14 marzo 2009

Stampa italiana senza vergogna

Stampa italiana senza vergogna
di Roberto Maurizio

I responsabili italiani di "Medici senza frontiere" (Msf), con il patrocinio della Fnsi e in collaborazione dell’Osservatorio di Pavia, hanno presentato, l'11 marzo a Roma, presso la Stampa Estera, l’ultimo Rapporto sulle "Crisi dimenticate dai media italiani nel 2008". Un bellissimo volume, corroborato da dati e foto eccezionali che, però, spalanca una porta aperta e non dà soluzioni a questa vergogna che da anni perseguita i media italiani, avvitati su un provincialismo inspiegabile, nonostante le risorse umani disponibili su tutto il nostro territorio. La colpa di questo pietoso “status di abulia dell'informazione” non va attribuita agli editori e ai direttori, ma ai giornalisti e alla Federazione nazionale della stampa italiana.

I cestini della Fnsi


La Federazione Nazionale della Stampa Italiana ha la faccia come il culo. Nel 1989, 13 novembre venerdì, nacque l’Agsi (Associazione di Giornalisti per lo Sviluppo Internazionale) che aveva tra i suoi obiettivi principali quello di creare in tutte le redazioni delle testate giornalistiche e televisive un “responsabile dello sviluppo”, cioè un giornalista specializzato nella comprensione dei problemi della politica internazionale legata ai paesi emergenti. L’iniziativa venne cestinata, dopo alcuni anni dalla Fnsi, per motivi burocratici (presentazione del bilancio, verifica degli iscritti, e via dicendo). Dopo aver realizzato insieme alla Fnsi alcune conferenze con la Banca mondiale, l’Agsi scompariva dall’elenco delle Associazioni di specializzazione della Federazione. Oggi, tutti piangono sul latte versato: l’Italia è l’ultimo paese al mondo nelle informazioni relative alle aree di crisi di quello che una volta si chiamava Terzo mondo. Lo scandalo vero non è tanto l’accusa di provincialismo evidente avanzata dall’ultimo Rapporto su “Le crisi dimenticate dai Media nel 2008” che l’associazione “Medici senza frontiere” ha condotto in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia, quanto l’atteggiamento della Fnsi, che a trent’anni dalla nascita dell’Agsi fa finta di niente. La colpa della mancanza di notizie sui media italiani delle crisi in Africa, Asia e America Latina, è dei dirigenti del Sindacato dei giornalisti che hanno fatto crepare iniziative concrete togliendo loro l’ossigeno e assoggettandosi ai voleri dei Padroni delle Ferriere (Fieg – Federazione italiana editori di giornali).

Non sempre è Natale

Solo adesso Roberto Natale, Presidente Fnsi si ricorda che “L’aspetto professionale non può piegarsi alle logiche dell’auditel e respingiamo l’ipotesi che questi argomenti non passano nei tg perché non interessano al grande pubblico. Il nostro è un appello ai direttori ed editori delle testate italiane. Contiamo sul loro senso di responsabilità - ha concluso - per dare dignità e visibilità anche a queste grandi crisi umanitarie”. Ma come si fa ad essere così platealmente bugiardi. La colpa è dei giornalisti se le notizie non passano sui nostri giornali e Tv. Agli editori non gliene frega niente, perché sono guidati dalla “mano invisibile” di smithiana rimembranza, quindi se la crisi sanitaria nello Zimbabwe, la catastrofe umanitaria in Somalia, la situazione sanitaria in Myanmar, i civili nella morsa della guerra nel Congo Orientale (Rdc), la malnutrizione infantile, la situazione critica nella regione somala dell’Etiopia, i civili uccisi o in fuga nel Pakistan nordoccidentale, la violenza e la sofferenza in Sudan, i civili iracheni bisognosi di assistenza, gli effetti nei paesi poveri della diffusione della coinfezione Hiv-Tbc, portassero soldi a loro converrebbe. Ai direttori ancor più degli editori gliene può fregar di meno, perché non vengono pagati in base alla percentuale di notizie che vengono pubblicate su queste aree abbandonate da dio e dai media. Quindi, i colpevoli sono i giornalisti e i loro sindacati che non hanno saputo formare una classe di professionisti dello sviluppo che esiste invece in tutti i paesi occidentali. Libertà di stampa non significa libertà di scegliere gli argomenti più convenienti da trattare. La libertà di stampa si raggiunge quando vengono date tutte le notizie staccate dai commenti. Come esistono i giornalisti sportivi, i giornalisti finanziari, i giornalisti della moda, perché non dare un riconoscimento ai giornalisti dello sviluppo? Se in ogni redazione si formasse perlomeno un giornalista dello sviluppo, messo in rete con gli altri suoi colleghi di altre testate, allora anche in Italia si coprirebbero tutti i paesi del mondo in via di sviluppo. Questa tesi dell’Agsi è stata cestinata proprio dalla Fnsi.

