3 giugno 2010

Mannaggia alla miseria

I bersaglieri, quelli di Porta Pia, a Porta a Porta, tagliano la gola a “Mannaggia alla Miseria” della Wertmuller
di Roberto Maurizio
Mannaggia alla M…

Non sono io che ce l’ho con la Rai, ma è la Rai che ce l’ha con se stessa! Per la prima volta , però, in vita mia, ho applaudito alla ghigliottina che Bruno Vespa, con il suo Porta a Porta, ha voluto far cadere sulla testa della Wertmüller e sul suo brutto film andato in onda su Rai 1, a pizzichi e bocconi, con tanta pubblicità imbecille, “Mannaggia alla Miseria”. Il film, la cui storia è ambientata a Napoli, è stato girato quasi interamente in Puglia due anni fa – tra Martina Franca, Taranto e Brindisi-, ed è stato prodotto da Titania Produzioni di Ida Di Benedetto con Rai Cinema e con il contributo dell’ Apulia Film Commission. Il titolo di questa squallida storia viene dato, durante il film (non so le la parola è adatta), da uno pseudo scugnizzo napoletano di circa 11 anni, molto più grande della sua età. Infatti, forse lo scugnizzo si riferiva alle bestemmie sentite dal padre che aveva abbandonato la madre (come succede a Napoli e a Pozzuoli). Porca Maremma, porca miseria, porco zio, è il linguaggio prediletto dalle lavandaie come la Wertmuller. Intendiamoci, non c’è nulla di male, quando un operario si da un colpo di martello sul pollice e “invoca” il suo dio, quando un giocatore sbaglia un rigore o prende un calcio sugli stinchi, va bene, diciamo così. C’è una pseudo ragione. E’ una reazione “naturale”. E dio sa che non è una bestemmia. Diventa bestemmia, quando una regista la mette nel titolo: Mannaggia alla M…. E’ fin troppo simile, allusivo e propulsivo per non far capire al pubblico che la gente “normale” della “fiction”, come i tre protagonisti di Mannaggia la M…, non possano non avercela con chi ha concesso tanta grazia e soldi a Bruno Vespa. Questo figlio recondito del Duce, salvato sul Gran Sasso, questa volta con i bersaglieri ha salvato il pubblico italiano da una delle più invereconde idee venute in mente dalla genialità di un’italianità ottusa e diversa, rappresentata da Lina Wertmuller.

Yunus
Insomma. Non so, come e quando, qualcuno possa aver dato a questa regista, che gli studenti saranno costretti a studiare sui libri di storia e ad odiarla per le sue idiozie professate prima e durante una sua nessuna conversione, un copione di basso tenore etico, sociale, solidale e politico. In sintesi, il film si ispira a Mohammed Yunus, premio Nobel per la pace nel 2006, ideatore e realizzatore del microcredito per la banca dei poveri, un sistema di finanziamento che ha cercato di aiutare migliaia di famiglie del Bangladesh e dell’India a uscire dalla povertà. L’India, che fa parte dei Bric (Brasile, Russia, India e Cina) si è affermata geopolitacamente nel mondo. Il Bangladesh, seguendo Yunus, come i basilischi e gli altri figli del meridione, è rimasto con la faccia attaccata sulla povertà, nonostante la sua banca.

