1 febbraio 2010

Biodiversità. Anno Onu 2010

2010. Anno Onu della "biodiversità"
di Roberto Maurizio

La profondità della diversità


"Osserva in profondità, nel profondo della natura, solo così potrai comprendere meglio ogni cosa", Albert Einstein



Il 2010 è stato proclamato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) “Anno Internazionale della Biodiversità” (International Year of Biodiversity). Una celebrazione della vita sulla terra e del valore della diversità biologica per le nostre vite. La Biodiversità è un patrimonio universale dell’umanità per questo conservarla dev’essere una priorità. L’Uomo e le sue attività hanno alterato profondamente gli equilibri naturali, causando una pesante perdita di Biodiversità. In tutto il mondo saranno organizzati eventi, incontri e manifestazioni per sensibilizzare i decisori politici e l’opinione pubblica sull’impoverimento della biodiversità. Tutti sono invitati ad impegnarsi durante l’anno per salvaguardare e proteggere la diversità della vita sulla terra. L’Anno Internazionale della Biodiversità è stato lanciato ufficialmente l’11 gennaio 2010 a Berlino. Il 22 maggio 2010 è in programma la Giornata Internazionale per la Diversità Biologica. Tutte le iniziative culmineranno nella 10a Conferenza delle parti della CBD (Convenzione sulla Diversità Biologica), un trattato internazionale adottato nel 1992 per arginare la perdita di Biodiversità. Il summit è in programma ad Ottobre 2010 a Nagoya, in Giappone, dove i rappresentanti dei governi faranno il bilancio dei risultati raggiunti finora e cercheranno di darsi nuovi e più stringenti obiettivi per fermare l’estinzione delle specie.

Convenzione sulla Diversità Biologica e Obiettivi del Millennio





La Convenzione per la Diversità Biologica (CBD o CDB) è un protocollo del 1992 per la difesa e la salvaguardia della Terra, delle specie viventi e dei loro habitat. Nel 2002 i governi sottoscriventi si sono posti l’obiettivo di raggiungere entro il 2010 una significativa riduzione della perdita di biodiversità a livello globale, nazionale e regionale. Questo obiettivo è inserito tra gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals o MDG, o più semplicemente Obiettivi del Millennio): 8 obiettivi che nel 2000 gli stati membri dell’ONU si sono impegnati a raggiungere per l’anno 2015. Uno degli 8 obiettivi è “Garantire la sostenibilità ambientale”. Questo macro-obiettivo è suddiviso a sua volta in 4 micro-obiettivi, uno dei quali è “ridurre il processo di annullamento della biodiversità raggiungendo, entro il 2010, una riduzione significativa del fenomeno”.

Cos’è la Biodiversità
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Con Biodiversità (o diversità biologica o biovarietà) si indica l’immensa varietà di specie viventi presenti sulla Terra. Una varietà incredibile di organismi ed ecosistemi tutti legati l’uno all’altro, frutto di miliardi di anni di evoluzione e in grado di garantire la sopravvivenza della vita sulla Terra.Anche noi facciamo parte della Biodiversità e grazie ad essa la Natura è in grado di fornirci cibo, acqua, energia e risorse per la nostra vita. La Diversità Biologica significa la variabilità di tutti gli organismi viventi in tutti gli ambienti e la variabilità dei sistemi ecologici (o ecosistemi) di cui gli organismi fanno parte. Vi è quindi una diversità genetica, una diversità di specie ed una diversità di ecosistemi. Diversità genetica: data dalla variabilità genetica sia a livello di individui appartenenti ad una stessa popolazione che tra popolazioni appartenenti ad una stessa specie. Diversità di specie: data dalla varietà delle specie presenti in un determinato habitat. Diversità ecosistemica: data sia dalle grandi differenze tra i diversi tipi di ecosistemi, sia dalla varietà degli habitat naturali e delle comunità che interagiscono fra loro all’interno di uno stesso ecosistema.

