Fonte: www.ArteErta.it
ROBERTO MAURIZIO
Il ruolo chiave della «Politica Europea di Vicinato».
Se è scontato l'interesse dell'Europa a che questa integrazione si realizzi è altrettanto immaginabile l'interesse particolare dell'Italia che questa opportunità si realizzi nei prossimi anni grazie ad una forte azione del nostro paese in Europa e a livello bilaterale verso i paesi del Mediterraneo, sostenuta da politiche, iniziative, proposte che siano concrete e efficaci, a differenza di quanto avvenuto in questi ultimi anni in cui si è parlato molto e fatto poco. Sappiamo innanzi tutto che per promuovere un graduale e effettivo processo di integrazione tra le due sponde del Mediterraneo è in primo luogo necessario rimuovere i forti divari di sviluppo economico esistenti. Se dovessero permanere e consolidarsi, questo rappresenterebbe una minaccia forte per la stabilità dell'area mediterranea, in generale, e dell'Europa, in particolare. Per colmare questi «deficit di sviluppo» la definizione di nuove forme e strumenti di sviluppo e cooperazione, unitamente al rafforzamento di quelli esistenti, deve rappresentare una priorità dell'agenda nazionale e internazionale nei prossimi anni. Un processo di graduale riduzione nel tempo di tali divari richiede la collaborazione e la partecipazione attiva dei paesi partner dell'area mediterranea, da un lato, e dell'Unione Europea e dell'Italia, dall'altro. Ai paesi mediterranei si richiedono azioni tese a promuovere un'accelerazione dei processi di riforma, lo sviluppo di capacità produttive locali, nonché un sistema di governance economica ed istituzionale al tempo stesso efficace ed efficiente. Da questo punto di vista aumentare i tassi di crescita, innalzare la capacità di attrazione degli investimenti esterni e riformare le economie e le strutture domestiche, rappresentano compiti che innanzi tutto spettano a questi paesi. Ai paesi dell'Unione Europea e all'Italia va chiesto l'assunzione di un serio impegno per politiche coraggiose e innovative di cooperazione e integrazione socio-economica in una logica che deve sempre più essere quella del co-sviluppo. E l'Italia, da parte sua, può fornire un contributo di primo piano al perseguimento di questi obiettivi. Non a caso, abbiamo intervistato il Presidente Giulio Andreotti (che verrà pubblicata sui prossimi blog). Di qualsiasi tipo di dialogo si voglia parlare l'Italia deve essere è in prima linea.
Buon vicinato
Buon vicinato, dialogo euro-arabo, trialogo delle religioni monoteistiche, colloqui con chi voglia collaborare alla pacificazione del Mediterraneo, sono tutti ben accetti. Io sostengo che, da più di un decennio l'Europa è impegnata nella politica di Partenariato Euromediterrano, con obiettivi economici, ma anche politici e strategici complessivi. Dei risultati, anche importanti, sono stati ovviamente conseguiti. Soprattutto con riferimento alla costruzione di una intelaiatura istituzionale tra le due aree. Ma il giudizio più generale su ciò che è stato fatto fino ad oggi non è positivo. E l'insoddisfazione nasce dal fatto che i rapporti tra Europa e paesi del Mediterraneo continuano a riprodurre, a livello economico, schemi tradizionali, troppo legati al passato e inadeguati a generare ricadute e esternalità economiche di rilievo. L'integrazione Euro-
Mediterranea è stata caratterizzata da un processo relativamente «leggero» («shallow integration»), il che significa che a parte l'abbattimento parziale delle tariffe non si è proceduto all'eliminazione delle barriere di carattere tecnico derivanti dalle differenze regolamentari, né all'adozione di politiche comuni nel campo degli investimenti, della concorrenza, dei servizi. Parte dell'insoddisfazione deriva dunque dal fatto che a livello economico la natura delle relazioni, che si è fin qui dispiegata, non è riuscita a creare tra le due sponde del Mediterraneo un circolo virtuoso e dinamico di crescita degli investimenti diretti, dell'integrazione produttiva e quindi della produttività che l'Unione Europea invece ha saputo e potuto sviluppare in quest'ultimo decennio verso i paesi del Centro e dell'Est Europa. Certo va ribadito che i risultati insoddisfacenti sono da imputare al fatto che i paesi del Mediterraneo non hanno realizzato - soprattutto in questi ultimi anni come si è detto - quelle riforme, quei cambiamenti, quelle modernizzazioni che erano stati annunciati, promessi perché necessari. Ma riconoscendo allo stesso tempo che ci sono state e ci sono delle lacune, deficienze e debolezze che riguardano più da vicino la politica di partenariato e cooperazione dell'Ue e dei singoli paesi europei, tra cui l'Italia. Ne consegue che l'accordo di partenariato per quanto resti un approccio e un riferimento importante e da consolidare, va rivisto e rilanciato nelle politiche che lo caratterizzano, innovando riguardo ad alcuni contenuti che vanno allargati e/o riscoperti e/o ridefiniti. Un rilancio che potrebbe oggi sfruttare prospettive di breve e medio periodo assai favorevoli nella regione dettate in particolare da due tendenze:
1. l'elevata crescita dell'area mediterranea allargata in questi ultimi due anni (2005-2006) che è stata sì favorita e sostenuta dalla forte espansione dei paesi produttori di petrolio (Algeria, Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti), presenti in particolare nell'area del Golfo, grazie ai forti aumenti delprezzo del greggio degli ultimi due anni, mache si è poi estesa anche al resto della regione (a paesi come Egitto e Giordania, e aquelli del Maghreb), determinando nuovesfide e opportunità;
2. il graduale ritorno dell'area del Mediterraneo ad un ruolo strategico dal punto divista geo-economico perché al centro di una rete di intensi scambi commerciali e investimenti internazionali determinati dal forte sviluppo in questi ultimi anni dell'Asia e in particolare della Cina e dalle crescenti loro relazioni con l'area Europea.
Roma • giugno 2006 • 5
La foto in alto, in realtà un "acrilico" su tela, 50 x 40 cm, è stata ripresa dal sito www.arte-erta.it
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