9 ottobre 2007

Il mondo delle favole





"Io vorrei, per un poco di tempo, essere convertito in uccello,
per provare quella contentezza e letizia della loro vita."
“Elogio agli uccelli”- Giacomo Leopardi


La Cornacchia
di Roberto Maurizio


SESTA PUNTATA – TRE/CINQUE/1


Il MONDO DELLE FAVOLE

Il terreno nel quale i “corvidi” trovano una vasta risonanza (più negativa che positiva) è quello delle favole, un mondo questo trattato anch’esso male (come le cornacchie) dai saccenti sapientoni della cultura “vera”. Basti pensare che lo stesso Leonardo è stato, tra l’altro, uno dei più grandi scrittori di favole. Tutte le parole o le frasi non bastano per descrivere il genio dell’uomo che è stato Leonardo. L'eredità lasciata alla cultura e alla scienza è indescrivibile. A conferma delle sue estroverse creazioni e per ribadire il concetto primario che gli uccelli, gli animali, la natura ha sulla sensibilità di un grande artista, citiamo alcune favole di Da Vinci: “Il granchio”; “Il ragno e l'uva”; La volpe e il caprone; Il testamento dell'aquila; La volpe e la gazza; Il pellicano; Il pavone; Il cigno; Il cardellino; La scimmia e l'uccellino; Il coccodrillo e l'icneumone; I tordi e la civetta; Il falcone e l'anatra. Anche Tolstoj ha scritto delle favole sugli uccelli. Ma andiamo, con ordine.Esopo
Il primo grande favolista, nella storia dell’Occidente, fu Esopo che visse nel VI secolo a.C., nell'epoca di Creso e Pisistrato. La sua opera (da cui trasse ispirazione anche l'altro grande scrittore di favole dell'antichità, Fedro) ebbe una grandissima influenza sulla cultura occidentale: le sue favole sono tutt'oggi estremamente popolari e note. Della sua vita si conosce pochissimo, e alcuni studiosi hanno persino messo in dubbio che il corpus di favole che gli viene attribuito sia opera di un unico autore. Gli animali parlanti delle favole di Esopo sono intesi come altrettanti esempi delle virtú, dei vizi e dei difetti umani, ritratti e raccontati con disincantata ironia. Forse è per questo che ancora oggi grandi e piccoli leggono con piacere le brevi e mai dimenticate storie di Esopo, antichissime eppure attuali, create per divertire ma anche per indurci a riflettere. Esopo, dallo spirito argutissimo e geniale, compose numerose favole, spesso riferite agli animali, ma con trasparenti allusioni al mondo degli uomini. Le redazioni a noi giunte delle favole di Esopo sono dell'età ellenistica: si tratta di 400 favole brevi e di stile sobrio, concluse da una breve morale. Qui, di seguito, elenchiamo quelle che fanno riferimento ai Corvidi, sottolineando idealmente quelle in cui il o i protagonisti sono gli “antenati” di Sosa e Susa.

“La cornacchia e il Pavone”
Per insegnarci, anzi ch'ambir l'altrui, De i ben' che 'l ciel ci diede, ad esser paghi, Di tal esempio Esopo ci provvide.Una Cornacchia follemente altera, D'alcune piume ad un Pavon cadute, S'adorna, e le Cornacchie avute a vile, Fra i bei Pavon' si mischia. A la sfacciata Essi svelgon le penne, e sì co' rostri L'inseguon, che mal concia, e in van gemente, Ver le antiche campagne il volo indrizza, Ove acerba sostiene acre ripulsa. Una di quelle allor ch'avea sprezzate: Spiacerti non dovean nostri abituri, Nè a sdegno aver ciò che ti diè natura. Così sfuggita quella beffa aresti, Nè accorar ti potrebbe or la ripulsa, Che schernita ti rende, ed infelice.

“La cornacchia e la brocca”

Una cornacchia mezza morta di sete trovò una brocca che una volta era stata piena d'acqua. Quando infilò il becco nella brocca per abbeverarsi, si rese conto che vi era rimasto soltanto un goccio d'acqua sul fondo. Provò e riprovò inutilmente. D'un tratto le venne un'idea e, preso un sasso, lo gettò nella brocca.
Poi prese un altro sasso e lo gettò nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Pian piano vide l'acqua salire verso di sé e, dopo aver gettato ancora altri sassi riuscì a bere salvandosi la vita.
A poco a poco si arriva a tutto.


Tempo fa un cucciolo di corvo assai vivace e irrequieto se ne andava a zonzo tutto il giorno sbirciando in faccende che non lo riguardavano. Ficcava il becco in ogni cosa e non perdeva l'occasione di fare scherzi o dispetti ad ogni animale. Quel mattino però, la sua monelleria lo spinse a compiere ciò che non avrebbe mai dovuto fare. Si intrufolò infatti in una piccola casa situata al limitare del bosco e lesto, lesto rubò un bel pezzo di carne sistemato sul davanzale della finestra spalancata. Per sua sfortuna il contadino fece in tempo ad accorgersi del furto e, senza esitare, colpì il corvo con una pietra. Ecco fatto! Il ladro fu colpito in pieno. Quel pezzo di carne gli costò caro! Ferito e spaventato il corvetto se ne tornò al nido volando piano per il male, quindi si sdraiò sfinito tra le braccia della sua cara mamma. Questa, disperata per le condizioni del figliolo, scoppiò in lacrime sfogando la propria preoccupazione. "Oh, mammina!" Disse il cucciolo "Prega il Signore per me affinché guarisca la mia ferita". La corva colma di tristezza rispose: "Povero piccolo mio, come puoi chiedere al Cielo un miracolo se non ti sei nemmeno pentito del male commesso"? Solo in quel momento il corvetto comprese la sua colpa e giurò a se stesso di non rubare mai più in vita sua. Fortunatamente la ferita riportata durante la scorribanda alla fattoria si rimarginò in fretta e il cucciolo riacquistò le forze. Quando fu completamente guarito poté tornare a svolazzare tra gli alberi ma, ricordandosi della promessa fatta, da quel giorno non toccò più ciò che non gli apparteneva. Aveva imparato a sue spese il significato della parola "furto".

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