di Roberto Maurizio
Un'immagine di repertorio della Corsa dei CarriLa leggenda
La leggenda è molto contrastante nel decorso degli eventi, ma giunge ad una conclusione comune. Quattro ricchi nobili (tra cui il conte di San Martino, il barone di Chieuti, il duca di Larino ed il marchese di Ramitelli) si incamminarono per un battuta di caccia. Vista però una sorgente d'acqua, ben pensarono di abbeverarsi ad essa. Lasciarono così i loro cavalli legati ad una quercia nelle cui vicinanze era posto un masso di enormi dimensioni, sopra il quale lasciarono i loro archi e le loro frecce. Uno dei loro cavalli, però, spostò il grosso masso ed al loro ritorno i nobili trovarono il corpo di un monaco il quale deteneva un medaglione su cui era impresso Leone (ma non è certo se questo fosse il suo nome).Tale monaco benedettino Leone compiva numerosi miracoli, molto noto nelle zone di Guglionesi, Larino, Chieuti, Ramitelli ed ovviamente San Martino. La regola della sua vita era quella latina dell'"ora et labora". I nobili, visto quanto accaduto, vollero appropriarsi delle reliquie del corpo, ma non giunsero ad una soluzione in quanto ognuno di loro voleva detenere per sé lo stesso corpo. Di qui ebbe inizio una violenta discussione tra i nobili, per stabilire chi dovesse appropriarsi del corpo del monaco: il conte di San Martino, infatti, aveva da parte sua la certezza che dovesse essere lui ad avere il corpo in quanto lo stesso era stato scoperto dal suo cavallo; il duca di Larino, invece, non voleva perder l'occasione di conquistare una vittoria contro gli altri nobili così da guadagnarsi il favore dell'intera classe nobile; il barone di Chieuti pretendeva invece il corpo per dare un tocco di eleganza alla sua proprietà e per venerare lui personalmente il corpo del monaco; infine il marchese di Ramitelli esigeva il corpo in quanto fu trovato sui territori di sua proprietà. La decisione, alla fine della violenta discussione, fu presa: i nobili si accordarono affinché il corpo fosse posizionato all'interno di un carro: lo stesso carro sarebbe stato trainato da due buoi per un tratto e da altri due buoi per un altro tratto, a partire dal luogo del ritrovamento. Si sarebbe accaparrato il corpo del monaco il nobile proprietario del territorio in cui si sarebbe fermato il carro. Così come d'accordo, venne posizionato il corpo sul carro, per poi essere trainato da buoi a partire dal luogo del ritrovamento: così come prevedeva lo stesso accordo, trascorso il tratto prestabilito, venne effettuato il cambio dei buoi. I buoi trainarono così il carro con il corpo del monaco nel territorio di San Martino, proprio nel luogo in cui ora è posta la Chiesa del Paese molisano, luogo in cui ancora oggi sono conservate le reliquie. Il monaco, di cui mai si seppe il nome certo, fu proclamato Santo e canonizzato come San Leo. Con il passare del tempo, si venne a creare un crescere di pellegrinaggi finalizzati alla venerazione del monaco, ora Santo. I pellegrinaggi, rigorosamente realizzati con i carri trainati da buoi, portarono a creare delle piccole corse per chi per primo sarebbe arrivato alla Chiesa in cui era conservato il corpo del Santo. Da qui iniziarono ad organizzarsi vere e proprie corse in partenza dal luogo del ritrovamento ed aventi per traguardo la chiesa stessa in cui è il Santo, percorso ancora oggi valido e che in più prevede il cambio dei buoi, così come avevano previsto i quattro nobili. Ancora oggi, la tradizione continua con lo stesso vigore e la stessa passione dei tempi antichi fino a causare una vera e propria attesa per questa corsa che si svolge ogni anno il 30 aprile, prima della festa del patrono San Leo, che si celebra il 2 maggio. La Carrese ha sempre un fascino particolare e crea un'atmosfera unica nel paese di San Martino in Pensilis, oltre allo spettacolo del cambio dei buoi e durante il percorso: spettacolo generato dal fatto che ci si trovi di fronte a carri trainati da buoi. Per venti minuti, non esistono legami familiari o affettivi, ma conta solo la bandiera dei carri, che oggi sono tre (Carro dei Giovani, Carro dei Giovanotti, Carro dei Giovanissimi). Al termine della corsa il sindaco, proclama il vincitore dal balcone della piazza in cui è situato il municipio cittadino. Vince chi per primo inforca l'arco che conduce al piazzale antistante la Chiesa di San Pietro Apostolo, dove sono conservate le Sante reliquie di Leone, patrono di San Martino. Il carro vincitore ha l'onore di portare durante la processione il busto argenteo di San Leo, patrono di San Martino.
