19 aprile 2008

Giuliana Sgrena e Ingrid Betancourt

Ingrid e Giuliana
di Roberto Maurizio

Metamorfosi: larva, fantasma, embrione
L’appello ai carcerieri per la liberazione di Ingrid Betancourt è stato lanciato in un’accorata lettera scritta da Giuliana Sgrena il 4 aprile 2008. La missiva è stata anche l'occasione per consolare una donna ormai diventata una “larva”. Larva in latino significa “fantasma” e rappresenta, in natura, un embrione che diventerà adulto attraverso una o più metamorfosi che possono essere drastiche o graduali. Ingrid, ormai prigioniera da 220 settimane, 2.245 giorni, più di 6 anni, sta subendo una metamorfosi al contrario: da donna a prigioniera, da prigioniera a schiava, da schiava a larva, da larva a embrione, da embrione a fantasma. Ma i fantasmi non fanno paura subito. Occorre che passi del tempo prima che diventino minacciosi. Prima o poi, però, il Fantasma di Ingrid farà paura a qualcuno.

Una voce nel deserto
Giuliana Sgrena, ex prigioniera in Irak, ha inviato un suo piccolo "messaggio" a Ingrid. Purtroppo, la lettera di Giuliana, come, del resto, questo articolo, non saranno letti dai carcerieri in tempo utile: ma la storia ha un orologio diverso dai Rolex indossati dagli uomini che credono di spostare le lancette a loro piacimento.

Contro i fondamentalismi
Pubblichiamo, volentieri, la lettera di Giuliana, non solo perché come donna ha passato sulla sua pelle le stesse paure di Ingrid, ma perché la Sgrena ha una sensibilità che dovrebbe essere data in prestito a tante persone che si dichiarano contro le ideologie e i fondamentalismi e dare una bella lezione a chi ancora è fortemente ideologizzato e fondamentalista.

Ad Algeri con Giuliana
Un paio di anni fa, in occasione della presentazione del libro di Giuliana, “Le Front Iraq”, pubblicato da Aframed Algeria, ho avuto l’occasione di condividere alcuni giorni con la Sgrena ad Algeri. Il resoconto del viaggio, pubblicato sulla rivista "Leptis", febbraio 2006, lo renderemo noto nei prossimi post. Quel viaggio lo "pagai caro": mi costò l'incarico di Vice Preside, solo perché ero andato con una “comunista”. La decisione venne prese da una Preside sindacalista della Cgil. In contropartita, la permanenza ad Algeri mi diede la possibilità di conoscere una persona così affabile, mite, intelligente, colta, e soprattutto donna fino in fondo: Giuliana Sgrena. In un albergo di Algeri, uno tra i più belli della capitale algerina, in una serata stellata di ottobre, guardando il passaggio di Giove sulle cime degli alberi, chiesi a Giuliana se avesse mai visto, nella sua prigionia, il chiarore delle stelle e dei pianeti. Lei mi rispose, ma non sono certo, perché quella era la risposta che mi aspettavo, “sì Giove illuminava la mia stanza buia e mi dava coraggio”. Speriamo che padre Giove possa portare un po’ di speranza, di fiducia e coraggio anche a Ingrid.

Ingrid resisti
Ingrid resisti – così inizia la lettera della Sgrena a Betancourt -. Quando le speranze sembrano esaurite, quando il dolore ti fa ritenere il male peggiore quello minore, pensa a chi ti aspetta e ha sofferto tremendamente per la tua mancanza. Quando la tua vita sembra già aver abbandonato il tuo corpo che osservi da fuori come se ti fosse già estraneo non lasciarlo giacere. Chi può assumersi la responsabilità di averti abbandonato a una sorte così atroce? Chi potrebbe assumersi il peso della tua dipartita? Nessun uomo per quanto insensibile può mettere in gioco la vita di una persona innocente, nessuna ragione o, peggio ancora come rischia di accadere adesso, nessuna strumentalizzazione della ragione di stato può giustificare una condanna simile. Ingrid resisti come sa resistere una donna, abituata alle più atroci traversie della vita. So quanto è difficile, anche se la mia esperienza è stata ben poca cosa rispetto alla tua. Ma ho provato l'isolamento, il dolore, la paura dell'abbandono, ho sentito la morte bussare ripetutamente alla mia porta. Ma anche i peggiori presentimenti possono essere allontanati. Ingrid non sei sola, i tuoi cari ti aspettano. Ti aspettiamo.

Liberate Ingrid
P.S. A chi ha nelle mani la vita di Ingrid, anche se non mi ascolterà, voglio dire che un gesto di umanità vale più di tante battaglie vinte. Una donna, una persona, non può diventare un'arma di guerra. Anche se chi la tiene sua prigioniera pensa di lottare per una causa giusta chiedendo la liberazione dei molti guerriglieri prigionieri in mano al governo Uribe: i miei rapitori mi hanno liberata, liberate Ingrid!

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