Vandana Shiva e le razze umane nella biodiversità
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Secondo,Vandana, la Biodiversità, cioè la diversità dei suoli, del clima e delle piante, ha contribuito alla diversità delle culture alimentari nel mondo. I sistemi alimentari basati sul mais dell'America centrale, quelli asiatici basati sul riso, la dieta etiope a base di telf, l'alimentazione basata sul miglio dell'Africa non sono una questione agricola ma elementi centrali della diversità culturale. Sicurezza alimentare non significa solo accesso a una quantità sufficiente di cibo ma accesso ad alimenti culturalmente appropriati. Non abbiamo bisogno, secondo Shiva, dell'ingegneria genetica per ottenere raccolti ricchi di nutrienti: l'amaranto ha nove volte più calcio del grano e 10 volte più calcio del riso. Il suo contenuto di ferro è quattro volte quello del riso, e ha due volte in più di proteine. Il miglio finger fornisce 35 volte più calcio del riso, due volte più di ferro e cinque volte più di minerali. Il miglio barnyard contiene nove volte più minerali del riso. Prodotti nutrienti e rispettosi delle risorse come i diversi tipi di miglio e di legumi sono la strada più sicura verso la sicurezza alimentare. La biodiversità ha già le risposte ai problemi per risolvere i quali ci viene proposta l'ingegneria genetica. Spostarsi dalla monocoltura della mente alla biodiversità, dal paradigma dell'ingegneria a quello dell'ecologia, può aiutarci a conservare la biodiversità, rispondere ai nostri bisogni di alimenti e di nutrimento, evitare i rischi dell'inquinamento genetico. Conservare la biodiversità è impossibile, sempre secondo Shiva, finché essa non sia assunta come la logica stessa della produzione. Il «miglioramento» – dal punto di vista dell'impresa o da quello dell'agricoltura occidentale o della ricerca forestale – è spesso una perdita per il Terzo mondo, specie per i poveri. Non è, infatti, inevitabile che la produzione si contrapponga alla diversità: l'uniformità, come modello produttivo, è inevitabile solo nel contesto del controllo e del profitto.





Razze Umane: classificare la gente o comprendere la biodiversità?




Angela Montanari (ordinario di Statistica, Facoltà di Scienze Statistiche Università di Bologna) si è posta il quesito se esistono le razze nella popolazione umana? Nessuno ha mai (almeno esplicitamente), osato metterlo in dubbio prima del 1962 quando F.B. Livingstone ha pubblicato su Current Anthropology un articolo dal titolo “On the nonexistence of human races”. Certo è che quello dell’esistenza della razze umane rappresenta un problema spinoso e che il concetto di razza è in qualche modo elusivo. Sconcerta, infatti, tra coloro che dell’esistenza delle razze sono (o erano) convinti, la totale mancanza di accordo sul loro numero e sui confini che le separano, quasi a significare che i criteri proposti dai vari autori a sostegno delle loro tesi sono così labili e aleatori da non garantire neppure un minimo di omogeneità nella determinazione di entità che si pretende essere gruppi biologici naturali. I moderni studi genetici condotti su vasta scala sembrano ulteriormente incrinare l’ipotesi di una specie umana multirazziale a causa della incapacità, che da essi emerge, di associare a presunte etichette razziali insiemi di individui geneticamente distinti. L’idea alla base di questi studi presuppone da un lato la possibilità di misurare la variabilità genetica nella specie umana, dall’altro l’impossibilità di attribuire, in modo univoco, un individuo ad una razza sulla base del suo genotipo. Nell’uno e nell’altro caso la risposta non può prescindere dal ricorso alla logica e al metodo statistico che trova nell’esistenza della variabilità la sua ragion d’essere e nella misura e interpretazione delle differenze una delle sue massime espressioni. Gli studi, che combinano genetica e statistica, hanno mostrato l’esistenza di una struttura geografica nella variabilità del genoma umano, ma non sono stati in grado di provare l’esistenza di confini genetici definiti fra gruppi umani, evidenziando invece un gradiente nella distribuzione delle frequenze alleliche su gran parte del pianeta che sembra identificare nel flusso genico, e non nell’isolamento, la principale forza evolutiva che genera la variabilità nel genoma umano. Anche su questo tema Darwin aveva precorso i tempi, quando iniziando il capitolo sulle razze umane, nel suo volume The descent of man, le definiva innanzitutto "cosiddette razze", o quando indicava come non coerente con l’idea stessa di evoluzione la tesi dell’esistenza di specie umane distinte.

