9 ottobre 2007

Grimm e Andersen

"Io vorrei, per un poco di tempo, essere convertito in uccello,
per provare quella contentezza e letizia della loro vita."
“Elogio agli uccelli”- Giacomo Leopardi

La Cornacchia
di Roberto Maurizio

SESTA PUNTATA – QUATTRO/CINQUE/1
I Fratelli Grimm

Jacob Ludwig Karl Grimm (Hanau 4 gennaio 1785 - Berlino, 20 settembre 1863) e Wilhelm Karl Grimm (Hanau, 24 febbraio 1786 – Berlino, 16 dicembre 1859), meglio noti come i fratelli Grimm, furono scrittori tedeschi, ricordati soprattutto per aver raccolto e rielaborato le fiabe della tradizione popolare tedesca nelle opere Fiabe (Kinder und Hausmärchen, 1812-1822) e Saghe germaniche (Deutsche Sagen, 1816-1818). Fra le fiabe più celebri da loro pubblicate vi sono classici del genere come Hansel e Gretel, Cenerentola, Cappuccetto rosso, Il principe ranocchio, Raperonzolo, Pollicini e Biancaneve. Meno nota è la favola sulle Cornacchie. Ma è troppo bella. La presentiamo, qui di seguito, integralmente.


“Le cornacchie”
Un onesto soldato aveva guadagnato del denaro e lo aveva messo da parte, perché era scrupoloso e non lo scialava, come gli altri, all'osteria. Due suoi camerati avevano il cuore cattivo e volevano portargli via il suo denaro; in apparenza, tuttavia, si comportavano molto amichevolmente. Un giorno gli dissero: -Ascolta, che cosa stiamo a fare qui in città, chiusi come se fossimo prigionieri? E per giunta uno come te, che a casa potrebbe guadagnare a dovere e vivere contento-. Insistettero così a lungo con questi discorsi, finché egli acconsentì e scappò con loro. Ma gli altri due non avevano altro intento che di rubargli il denaro fuori città. Quand'ebbero percorso un tratto di strada, i due camerati dissero: -Dobbiamo prendere la strada verso destra se vogliamo arrivare al confine-. -Ma neanche per idea!- rispose l'altro -di qui si torna dritti in città: dobbiamo proseguire a sinistra.- -Che cosa? Vuoi forse fare il prepotente?- gridarono gli altri due, gli si scagliarono addosso, lo picchiarono finché egli cadde a terra e gli presero i soldi di tasca. Ma non era ancora abbastanza: gli cavarono gli occhi, lo trascinarono alla forca e ve lo legarono stretto. Lo abbandonarono là e se ne tornarono in città con il denaro rubato. Il povero cieco non sapeva in quale luogo triste si trovasse; tastò attorno a s‚ e capì di essere seduto sotto una trave di legno. Allora pensò che si trattasse di una croce e disse: -E' stato bello da parte vostra avermi almeno legato sotto una croce: Dio è con me- e incominciò a pregare. Quando stava per imbrunire, udì un frullar d'ali: erano tre cornacchie che si posarono sulla forca. Ne udì una che diceva: -Sorelle, che novità ci portate? Ah, se la gente sapesse quello che sappiamo noi! La principessa è malata, e il vecchio re l'ha promessa in sposa a colui che la guarisce. Ma questo non lo può nessuno poiché la principessa ridiventerà sana solo se il rospo che si trova nello stagno verrà ridotto in cenere ed ella la berrà-. La seconda cornacchia disse: -Ah, se la gente sapesse quello che sappiamo noi! Questa notte verrà dal cielo una rugiada salutare e portentosa, e chi è cieco e si strofina gli occhi con essa, riacquista la vista-. La terza disse: -Ah, se la gente sapesse quello che sappiamo noi! Il rospo può essere di aiuto a una sola persona e anche la rugiada è rimedio per pochi, ma in città c'è grande pericolo: tutti i pozzi sono prosciugati e nessuno sa che se si toglie la grossa pietra quadrata che si trova sulla piazza del mercato, e vi si scava sotto, ne sgorgherà dell'ottima acqua-. Quando le cornacchie ebbero pronunciato queste parole, egli le udì volar via con un frullar d'ali. Piano piano si liberò dalle corde, poi si chinò, raccolse qualche erbetta e si strofinò gli occhi con la rugiada che vi era caduta sopra. Subito tornò a vederci, e siccome in cielo c'erano la luna e le stelle, vide che si trovava presso la forca. Cercò allora un vaso di terracotta e raccolse quanto più potette della preziosa rugiada; poi andò allo stagno, rimosse un po' l'acqua, tirò fuori il rospo e, dopo averlo ridotto in cenere, si recò alla corte del re. Là fece bere la cenere alla principessa, e quand'ella guarì la domandò in moglie, come era stato promesso. Ma siccome era vestito miseramente, egli non piacque al re, sicché questi fece sapere che colui che volesse avere sua figlia in sposa doveva prima procurare acqua alla città; così credeva di essersi liberato di lui. Ma egli andò alla piazza del mercato e disse alla gente di sollevare la pietra quadrata e di cercare l'acqua scavandovi sotto. Così fecero e presto trovarono una bella sorgente che dava acqua in abbondanza. Il re non potette più rifiutargli la figlia, ed essi si sposarono e vissero insieme felici. Un giorno, mentre se ne andava a passeggio per i campi, incontrò i due camerati di un tempo che erano stati tanto sleali con lui. Essi non lo riconobbero, mentre egli li identificò subito, andò da loro e disse: -Vedete, sono il vostro camerata di un tempo, al quale avete cavato gli occhi in modo così infame; ma il buon Dio, per fortuna, me li ha fatti ricrescere-. Allora essi si prostrarono ai suoi piedi e chiesero grazia; e siccome egli era di buon cuore, ne ebbe pietà, li prese con s‚ e diede loro vestiti e nutrimento. Indi raccontò come gli erano andate le cose e come fosse arrivato a tanta fortuna. Appresa ogni cosa, gli altri due non si davano pace e vollero anch'essi trascorrere una notte sotto la forca per vedere se sentivano qualcosa di interessante. Quando si trovarono sotto al patibolo, udirono un frullar d'ali sopra le loro teste: erano le tre cornacchie. La prima disse alle altre: -Ascoltate, sorelle, deve averci ascoltate qualcuno, poiché la principessa è guarita, il rospo è sparito dallo stagno, un cieco è tornato a vederci e in città hanno scavato di fresco un pozzo; venite e cerchiamo, forse troveremo colui che ci ha ascoltate!-. Le tre cornacchie scesero a volo e trovarono i due soldati; prima che questi potessero difendersi, si posarono sulle loro teste e cavarono loro gli occhi a forza di beccate, poi continuarono a beccarli finché li uccisero. Così i due rimasero distesi sotto la forca. Non vedendoli tornare da due giorni, il loro vecchio camerata si chiese dove fossero andati a finire e si mise a cercarli. Ma non trovò altro che le loro ossa, le portò via dalla forca e le mise in una fossa.

