo faccio".

4 luglio 2008

Ingrid Betancourt, dio, la vergine e i dollari

La Farcassa: dio, la vergine e i dollari
di Roberto Maurizio
Il capo delle Farc, Manuel Marulanda Velez, Trofijo (colpo sicuro), si rivolta nella tomba
La bufala
Che delusione! Dopo anni di apprensione, dopo il Premio Nobel, dopo la liberazione, il caso Betancourt diventa una farsa, una bufala: 20.000.000 di dollari per corrompere le Farc. Una Farcassanata. Questa Farcassa non solo distrugge le Farc, ma mina l’immagine di Ingrid Betancourt. I soldi sono di provenienza statunitense. Secondo la ricostruzione della radio svizzero-francese, il tramite tra le Farc e gli Usa sarebbe stata la moglie di uno dei guerriglieri che erano di guardia alla Betancourt, che ha accettato il "riscatto". Il sospetto avanzato dall’emittente elvetica è che la versione dell’operazione militare (cioè quella dell'elicottero dell'esercito colombiano) sia servita al Presidente Alvaro Uribe per accrescere il suo consenso in vista delle prossime elezioni nel suo paese. Trofijo è stato tradito dalla potenza del denaro.



Ingrid e Uribe



La potenza dei dollari: altro che Premio Nobel!
Sono solo ipotesi quelle avanzate dalla radio svizzero-francese: Ingrid Betancourt non sarebbe stata liberata con un’abile operazione militare, ma grazie ai 20 milioni di dollari con cui sono stati «comprati» alcuni dirigenti delle Farc. Parigi farebbe meglio a tacere.

3 luglio 2008

Ingrid: "Ringrazio Dio, la Vergine e l'esercito colombiano"

Ringrazio Dio e la Vergine
di Roberto Maurizio



"Ringrazio innanzitutto Dio e la Vergine e tutti coloro che hanno avuto compassione e pietà di noi ostaggi. Ho tanto immaginato quando avrei potuto riabbracciare mia madre. Potevamo soltanto sperare in voi, colombiani. Grazie a tutti voi che nel mondo ci avete accompagnati e che ci avete mantenuti vivi perché sei sempre vivo se il mondo non ti dimentica". Queste le prime parole pronunciate da Ingrid al suo rilascio.


"Grazie all'esercito, per questa operazione impeccabile, veramente perfetta. Oggi quando mi sono svegliata alle 4 del mattino ho preso il diario e mi sono raccomandat a Dio sperando che sarebbe arrivato presto questo giorno di liberazione. Quanto devo a tutti voi.... Presto riabbraccerò i miei figli. Stamattina alle 5 pensavo a mia madre". Nessun commento può accompagnare le belle parole pronunciate da Ingrid.

2 luglio 2008

Ingrid 2321

La fine di un incubo
di Roberto Maurizio
Abbiamo fermato l'orologio alle 23.59 di oggi, 2 luglio 2008. Finalmente, Ingrid è stata liberata. Le modalità per la sua liberazione, poco importano a questo blog, che ha seguito con "sofferenza" le sofferenze di Ingrid. Duemilatrecentoventuno giorni hanno segnato la vita di Ingrid. Oggi gli applausi, le riconoscenze, le richieste di premi, Sarkozy con i figli della Bentancourt. Il mondo è in festa quando dovrebbe pentirsi dell'impotenza che ha dimostrato per duemilatrecentoventuno giorni.

Ingrid Betancourt: colpevole di innocenza

E adesso, gli avvoltoi
di Roberto Maurizio
Gli Avvoltoi

Sulla liberazione di Ingrid Betancourt cadranno dal cielo in picchiata gli avvoltoi. Prima fra tutti, Chavez, seguito da Sarkozy, poi Riotta, Chierici, l'Unità (che utilizzerà l'avvenimento a Gabicce Mare). L'unico che si saprà distinguere, credo, sarà il Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che invierà il seguente messaggio d'auguri a Ingrid.

Cara Ingrid

La tua liberazione dalle mani insanguinate delle Farc è un momento importante per l'America Latina. Con te si libera un intero subcontinente confuso che deve rispondere alla sfida della sua sopravvivenza. Basta con le ideologie malsane. America Latina risorgi! Hai ha disposizione le capacità e la volontà di trovare un giusto equilibrio tra crescita e sviluppo umano.