ERASMUS, PERUGIA E LA MARCIA PER LA PACE
Perché Meredith?
“Stampa, Scuola e Vita”, non foss’altro per il nome che porta, dovrebbe essere il luogo deputato a seguire gli avvenimenti drammatici di Perugia. Erasmus e l’Università statale del capoluogo umbro, a due passi da Assisi, fanno parte della “Scuola”; i giornali e i media in generale che hanno commentato fanno capo alla “Stampa”, e “Vita” è qualcosa che manca alla povera Meredith Kircher. In un primo intervento su questo blog, ho cercato di attrarre l’attenzione di Andreotti. Il Presidente, elogiando giustamente il Progetto Erasmus in una sua intervista pubblicata su questo blog, aveva legato a doppio filo il futuro di Erasmus all’avvenire di tutti i giovani italiani ed europei. Chiedevo, quindi, al Senatore di “vigilare” sulla vicenda proprio per il buon nome del Progetto europeo e per il futuro dei giovani. Nello stesso “articolo”, inoltre, facevo intravvedere una certa “responsabilità morale” di Erasmus che, a sua volta, avrebbe dovuto “vigilare” sugli studenti che, alla fine dei conti, sono vincitori di una borsa di studio il cui costo ricade sull’intera comunità, cioè su tutti i contribuenti.
Culpa in vigilando
Poniamo che lo stesso evento tragico, quello della studentessa inglese che voleva imparare l'italiano, si fosse verificato in un istituto superiore statale o privato italiano. I genitori della ragazza non avrebbero chiesto perlomeno informazioni al Preside? E’ vero che negli istituti superiori gli alunni sono minorenni e quindi esiste la “culpa in vigilando” che si trasferisce sulla scuola. Ma molti alunni dell’ultimo anno, in Italia, sono maggiorenni, per cui qualche genitore, se fosse accaduta la stessa “disgrazia”, avrebbe potuto chiedere “ma tu, scuola, non hai fatto niente”? “non sapevi nulla di quanto stava succedendo”? Per quel che ho potuto raccogliere su Internet, ho trovato solo la seguente presa di posizione da parte dell’Università Statale di Perugia .
L’Università Statale: massimo sostegno agli studenti
“L’intero Corpo Accademico dell’Università degli Studi di Perugia e il Personale tutto esprimono il più profondo cordoglio per la tragica scomparsa di Meredith Kercher, la studentessa inglese giunta presso l’Ateneo di Perugia nell’ambito del programma di mobilità Erasmus. L’efferata violenza di cui la giovane è stata vittima colpisce nel profondo la Comunità Universitaria perugina, che segue con la massima attenzione lo sviluppo delle indagini dell’Autorità giudiziaria, volte ad assicurare alla giustizia i colpevoli di tale, feroce delitto.Per affrontare le conseguenze emotive di questo evento, lo Studium desidera offrire il proprio sostegno a tutti gli studenti Erasmus che dovessero sentirsi nel disagio in questo momento di difficile contingenza: massimo sarà il sostegno, per quanto possibile, al fine di agevolare ai giovani ospiti il prosieguo dell’esperienza di studio a Perugia, affinché l’onda della paura – inevitabile in simili episodi – non giunga ad impedire loro il compimento di questa rilevante esperienza formativa, anche alla luce dei solidi rapporti di collaborazione dell’Ateneo con le Università inglesi”.
Non docenti, una “classe” dimenticata
Da sottolineare un passaggio: … e il Personale tutto. Una bellissima espressione nella quale si sente il coinvolgimento convinto, non solo formale, dei bidelli (che non si chiamano più così) e della segreteria didattica e di quella amministrativa, di cui nessuno parla, ma su cui si poggia l’intera Università e tutta la scuola italiana.
Da Perugia a Liegi
Sofia Fanfani
Dopo la tragica scomparsa di Meredith, Erasmus è stato colpito da un altro lutto: a Liegi, il 6 dicembre 2007 è morta Sofia Fanfani, 20 anni, di San Casciano in Val di Pesa (Firenze), che aveva ottenuto una borsa di studio all’università per stranieri di Siena, e il suo compagno, Aldo Pullara, musicista di Agrigento, 22 anni. La causa dei decessi: esalazione di monossido di carbonio emesso da una stufa difettosa. Uno più uno non fa sempre due. Prima Meredith poi Sofia, per la proprietà transitiva, non significa che Erasmus sia in qualche modo responsabile. Sarebbe falso e bugiardo affermare questo. Però, il Rettore dell’Università per Stranieri di Siena, Massimo Vedovelli, immediatamente dopo la notizia della scomparsa della giovane studentessa toscana, ha stilato un comunicato nel quale si legge: “Tutto quello che facciamo per loro, per garantire che il più bel periodo della loro vita si svolga nelle migliori condizioni possibili, viene vanificato da vicende drammatiche e che ci lasciano impotenti e atterriti”. In un’intervista rilasciata, successivamente, ad un’emittente televisiva, il Rettore ha lanciato un appello a tutti gli studenti Erasmus: “Quando vi trovate in difficoltà, non esitate a chiederci aiuto: siamo noi comunque il vostro punto di riferimento. Evidentemente i due ragazzi morti non vivevano in un appartamento totalmente sicuro”.