Hans Christian Andersen

Hans Christian Andersen nacque nel 1805 nei bassifondi della città di Odense, figlio di un calzolaio e di una lavandaia alcolizzata. Era una famiglia povera che viveva in una singola stanza. La sorella era prostituta e il padre, che aveva 22 anni quando Hans Christian nacque, aveva problemi di salute. Pare che il padre di Hans ritenesse di avere qualche parentela con la famiglia reale danese; sebbene successive indagini abbiano portato a ritenere infondata questa teoria, essa continua tutt'oggi a circolare. Uno dei più grandi autori nordici di fiabe: rileggere questi capolavori è sicuramente un regalo alla propria fantasia, contro la quotidianità moderna. Raccontare fiabe per bambini: dove i contenuti, lo scriverli diventa arte e suggestione per bimbi e ragazzi. I segreti della popolarità: come e perché ogni storia e sceneggiatura basata su Andersen ha acquistato caratteri tradizionali ed è stata tramandata da padre in figlio è facile comprenderlo, risultando sufficiente leggere la storia dell'autore. La cornacchia, come presenza fisica all’interno delle favole di Andersen, appare in “La Regina delle nevi”, nel capitolo “Il principe e la principessa” e in “Gianbbabeo”, titolo originale “Domme Hans”, tradotto in spagnolo “Juan el bobo”, in francese “Hans le balourd”, in inglese “Clumsy Hans”.