Diversità biologica


La Terra è popolata da un'incredibile quantità di esseri viventi diversi. Il termine che viene utilizzato per definire questa “folla” di organismi, che abitano ogni angolo del pianeta e che si sono adattati anche agli ambienti più estremi, è biodiversità o diversità biologica.
La biodiversità misura la varietà di specie animali e vegetali nella biosfera ed è il risultato di lunghi processi evolutivi. Gli elementi che costituiscono la biodiversità possono essere ricondotti a tre diversi livelli:
1. livello genetico
2. livello di specie
3. livello di ecosistema


Biodiversità genetica


La diversità genetica si riferisce alle differenze del patrimonio genetico all’interno di una specie. Le caratteristiche morfologiche, cioè le caratteristiche visibili degli organismi viventi, come ad esempio il colore degli occhi e del pelo nei gatti, sono esempi di varietà a livello di geni all'interno di ogni singola specie.

Biodiversità di specie

Quando si parla però di biodiversità, ci si riferisce generalmente alla biodiversità di specie, cioè alla diversità delle diverse specie in un determinato ambiente, dove per specie si intende un gruppo di organismi che si possono incrociare tra di loro dando una prole feconda.
La biodiversità di specie può essere misurata attraverso il numero di specie in una data area (ricchezza di specie), il numero di individui di ogni specie in un luogo (abbondanza di una specie) e attraverso il rapporto evolutivo tra specie diverse (diversità tassonomica).
Ad esempio, un uomo e uno scimpanzé hanno in comune il 98% dei geni, ma come tutti noi ben sappiamo, hanno caratteristiche che li rendono ben distinguibili l'uno dall'altro.
Alcune zone del pianeta hanno una ricchezza di specie maggiore di altre: all’equatore, ad esempio, c’è il più alto numero di specie, che decresce andando verso i poli.
Nell’oceano si trovano tante specie diverse in prossimità delle coste più che negli abissi.

Biodiversità di ecosistemi


La varietà di ambienti in una determinata area naturale è l'espressione della biodiversità a livello di ecosistemi, ossia considera le differenze che ci sono, ad esempio, tra una foresta temperata del Sud America e una foresta di mangrovie all’equatore.


A cosa serve la biodiversità?



Ogni specie ha una funzione particolare all'interno di un ecosistema. Alcune specie possono catturare energia sotto varie forme: ad esempio possono produrre materiale organico, contribuire al sistema nutritivo dell'ecosistema, controllare l'erosione del suolo, proteggere dall'inquinamento atmosferico e regolare il clima. Gli ecosistemi contribuiscono al miglioramento della produzione di risorse, come ad esempio, la fertilità dei suoli, l'impollinazione delle piante e la decomposizione di vegetali e animali. Forniscono anche veri e propri servizi come: la purificazione dell'aria e dell'acqua, la moderazione del clima e il controllo della pioggia o della siccità e di altri disastri ambientali. Ovviamente tutte queste importanti funzioni sono fondamentali per la sopravvivenza umana. Più un ecosistema è vario, cioè con maggior biodiversità, più è resistente agli stress ambientali. La perdita anche solo di una specie, spesso, può provocare una diminuzione nella capacità del sistema di mantenersi in caso di degrado. La biodiversità è come un grande serbatoio da cui l’uomo può attingere per ricavare cibo, prodotti farmaceutici e addirittura cosmetici. Questo aiuta a capire meglio l'importanza della conservazione della biodiversità, soprattutto per quanto riguarda l'agrobiodiversità, cioè la diversità delle produzioni agricole. Questa rappresenta una quantità innumerevole di piante che servono a nutrire e curare gli esseri umani. La si trova nell'immensa varietà di colture e specie animali con caratteristiche nutrizionali specifiche, in razze di bestiame che si sono adattate ad ambienti ostili, negli insetti impollinatori e nei microrganismi che rigenerano il suolo agricolo.
La biodiversità è “l'assicurazione” sulla vita del nostro pianeta e quindi si deve conservare ad ogni costo, perché costituisce un patrimonio universale che può offrire vantaggi immediati all'uomo. L'importanza economica della biodiversità per l'uomo si può riassumere in questi punti: la biodiversità offre cibo: raccolti, selvicoltura, bestiame e pesce; la biodiversità ha un'importanza fondamentale per la medicina. Tantissime specie di piante sono utilizzate per scopi medicinali sin da antichissimi tempi. Un esempio è il chinino, estratto dell'albero della china (Cinchona calisaya e C. officinalis) che viene impiegato per la lotta contro la malaria. Inoltre, alcuni studiosi ritengono che il 70% delle medicine anti-cancro provenga da piante della foresta tropicale. Sembra che su 250.000 specie di piante conosciute, solo 5.000 siano state studiate per le possibili applicazioni mediche; la biodiversità ha un notevole ruolo anche nell'industria per la produzione di fibre tessili, legno per costruzioni e produzione di energia. Molti prodotti industriali si ottengono grazie alla biodiversità: lubrificanti, profumi, carta, cere, gomme, tutti derivati da piante; ma anche prodotti di origine animale come lana, seta, cuoio, pelli, ecc. La biodiversità è fonte di ricchezza anche nel settore turistico e delle attività ricreative: la natura selvatica e la presenza di animali, infatti, attira ogni anno migliaia di turisti da tutto il mondo.