Chi semina vento raccoglie tempesta?
Se Erasmus è da salvare, tornando a Perugia, il comportamento dei giovani studenti (18-30 anni) in generale è del tutto limpido e cristallino? In che misura rientra come giustificazione “apparente” nell’uccisione di Meredith? La loro condotta, come è stata raccontata da alcuni giornali, è da condannare? Il modo di agire dei giovani rispecchia la società? Forse non è vero il proverbio “chi semina vento raccoglie tempesta”? Sono domande così ovvie che sfiorano la banalità e il “trito e ritrito”. Nessuno può capire a fondo i giovani. I primi che non capiscono se stessi sono proprio loro. Anche chi vive in contatto con i giovani non li capisce. I genitori non capiscono i figli, gli insegnanti non capiscono gli studenti, gli esperti sociologi non hanno mai saputo dare una risposta chiara sul comportamento dei giovani, se non quelle di mediocrità insulsa. Prendiamo, come esempio, i capelloni. Erano giovani che scandalizzavano la società con la “zazzera”, con i capelli alla “Beattles”. Tutti drogati, sesso e rock and roll. Invece, so per certo, che la stragrande maggioranza, anche dei cosiddetti sessantottini, non ho mai fumato uno spinello, che non abbia mai partecipato ad un’orgia. Erano qualcosa che disturbava la “tranquillità” della vita monotona e ripetitiva degli anni ’60. Nessun cinquantenne (con qualche eccezione) avrebbe mai portato i capelli lunghi, come adesso non si farebbero un tatuaggio. Cosa volevano i giovani del ’68 (ovviamente, non quelli politicizzati che poi finirono, qualche volta, nel terrorismo violento), divertirsi, come quelli degli anni ’30, ’40, e ’50. Come quelli degli anni ’10, sia di questo che del passato secolo. Divertirsi, essere contro, fare esperienze.
Pro e contro Erasmus: i sostenitori
Qué viva Erasmus
I fatti di cronaca di Perugia con la studentessa inglese uccisa durante il suo Erasmus hanno seminato paura. Gaia Paradiso, piacentina, dalla Spagna difende un progetto che fa parlare europeo agli studenti italiani
[Pubblicato: 08/11/2007]
di Gaia Paradiso
Apprendo dai quotidiani internazionali che una giovane studentessa inglese, Meredith Kerchert, 22 anni, da agosto a Perugia grazie al progetto di studio Erasmus, è stata trovata in casa priva di vita nel primo pomeriggio di venerdì scorso. La dinamica di questo omicidio mi ha impressionato. La barbarie del gesto, l'atrocità della morte e il dolore dei familiari e degli amici della giovane, mi inducono ad alcune riflessioni che vorrei sottoporvi. Anch'io sono studentessa Erasmus. Vivo a Madrid, riesco quindi ad immaginare e penso di capire cosa voglia dire essere lontani dal proprio Paese, confrontarsi quotidianamente con persone che non comprendono la tua lingua, cercare di integrarsi in un mondo che non ti appartiene, che non ti aspetta, dove tutto è già costruito e tu sei "il nuovo", quello che non c'entra niente. Ma nonostante tutto io difendo Erasmus. Credo fermamente in questo progetto, l'unica opportunità per noi Italiani di studio universitario in un ambito europeo. Penso che tutti i ragazzi dovrebbero "imbarcarsi" in questa esperienza, che, per quanto comporti alcuni sacrifici iniziali e spirito di adattamento, risulta a mio avviso una grande presa di coscienza delle proprie capacità, un'assunzione di responsabilità e compiti ben definiti, un'apertura mentale senza precedenti. Lo scambio interculturale è vastissimo, ci si trova con in mano una serie di idee, opinioni e punti di vista completamente differenti, ma che aiutano ciascuno a rivedere e modificare i propri preconcetti e le proprie, apparentemente immutabili e rigide, prese di posizione. La parola chiave è cambiamento. Ci si impara a conoscere, si impara a relazionarsi con altre culture, con persone che la pensano diversamente da te e credono in cose diverse da quelle in cui credi tu, e si instaura una solidarietà reciproca che non si pensa di possedere. Aiuto e rispetto, responsabilità, studio e divertimento. Con queste parole, che porto in giro per l'Europa a nome della mia città, vorrei che tutti gli studenti universitari prendessero in considerazione e riflettessero sull'opportunità di vivere Erasmus. Non si facciano intimorire dalle tragedie che imperversano in questo mondo, ma abbiano invece voglia di seguire un percorso alternativo, di "buttarsi a giocare" perché quello che si avrà alla fine sarà tutto un arricchimento, senza nessuna perdita.