Terzo mondo e handicappati


La Fnsi sosteneva che si sarebbe creato una nicchia privilegiata come quella degli handicappati. Così oggi in Italia nessun quotidiano e nessun telegiornale parla con assiduità del Darfur e nessuno affronta i problemi dell’handicap seriamente. Sono problemi violenti che tolgono audience. Ad esempio, oggi sui giornali e sulla Tv parlare di cancro è impossibile. Qui, su “Stampa, Scuola e Vita”, invece, ne abbiamo parlato e, in effetti, l’audience sì è contratto, ma i tre lettori su dieci che sono rimasti hanno ottenuto benefici personali di grandissimo rilievo. E’ difficile parlare di malattie, di morte di bambini, di stupri, di amputazioni, di efferati delitti, ma il compito del giornalista non è quello di edulcorare la realtà quanto raccontarla. Ci sono eccezioni particolarmente valide di testate che seguono professionalmente e quotidianamente le crisi nei paesi poveri: Articolo 21, Mani Tese, Nigrizia, etc. Ma, questi rappresentano una vera e propria nicchia che viene utilizzata solo da chi già è al corrente del problema. No. L’Agsi voleva creare in ogni redazione la figura dello specialista dello sviluppo, imponendolo a tutte le testate.

Il giornalista pitagorico

Dopo trent’anni dalla proposta dell'Agsi, forse, oggi si sarebbe visto un progresso in questo settore vitale della convivenza civile internazionale. Sono molti i giornalisti giovani che vorrebbero seguire questa strada che gli viene preclusa dai sindacati stessi e dagli editori. Molti di questi giornalisti stanno seguendo corsi di arabo, di cinese e di varie lingue africane. Perché non li lasciano lavorare? Perché in Italia un giornalista "vero" deve essere enciclopedico e pitagorico e deve per forza occuparsi di tutto: in primo luogo di calcio e poi, di politica, di storia, di arte, di musica classica, di medicina, di ingegneria, di sociologia, di mafia, di oceanografia, di astronomia, di astrologia. Questo è il prototipo del giornalista trombone che spara al vento le sue cazzate di destra e di sinistra.

Gli sputi della Sala Stampa Estera

Allora, non c’è da meravigliarsi se l’11 marzo, Kostas Moschochoritis, Direttore generale Msf Italia, fa sprofondare il nostro paese tra i più menefreghisti del mondo rispetto alla solidarietà internazionale: la copertura mediatica italiana delle crisi umanitarie del 2008, secondo il Direttore di Medici senza Frontiere, si è abbassata ancora di più rispetto agli anni precedenti. L’accusa è stata rivolta, tra l’altro, presso la Sala Stampa Estera. Una cosa del genere può capitare solo in Italia: un direttore Mfs Italia con un nome greco e una platea formata da giornalisti stranieri riuniti in quella specie di Gotha di sapientoni che sputano sentenze a ogni pie’ sospinto contro il nostro paese, la nostra classe dirigente, la nostra popolazione. Ma una volta i panni sporchi non si lavavano in famiglia? Allora perché è stata scelta la Stampa Estera per la presentazione di un Rapporto che riguardava esclusivamente l'Italia? Non esisteva un altro luogo in Italia per parlare di cose nostre, ad esempio l'elegantissima Salla dell’Ordine dei giornalisti di Milano? No. Facciamoci del male. Raccontiamo agli altri i fatti nostri e facciamoci prendere ancora per il culo. Non sto dicendo di nascondere i dati ai giornalisti stranieri, ma sono dell’avviso che prima di discuterli con gli altri perché la Fnsi non l’ha fatto discutere ai diretti interessati, chiamando tutti i giornalisti, i direttori e gli editori italiani?


Ti senti solo? Non adottare un cane, adotta una crisi


Che cosa si è inventato, invece, la Federazione? Udite, udite: “Adotta una crisi dimenticata”. Ci risiamo. Il sindacato invita le testate giornalistiche e televisive ad adottare un dramma come se fosse un cane abbandonato sull’autostrada o un gatto randagio. Siamo di nuovo alla carità pelosa! Invece, di scegliere la strada di una riforma strutturale del nostro giornalismo, la casta si inventa il palliativo che le permetterà di sopravvivere ancora altri 15 anni tranquillamente. Ma poi? Fra 15 anni, se si continua così, scompariranno giornalisti e giornalai.

