9 aprile 2008

La Bonino a Reykjavik

La Bonino a Reykjavik
di Roberto Maurizio


Avvertenza. Questo appunto non ha nulla da spartire con le prossime elezioni politiche. E' solo un'annotazione personale molto banale: chi ha i soldi comanda, chi conosce la lingue comanda, chi ha cultura... non dovrebbe comandare.



La vita di Emma Bonino rappresenta un po’ il percorso storico dell’Italia dal 1948 ad oggi. Nasce come secondogenita di Filippo Bonino e Catterina Barge (di quale nazionalità non è dato di sapere), il 9 marzo 1948, a Bra (Cn). Vive i suoi primi anni in una fattoria nelle campagne di Bra. Nel 1954 la famiglia lascia il podere e si trasferisce a Bra, dove il padre inizia a commerciare il legname e raggiunge presto una buona stabilità economica. Nel 1967, dopo aver ottenuto la maturità classica al liceo Gandino della sua città, la Bonino si sposta a Milano per frequentare la facoltà di Lingue e letterature moderne alla Bocconi, dove si laurea nel 1972, con una tesi su Malcolm X. La Bonino entra in politica nel 1975 come uno dei fondatori del Cisa (Centro per l’informazione sulla sterilizzazione e l’aborto). Subito dopo, si autoconsegna per procurato aborto e viene imprigionata, diventando così una dei protagonisti della campagna per la legalizzazione dell’aborto. E’ il primo dei suoi molti arresti per disobbedienza civile. Mentre i recensori della vita del tanto lodato Ministro per il Commercio Estero del governo Prodi, si dilungano sulla vita dell’”eroina” dal 1975 in poi, nessuno parla dei suoi lunghi anni di incubazione trascorsi fino a questa fatidica data. L’ha raccontato lei stessa, in un convegno trasmesso da Radio Radicale: “Oggi i giovani non sono più come quelli di una volta. Io partivo per gli Stati Uniti, facendo scalo a Reykjavik e di nuovo scalo in Canadà e finalmente arrivavo a New York”. “Oggi mia nipote, prima di partire per gli Usa deve avere la prenotazione dell’albergo, il pagamento dei suoi spostamenti settimanali, il biglietto aereo diretto Milano – Los Angeles”. Il racconto è un po’”romanzato” (chi volesse avere la versione integrale può collegarsi al sito di Radioradicale), ma il senso è: io, Bonino, negli anni sessanta e primi settanta, potevo permettermi di andare negli Stati Uniti e restarci per mesi e mesi. Oggi i giovani sono codardi e aspettano l’assegno del papà. Ma, signora Bonino, chi in Italia, negli anni ‘60, poteva permettersi un viaggio negli Stati Uniti? Solo per sostare a Reykjavik bisognava avere indumenti di almeno 50 mila lire dell’epoca, cioè mezzo stipendio di un maestro o di un professore di allora. Questi viaggi di “lusso” finalizzati all’acquisizione di quella che un certo Marx, chiamava i mezzi di produzione, erano esclusivamente riservati ai figli di papà? La “carriera” della Bonino, tra gli altri meriti, è molto legata alla conoscenza delle lingue, soprattutto l’inglese (speriamo, però, che la sua pronuncia inglese sia migliore della sua pronuncia italo-piemontese!) e dell'arabo, anni e anni vissuti a Il Cairo. La pattuglia radicale (incluso un ex, Rutelli) è stata quasi tutta “allevata” in batteria con i soldi di Papà. Ecco perché se la prendono con il Papa che non ha la a finale accentata (la à accentata significa quattrini da spendere). Sono certo che i giovani calabresi, molisani, siciliani, pugliesi, abruzzesi, campani, laziali e via dicendo, non possono permettersi, come le loro famiglie, di raggiungere la quarta settimana del mese. Mi dite, allora, come farebbero a programmare un viaggio di piacere o di studio negli Stati Uniti di due settimane? Questi giovani sono i nipoti di persone che con una “valigia di cartone” hanno attraversato il mondo e hanno donando il loro sangue (realmente) nelle miniere belghe, sui grattacieli canadesi, nelle aride pianure australiane, nelle vie di Brooklyn, in Germania, in Francia, a Torino, a Milano, a Mestre. Ministra Bonino, la povertà non sta solo nel Terzo mondo. E i nostri figli non possono permettersi, come te, di andare negli Stati Uniti, imparare l’inglese, fare carriera diplomatica, fare molte conoscenze nell’Undp. Il tuo messaggio, mi sembra, che sia rivolto più ai figli di Papà che continueranno così ad odiare il Papa, mentre quest’ultimo sarà sempre più vicino ai poveri figli, sempre più abbandonati dai politici e sempre più abbandonati a se stessi.

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