Perché perdiamo la biodiversità?



La causa principale della perdita di biodiversità è da attribuire all'influenza dell'uomo sull'ecosistema terrestre a livello globale. L'uomo, infatti, ha alterato profondamente l'ambiente modificando il territorio, sfruttando le specie direttamente, ad esempio tramite la pesca e la caccia, cambiando i cicli biogeochimici e trasferendo specie da uno luogo all'altro del pianeta. Le minacce alla biodiversità si possono riassumere in questi principali punti: 1. Alterazione e perdita degli habitat: la trasformazione delle aree naturali determina non solo la perdita delle specie vegetali, ma anche la riduzione delle specie animali ad esse associate. 2. Introduzione di specie esotiche e di organismi geneticamente modificati: specie originarie di una data area, introdotte in nuovi ambienti naturali, possono portare a diversi scompensi nell'equilibrio ecologico. 3. Inquinamento: l'attività umana influisce sull’ambiente naturale producendo effetti negativi diretti o indiretti che alterano i flussi energetici, la costituzione chimico-fisica dell'ambiente e l'abbondanza delle specie (vedi anche “Acqua”, “Atmosfera” e “Suolo”). 4. Cambiamenti climatici: ad esempio, il riscaldamento della superficie terrestre incide sulla biodiversità perché mette a rischio tutte le specie adattate al freddo sia per latitudine - specie polari - sia per altitudine - specie montane (vedi il documento “Atmosfera”, paragrafo “I cambiamenti climatici”. 5. Sovrasfruttamento delle risorse: quando l’attività di cattura e di raccolta (caccia, pesca, raccolti) di una risorsa naturale rinnovabile in una data area è eccessivamente intensa, la risorsa stessa rischia di esaurirsi, come, ad esempio, sta accadendo per sardine, aringhe, merluzzo, tonno e per molte altre specie che l’uomo cattura senza lasciare il tempo agli organismi di riprodursi (vedi anche “Cibo sostenibile”, “Pesca”).

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Habitat: un puzzle da ricomporre