Testo della carrese di S. Martino in Pensilis
Me vuoglie fa la Croce, Patr’e Figlie,
A Ppremmavére ce rennov’u munne,
L’àrbere ce recrop’’a stéssa fronne,
Cchiès’adorat’ e scala triumbante
Nguésta Cchièse ce stà ‘nu Corpe Sante
Anne, Madonna mi’ de lu Saccione,
E Sant’Adame ch’è lu cumpagnone
Me vuoglie fa’ ‘na vèsta pellegrine
A llà ce staie ‘na conca marine
E la Madonne lu tenéve nzine
E nu’ laudam’ a tté, Matra Mariie
E nuie Lu pregame tutte quante
E nuie Lu pregame ndenucchiune
E nuie Lu pregame e nzéme dégne
A ndò ce v’ a scarcà lui vérde làure?
Nu’ veléme laudà quistu gran Sante
Tòcca, carrier’ e ttòcche’ssu temone
Da piccolo, quando vivevo ancora a San Martino in Pensilis, avevo “adottato” un cane randagio, che non condivideva molto la “civiltà automobilistica”. Era un “bastardo”, un “incrocio” tra un cane volpino e un “segugio”. Volpino, perché assomigliava ad una volpe e segugio perché rincorreva le automobili e soprattutto le motociclette e le vespe. Un giorno finì sotto un camion. Fu salvato solo dal mio potente amore. Lo curai per giorni e giorni, finché non riprese tutte le sue forze. Poco dopo, venne investito da una vespa e rimase con la zampa sinistra offesa. Non era un cane. Era una persona. Capiva tutto e amava la libertà, dormiva nel mio giardino e non amava molto i gatti. Il suo nome era LEONE.


“Un intervento urgente non solo per fronteggiare l'attuale emergenza alimentare mondiale, ma per cogliere le opportunità che l'aumento dei prezzi può offrire per il rilancio l'agricoltura ed evitare che situazioni drammatiche di questo tipo si riverifichino in futuro”. Questo l'appello lanciato dal Direttore Generale della Fao, Jacques Diouf, alla Comunità internazionale, che prospetta una strategia su due fronti: da un lato l'adozione di politiche e programmi per assistere i milioni di affamati, e dall'altro la promozione di misure per aiutare gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo a trarre vantaggio da questa nuova situazione. "Occorre produrre più cibo laddove è più urgente contenere l'impatto del rialzo dei prezzi sui consumatori poveri", ha spiegato Diouf, "e allo stesso tempo potenziare la produttività e ampliare la produzione per creare reddito e maggiori opportunità d'impiego per le popolazioni rurali povere". E ha continuato: "Dobbiamo far sì che i piccoli agricoltori abbiano accesso alla terra, alle risorse idriche e a fattori produttivi come sementi e fertilizzanti; questo li metterà in grado di aumentare la produzione in risposta ai prezzi più alti, di incrementare i propri redditi e migliorare le proprie condizioni di vita, alla fine questo andrà a beneficio anche dei consumatori". Della questione dei prezzi alimentari discuteranno dal 3 al 5 giugno i leader mondiali che parteciperanno alla Conferenza ad alto livello della Fao su 'Sicurezza alimentare mondiale: le sfide del cambiamento climatico e la bioenergia'. Tra gli oltre 30 capi di Stato e di Governo che hanno gia' assicurato la propria partecipazione, vi sono il presidente francese Nicolas Sarkozy, quello brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva e il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon.
