29 maggio 2010

Licia Ferro. "Miti romani. Il racconto"

L’antimateria e gli àuguri
di Roberto Maurizio

Giano bifronte

A sinistra del Tevere

L'antimateria

L’obiettivo era sempre lo stesso. Raggiungere in orario, alle 20.45, la libreria Bibli di via dei Fienaroli, 28, il centro culturale nel cuore di Trastevere, dove il tempo si è fermato e dove si continua ad essere ancora decisamente “sessantottini”, volutamente “rivoluzionari” e testardamente “cheguevaristi”. Nel 2008, gli scienziati scoprirono l’esistenza dell’antimateria nella Via Lattea, quindi, qualcosa di diverso su cui riflettere. Invece, ancora oggi, a Trastevere ci si trastulla con la Dolce Vita e con le idee di un mondo migliore, sostenibile, giustizialista, equo, duraturo, pubblico, obamista, grinnieconomista. Insomma, bocciofilo. “Stampa, Scuola e Vita” seguì, venerdì 7 maggio scorso, la presentazione di un bellissimo filmato, “Profughi invisibili”, che restò tale per l’incapacità di raggiungere Trastevere in orario. Gli àuguri mi indicarono la strada. Parcheggio proprio di fronte al carcere femminile. La Sgrena e la Boldrini, con tutti i commenti negativi che si possono fare su di loro (Cavallo Pazzo, docet) furono veramente due personaggi all’altezza della loro “mission”. Soltanto che mi aveva fatto passare ore di “inferno” per trovare il parcheggio, ma, contemporaneamente, mi aveva fatto incontrare di nuovo Giuseppe Garibaldi, il Gianicolo (quello di Giano bifronte), 150 anni di storia di questa misera e calpestata penisola.


Maurizio il lupo



Un muro di gomma





Il “meeting” presso la Libreria Bibli di ieri sera, venerdì 28 maggio, era allo stesso livello di quello con la Sgrena e la Boldrini: si sarebbe tenuta la presentazione del libro “Miti romani. Il Racconto”, di Licia Ferro e Maria Monteleone, di Einaudi, ET Saggi, pp. XXX – 426, € 14,00, ISBN 9788806191177. Sempre con la mia fedele macchina fotografica accanto, volevo raggiungere a tutti i costi questo importante appuntamento con la “storia”. All’incontro-presentazione del libro sapevo che sarebbero intervenuti, tra gli altri, anche Annamaria Vanalesti e Gabriele Di Gianmarino. Annamaria è una tra le più brave persone che io abbia mai conosciuto. Ci tenevo molto a rivederla e a sentirla. Invece, subito dopo San Giovanni, gli Aùguri mi mostrano il loro diniego: il traffico si ingrossa! Ero uscito alle 20.10 da una scuola privata situata su via Casilina, altezza Torremaura, dopo le mie canoniche tre ore di Economia aziendale del venerdì. Alle 20.25 stavo già in via dell’Ambaradam. Poi, un muro di gomma e di lamiere. Ancora gli àuguri. Ma non mi trovavo per caso nella città capitale del mondo? Mi chiedevo, a bassa voce, per non farmi sentire dai leghisti.


Traffico e monnezza




Caserta, monnezza scoperta

A Roma, dopo il mozambicano Veltroni (tutti a Maputo stanno ancora aspettando quel sindaco della città eterna che credeva di essere il duce del Foro Romano) e, prima ancora, il radicale Rutelli, quello della droga libera, dell’aborto come e quando vuoi, del motorino a tutti i costi, ci è piovuto addosso l’alpinista Alemanno. Omen Nomen. L’ex gerarca tedesco adesso scala le montagne e rende l’Urbe una città invivibile. Traffico, quadruplicato, monnezza da per tutto, immigrati ai semafori, mignotte qua e là. Cosa è cambiato? Nulla. Ma è colpa degli Aùguri che hanno peggiorato tutto! Adesso si chiedono sacrifici per la finanziaria. Va bene. Li facciamo.