In particolar modo, l'8 novembre sono stata impegnata a presentare la mia Università, la Cattolica di Piacenza, in un contesto internazionale, durante la "Feria Internacional" dell'Università Pontificia de las Comillas, l'ateneo che frequento qui a Madrid. La Comillas è l'università spagnola che accoglie il maggior numero di studenti Erasmus ed è la più prestigiosa. Piacenza ci sarà. La Cattolica sarà con tutte le maggiori Università europee e con tutti gli "Erasmus students". Qui siamo tutti affiatati e pienamente coscienti di poter dare, con il nostro impegno e lavoro, un contributo alla propria città e al proprio Paese.
«Para volar hay que emperar corriendo riesgos, si no quieres resignarte y seguir caminando para siempre»: per volare devi iniziare a correre rischi, se non vuoi continuare per sempre a camminare. Qué viva Erasmus.
Pro o contro Erasmus: gli avversari
Ecco alcuni esempi di blogghisti schierati contro Erasmus.
Sesso, droga, musica satanica, interi pomeriggi passati fumando hashish (d’altra parte, la radice della parola hashish è la stessa di assassino) e saltando da un letto all’altro per rapporti occasionali: ecco la Perugia degli Erasmus, questi ventenni europei che non comunicano più se non nel chiuso delle loro camerette coi loro blog. Ed è proprio internet, la rete, questo mondo spaventoso dove tutto è possibile e non c’è più morale, a rivelare le vite sregolate dei protagonisti di una storia truce come l’efferato omicidio della giovane inglese.
Dai blog dei protagonisti, pieni di tutto e di più, vengono fuori aspetti estremi: “ero alla ricerca di emozioni forti”, scrive Raffaele Sollecito, il giovane pugliese figlio di un noto professionista. E Amanda Knox, la ventenne americana dal viso d’angelo, descrive stupri e narra storie ad alta carica erotica. Questa voglia di rompere la noia adesso si trasforma in un elemento di accusa. Non bastavano più gli incontri sessuali occasionali, gli spinelli, le ubriacature, le serate trascorse tra una discoteca e un pub fino all’alba in una città devastata dalle continue connessioni internet e da eroina e cocaina vendute persino nella piazza centrale, come fossero sigarette. No, i giovani blogger, annoiati, sono andati alla ricerca del sangue.
Il capoluogo umbro è ormai la capitale dello sballo, pieno di giovani straniere che, seppur per poche ore, accettano la compagnia dei ragazzi incontrati occasionalmente durante il loro peregrinare notturno.
Ci si incontra, si balla, soprattutto ci si sballa, si torna a casa con chi capita. E ci si va anche a letto. Ma Meredith no, Meredith, unica a non avere un blog, era diversa e forse per questo ha firmato la sua condanna a morte. Le amiche dicono che Meredith non faceva entrare nessuno in camera, tranne il suo fidanzato Giacomo, detto il tenero Giacomo, che aveva baciato per la prima volta tre settimane dopo averlo conosciuto. Andava anche in chiesa, la povera ragazza inglese trucidata perché si è rifiutata di assecondare la voglia di trasgressione dei compagni di casa.
E proprio ieri gli inquirenti, scavando nella rete, si sono imbattuti in un video che un ventenne romeno ha messo su YouTube. Un video inquietante in cui il giovane fa delle smorfie e proclama il suo odio per gli inglesi. Un segnale chiaro per il pm, che ha messo la polizia sulle sue tracce. D’altra parte le statistiche parlano chiaro: sono soprattutto i romeni a delinquere, in Italia.
Dimmi che feste fai e ti dirò chi sei. Lo stile dei party studenteschi riflette la personalità di chi li anima, il loro background sociale e diffondono nuove usanze.
Una chitarra e un botellón
In tedesco e austriaco si dice “vorgluehen”, che significa sostanzialmente ubriacarsi nei party organizzati all’interno dei residence studenteschi, prima di uscire. I ragazzi latini iniziano con un botellón, una tradizione molto diffusa secondo cui si beve a casa di qualcuno o all’aria aperta, per la strada o nel parco. Formula: mangi, giochi a carte, suoni qualche accordo di chitarra e fumi migliaia di sigarette o tabacco. Metodo: lentamente e fino a tardi, e «rigorosamente con calma», come dice Giulia dall’Italia. È normale andare in discoteca a mezzanotte (il record assoluto è degli spagnoli che ci vanno alle tre del mattino!). Al Nord, invece, i giovani iniziano prima, mangiando intorno alle nove di sera. «Frequentiamo ristoranti italiani, cinesi e paninoteche», racconta Pascoline dal Belgio «anche se tutto dipende da dove andrai dopo».
