5 febbraio 2010

Rai. Qui gli studi di Torino

Rai. Una Spaa, Società per altrimenti alimentati
di Roberto Maurizio










Ecco perché il federalismo in Italia non funzionerà mai. Avete presente la sigla del Tg1 composta da un musicista napoletano, tal Egidio Storaci che, in base ai diritti Siae dovrebbe aver guadagnato miliardi di milioni di euro? E' la stessa sigla trasmessa miliardi di volte, milioni di anni luce dalla Rai, dal Tg1, quello più vicino al popolo, quello più votato, quello più amato dalla gente comune, quello di Vespa che fa il bello e il cattivo tempo se è all'opposizione o se con la maggioranza. Vespa detiene la maggioranza gi questi Italiebani che continuano ad amare l'inno di Mameli, le cui parole sono molto "datate", ma la sua musica è una "schifezza" quando arriva all'esaltazione incontrollata di Parapapò, Parapaponzipò. Nzipò. Personalmente, mi vergogno quando vengono appese al collo dei nostri atleti le medaglie d'oro alle Olimpiadi e si esegue l'Inno di Mameli, soprattutto quando si arriva al Parapò, Parapò, Paraponzipò, Ponzipò. Il popolo del bel canto per antonomasia, perché si è dovuto rifugiare nella scelta di un inno così brutto? I Costituenti, cioè quegli uomini che scendevano dalle montagne delle lotte partigiane, o dai rifugi agiati della Resistenza estera, non avevano mai sentito parlare di Beethoven, di Strauss, di Wagner, di Mozart, di Salieri, di Chopin, di Rossini, di Verdi, di Puccini, di Mascagni, di Bellini. Forse avevano sentito solo "Bella ciao", Do-, Fa- Sol. Meno note utilizzi più arrivi al consenso. Non parliamo nemmeno delle pseudo canzoni di Berlusconi e di Apicella, o degli pseudo inni di "Meno male che c'è Silvio". Uno tra gli inni più belli, quello dell'Urss, non a caso conservato dalla Russia attuale, dopo aver, naturalmente cambiato le parole, non è mai piaicuto ai comunisti italiani di tradizione contadina e operaia che non andavano al di là del Do, del Fa e del Sol, mentre i compagni russi avevano studiato matematica e musica. Anche la bellissima sigla di inizio delle trasmissioni della Rai di una volta, la parte finale del Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini, è stata abbandonata, buttata alle ortiche da questa massa di burocrati e sfascisti e usurpatori del potere da 60 anni.

La Rai e l'Assunzione

Non si è mai saputo perché alcuni personaggi vennero immessi nell'organico della Rai a pieno titolo. Hanno mai sostenuto un concorso? Per essere assunto alla Rai come si fa? Quanto guadagnano i funzionari e i conduttori della Rai? E poi, perché si fanno tre telegiornali? La Rai non è uno, due o tre giornali di partito. La Rai Spa, all 99% dello Stato, è un servizio pubblico.

Ci colleghiamo con i nostri Studi di ...

Il federalismo Rai esiste da quando esistono i quattro Studi principali in quatto città della penisola: Roma, Milano, Torino e Napoli, ognuno dei quali non ha né il respiro regionale né quello nazionale. Raggruppano solo interessi di potere acquisito in decine e decine di anni. In realtà, una "divisione del lavoro" tra i quattro "siti" è bene spartita: Roma, la politica; Milano, la finanza; Torino, la scienza; ma Napoli? I programmi trasmessi dalla città partenopea sono in prevalenza del settore "quaternario", informatica, cibernetica, compureristica. Napoli, invece di occuparsi della sua "vocazione", la musica, "scimmiotta" il quaternario. Sono lontani i tempi del "Ci colleghiamo con gli Studi di...". Allora, il federalismo Rai, aveva un senso. Oggi tra riforme e controriforme la Rai è allo sbando.

Qui gli Studi di Roma

La Rai, dopo l'"Eira fascista", non è cambiata. Come sotto Mussolini, la Rai ha diviso l'Italia nelle quattro macroregioni, Torino, Milano, Roma e Napoli. In un paese così allungato con un tacco bizantino all'estremità che sta più di là che di qua, che cosa ci si poteva aspettare?

Suozzo e Stinchelli

Nessuno in Italia vuole essere più preso per i fondelli. Suozzo e Stinchelli fanno il loro porco lavoro su Gr3 presentando da 20 anni e più agli italiani il bel canto, quello di Verdi, Rossini, Bach, Puccini, della sempre grande Maria Callas. Relegati e asfittici all'interno di una Webcam, immobili come i finanziamenti della Rai, Suozzo e Stinchelli "rallegrano" i sostenitori italiani del bel canto con le loro tristi elucubrazioni, dalle quali, però emerge senza soluzione di continuità, la perfezione della nota, l'interpretazione, la bellezza della musica e la solennità delle parole. La Rai, sempre al passo con i tempi e, soprattutto, sempre lagata ad una scelta onirica dei suoi conduttori, ha ammazzato la bellezza del finale di Rossini nell'apertura dei programmi di "una volta", il Guglielmo Tell. Rossini e Verdi sono eterni, non per la Rai. Il Guglielmo Tell di Rossini ora viene utilizzato solo nella bellissima trasmissione di Suozzo e Stinchelli, "La Barcaccia", l'ultimo appiglio del bel canto italiano orma imbastardito da programmi commerciali Rai di nessun valore. La storia della Rai è la storia dell'Italia, nel bene e nel male. Una volta ci si collegava televisivamente con gli Studi di Roma, dove c'erà da mangiare, con gli Studi di Milano, dove si facevano affari, dagli Studi di Torino, dove si facevano i rosari, dagli Studi di Napoli, dove non si capiva che cosa facevano. Dopo 60 anni, la Rai è rimasta così provinciale che di più non si può. Torino, senza Marchionne, diventerà ancora peggiore di quanto finora non lo fosse. Roma resterà lo Studio preferito dai politici. Resta comunque nella mente del povero italiano, la mesta e drammatica sigla del Gugliemo Tell di Rossini.

Qui gli Studi di Torino

La proposta è questa: togliamo definitivamente la sigla del Tg1, diamo a Torino la possibilità di riabilizzarsi: assumete più cittadini del Burkina Faso, piena di vita e di fertilità e ricostruite i fabbricati della Rai più colorati, con il rosso, il giallo, il verde, l'azzurro. Sarebbe bello sentire fra poco. Rai. Qui gli Studi Torino e del burkino.





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