I dettagli delle “Top Ten”

Ma entriamo nel vivo del Rapporto. Delle “Top Ten” ne abbiamo già parlato e sono state, nel 2008, la catastrofe umanitaria in Somalia; la situazione sanitaria in Myanmar (ex Birmania); la crisi sanitaria dello Zimbabwe; i civili nella morsa della guerra nell'est della Repubblica democratica del Congo; la malnutrizione infantile; la situazione critica nella regione somala dell'Etiopia; i civili uccisi o in fuga nel Pakistan nord occidentale; la violenza e la sofferenza in Sudan: i civili iracheni bisognosi di assistenza; la co-infezione Hiv-Tbc. In Iraq, afferma Msf nel rapporto, negli ospedali si continua a morire a causa di un sistema sanitario nazionale allo sfascio, non in grado di far fronte al sempre alto numero di decessi e di feriti gravi provocati dalle violenze. Ma anche se l'Iraq è il più “notiziato” delle top ten, con 412 servizi, quest'emergenza compare sui media solo di striscio. La maggior parte delle notizie sono dedicate alla cronaca degli attentati (135) e a quelle che nascono in prospettiva italiana (83) e statunitense (81). Passando al Pakistan, l'intensificarsi degli scontri tra miliziani e esercito nella vasta aerea nord occidentale sta provocando l'esodo di decine di migliaia di persone. Anche in questo caso, rileva l'Osservatorio di Pavia, la crisi è ignorata dai media e le 182 notizie sul Paese riguardano prevalentemente eventi di politica interna come le elezioni politiche, le dimissioni di Musharraf e la morte di Bhutto. Delle 178 notizie dedicate alla Somalia, paese al collasso umanitario per la grave ondata di violenze degli ultimi mesi, 93 coinvolgono nostri connazionali come il rapimento di due volontari italiani della Ong Cins e delle due suore al confine con il Kenya. Una cinquantina hanno interessato inoltre la cronaca degli assalti dei pirati. Delle 135 notizie dedicate a Myanmar, ben 115 hanno riguardato il ciclone Nargis dei maggio che ha causato 130mila vittime. Dopodiché il paese, che è tra quelli con i peggiori indicatori sanitari - Hiv-Aids, malaria e Tbc mietono migliaia di vittime - è scomparso completamente dai notiziari italiani. Sulla piaga della malnutrizione che causa dai 3,5 ai 5 milioni di decessi all'anno fra i bambini di meno di cinque anni, nel 2008 ci sono state solo 110 notizie di cui 49 dedicate al vertice di giugno della Fao tenutosi a Roma. Nei primi mesi dell'anno, la malnutrizione è al centro di 27 notizie dedicate alle proteste sul carovita in Paesi come Haiti, Bangladesh e India. Dopo il summit della Fao, l'emergenza fame ritorna solo con 9 servizi in occasione del G8 in Giappone.

Un anno di fame

E come rileva l'Osservatorio di Pavia, «un anno di fame» conquista 110 notizie contro le 121 conquistate da «un inverno di influenza». Settanta sono i servizi ai Tg sulla Repubblica democratica del Congo, Paese che compare puntualmente ogni anno nella top ten delle crisi più gravi segnalate da Msf. Una crisi su cui si accendono i riflettori solo nell'autunno del 2008 per il netto deteriorarsi della situazione per la ripresa dei combattimenti in Nord Kivu. Riflettori che già si spengono a dicembre. Allo Zimbabwe, altro paese al collasso, i notiziari italiani hanno dedicato un massimo di 58 notizie di cui 31 sulle travagliate elezioni e il contestato ballottaggio di giugno. L'epidemia di colera scoppiata a inizio agosto e che ha provocato almeno 3mila morti è comparsa sulle reti italiane con in tutto 12 notizie e solo a partire da dicembre. Il Sudan, teatro di due emergenze umanitarie, nel Darfur e nel sud del paese, conquista 53 notizie di cui 11 incentrate sulle iniziative di sensibilizzazione come il Global Day per il Darfur. Tra gli altri eventi coperti, le accuse del presidente Bashir di genocidio e crimini di guerra e gli scontri tra esercito e ribelli. All'emergenza tubercolosi che ogni anno uccide 1,7 milioni di persone nel mondo, i tg dedicano solo 5 notizie nel 2008. Va meglio per l'Aids che grazie a iniziative come la raccolta fondi e la Giornata mondiale contro l'Aids ne ottiene 34.

Carla Bruni batte l’Etiopia

In ultimo l'Etiopia, dove Msf denuncia una catrastrofe umanitaria in corso nella regione somala, ottiene solo sei notizie sui Tg e quasi tutte proprio grazie alla campagna di Msf sull'allarme carestia. «Un'aberrazione se si tiene conto che Carla Bruni ha fatto 208 notizie», ha sottolineato Mirella Marchese, dell'Osservatorio di Pavia, sottolineando che una serie di ricerche attestano ormai inconfutabilmente che «una maggiore attenzione mediatiche sulle crisi si traduce in un conseguente aumento degli aiuti umanitari.

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