Quei figli di papà
Una ragazza munita di tacchi a spillo e minigonna fa fuori una birra dopo l’altra. «È inglese», mi informa uno studente mentre appoggia il suo boccale di birra vuoto (ovviamente vuoto). Le ragazze del Belgio indossano gonne e top decorati, o jeans e t-shirt. Quelle greche e francesi hanno uno stile più elegante come le italiane, che insieme alle inglesi preferiscono indossare vestiti adatti al tema della serata. Slovene, ungheresi, polacche o lituane seguono altre mode. C’è una distinta differenza in come i ragazzi si vestono per le feste in Europa. Nel Regno Unito una tassativa combinazione di calzoni e maglietta. «Gli studenti di economia e medicina si vestono in modo più formale», dice Florian dall’Austria. «Mi sono stufata di quei figli di papà che ho incontrato in Francia o a Bruxelles, vestiti eleganti con la Lacoste, golf di Tommy e una polo», commenta una ragazza polacca che li definisce «come una casta».
Vodka, vino e kalimotxo
I giovani (specialmente le ragazze) d’Oltremanica si difendono bene in quanto a bere. Non da meno neppure le loro controparti tedesche, austriache, belghe, polacche e russe. Nessuna sorpresa considerando che le migliori birre e vodka (Żubrówka o Wyborowa in Polonia, o Sibirskaya ‘Syberian’, Maskovskaya direttamente da Mosca e la vodka russa Zyr), vengono da lì. Quelli del Sud preferiscono il vino, liscio o corretto. I drink popolari includono la sangrìa (un punch di frutta e cinnamon, zucchero, cognac e gin), tinto de verano (vino rosso con sprite e soda) o Kalimotxo (vino rosso e coca cola). Nel Nord Europa si beve Bierauch (beerbelly), mentre la Germania ha una sua cultura di cocktail. Nell’Europa Centrale o dell’Est bevono un po’ di tutto e non hanno preferenze. Jak się bawić, to się bawić…drzwi wywalić potem wstawić (se devi fare un party fallo seriamente…sfonda la porta poi riparala), dice Michal “il Santo” dalla Polonia. I baristi di Bruxelles sono sempre impegnati a versare birra (een pintje! in fiammingo) per i ragazzi birra con succhi di frutta, vino rosso e Martini per le ragazze. «Gli stranieri bevono meno che i ragazzi del posto», si lamenta Alain del Le Cirio, un pub molto frequentato del centro. Boogie stanotte
Francesi, inglesi e svedesi hanno i piedi per terra. Ma raramente vedrai polacchi e spagnoli non saltare in pista (anche se alcuni dicono che i polacchi quando ballano sembrano tenere il muro per non farlo cadere). Regole: danzare in cerchio con gli amici, in coppia per mantenere le distanze, con una speciale nota per in belgi che si incollano per ballare RnB. Gli amanti della birra non perdono mai di vista il loro bicchiere. I ragazzi “latini” sentono molto meglio la musica. Portoghesi, greci o turchi si sciolgono con la samba o la salsa, «che le ragazze adorano», dice Pascoline.
L’ora di chiusura
C’è una cosa che gli studenti hanno in comune quando vanno alle feste. La tristezza post-sballo. Alcuni sono più fortunati, come in Belgio e Germania, dove non ci sono orari definiti. Gli inglesi sono soliti finire i party alle 11:00 o all’1:00, mentre gli italiani protestano cantando la tradizionale canzone Bella Ciao. Ai polacchi piace girare in party diversi, cosi’ come agli altri europei: il klubing (clubbing) fenomeno. I prodi spagnoli sono conosciuti perché vanno solo se gli altri vanno. Ma nessuno rinuncia all’ l’inglese,tedesca,belga cultura post-party del Kebab.
Il Corrierone contro Erasmus
Ecco alcuni esempi di come la stampa ha seguito il caso Meredith. Da “Il Corriere della Sera” del 10 novembre 2007, Beppe Severgnini: Ma Perugia non è l’inferno. La “cognizione” del luogo della tragedia. E anche Erasmus assume tinte fosche.