Gerda arrivò in riva al mare e si fermò per riposarsi. Di colpo giunse un'enorme cornacchia, che le disse: Sai forse so dove è finito il tuo Kay! Credo che stia per sposare la principessa di un regno qui vicino! Gerda le chiese di portarla nel regno, per vedere se era vero o meno. La cornacchia disse che era un ragazzo molto intelligente, bravissimo in matematica, soprattutto, che amava gli animali, specialmente i gatti e gli uccellini, e che aveva il pollice verde per piante e fiori. Proprio come Kay prima che accadesse tutto. Gerda chiese di essere portata dalla principessa per capire cosa il suo amico volesse fare. La cornacchia fece entrare di nascosto Gerda nel palazzo, con la complicità della sua quasi fidanzata cornacchia, che faceva parte degli uccelli allevati dalla principessa. Gerda entrò nella camera da letto dei principi: sembrava davvero Kay, il giovane addormentato, ma guardandolo meglio si accorse che non era lui. I due giovani si svegliarono, ed ascoltando la storia di Gerda rimasero impietositi. La principessa le offrì aiuto dell'esercito di suo padre per trovare Kay, ma Gerda rifiutò, voleva fare da sola. Allora la principessa le diede una carrozza, dei cappotti, delle coperte, e la guardò partire: sia lei che il suo fidanzato avrebbero voluto che Gerda rimanesse come loro sorella.
“Gianbabbeo”