Alemanno, Roma, monnezza "rarefatta"

Tutti sulla stessa barca






Dopo la guerra dello Yom Kippur e delle crisi petrolifere (1973-1979), mi hanno detto che ero ricco (350 mila lire al mese, circa, non ricordo bene), quindi mi hanno tolto gli assegni familiari (giusto, e perché no)? Poi, mi hanno chiesto di andare a piedi la domenica. Poi mi hanno fatto cambiare 5 macchine, quelle di prima inquinavano. Io, in realtà, ero ricco con 350 mila lire al mese più quello di mia moglie 400 mila. Potevamo comprarci uno yacht. Bene, pensavo a quelli che guadagnavano meno di me, quelli che si potevano comprare solo mezzo yacht. A Capalbio, i miei leaders comunisti se la passano male, e gli àuguri lo sapevano. 50 milioni al mese, uno o due yachts, ville, case e così via. Lo so, ma si stanno sacrificando per la storia. Pensa tu, quando sui libri di storia ci saranno i nomi dei leaders della sinistra che con appena 50 milioni facevano gli interessi degli operai, degli impiegati, dei giovani, dei disoccupati. La storia è una cosa seria. Tutto verrà a galla. Tutto sarà evidente se non verrà cancellato dall’ideologia.

Un gommone gonfiato




Negli anni ’80, con la mia Fiat 850, quella con la quale trasportavo la salsa dal paese a Roma, per un intero anno, feci la mia bella vacanza come Briatore sulla riviera marchisciana – romagnola, a Gabicce. Avevo comprato, prima di partire da Roma, un gommone da un negozio di giocattoli di “Mario”. Si gonfiava spingendo un piede sulla pompa rossa e nera ad aria compressa. Arrivato a Gabicce, diedi ordine al bagnino di allocare il mio piccolo panfilo, un’imbarcazione di 12 metri sul bagnasciuga. Ricordo ancora i “salamalecchi” che il povero bagnino mi fece. “E’ sempre meglio un ricco che un pezzente”. Pensò il bagnino. All’indomani, visto che prima dell’imbarcazione stavo scaricando il gonfiatore ad aria compressa, mi diede l’ultima fila degli ombrelloni. Briatore o D’Alema si nasce! Non ci si diventa.



Dopo 45 minuti




Ormai s’erano fatte le 21 e 40 e il traffico di Alemanno non ti dava scampo. La colpa è dei romani che il venerdì sera vogliono recarsi a Roma. Ma che cavolo pretendono? La mattina è una strage sul raccordo (che meno male gli hanno messo la r prima di accordo), un’ecatombe sulla Colombo, un olocausto sul Lungotevere, proprio di fronte alla Sinagoga, dove dopo aver proceduto a 2 chilometri all’ora, trovi un cartello liberatorio: per l’Ara Pacis, traffico scorrevole 2 ore e 45 minuti.


La resa



Alle 21 e 55, i primi sintomi di resa. Non si va avanti! Alternative non ci sono, se non l’elicottero. Forse costa un po’. Andare a piedi? Ma è lontano e dove parcheggi?. Prendere un taxi? Ma sono imprigionati anche loro. Imprecare contro Rutelli, Veltroni e Alemanno? Anche qui ti devi mettere in fila per aspettare le parolacce già prenotate in precedenza contro i terzetto. Allora, non mi resta che la resa totale, come quella di Geronimo: “In Sierra Blanca, vivevo tranquillo e felice, in pace con me stesso, senza fare né pensare male…”. “Pregavo la luce e l’oscurità, Dio e il Sole, che mi lasciassero vivere in pace con la mia famiglia…”. “Io seppi dagli americani e dagli Apaches, da Chatos, Mickey Free, che gente malvagia stava per arrestarmi e per impiccarmi, e così partii, così maturai la mia resa”. Come Geronimo anch’io, prima di essere strangolato dal traffico gettai la spugna, svoltai a sinistra, lontano da quel fiume di macchine selvagge, e trovai finalmente la strada della resa.