Perugia, improvvisamente, appare una città perduta. Una delle "P cities" di cui andiamo fieri nel mondo - le altre sono Padova, Pavia, Parma, Piacenza, Pisa, Pistoia (
Mi inserisco: ma non esistono anche nel bistrattato meridione città che iniziano con la P e che sono altrettanto, se non di più, brave? Palermo, fino a prova contraria è una città italiana). - diventa, di colpo, infernale. Sette secoli di università (1308) dimenticati di colpo: demoni travestiti da studenti si aggirano tra i saliscendi del centro, in cerca di trasgressioni e vittime. E' la "cognizzazione" di Perugia: un luogo fisico, a causa di una tragedia, diventa la gabbia dei nostri incubi. Il capoluogo umbro come Cogne, Novi Ligure, Erba, Garlasco. Meccanismo comprensibile, ma irrazionale: l'episodio, statisticamente irrilevante, diventa un simbolo potente. Non accade solo a Perugia. Anche Oxford, anni fa, quand'è morta una studentessa per droga, ha smesso d'essere una delle migliori università del mondo, ed è diventata una palestra di viziosi. Una Sodoma accademica, l'incubo del secolo per la settimana in corso: poi è passata. Un delitto feroce funziona come un riflettore puntato negli occhi: la luce è molta, ma si vede poco cosa accade intorno. E intorno, in una città come Perugia, accadono cose normali. I ragazzi, italiani e stranieri, si ritrovano vicino alla Fontana Maggiore, e si cercano al cellulare. La trasgressione più comune è finire a letto con una compagna di corso: cosa che avviene da qualche secolo, quando le orbite dei ventenni s'incrociano. Questa non è una difesa d'ufficio di Perugia, anche se potrebbe averne bisogno. E' un tentativo di ragionare sulla rappresentazione del mondo, in questi tempi di ansie disinformate, colorate dalla televisione, amplificate dai blog. Lo studente medio nella città universitaria media non è un pervertito. Corre meno rischi, rispetto a una grande città come Milano o Roma: se non altro, dovunque vada, può tornare a casa a piedi la sera. Ma cosa può pensare una famiglia la cui figlia diciottenne è partita per studiare a Perugia (Padova, Pavia, Parma, Piacenza, Pisa)? Penserà che la espone a rischi immensi, e probabilmente sarà tentata di tenerla vicina, rimandando il distacco, indispensabile rito di passaggio. E' vero: s'è alzata, anche in Italia, la soglia del divertimento. La sbornia rovinosa, che abbiamo sempre considerata stupida, sta diventando normale. Il sesso, per alcuni, non è più un'esplorazione emozionata, ma un eccesso da raccontare (a voce, col telefono, su internet). Le notti in bianco, fino a qualche anno un'eccezione magica, sono diventata un'abitudine sfiancante, da riempire come càpita. Tutto vero, purtroppo. Ma trent'anni fa la vita universitaria era più pericolosa: l'arroganza incosciente, spesso sfociata nel terrorismo, era endemica (lo so, c'ero). Gli assassini di Meredith sono poveri disgraziati convinti - per via chimica o isterica - d'essere superuomini. Rappresentano - sono convinto, dopo tanti viaggi, molti incontri e un po' d'insegnamento - una minoranza disastrosa. Non la norma. Ma la "cognizzazione" di Perugia spinge in direzione opposta. Le notizie s'infilano dentro una prisma che le deforma. "Raffaele Sollecito ha fatto l'Erasmus in Germania...": e anche l'Erasmus - il più saggio investimento europeo degli ultimi vent'anni, i soldi spesi meglio nella storia della UE - assume una tinta fosca. Quando la giovane Chiara - milanese o napoletana, triestina o genovese - dirà allo zio "...vado in Erasmus" , lui la guarderà ansioso. Dovrebbe invece darle un premio, qualche soldo e una pacca sulle spalle. Qualcosa del genere sta accadendo anche a Firenze, dove vivono, studiano e si divertono cinquemila studenti americani. Molti bevono troppo e male, è vero. Ma invece di sfruttare la ricchezza rappresentata da questi ragazzi - iscritti alle migliore università, si porteranno negli USA memorie e legami italiani - la loro presenza viene ignorata, nel resto d'Italia. Fino allo stupro, alla violenza, alla pessima notizia. Allora, di colpo, vediamo, sappiamo, giudichiamo tutto. Torno a Perugia mercoledì: un vecchio invito dell'Università per Stranieri, che intendo onorare. Cercherò di ricordare una frase di Henry James, che qualcuno ha saggiamente incollato su Wikipedia: " Forse farò un favore al lettore dicendogli come dovrà trascorrere una settimana a Perugia. La sua prima cura sarà di non aver fretta, di camminare dappertutto molto lentamente e senza meta e di osservare tutto quello che i suoi occhi incontreranno". Osservare, prima di giudicare. Un delitto è un episodio orrendo e sbagliato: non la prova di un destino cambiato.
Sempre dal Corriere della Sera, 7 novembre 2007
Sono 30 mila, anche dell'Erasmus.
Invadono ogni notte il centro Perugia, l'Ibiza degli studenti stranieri
Dall'integrazione tra palestinesi e israeliani degli anni 70 alle notti di trasgressioni
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI PERUGIA — «Tanto stasera andiamo tutti da Susan. Tutti chi? Boh. Tutti. A che ora? Boh. A fare che? Boh. Che poi, ecco, magari questo ti può interessare... perché ci scriverai un articolo, no? Beh, Susan abita vicino alla casa dove hanno ammazzato quella... com'è che si chiamava?». Cinici, distanti, senza cuore. E adesso non fate quelli che vogliono sapere il nome e il cognome degli intervistati. Questi pretendono di restare anonimi. I genitori, sparsi in mezzo pianeta, si immaginano i propri pargoli con le occhiaie profonde per le notti perse sui libri e invece qui abbiamo faccine tenere, lisce, pulite, perché le vacanze sono vacanze, e la regola è che bisogna dormire a lungo. Infatti hai solo un paio d'ore, diciamo dalle quattro alle sei del pomeriggio, per provare a imbastire un ragionamento. Come a Ibiza. Perché Perugia sembra Ibiza. Però con un tasso di trasgressione molto più cupo, buio, violento. Hai due ore, per capire chi sono e cosa pensano, questi studenti.