In campagna si trovava una fattoria dove viveva un fattore con due figli, con tanto cervello che anche la metà sarebbe bastata. Volevano chiedere in sposa la figlia del re e avrebbero osato farlo perché lei aveva fatto sapere che avrebbe sposato chi avesse saputo tenere meglio una conversazione. I due si prepararono per una settimana, il periodo più lungo concesso, ma per loro sufficiente dato che avevano già una certa cultura, la qual cosa tornò loro utile. Uno conosceva tutto il vocabolario latino e le ultime tre annate del giornale del paese che sapeva recitare da cima a fondo e viceversa, l'altro si era studiato tutti i regolamenti delle corporazioni d'arti e mestieri e aveva imparato tutto quanto deve sapere il decano di una corporazione; così riteneva di potersi pronunciare sui problemi dello stato, e in più imparò pure a ricamare le bretelle, essendo di gusti raffinati e molto abile. "Io otterrò la figlia del re!" dicevano tutt'e due. Il padre diede a ciascuno un bellissimo cavallo; l'esperto di vocabolario e di giornali lo ebbe nero come il carbone, quello che era saggio come un vecchio decano e che sapeva ricamare, bianco come il latte. Dopo si unsero gli angoli della bocca con olio di fegato di merluzzo, di modo che scorressero meglio. Tutti i servitori erano andati in cortile per vederli montare a cavallo; in quel momento arrivò il terzo fratello; infatti erano in tre, ma il terzo nessuno lo teneva in considerazione perché non aveva la stessa cultura degli altri due e infatti lo chiamavano Gianbabbeo. "Dove state andando vestiti così a festa?" domandò. "A corte per conquistare con la conversazione la figlia del re. Non hai sentito ciò che il banditore ha annunciato in tutto il paese?" e glielo spiegarono. "Accidenti! Allora vengo pure io!" esclamò Gianbabbeo, ma i fratelli risero di lui e partirono. "Padre, dammi un cavallo!" gridò Gianbabbeo. "M'è venuta gran voglia di sposarmi. Se mi vuole, bene, e se non mi vuole, la voglio io". "Quante storie!" rispose il padre. "Non ti darò nessun cavallo. Tu non sei capace di conversare; i tuoi fratelli sì che sono in gamba!". "Se non potrò avere un cavallo" concluse Gianbabbeo, "mi prenderò il caprone, quello è mio e mi potrà certo portare". E così montò sul caprone, lo spronò con i calcagni nei fianchi, e via di corsa per la strada maestra. Oh, come cavalcava!"Arrivo!" gridava, e si mise a cantare a squarciagola. I fratelli cavalcavano avanti a lui in silenzio; non dicevano una parola perché dovevano pensare a tutte le belle trovate che avrebbero avuto, per poter conversare con arguzia. "Ehi, là!" gridò Gianbabbeo, "sto arrivando anch'io! Guardate cosa ho trovato per strada!" e gli fece vedere una cornacchia morta. "Babbeo!" risposero i due, "cosa ne vuoi fare?". "Voglio portarla in dono alla figlia del re!". "Fai pure" dissero ridendo, e continuarono a cavalcare. "Ehi, voi, arrivo! Guardate che cosa ho trovato ora, non è una cosa che si trova tutti i giorni sulla strada maestra!...". I fratelli si girarono di nuovo per vedere cos'era. "Babbeo!" dissero, "è un vecchio zoccolo di legno a cui manca la punta! Pure questo è per la figlia del re?". "Sicuro!" rispose Gianbabbeo; i fratelli risero e cavalcarono via distanziandolo di un bel po'. "Ehi, eccomi qui!" gridò Gianbabbeo. "Oh, oh! va sempre meglio! Ehi, è una vera meraviglia!". "Che cos'hai trovato adesso?" chiesero i fratelli. "Oh, una cosa incredibile!" disse Gianbabbeo, "chissà come sarà contenta la figlia del re!". "Ma è fango appena preso dal fosso!" esclamarono i fratelli. "Proprio così" rispose Gianbabbeo, "e della migliore qualità, non si riesce neppure a tenerlo!" e si riempì la tasca. I fratelli cavalcarono via, spronando più che poterono i cavalli, e arrivarono un'ora prima di lui alla porta della città dove ricevettero un numero d'ordine, come tutti gli altri aspiranti via via che arrivavano. Poi venivano messi in fila, sei alla volta, e stavano talmente stretti da non poter muovere le braccia, ma era meglio così perché altrimenti si sarebbero rotti le costole a gomitate solo perché uno si trovava davanti all'altro. Tutti gli altri abitanti del paese si erano riuniti intorno al castello e si arrampicarono fino alle finestre per vedere la figlia del re ricevere gli aspiranti: appena uno si trovava nella sala, restava senza parole. "Non vale nulla!" diceva la figlia del re. "Via!".Entrò il primo dei fratelli, quello che sapeva il vocabolario, ma lo aveva scordato stando in fila; inoltre il pavimento scricchiolava e il soffitto era tutto uno specchio, così lui si vedeva a testa in giù; e poi a ogni finestra c'erano tre scrivani e un caposcrivano, che scrivevano tutto ciò che veniva detto perché venisse subito pubblicato sul giornale e venduto all'angolo per due soldi. Era terribile; e inoltre la stufa era così calda che il tubo era diventato tutto rosso. "Fa così caldo qui dentro!" disse il pretendente. "E' perché oggi mio padre deve arrostire i galletti", rispose la figlia del re. "Ah!" e si fermò; non si aspettava una conversazione di quel genere e non seppe più che dire, dato che voleva dire qualcosa di spiritoso. "Ah!". "Non vale niente!" concluse la figlia del re. "Via!" e così quello se ne dovette andare. Entrò quindi suo fratello. "Qui fa un caldo terribile!" disse. "Sì, arrostiamo i galletti, oggi" rispose la figlia del re. "Come? Cosa?" disse lui, e tutti gli scrivani registrarono: come?cosa?" Non va bene!" esclamò la figlia del re. "Via!". Poi entrò Gianbabbeo, ancora sopra il suo caprone. "Qui dentro c'è un caldo da bruciare!" disse."E' perché arrostiscono galletti!" spiegò la figlia del re. "Molto bene!" esclamò Gianbabbeo. "Possono arrostire anche la mia cornacchia?". "Sicuro che possono" rispose la figlia del re, "ma lei ha qualcosa in cui metterla dentro? Noi non abbiamo né pentole, né padelle". "Ce l'ho!" disse Gianbabbeo. "Ecco qui una padella, col manico di stagno!" e tirò fuori il vecchio zoccolo e ci mise dentro la cornacchia. "E' un pranzo completo!" commentò la figlia del re. "Ma dove troveremo il sugo?". "Lo tengo in tasca" disse Gianbabbeo, "ne ho così tanto da poterne buttar via!" e intanto versò un po' di fango dalla tasca. "Mi piaci! " esclamò la figlia del re. "Tu sì che sai rispondere. E sai anche parlare, perciò ti voglio come marito. Ma sai che ogni parola che diciamo e che abbiamo detto viene trascritta e uscirà sul giornale di domani? A ogni finestra siedono tre scrivani e un vecchio capo scrivano, e questo è il peggiore di tutti, perché non capisce niente!". Disse così per spaventarlo. Tutti gli scrivani si misero a ridere e macchiarono di inchiostro il pavimento. "Ah, dunque sono loro i padroni!" esclamò Gianbabbeo. "Allora devo dare la parte migliore al capo! " e rovesciò la tasca e gli gettò del fango proprio in faccia. "Ben fatto! " disse la figlia del re. "Io non ne sarei mai stata capace, ma imparerò presto!". E così Gianbabbeo diventò re, ebbe una sposa e una corona e sedette sul trono. L'abbiamo appena saputo dal giornale del caposcrivano ma di quello lì è meglio non fidarsi.

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