In Europa il problema alimentare riguarda potenzialmente più di 74 milioni di cittadini che vivono oggi al di sotto della soglia di povertà. E' quanto afferma la Coldiretti nel commentare l'effetto dell'aumento dei prezzi nei paesi poveri e in quelli sviluppati come il Giappone, dove si registrano carenze di scorte per generi di prima necessità quali il burro, o gli Stati Uniti, dove alcuni supermercati hanno adottato misure per prevenire l'accaparramento del riso. Uno scenario che secondo la Coldiretti deve significare una nuova attenzione per la crescita dell'agricoltura a livello nazionale, comunitario ed internazionale per scongiurare i limiti alla crescita rappresentati dalla scarsità di cibo dovuta all'esplosione dei costi di coltivazione e di allevamento oltre che al boom della domanda dei Paesi emergenti come India e Cina e agli effetti dei cambiamenti climatici. "Siamo di fronte - sottolinea la Coldiretti - alla necessità di un cambiamento delle gerarchie all'interno dell'economia e un ruolo nuovo e centrale da svolgere per l'agricoltura nei prossimi anni, sia nella fornitura di beni alimentari che come garanzia per la salute e la sicurezza ambientale. Occorre - continua la Coldiretti - sostenere e qualificare la politica agricola comune per non aggravare il problema dell'approvvigionamento alimentare dell'Europa in un momento in cui molti paesi produttori stanno chiudendo le frontiere con limitazioni alle esportazioni e ripercussioni anche per l'Italia che importa quasi la metà del proprio fabbisogno in settori chiave come i cereali, la carne e il latte. L'intera Unione Europea - conclude la Coldiretti - e' un importatore netto di prodotti agricoli con una bilancia commerciale negativa di circa 6 miliardi di dollari ed e' anche il primo importatore di prodotti agricoli dai paesi in via di sviluppo con un valore pari circa a quello di Usa, Giappone, Canada ed Australia messi insieme".
Gli aumenti dei prezzi di grano, mais, riso e soia stanno spingendo verso “un omicidio di massa silenzioso” nei paesi più poveri. Lo ha detto nei giorni scorrsi a Berlino, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, il relatore speciale dell'Onu per il diritto al cibo Jean Ziegler. Qualche giorno fa, aggiunge il quotidiano, Ziegler ha spiegato anche che la produzione di biocarburante è “un crimine contro l'umanità”, dal momento che contribuisce a far salire i prezzi. “Abbiamo - ha sottolineato Ziegler - un gregge di operatori di mercato, di speculatori e di banditi finanziari che sono diventati selvaggi e hanno costruito un mondo di disuguaglianze e orrore: dobbiamo mettere fine a tutto questo”. Diversamente la gente si ribellerà: “E' possibile, propr io come lo è stata la rivoluzione francese”. (Apcom)


Il delfino comune è sparito dal Mare Adriatico a causa dell'impatto antropico, e sta scomparendo anche in Mar Ionio. "E' necessario un intervento immediato, ma finora i governi dei paesi mediterranei hanno mancato l'obiettivo di attuare misure di tutela adeguate, per garantire un futuro a delfini e balene" afferma Nicolas Entrup di Wdcs (Whale and Dolphin Conservation Society). Come risposta alla stagnazione politica e per affrontare questi problemi, istituti di ricerca e organizzazioni per la conservazione hanno recentemente unito le loro forze creando una nuova e influente alleanza per la tutela della biodiversità marina e la riduzione dell'impatto delle attività umane sui cetacei.
Il network, chiamato Cetacean Alliance, mira a sviluppare sinergie e creare opportunità di collaborazione fra individui e organizzazioni determinate a proteggere le popolazioni di cetacei che vivono in Mediterraneo. L'alleanza comprende organizzazioni non-governative di ricerca e conservazione con basi in Austria, Croazia, Germania, Grecia, Italia, Slovenia, Spagna, Svizzera e Regno Unito, in rappresentanza di oltre 100.000 associati. Cetacean Alliance ha lanciato un nuovo sito internet, 




La tempesta passerà
Il torneo di calcetto multietnico
Rom, Sinti, Kale ...





