12 ottobre 2007

Mediterraneo

LA POLITICA EUROPEA DI BUON VICINATO











Fonte: www.ArteErta.it


ROBERTO MAURIZIO

IL MEDITERRANEO È UN'AREA DI RIFERIMENTO naturale dell'Unione Europea e dell'Italia. E' uno spazio congenito che unisce due sponde legate fra loro da vincoli storici, culturali, religiosi, in cui è logico che si sviluppi uno spazio consistente e rilevan­te di cooperazione e sviluppo. Esiste un solo obiettivo: dare impulso al dialogo euro-arabo per cercare di raggiungere la pacificazione nel Mediterraneo. Il proces­so di integrazione sociale, economica e com­merciale tra l'Unione Europea e i paesi del Bacino del Mediterraneo rappresenta una grande possibilità per l'Italia. Per consegui­re tale obiettivo occorre innanzitutto rimuo­vere i forti divari di sviluppo economico esi­stenti, attraverso l'adozione di politiche co­raggiose e innovative di cooperazione e in­tegrazione socio-economica. Gli specifici e rilevanti interessi politici e socio-economici del nostro paese nell'area mediterranea, inoltre, potranno essere promossi solo so­stenendo i processi di democratizzazione e modernizzazione dei paesi della regione e consolidando in loco la presenza economica e produttiva delle nostre imprese.


Il ruolo chiave della «Politica Europea di Vicinato».


Se è scontato l'interesse dell'Europa a che questa integrazione si realizzi è altrettanto immaginabile l'interesse particolare dell'I­talia che questa opportunità si realizzi nei prossimi anni grazie ad una forte azione del nostro paese in Eu­ropa e a livello bilaterale verso i paesi del Mediterraneo, sostenuta da politiche, iniziative, proposte che siano concrete e efficaci, a differenza di quanto avvenuto in questi ultimi anni in cui si è parlato molto e fatto poco. Sappiamo innanzi tutto che per promuovere un graduale e effettivo processo di integra­zione tra le due sponde del Mediterra­neo è in primo luogo necessario rimuovere i forti divari di sviluppo economico esistenti. Se dovessero permanere e consolidarsi, que­sto rappresenterebbe una minaccia forte per la stabilità dell'area mediterranea, in gene­rale, e dell'Europa, in particolare. Per colmare questi «deficit di sviluppo» la defini­zione di nuove forme e strumenti di sviluppo e cooperazione, unitamente al rafforzamen­to di quelli esistenti, deve rappresentare una priorità dell'agenda nazionale e internazio­nale nei prossimi anni. Un processo di gra­duale riduzione nel tempo di tali divari ri­chiede la collaborazione e la partecipazione attiva dei paesi partner dell'area mediterra­nea, da un lato, e dell'Unione Europea e del­l'Italia, dall'altro. Ai paesi mediterranei si ri­chiedono azioni tese a promuovere un'acce­lerazione dei processi di riforma, lo sviluppo di capacità produttive locali, nonché un si­stema di governance economica ed istituzio­nale al tempo stesso efficace ed efficiente. Da questo punto di vista aumentare i tassi di crescita, innalzare la capacità di attrazione degli investimenti esterni e riformare le eco­nomie e le strutture domestiche, rappresen­tano compiti che innanzi tutto spettano a que­sti paesi. Ai paesi dell'Unione Europea e al­l'Italia va chiesto l'assunzione di un serio im­pegno per politiche coraggiose e innovative di cooperazione e integrazione socio-econo­mica in una logica che deve sempre più esse­re quella del co-sviluppo. E l'Italia, da parte sua, può fornire un contributo di primo piano al perseguimento di questi obiettivi. Non a caso, abbiamo intervistato il Presidente Giulio Andreotti (che verrà pubblicata sui prossimi blog). Di qualsiasi tipo di dialogo si voglia parlare l'Italia deve essere è in prima linea.