Annichilimento



Dunque, ero “annichilito”, annientato, annullato dal traffico. Mi sentivo come un agglomerato di antiparticelle, tra un antiprotone e un positrone, in pratica come un antielettrone caricato positivamente che si trasforma tramite radiazione elettromagnetica in antimateria. Non mi resta, allora, nient’altro se non pubblicare una “recensione” che prendo in prestito navigando su Google.


Miti romani



“Miti romani. Il racconto” è una narrazione, storia dopo storia, dei miti di Roma arcaica. Pubblicato qualche settimana fa da Einaudi, il libro è stato scritto da Licio Ferro e Maria Monteleone, ricercatrici universitarie in Antropologia del mondo antico all’Università di Siena. L’elegante pubblicazione della Casa Editrice sorta il 15 novembre 1933 è un libro veramente ben fatto, un bellissimo percorso narrativo alla scoperta dei racconti su cui si è fondata una delle più grandi civiltà del Mediterraneo e dei miti che ne hanno permeato sia la storia che la quotidianità. Dai miti più arcaici, quelli detti dei “primordia” – da Giano a Saturno, da Giove ad Ercole – passando per quelli più celebri della fondazione – da Enea a Romolo e Remo – il percorso offertoci dalle autrici ci accompagna attraverso la storia di Roma, fino al famoso episodio delle oche del Campidoglio e del sacco di Roma del 390 a.C. ad opera dei Galli di Brenno, terminando con il discorso di Furio Camillo, eroe romano che sconfisse i Galli e secondo fondatore di Roma. L’elemento notevole di questo libro, oltre naturalmente alla rigorosa cura “filologica” del racconto – basato sui testi di alcuni dei più grandi “narratori” della classicità, da Livio a Ovidio, da Virgilio a Plutarco – è la prospettiva proposta dalle due autrici, uno sguardo dall’interno, che fa della lettura di questo libro un’esperienza assolutamente coinvolgente, uno sguardo che trae la sua potenza e la nitidezza da uno stile curatissimo e suadente che spesso sembra assumere lo stesso ritmo, la stessa cadenza di alcune delle più grandi narrazioni della mitologia romana. La lettura di quest’opera si consiglia a tutti, anche perché è arricchita da un interessante saggio introduttivo di Maurizio Bettini (quello di cui sopra), dedicato all’annosa questione dell’esistenza o meno del mito romano, e da un folto apparato bibliografico. Il libro non è solamente “tecnico” e viene letto facilmente anche dai non addetti ai lavori. E’ proprio la passione per la scoperta e la ricerca della complessità del fascino della civiltà romana, che spinge le due autrici a percorrere l’arte del raccontare. Due eccezionali professioniste che hanno saputo dimostrare, con questa loro pubblicazione, di possedere in pieno, una spasmodica voglia di narrare e l’arte di trasmettere un messaggio talmente forte dal quale non si può fare a meno di essere contagiati.