HASCHISH E VODKA - Poi, a centinaia, dopo essersi destati dallo stordimento della notte precedente, iniziano a rifarsi di hashish e di altri miscugli micidiali. Soprattutto, si fanno di vodka. Adorano la vodka. Ci mettono a mollo il cervello. Eppure questa era un città magnifica, per chi volesse studiare. Agli inizi degli anni Settanta, si scriveva: è la città dell'integrazione studentesca, con l'Università statale e quella per gli stranieri, con i palestinesi che si laureavano in Giurisprudenza insieme agli israeliani, e poi con i ragazzi che fuggivano dal regine di Khomeini, e con i francesi e gli spagnoli, i tedeschi e gli inglesi: ora le ragazze inglesi come Meredith le uccidono e però non ci sono, a quanto sembra, altre ragioni che quelle sordide e ormai piuttosto note: alcol, sesso, tu con me e poi con lui, e poi con tutti e due. Aspettiamo l'alba. Come ti chiami? A vent'anni. «In fondo — riflette Andrea Capaccioni, storico funzionario dell'Università per stranieri, la stessa frequentata da Meredith e da due dei suoi presunti assassini, la coinquilina Amanda Knox e Diya Lumumba, detto Patrick, ai tempi in cui l'ateneo era attraversato da ben altre atmosfere — qui a Perugia accade ciò che accade in buona parte del pianeta cosiddetto civile: i giovani sballano con droghe di vario tipo, abusano con l'alcol e sguazzano nella melma dei valori. Perché mai questa piccola città di provincia dovrebbe fare eccezione? ». È un interrogativo da andare a girare in questura. Ma trovi funzionari che ti guardano, e ti dicono: «Qui, in un centro storico medievale di modeste proporzioni, vivono, bivaccano e si divertono, sia pure a modo loro, non meno di trentamila studenti, tra italiani e stranieri. Come si fa a imporre la legge? Lei provi a farsi un giretto, al tramonto...».
LA MAPPA DELLE STRADE A RISCHIO - Vicoli, piazzette, scalinate. Lasciamo stare i profilattici usati, e le bottiglie di birra, e l'odore forte di urina. Ciò che maggiormente colpisce è il muoversi agile degli spacciatori. Di portone in portone, e poi dentro gli androni, e infine dietro alle macchine. L'altra cosa che colpisce è il passo — svelto, nervoso, preoccupato — dei perugini. Tutti conoscono il pericolo delle aggressioni. La mappa delle strade a rischio è nota: «Via della Viola, via Imbriani, parcheggi Pellini, e poi le scale mobili, via Garibaldi, i parcheggi Europa, Tre Archi, Porta Pesa...». I perugini affrettano il passo, ma se gli chiedi com'è la situazione dell'ordine in città, abbassano la testa, la scuotono, allargano le braccia, sospirano. Molto diplomatici. La ragione potete immaginarla: l'enorme folla di studenti che vive a Perugia rappresenta, per migliaia di famiglie, un autentico affare. Quelli che affittano appartamenti, camere, sottoscala. Quelli che gestiscono bar, tavole calde, pub. «Guardi che voi giornalisti, con questo genere di ragionamenti, fornite un pessimo servizio all'informazione democratica». Andrea Cernicchi, 35 anni, Partito democratico, è l'assessore comunale alle Politiche e culture giovanili. «L'omicidio accaduto in via Sant'Antonio sarebbe potuto accadere in qualsiasi altra città del mondo. Ma, siccome è accaduto qui, state trasformando Perugia in una dependance dell'inferno... Eppure questa è una città dove ci sono circoli letterari, rassegne culturali e dove...». Dove Assuntina Marresi giunse, da matricola, 25 anni fa, e dove è rimasta, «stregata dalla bellezza». Ora, all'Università statale, è docente di Chimica Fisica. «E posso testimoniare di aver assistito a un cambiamento profondo. La perversione, tra gli studenti, ha preso il posto della goliardia, l'abuso quello della rettitudine». Viene il buio e arriva la notizia che sul sagrato del Duomo, in cima a corso Vannucci, continuano a portare dei lumini. Sarebbe una bella immagine con cui chiudere una corrispondenza. Ma nei vicoli altri studenti già barcollano gonfi di alcol. Ti guardano e ti abbracciano e puzzano che fanno pena.