Buon vicinato

Buon vicinato, dialogo euro-arabo, trialogo delle religioni monoteistiche, colloqui con chi voglia collaborare alla pacificazione del Mediterraneo, sono tutti ben accetti. Io sostengo che, da più di un decennio l'Europa è impegnata nella politica di Partenariato Euromediterrano, con obiettivi economici, ma anche politici e strategici complessivi. Dei risultati, anche importanti, sono stati ovviamente consegui­ti. Soprattutto con riferimento alla costruzio­ne di una intelaiatura istituzionale tra le due aree. Ma il giudizio più generale su ciò che è stato fatto fino ad oggi non è positivo. E l'in­soddisfazione nasce dal fatto che i rapporti tra Europa e paesi del Mediterraneo conti­nuano a riprodurre, a livello economico, schemi tradizionali, troppo legati al passato e inadeguati a generare ricadute e esternalità economiche di rilievo. L'integrazione Euro-
Mediterranea è stata caratterizzata da un processo relativamente «leggero» («shallow integration»), il che significa che a parte l'abbattimento parziale delle tariffe non si è proceduto all'eliminazione delle barriere di carattere tecnico derivanti dalle differenze regolamentari, né all'adozione di politiche comuni nel campo degli investimenti, della concorrenza, dei servizi. Parte dell'insoddi­sfazione deriva dunque dal fatto che a livel­lo economico la natura delle relazioni, che si è fin qui dispiegata, non è riuscita a creare tra le due sponde del Mediterraneo un circolo virtuoso e dinamico di crescita degli investi­menti diretti, dell'integrazione produttiva e quindi della produttività che l'Unione Euro­pea invece ha saputo e potuto sviluppare in quest'ultimo decennio verso i paesi del Cen­tro e dell'Est Europa. Certo va ribadito che i risultati insoddisfacenti sono da imputare al fatto che i paesi del Mediterraneo non han­no realizzato - soprattutto in questi ultimi anni come si è detto - quelle riforme, quei cambiamenti, quelle modernizzazioni che erano stati annunciati, promessi perché ne­cessari. Ma riconoscendo allo stesso tempo che ci sono state e ci sono delle lacune, defi­cienze e debolezze che riguardano più da vi­cino la politica di partenariato e cooperazio­ne dell'Ue e dei singoli paesi europei, tra cui l'Italia. Ne consegue che l'accordo di parte­nariato per quanto resti un approccio e un ri­ferimento importante e da consolidare, va ri­visto e rilanciato nelle politiche che lo carat­terizzano, innovando riguardo ad alcuni con­tenuti che vanno allargati e/o riscoperti e/o ridefiniti. Un rilancio che potrebbe oggi sfruttare prospettive di breve e medio perio­do assai favorevoli nella regione dettate in particolare da due tendenze:
1. l'elevata crescita dell'area mediterra­nea allargata in questi ultimi due anni (2005-2006) che è stata sì favorita e sostenuta dal­la forte espansione dei paesi produttori di pe­trolio (Algeria, Arabia Saudita, Iran, Emira­ti Arabi Uniti), presenti in particolare nell'a­rea del Golfo, grazie ai forti aumenti delprezzo del greggio degli ultimi due anni, mache si è poi estesa anche al resto della regio­ne (a paesi come Egitto e Giordania, e aquelli del Maghreb), determinando nuovesfide e opportunità;
2. il graduale ritorno dell'area del Medi­terraneo ad un ruolo strategico dal punto divista geo-economico perché al centro di una rete di intensi scambi commerciali e investi­menti internazionali determinati dal forte sviluppo in questi ultimi anni dell'Asia e in particolare della Cina e dalle crescenti loro relazioni con l'area Europea.

Roma • giugno 2006 • 5

La foto in alto, in realtà un "acrilico" su tela, 50 x 40 cm, è stata ripresa dal sito www.arte-erta.it

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