Di nuovo al Gianicolo con le multe



Il libro di Licia Ferro e Maria Monteleoni è costruito su una montagna di parole che si staccano dal “vivere comune” di milioni di italiani alle prese con la crisi e con il dominio berlusconiano. Il mito potrebbe essere la rappresentazione della miseria umana. Piccoli uomini che a grandi passi costruivano una società nella quale il genere umano era alle prese con i difetti, le malattie, l’arroganza dei potenti, l’onnipotenza del tempo, inteso sia come fenomeno atmosferico che passaggio del Sole all’equinozio di primavera. La Ferro e la Monteleoni sollevano le loro mani per descrivere i miti di Roma e per raccontare la storia del futuro. E di nuovo ci viene incontro il Gianicolo, quello di Garibaldi, quello di Goffredi Mameli, il colle della Città Eterna che prende nome proprio da Giano. «Quando il mondo ebbe inizio e Giano tornò ad avere l'aspetto di un dio, poco a poco, si narra, apparvero ovunque le fonti, i laghi, i fiumi, le valli e i monti coperti di boschi. Apparvero pesci nell'acqua, animali sui prati e nelle foreste, uccelli nell'aria. Solo in ultimo fece il suo ingresso l'essere umano (ma questo non è un plagio della Bibbia?). Forse fu in quel momento che Giano si guardò intorno e scelse la sua dimora, una collina coperta allora di querce e farnetti. «Da quassù, - si disse, - potrò godermi ogni cosa, basta solo aspettare». E da quel colle - Gianicolo lo chiameranno - si dispose a guardare l'inizio del tempo e dello spazio di Roma».

Indignato stupore


Sono circa 200 anni che ci si chiede se è esistita una mitologia romana. Questa domanda, alla quale non risponderebbe nemmeno uno dei circa 200 mila cittadini di Tor Bella Monaca, anche perché non gliene può fregar di meno, alimenta accesi dibattiti accademici fra gli studiosi, cioè quelli che ci portano la storia su un piatto vuoto. Ma sono quelli che affollano il Liceo Classico, quelli che tolgono gli alunni agli tecnici commerciali, agli idraulici, agli agronomi, agli ingegneri. Forse un antico romano avrebbe risposto con indignato stupore, elencando nomi, luoghi e avventure: dal tempo dei Fauni e degli Aborigeni all'approdo di Enea nel Lazio e alla fondazione della stirpe, dalla storia di Romolo e Remo (attualmente più conosciuti come Romolo e Remolo), ai Sette Re di Roma, dalla fine della monarchia agli eroi della Res publica. Un “moderno” cittadino di Tor Bella Monaca guarda al passato che non va al di là dell’ultima bolletta pagata. Monte Sacro, il quartiere che dista circa a tre buoni di benzina da Tor Bella Monaca, fu il monte per la rivolta dei plebei romani. Menenia Agrippa, l’apologo, Esopo, Svetonio, il Grande Raccordo Anulare, il Giuramento di Simon Bolivar nel 1805, imparato a memoria in tutte le classi dell’America Latina, la visita di Chavez nel 2005. Nessun seguace della primogenitura di Tor Bella Monaca, quella integra e perfetta, andrebbe ad assistere i miti che hanno fatto di Roma una città invivibile e nessuno lascerebbe una lacrima per “El Juramento” del grande Simon Bolivar a Monte Sacro sfogliando i reati che nemmeno Amnesty International riporta. La piaga della pedofilia, del turismo pedofilo in America Latina, compresa Cuba, è una merce di scambio solo per il diavolo.


Fuori tema
Licia Ferro e Maria Monteleoni, ovviamente, non si possono prendere tutte le responsabilità che appartengono ad un mondo schifoso, colluso con la mafia, con la droga, con la pedofilia. Meglio parlare del passato! Bene, ma solo se il passato può darci delle indicazioni precise sul nostro futuro. Lo so che la Prof.ssa Ferro attribuirebbe a questa “nota” 4 e ½ (il voto che ho sempre preso nei temi di italiano, una schifezza che va contro la libertà di stampa, articolo 21). Sono uscito fuori tema. Il grande sforzo che la nostra scuola deve cercare di raggiungere è quello di saper coniugare bene il passato con il presente e con il futuro. Un miliardo e seicentomila cinesi non parlano il toscano; un miliardo e centomila indiani non conoscono il barese; brasiliani che parlano portoghese, americani degli Usa che parlano spagnolo; la Chiesa, l’unica che utilizzava il latino e il greco è in grande crisi. Vale la pena ancora pubblicare dei libri in cui le autrici sono mosse dal gusto e dal piacere del raccontare e guidate dalle coordinate rigorose fornite dalle fonti antiche? Io credo proprio di sì.

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