di Roberto Maurizio
Alle 23 e 23, tre ragazzi si siedono sui tre scalini
del sagrato della chiesa con l’albero maestro mozzato, con
una stiva grande per ospitare non più di 200 anime,
con la prua rivolta ad est e con la poppa verso
il calar del Sole.
Subito dopo, si sente il vociare di
fanciulle, tatuate e afflitte,
i cui stridii vengono soppressi
dal rumore dei calci maschi che impietosamente
si abbattono su un pallone, sgonfio, il cui
rimbombo penetra e massacra
le tende, i gerani, e le orecchie di chi
ha poco da attendere.
Alle 9 e 19, sul sagrato della chiesa,
con l’albero maestro mozzato, con
una stiva grande per ospitare non più di 200 anime,
con la prua rivolta ad est e con la poppa verso
il calare del sole,
dal bagagliaio
di una Mercedes Benz nera
sollevano il legno
nel quale riposa
il ricordo di
un pallone, sgonfio.
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