Alcune risposte al Corriere della Sera
Il titolo di questo post è il copia-incolla di un pezzo apparso stamattina sul Corriere della Sera, (s)fortunatamente non riportato online (il pezzo è ora visibile a questo indirizzo), uno di quei pezzi di “inchiesta” di cui i giornali sono pieni dopo l’omicidio di Meredith Kercher. Nel pezzo, firmato da tale Fabrizio Roncone, si definiscono gli studenti come “Cinici, distanti, senza cuore”, per poi passare alla descrizione di una tipica nottata da studente universitario di Perugia, qualcosa del tipo: “Dopo essersi destati dallo stordimento della notte precedente, iniziano a rifarsi di hashish e di altri miscugli micidiali. Soprattutto, si fanno di vodka. Ci mettono a mollo il cervello”, per poi continuare con vicoli zozzi e pericolosi (questo sì, eh) e concludere: “Viene il buio e arriva la notizia che sul sagrato del Duomo, in cima a corso Vannucci (veramente si chiama Piazza IV Novembre, e non 9, come scritto nel pezzo della Sarzanini, qui lo screenshot, per cui la procura di Perugia ha pure aperto un’inchiesta, tié!), continuano a portare lumini. Sarebbe una bella immagine con cui chiudere una corrispondenza. Ma nei vicoli altri studenti già barcollano piedi di alcol. Ti guardano e ti abbracciano e puzzano che fanno pena”. Non so voi, ma la sottoscritta (la cui massima trasgressione a Perugia - assieme a quella di tanti altri studenti - è stata una bottiglia di birra sulle scale del Duomo accompagnata da una Philip Morris) pensa che sia il cervello di Roncone quello che è stato a mollo nella vodka, non quello degli studenti…caro il mio “giornalista”, se hai incontrato mille studenti ubriachi e strafatti non significa che siamo (siano) tutti così! (E per fortuna che non è andato al parcheggio Pellini, altrimenti avrebbe incontrato il marocchino che spaccia e chissà cosa avrebbe scritto…)
Aldilà che si dovrebbe scrivere hashish, e non “HASCHISH”, e la piazza principale di Perugia si chiama Piazza IV novembre e non “piazza 9 novembre” (così era indicata nell’articolo di Sarzanini per cui già abbiamo di fronte che tipo di giornalai (e non giornalisti, è voluto l’errore) abbiamo di fronte.
Inoltre vorrei sottolineare come può permettersi il sig. Roncone a denigrare un’intera città e un’intera cittadinanza scrivendo ciò che ha scritto nell’articolo citato, si definiscono i giovani perugini e gli studenti come “Cinici, distanti, senza cuore”, per poi descrivere le serate nel centro cittadino così: “Dopo essersi destati dallo stordimento della notte precedente, (parla di momenti lucidi solo dalle 16 alle 18, evidentemente è solo lui che fa qualcosa nella vita) iniziano a rifarsi di hashish e di altri miscugli micidiali. Soprattutto, si fanno di vodka. Adorano la vodka. Ci mettono a mollo il cervello”. Ci ritroviamo davanti a una scena veramente paradossale. Perugia è diventata peggio del bronx, tra ubriaconi e delinquenti nei vicoli malfamati nel giro di 4 giorni. Tanto è vero che sbaglio dicendo che sino a venerdì i giornali a livello nazionale nemmeno si curavano di ciò che c’era o non c’era in città? Perugia era un città tranquilla dove non succede nulla di rilevante. In 4 giorni eccoci qua, con giornalisti che parlano di una città di medie dimensioni come fosse il peggior vicolo del Bronx newyorkese, la frase di Cernicchi nell’articolo fa proprio al caso: «L’omicidio accaduto in via Sant’Antonio sarebbe potuto accadere in qualsiasi altra città del mondo. Ma, siccome è accaduto qui, state trasformando Perugia in una dependance dell’inferno…»
Ora che la delinquenza rispetto agli anni 70-80 sia aumentata non lo metto in dubbio, ma c’e’ ora anche se in quantità maggiore, come d’altro canto c’è sempre stata. Dire che Perugia negli anni 70 era il paradiso di integrazione tra israeliani e palestinesi che si lauravano insieme, metà di studi di americani, tedeschi, inglesi e quant’altri, che aveva due tra le più prestigiose Università d’Italia (la Statale e la Stranieri) ora è diventata un posto in cui «le ragazze inglesi come Meredith le uccidono» dà gia un idea di che articolo e soprattutto di che autore mi ritrovo a criticare. Come no, ora le inglesi le sgozziamo per hobby, qua a Perugia… E oggi è aumentato il consumo di droga. E di alcol. Infatti gli anni ‘70 sono passati alla storia perchè i giovani non si drogavano, non bevevano e non trasgredivano. Erano proprio gli anni dei giovani con la testa a posto, e non dei giovani figli dei fiori, quella è stata solo un’illusione malata di alcuni, non certo di Roncone, che sa la verità.
