26 marzo 2009

Da Piazza Diana a Viale Nuvoletta

Caserta, Piazza Giuseppe Diana incrocio Viale Salvatore Nuvoletta
di Roberto Maurizio

E’ difficile parlare, in Italia e altrove, di Mafia, di Camorra, di Sacra Corona Unita, di N’Drangheta. Ci sono tre modi per affrontare l’argomento. Il primo è mettersi contro, con relativa missiva di risposta dall’alto “hai finito di vivere”; il secondo è seguire l’andazzo ed essere “a la page”, e non richiede molti sforzi, se non abolire l’intelligenza, se ce l’hai; il terzo, quello più seguito dagli italiani, dagli Italiebani e dagli Italioti, è quello delle tre “scimmiette”, non sento, non vedo, non parlo.

Le scimmiette


Non vedo, non sento, non parlo (la quarta è fuori programma)

E’ proprio l’ultima chance delle scimmiette, non parlo, che contraddistingue gli uomini e donne di “onore” italiani. Non parlo, non dico quello che penso perché sono gli altri a farmi pensare e “riflettere”. Riflettere dove, come, quando e perché? Nel vuoto totale delle ideologie comuniste e fasciste dell’altro secolo? Questi personaggi sono simili, ma molto più pericolosi, degli scugnizzi che in qualche modo sono coinvolti loro malgrado. Questi personaggi ideologizzati, sono più pericolosi di Al Qaeda, in quanto i secondi, in qualche modo possono cambiare opinioni. I Tosco-Umbro-Emiliano-Marchigiani non cambiano idea. Dove, come, quando e perché cambiare se non conviene? La stasi è l'anticamera della morte. Lo status quo porta benefici solo a chi non vuole i cambiamenti. Cambiare nel segno della pace e dello sviluppo economico e sociale di Bassolino, Vendola e compagni di partito? Dove, come, quando e perché cambiare? Nel segno della croce, quella che ti verrà fatta recapitare portata a spalla durante il Venerdì Santo da uno scugnizzo che crede di imbracciare un mitra che lo rende immortale e con il quale sarà seppellito in eterno? Le mafie di tutti i paesi del mondo prosperano là dove c'è divisione politica. Fintanto che in Italia non ci sarà una democrazia compiuta con una maggioranza che governa e un'opposizione che fa il suo mestiere, la mafia continuerà a vivere e prosperare e far tacere i cittadini.

Io parlo


Io parlo”, invece. Questa è la prima persona singolare del verbo scelto da Roberto Saviano che fino a quando sarà protetto da noi, cioè dalla gente comune non subirà nessuna violenza. Non sappiamo ancora se Roberto Saviano sia un eroe o solo uno “strumento diabolico mediatico” del XXI secolo. Quello che sappiamo, indiscutibilmente, è che un prete, Don Giuseppe Diana, e un carabiniere, Salvatore Nuvoletta, dell’altro secolo (il XX) meriterebbero, come i Padri della Patria del XIX, Cavour, Vittorio Emanuele I, Garibaldi, Mazzini, l’intitolazione di una piazza, di una strada, di una scuola o di un’università. La camorra a Caserta e altrove sarà definitivamente debellata solo quando tutta la popolazione sarà convinta di intitolare a questi martiri della criminalità organizzata una via, un punto della città, un simbolo che caccerà per sempre i nemici della legalità.


Il Risorgimento sannita




Sarà come un nuovo “Risorgimento”, dove il 25 maggio i nemici invasori da cacciare non saranno gli austroungarici, ma gli affiliati a tutte le organizzazioni mafiose del Sud. Questo è un po’ la reazione immediata che ha colpito, presumibilmente, la maggior parte degli ascoltatori del “monologo” tenuto il 25 marzo da Roberto Saviano nel corso della trasmissione televisiva “Che tempo fa?” vista e apprezzata da 4 milioni 561 mila telespettatori, con uno share più alto tra i programmi di prima serata, pari al 19,00%.



Che tempo farebbe senza Fazio?





La trasmissione, come sanno gli affecionados di questo blog, non gode la nostra ammirazione, anzi! “Che tempo fa?” è un programma televisivo “ambiguo” che carpisce la buona fede di chi si “accosta” e crede di trovare le previsioni del tempo, che in effetti ci sono, ma solo all’inizio. E’ una trasmissione “esca”, dove il presentatore, Fazio non parente del Governatore, invece di “pescare i pesci grandi” accalappia gli “uomini piccoli, piccoli”, quelli che si divertono con la Littizzetto e le sue volgarità. L’anchorman Fazio non parente del Governatore, con un reddito da operaio comunista di 2 milioni di euro l’anno (secondo Chiambretti), è un accalappiatore di audience e trita nel suo trita uomini di quattro soldi tutti i personaggi destinati agli incenitori, distruggendo le loro anime e le loro coscienze mescolandole al fango e all’immondizia del Bel Paese.