Una delle principali minacce per la sopravvivenza delle specie è l'alterazione, la perdita e la frammentazione dei loro habitat. L'uomo, infatti, ha profondamente modificato il territorio a seguito della forte crescita demografica, dello sviluppo industriale, dell'espansione della rete dei trasporti e dell'industrializzazione dell'agricoltura e della pesca. Nell'ultimo secolo le modificazioni del territorio hanno riguardato soprattutto l'aumento di superfici per l'agricoltura e l'allevamento, la crescita delle aree urbane, lo sviluppo delle reti stradali e delle relative infrastrutture, la costruzione di impianti idroelettrici e delle opere idrauliche, lo sfruttamento dei giacimenti del sottosuolo e l’utilizzo per la pesca di imbarcazioni più potenti e reti più efficaci. A causa di queste modifiche, gli ambienti naturali vengono alterati, distrutti e suddivisi, causando la perdita e la divisione in piccole parti degli habitat. L'importanza della perdita di habitat è sicuramente intuitiva, mentre il concetto di “frammentazione” è un po' più difficile da comprendere. Per frammentazione di habitat si intende una divisione del territorio in diverse aree più piccole che possono rimanere in qualche misura connesse tra di loro o essere totalmente isolate. La conseguenza di questo porta alla suddivisione delle popolazioni distribuite in quella data area che risultano, quindi, meno consistenti di quella originaria. Le popolazioni diventano, per questo, più vulnerabili agli stress esterni, alle modificazioni climatiche, al disturbo antropico, ad epidemie e al deterioramento genetico dovuto agli incroci tra individui “imparentati”.


Specie esotiche e Ogm



Spesso viene trascurato un fattore molto importante: l'introduzione di specie alloctone, cioè specie che sono originarie di altre aree geografiche e che, quindi, non si sono adattate, attraverso lunghi processi di selezione naturale, al nuovo ambiente in cui vengono inserite. E' stato calcolato che circa il 20% dei casi di estinzione di uccelli e mammiferi è da attribuirsi all'azione diretta di animali introdotti dall’uomo. Il motivo di questa estinzione può essere attribuito a diverse cause: alla competizione per le risorse limitate, alla predazione da parte della “nuova” specie, alla diffusione di nuove malattie e ai danni che le specie introdotte possono causare alla vegetazione naturale, alle coltivazioni e alla zootecnia. Un esempio del problema in Europa è dato dall'introduzione dello scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) di importazione nordamericana, che sta sostituendo lo scoiattolo rosso europeo (Sciurus vulgaris). Un altro problema che causa la perdita di biodiversità è da attribuire all'introduzione nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (OGM), detti anche transgenici. Un OGM è un organismo nel cui corredo cromosomico è stato inserito, grazie a tecniche di ingegneria genetica, un gene estraneo preso da un organismo di specie diversa. In questo modo si possono dare le caratteristiche desiderate al nuovo organismo: ad esempio alcuni vegetali possono diventare resistenti ad erbicidi o ad insetti nocivi, alcuni animali allevati sono più produttivi o più resistenti alle infezioni. Sulla potenziale dannosità degli OGM è in corso un acceso dibattito tra chi ritiene che i vantaggi per la medicina e per la società siano maggiori rispetto ai possibili effetti sull’ambiente e chi afferma che si sappia troppo poco per poterli utilizzare e che l'ambiente risentirà dell'inquinamento genetico di specie naturali con numerose conseguenze: la trasmissione involontaria di resistenza agli erbicidi in piante infestanti, l’evoluzione di parassiti più resistenti, l’aumento dell'uso di erbicidi, la scomparsa di specie di insetti e, di conseguenza, la perdita di biodiversità. Esempi di OGM si trovano in due particolari piante: il mais e la soia. Nel mais la resistenza agli insetti nocivi viene raggiunta inserendo il gene Bt del batterio Bacillus thuringiensis. Questo batterio, che vive nel terreno, produce una proteina che diventa tossica solo nell'intestino dell'insetto e ne determina la morte. La proteina non è tossica per l'uomo o per altri animali, infatti, prima dell'invenzione di queste sofisticate tecniche di ingegneria genetiche, veniva utilizzata come insetticida naturale, in particolare in Canada per proteggere le foreste dall'attacco degli insetti. Questa tecnologia consente nelle piante di mais di ridurre gli insetti dannosi e la contaminazione da parte di batteri, virus e funghi che possono produrre micotossine cancerogene. Questa stessa tecnica viene applicata alla soia per renderla resistente agli erbicidi, in particolare al glifosato e al glifosinato, erbicidi biodegradabili innocui per l'uomo e gli animali, ma capaci di uccidere tutte le piante. In questo modo si possono sterminare tutte la piante infestanti senza ulteriori trattamenti con prodotti altamente dannosi per l'uomo e l'ambiente.

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