E’ fantastico pensare che questi due signori, Fabrizio Roncone e Fiorenza Sarzanini, siano due giornalisti della più importante testata giornalistica italiana (il Corriere della Sera, lo ripeto) però mi pongo la domanda: ma questi vivono fuori dal mondo o cercano un posto da redattori in “Lucignolo”? Scoprono ora che gli studenti “in trasferta” si divertono bevendo e fumando sino a tarda notte? E non si tratta un problema di Perugia, la musica in altre città universitarie non cambia. E se Perugia è il Bronx città come Roma, Milano, Napoli… dove in alcuni quartieri gia alle 21 di sera la gente non se la sente di uscire dal portone del proprio condominio, come le chiamate? Parliamo di vodka, ma da quest’articolo possiamo dedurre che evidentemente l’unico ad aver “affogato il cervello nella vodka” è il sig. Roncone.
Che questi “giornalai” pensino prima di tutto a fare bene il loro lavoro (imparare a scrivere bene sarebbe gia un gran passo) e siano d’aiuto e non d’intralcio a chi deve assicurare alla giustizia il responsabile dell’omicidio, colui che ha avuto il sangue freddo di uccidere una ragazza di soli 22 anni, cosa che mi fa rabbrividire, pensando che Meredith era mia coetanea. Che questi signori siano autori un’informazione costruttiva e che dia informazioni utili alla ricostruzione della vicenda , non artefici un’informazione atta solo a denigrare e vilipendiare una città intera.
PreSentimento 56. Erasmus e l’insostenibile piacere del rischio
Data del presentimento: 14 novembre 2007
La vicenda di Perugia e le conseguenti riflessioni sulla nuova generazione Erasmus è diventata come purtroppo spesso avviene in Italia e nel suo sistema mediatico profondamente malato, una occasione per banalizzare e criminalizzare l’esperienza di milioni di giovani studenti che per fortuna sono coinvolti in Europa in una delle poche esperienze davvero formative pensate dalle istituzioni universitarie per questa generazione.L’eccezione deviante non può cioè diventare la regola nella lettura della realtà giovanile, puntando il dito solo su questi eventi di cronaca nera. Chiarito questo aspetto, è importante soffermarsi sull’attrattività esercitata sul mondo giovanile dal rischio e dalla sfida personale al destino o ai propri limiti. Ricadono in questa categoria i giochi d’azzardo, ma anche alcuni sport estremi e molti comportamenti vicini al mondo della notte: dall’uso e abuso di sostanze stupefacenti fino alla pratiche erotiche più estreme e devianti. L’esperienza della sfida, del rischio, del superamento di ogni limite, sottende questi piaceri che vengono desiderati da molti ragazzi nella fase di passaggio al mondo adulto. Fino a quando non verrà compresa la felicità violenta che questi comportamenti rendono possibile, non si riuscirà a fronteggiare in modo efficace i problemi che da essi insorgono. Il modello di Las Vegas costituisce la possibile risposta americana al problema, costruendo una città della “perdizione” in cui questi comportamenti vengono accettati e incoraggiati, trasformandosi in un parco a tema per la felicità trasgressiva, mentre il distretto del piacere tra Rimini e Cattolica ha costituito per anni la risposta italiana (sicuramente più sana) che propone l’idea della “vacanza gaudente” o del “weekend trasgressivo”. Sarà necessario comprendere che il rischio e la trasgressione costituiscono spesso per queste generazioni – lontane dalla politica e da altri progetti di vita - “il sale” della vita: il presentimento è però che nei prossimi 10 anni non si riusciranno a fare molti passi avanti in questa direzione: si continuerà purtroppo ad andare a caccia del mostro.
Conclusioni
Se Erasmus va completamente scagionato per mancanze di prove e perché, effettivamente, non esiste nessun legame tra causa ed effetto giuridicamente rilevante, moralmente resta una sua “complicità” per non aver dato rilevanza ad alcuni sintomi di insofferenza tra i suoi giovani iscritti. E’ auspicabile, pertanto, un maggiore controllo da parte della prestigiosa Istituzione che rappresenta l’intera Europa comunitaria.
I giornali sono responsabili di superficialità, in quanto gli “inviati” sono stati scelti in base alla “allocazione delle risorse” e in base alla “specializzazione”. Un giornalista della cronaca nera del posto non può dare giudizi sulla moralità di un’intera città.
Il clamore della notizia dell’omicidio, che ha assunto toni elevati all’estero, per ovvie ragioni (Stati Uniti e Gran Bretagna, coinvolti in prima linea), in Italia è stato omologato ai tanti altri fatti di cronaca giudiziaria, mentre, in effetti, Perugia ha una sua peculiarità che è stata mistificata e resa completamente oscura dal caotico susseguirsi degli eventi.
Chi ha subito, da questa vicenda perugina, una vera e propria umiliazione dell’immagine, è quel povero San Francesco che non aveva mai pensato di marciare da Assisi a Perugia con una bandiera fra le mani scandendo slogan contro l’America. La pace non è una merce che si acquista sul bancone della verdura fresca. Le marce di San Francesco avevano ben altro valore. San Francesco in Terra Santa, tra i musulmani, San Francesco a Roma, dal Papa, chiedeva il risveglio della fede e la vittoria della ragione sulla follia.