Abbattere i costi

Il film tv, diciamo film, diciamo tv, andato in onda ieri stasera, 2 giugno 2010, in prima serata su Rai 1, “Mannaggia alla Miseria”, è stato girato in Puglia tra settembre e ottobre 2008 (solo due mesi per abbattere i costi), si avvale, senza esagerare, della regia e della sceneggiatura di Lina Wertmuller, che l’ha scritto insieme a Ivan Cotroneo. Questa emerita boiata credevo che fosse stata scritta solamente da uno solo, sotto l’effetto positivo di un rigeneratore come, ad esempio i bersaglieri di Porta a Porta. No! Invece è stato scritto da due cervelli, di cui uno stava vedendo “Porta a Porta” con i bersaglieri che discutevano dei difetti e delle virtù degli italiani. Il set pugliese non centra nulla, infatti la storia è ambientata a Napoli dove tre neolaureati in economia e commercio, ovvero Antonio (Sergio Assisi), Marina (Gabriella Pession) e Chicchino (Tommaso Ramenghi), di ritorno da un viaggio in India (chissà perché c’erano andati), decidono di avviare un progetto di microcredito per aiutare le famiglie in difficoltà del capoluogo campano e dell’hinterland. Missione meritevole, destinata al lieto fine, che intreccia una storia d’amore che vede la protagonista un po’ mignotta, oggetto del desiderio di entrambi i compagni d’avventura. Una storia non solo apparentemente leggera, con intrecci di basso livello, con l’utilizzo di minorenni pronti a gestire il marciapiede, con altre che vengono finanziate dal microcredito per gestire un’attività che è ritenuta la più antica del mondo, se non ci fosse quella ancora più vecchia di dare i soldi degli italiani a simili cazzate senza capo e senza coda. L’imbecillità viene prima della prostituzione. La donna se non fosse stata imbecille non si sarebbe fatta sfruttare. Non è questo maschilismo puro, è solo che dal film della Wertmuller emerge ancora una donna “depressa” che non sa fare altro se non baciare a destra e a sinistra. Ridurre a questo livello la donna, quella che crea realmente il nucleo familiare, è un po’ riduttivo. “Mannaggia la M…” è un modo per mettere sempre di più con le spalle al muro che donne che non riescono a liberarsi della crudeltà degli uomini, che nel napoletano, raggiunge il massimo della rudezza maschile, se non ci fossero però i calabresi, i siciliani, i tunisini e i marocchini.

Le idee di Yunus in Italia diventano cazzate, come una favola


La cazzata di Yunus di dare i soldi ai poveri in Italia è simile a quella di dare le noci agli sdentati. Se non hai i denti come fai a rompere le noci? Se non hai la capacità di indebitamento, come fai ad indebitarti? Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri. Ma la ricchezza proveniva da qualcuno che, rubando o lavorando, aveva prodotto reddito, quindi, poi veniva “trasferita”. Ma se io formo una banca, a Napoli, dove impera la Camorra, lo strozzinaggio e l’usura, come faccio a “trasferire” l’inesistente e credere che l’idea di Yunus possa essere realizzata? Non è detto che chi prende il Premio Nobel lo meriti e le sue idee siano le panacee per risolvere i problemi dell’umanità: Pirandello? Bene. Fo? Non so. Obama? Vediamo. Yunus? L’ideatore e realizzatore del microcredito, ovvero di un sistema di piccoli prestiti destinati ad imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali, per i suoi sforzi in questo campo ha vinto il Premio Nobel per la pace 2006. Yunus è anche il fondatore della Grameen Bank, di cui è direttore dal 1983. Yunus, giustamente, si è fatti i cavoli suoi. E la sua idea di dare i soldi ai poveri è bella e lodevole. I poveri dei paesi poveri hanno ancora una loro dignità. Sanno mantenere gli impegni assunti. Hanno una loro dignità. Ma come fa la Wertmuller, che conosce la Camorra, a presentare un film nel quale tre imbecilli credono di cambiare il mondo, porsi come Banca a pari merito con la Camorra. La banca della Wertmuller in questo becero film, aveva come capitale sociale circa 25.000 euro, è per questo che la Camorra non si nemmeno interessato di una baggionata del genere. Il Sud, la Campania, il Molise, hanno bisogno di banche, di finanziamenti per poter realizzare le idee e i lavori dei giovani. Un film o un parafilm come questo getta discredito sul Sud, su Yunus e sulla Grameen Bank. L’unica banca esistente nel Sud d’Italia, non sono i bersaglieri che mangiano le maltagliate di Vespa a Porta a Porta, non sono i tre protagonisti della coppia Wertmuller-Yunus annientati facilmente dalla Camorra, non è la Grameen Bank. E’ il federalismo del sud.

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