Contro la camorra




Ieri sera, 25 marzo, invece, nel corso di una puntata particolare, ha finalmente ospitato un “vero uomo”: Roberto Saviano, nato a Napoli nel 1979, laureato in Filosofia all'Università degli Studi di Napoli "Federico II". In Italia, Saviano, collabora con “L’espresso” e “la Repubblica”, negli Stati Uniti con il “Washington Post” e il “Time”, in Spagna con “El pais”, in Germania con “Die Zeit” e “Der Spiegel”. Il suo primo libro Gomorra (Mondadori) è un bestseller che ha venduto 1.700.000 copie ed è stato tradotto in 50 paesi. È presente nelle classifiche di best seller in Germania, Olanda, Belgio, Spagna, Francia, Svezia, Finlandia. La letteratura e il reportage sono gli strumenti che Roberto Saviano usa per raccontare la realtà. Dal 13 ottobre 2006, in seguito al successo del romanzo Gomorra, fortemente accusatorio nei con fronti delle attività camorristiche, ha ricevuto numerose minacce da parte della camorra e vive sotto scorta. Attualmente, per motivi di sicurezza, è costretto a cambiare continuamente dimora. Da Gomorra sono stati tratti uno spettacolo teatrale, che è valso a Saviano gli Olimpici del Teatro 2008 come miglior autore di novità italiana, e l’omonimo film candidato al premio Oscar come miglior film straniero e premiato a Cannes nel 2008 con il Gran Prix du Jury.



Il Corriere di Caserta




All’inizio del suo monologo durante la trasmissione “Che tempo fa?” durato circa 40 minuti, Saviano ha criticato i titoli che venivano scelti dal “Corriere di Caserta” per commentare i fatti di cronaca locale durante omicidi e arresti negli anni ’80 e ‘90, ma non si capiva tanto l’accanimento dello scrittore di Napoli contro il direttore e i redattori di un piccolo quotidiano di provincia. Si sa, infatti, che in Italia il 98% dei titoli dei giornali, ancora oggi, non corrisponde mai al contenuto dell’articolo. Nelle redazioni esiste un “titolista”, il più grande dei quali, come è noto, è quello de “il manifesto”, basti ricordare solamente “Il Pastore Tedesco”. Più Saviano approfondiva i fatti e più si capiva che non si trattava della fantasia “titolistica” di un redattore, ma di una vera e propria “volontà politica e camorristica”. L’apice, lo scrittore napoletano, l’ha raggiunto con il commento ad una foto che ritraeva insieme il parroco Don Giuseppe Diana, Don Peppino, e del carabiniere Salvatore Nuvoletta, trucidati disarmati dalla camorra. Qui, Saviano, si è superato ed ha dato il meglio di sé.


Vivere con la scorta



Per Saviano, il silenzio e la diffamazione sono armi terribili in mano alla camorra e l'ordigno adatto per combatterli è quello della parola. Lui stesso si è definito una «operazione mediatica», nata e portata avanti perché si conoscano gli orrori della camorra e si capisca che riguardano tutti. Il suo «sogno» è che la lotta alla criminalità organizzata diventi una vera e propria moda. È quello che «i grandi editori, le televisioni, trovassero un punto comune, anche conveniente. Perché non creare una moda?». È una provocazione, quella dell'autore di Gomorra (che dal 13 ottobre 2006 vive sotto scorta), ma non più di tanto. In un'intervista al Tempo, Carmine Schiavone ha profetizzato che la camorra tenterà di far fuori Saviano quando cadrà nel dimenticatoio.


Colpevoli silenzi



«La cosa più grave che può fare la politica - ha detto lo scrittore - è il silenzio. La cosa più grave che possono fare gli elettori è scegliere il silenzio». Questo «colpevole silenzio» riguarda però anche i giornali. Queste storie di omicidi giornalieri non arrivano quasi mai sulle pagine dei giornali nazionali. Ogni tanto la notizia arriva, quando si sparge molto sangue e ci sono grandi tragedie. Ci sono due o tre persone uccise al giorno e la cronaca nazionale le ignora. Allora, l'invito è a non smettere di parlare, come lui stesso non smette di fare nella sua vita non più privata ma «blindata». Più del racconto di questi ultimi tre anni con i Carabinieri, che definisce come una nuova famiglia, ha detto tanto l'immagine dei militari che lo hanno scortato fuori dallo studio televisivo. “Io - ha detto - esisto ora, poi vado in una stanza e non ho più vita fino al prossimo appuntamento”.

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