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per provare quella contentezza e letizia della loro vita."
“Elogio agli uccelli”- Giacomo Leopardi
La Cornacchia
di Roberto Maurizio
SESTA PUNTATA – CINQUE/CINQUE/1
DALLA POESIA ALLA CRONACA
Per aggiungere un tocco di colore a questa puntata, riportiamo, qui di seguito una poesia scritta dal giornalista Natale Gagliardi, pubblicata dal giornale “La Provincia” di Como e un’email di un lettore del Corriere della Sera di Roma.
“Mi piace volare”
Due fagiani dalla lunga
coda e dalle piume variopinte,
infreddoliti, uscirono
dal bosco, zampettando sul
sentiero innevato che si allontanava
dalla riserva.
Si facevano guidare
dall’odore
del fumo che si alzava
da una cascina
e dal rumore
che facevano alcune
galline che
starnazzavano in
una grande pollaio.
I due fagiani,
che erano affamati perché la
neve aveva coperto ogni cosa
e non si trovava più niente
di commestibile, arrivarono
vicino alla rete del grande
pollaio. Dentro c’erano
parecchie galline, un gallo e
perfino una cornacchia, che
aveva un filo legato a una
zampa ; il filo, attaccato alla
rete del pollaio era corto,
così la teneva lontana dalla
porta .
Il gallo, le galline e anche
la cornacchia beccavano
senza sosta il grano da una
vaschetta e avanzi di cibo
che stavano in un paiuolo. I
due fagiani, fermi davanti
alla rete, guardavano con gli
occhi sgranati il paiuolo con
gli avanzi e la vaschetta del
grano. «Se avete fame - disse
la cornacchia smettendo
di beccare - mettetevi vicino
alla porta del pollaio. Adesso
vedrete che arriva la massaia;
quando lei apre, voi infilatevi
dentro; qui ce n’è
per tutti». Uno dei due fagiani
si mise subito vicino
alla porta beccando, nell’attesa,
un paio di semini che
erano rimasti sopra
la neve e che
dovevano essere
caduti da un
paiuolo.
L’altro fagiano,
che era un po’ perplesso,
disse alla
cornacchia: «Ma
dopo, come si fa
ad uscire?».
«Uscire? - rispose
la cornacchia -
Quando c’è da mangiare
non ha importanza se la
porta è chiusa o aperta».
«Sarà - pensò il fagiano
guardando il compagno che
si era appiccicato alla porta
e entrava nel pollaio insieme
alla massaia, che portava
un paiuolo fumante, e
cercava di evitare gli zoccoli
della donna per
non essere calpestato
- sarà; ma io
in fondo preferisco
il bosco e mi
piace volare; poi
non ho neanche
fame, ma solo un
po’ di appetito».
Mosse le ali e la
lunga coda, scosse
il capo coronato
di piume e si
alzò in volo per tornare nel
bosco della riserva. «Lì -
pensava - non c’è la rete».
(Natale Gagliardi)
“Mi piace volare”
Due fagiani dalla lunga
coda e dalle piume variopinte,
infreddoliti, uscirono
dal bosco, zampettando sul
sentiero innevato che si allontanava
dalla riserva.
Si facevano guidare
dall’odore
del fumo che si alzava
da una cascina
e dal rumore
che facevano alcune
galline che
starnazzavano in
una grande pollaio.
I due fagiani,
che erano affamati perché la
neve aveva coperto ogni cosa
e non si trovava più niente
di commestibile, arrivarono
vicino alla rete del grande
pollaio. Dentro c’erano
parecchie galline, un gallo e
perfino una cornacchia, che
aveva un filo legato a una
zampa ; il filo, attaccato alla
rete del pollaio era corto,
così la teneva lontana dalla
porta .
Il gallo, le galline e anche
la cornacchia beccavano
senza sosta il grano da una
vaschetta e avanzi di cibo
che stavano in un paiuolo. I
due fagiani, fermi davanti
alla rete, guardavano con gli
occhi sgranati il paiuolo con
gli avanzi e la vaschetta del
grano. «Se avete fame - disse
la cornacchia smettendo
di beccare - mettetevi vicino
alla porta del pollaio. Adesso
vedrete che arriva la massaia;
quando lei apre, voi infilatevi
dentro; qui ce n’è
per tutti». Uno dei due fagiani
si mise subito vicino
alla porta beccando, nell’attesa,
un paio di semini che
erano rimasti sopra
la neve e che
dovevano essere
caduti da un
paiuolo.
L’altro fagiano,
che era un po’ perplesso,
disse alla
cornacchia: «Ma
dopo, come si fa
ad uscire?».
«Uscire? - rispose
la cornacchia -
Quando c’è da mangiare
non ha importanza se la
porta è chiusa o aperta».
«Sarà - pensò il fagiano
guardando il compagno che
si era appiccicato alla porta
e entrava nel pollaio insieme
alla massaia, che portava
un paiuolo fumante, e
cercava di evitare gli zoccoli
della donna per
non essere calpestato
- sarà; ma io
in fondo preferisco
il bosco e mi
piace volare; poi
non ho neanche
fame, ma solo un
po’ di appetito».
Mosse le ali e la
lunga coda, scosse
il capo coronato
di piume e si
alzò in volo per tornare nel
bosco della riserva. «Lì -
pensava - non c’è la rete».
(Natale Gagliardi)
"La padrona divertita"
Un giorno una mamma cornacchia ha portato a spasso il suo cornacchiotto. Hanno incontrato un cane che, senza dire né ah e né bah, ha fatto quattro balzi verso la famigliola di cornacchie e sotto lo sguardo un po’ stupito e un po’ divertito della sua padrona, ha divorato il cornacchiotto. La cornacchia è rimasta attonita. Il giorno dopo il cane è tornato sul luogo del delitto, per la solita passeggiata, ma non ha potuto rilassarsi troppo, perché dopo pochi secondi è stato attaccato da mamma cornacchia, che si è alzata in volo dalla sua postazione proprio pochi secondi dopo che il cane è entrato nel parco. Mamma cornacchia ha iniziato a gracchiare con tutta la forza della sua disperazione, volando minacciosamente intorno all’assassino del cornacchiotto, ma senza sfiorarlo. La scena si è ripetuta per due settimane in un parco pubblico di Roma. Una testimone, che ha assistito a questa scena ogni giorno per quindici giorni mentre portava a spasso il suo cane, l’ha raccontata sulla Cronaca di Roma del Corriere della Sera.
UCCELLACCI E UCCELLINI
Gli uccelli hanno da sempre rappresentato per gli uomini lo specchio della loro anima. Su di essi sono stati riversati i timori, le angosce, le nevrosi, l’orrore, lo squallore, ma anche le passioni, gli amori, la bellezza, il fascino, l’armonia e la gioia.
Armonia e gioia
Così si esprimeva Giacomo Leopardi: “Entro dipinta gabbia, Fra l’’ozio ed il diletto, Educavasi un tenero, Amabile augelletto”, (L’ucello). “D'in su la vetta della torre antica, Passero solitario, alla campagna Cantando vai finché non more il giorno; Ed erra l'armonia per questa valle” (Passero solitario). “Io vorrei, per un poco di tempo, essere convertito in uccello, per provare quella contentezza e letizia della loro vita." (Elogio agli uccelli).
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Per poi arrivare a William Shakespeare: “Il canto di uno tace è perché rincorre l’altro”, “Le palpebre si chiuderanno e l’abbandono sarà audace e puro “più bianco di fresca neve sopra un corvo”. Uccelli dunque come simbolo e metafora di elevazione e letizia (gli angeli di Giotto volteggiano in cielo come uccelli), ma anche e forse soprattutto di solitudine (il grande uccello "solitaire et hatif"), di desiderio erotico, di vita - morte, di morte - resurrezione, di libertà - schiavitù (come ad esempio un uccello in gabbia).
Critiche alla “contemplazione”
Molti letterati hanno criticato un atteggiamento troppo lascivo verso gli uccelli: Contemplare per esempio gli uccelli, impaniarsi in tanta beatitudine, ma poi cercare le parole per dare eco all’incanto… ecco le stupidaggini che combinano gli intellettuali. Né c’è verso di farli smettere. - Ma che sarà mai questo bisogno incorreggibile di mettere il proprio Io-Io-Io al posto del pio-pio degli uccellini?... Avrebbe detto il Nostro: tanto vale, meglio non nascere (Alberto Arbasino).
Il dolore
Ma c’è anche il dolore. Nei “Diari” di Sylvia Plath sta tutto il dolore , tanto che a leg
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Il presagio mantico dei corvi
La caromanzia è un’antica divinazione che avviene per mezzo dei corvi. Fin dai tempi remoti, il corvo fu considerato l'animale mantico, divinatorio, per eccellenza. Gli Etruschi e i Romani ne osservavano il volo; in Grecia era considerato sacro ad Apollo; due corvi erano i messagg
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