11 giugno 2008

Una scuola terminale?

La scuola italiana. Una malata terminale?
di Roberto Maurizio

La liquidazione nel Burkina Faso
Immediatamente dopo i primi lanci delle agenzie di stampa del 10 giugno 2008, che riferivano dell’avvenuta audizione del Ministro dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università, Mariastella Gelmini, alla Commissione Cultura della Camera dei Deputati, dove la neo Responsabile dell'Istruzione ha illustrato il suo programma, abbiamo ricevuto, per email confidenziale, la seguente lettera. “Egregio Direttore di “Stampa, Scuola e Vita”, sono un Professore di scuola media superiore, con 38 anni di anzianità. Sono andato in pensione il 31 agosto 2007 con un reddito lordo di 27.000 euro. A tutto oggi, con una pensione di 1.500 euro, non ho ancora ricevuto la liquidazione. Signor Direttore, Le sembra una cosa normale? In quale altro paese comunitario succede questo scandalo? Forse in Burkina Faso, ma, come Lei sa, questo ridente paese africano non fa parte ancora dell’Europa Unita, della così bella e adorata Ue”. “Ho svolto la funzione di vicepreside per 12 anni – continua l’anonimo interlocutore - senza aver ricevuto nessun riconoscimento”. “Sono stato boicottato dai sindacati, Cgil e Cisl, perché lavoravo con passione in una scuola di frontiera, a Cinecittà, con alunni provenienti dalle zone più a rischio della periferia romana: Lamaro, Torre Maura, Torre Spaccata, Tor Pignattara, Torre Angela, Tor Bellamonica”. “La realtà supera la fantasia”, continua con molta passione questo angosciato Professore di periferia suburbana. “Questi bei nomi attribuiti alle diverse realtà periferiche della capitale – dice con entusiasmo francescano l’anonimo insegnante - contengono al loro interno una vastità di espressioni studentesche che mai nessun sociologo potrebbe essere in grado di catalogare”. “Una fauna con tanta umanità, abbandonata a se stessa, con casi familiari martoriati da separazioni consensuali, carcerarie o conniventi”. Non si capisce cosa voglia dire, ma credo che si riferisca ai casi non più tanto estremi di divorzio, di abbandono del tetto coniugale, di carcerazione preventiva o definitiva. “Il bullismo, Signor Direttore, non è il problema principale della scuola che frequentano i miei sette figli. E’ la loro assoluta impreparazione. Frequentano le scuole medie inferiori”. “Se si vuole agire – Signor Direttore - occorre in primo luogo, distruggere la scuola media inferiore e ricostruire una completamente nuova. Le scuole superiori e l’Università non sono altro che la conseguenza nefasta della scuola media inferiore”. “Ho letto quello che ha detto la nuova Ministra dell’Istruzione”. “Alla Ministra direi: Gentile Ministra, non si lavora bene nelle scuole italiane perché non c’è più l’attenzione che ponevano con tanta enfasi la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano”. “Lei, Signora Ministra, qualcosa di democristiano l’ha proposto: aumento degli stipendi. Ma la Dc, Signora Ministra, incrementava gli stipendi solo sotto le elezioni politiche. Mica erano scemi. Come mai Le viene in mente di aumentare lo stipendio agli 800 mila insegnanti senza avere da loro una contropartita”? “La Dc lo faceva, giustamente e opportunamente, in cambio di voti”. “Ma Lei, scopre il fianco più debole della Pubblica Istruzione, l’aumento senza merito, proprio mentre il Ministro Brunetta, il Grande Economista, Grande come il Grande Professore Caffè, vuole giustamente affossare i fannulloni”. “Tra i Professori – conclude la lettera - di fannulloni esistono in tanti. Quello che bisogna cambiare nella scuola è la produttività”.

Un esempio
Credo che il nostro interlocutore anonimo abbia ragione. Basta leggere i dati sull’incremento della produzione industriale 2008 sul 2007 di aprile: si è verificato un incremento del 7%. Gli analisti, quelli che vengono pagati profumatamente, argutamente rilevano: ma nel 2007 ci sono stati due giorni in meno di produzione. Ma, quanto “lavora” un Professore di scuola media superiore? 197,67 giorni all’anno (calcolo con approssimazione). Questo non è assolutamente il ritmo di lavoro di una grande azienda. Se l’Italia dovesse lavorare come i Professori, dovrebbe già portare i libri in tribunale.

La Mission non va confusa con Missione
In Italia, oggi, ci sono fior fiori di professori che dedicano non il loro lavoro, ma la loro vita, agli alunni. Non hanno bisogno di riconoscimenti esagerati. Vogliono solo poter vivere dignitosamente. Purtroppo, ancora oggi, l’insegnante è un “missionario”. La Moratti parlava di scuola come azienda e poneva al centro la "mission" aziendale. Un povero professore non insegna in cambio di soldi, ma dedica la sua vita a questo "sporco" lavoro perché crede nella grande Mission della società italiana. Sarà un Professore, ma non è scemo. Lui vuole un pezzo di pane in cambio della costruzione di una grande Nazione.


Contare i morti con il suono dell'ambulanza
Chi ha ridotto l’Italia ad uno straccio? La Magistratura, la Sanità, l’Educazione? Si nasce, e viene sancito il diritto di cittadinanza dalla Magistratura. Si vive, e la Scuola che ti forma. Si muore, allora arriva la Sanità. Quante ambulanze ululano nella notte e durante il giorno, e portano al macero il vecchio o la vecchia che non possono nemmeno essere riciclati. Quante ambulanze dovrebbero ulalare ogni giorno quando "muore uno studente" che abbandona gli studi. Quante ambulanze dovrebbero fermarsi per soccorrere un insegnamento sempre più alla deriva.

Una delusione: sulla stessa “Honda”
Ma vediamo che cosa ha detto di particolare la nostra Ministra Mariastella Gelmini. La sua prima uscita pubblica è stata, in verità, una grande delusione. Ci aspettavamo molto da lei. Invece, nulla. Non c’è stato un atteso ritorno alla brillante epoca morattiana: un'onda innovativa che portava la scuola italiana in Europa. Hanno fatto solo capolino le celeberrime tre "i" berlusconiane (impresa, inglese, internet) con l'italiano a fare da quarta per dare un senso di nuovo e antico allo stesso tempo. La Ministra non ha seguito l'onda della Moratti, ma è montata in sella a un'Honda.


I semi del merito
Cosa ha detto la Ministra sugli studenti italiani? I più impreparati d'Europa. Peggio di noi solo Grecia, Portogallo, Bulgaria e Romania. Per risalire serve uno scatto di orgoglio nazionale. Dunque, merito, valutazione e autonomia: queste le linee guida per il mondo della scuola della Ministra dell'Istruzione Mariastella Gelmini. Nel corso dell'audizione alla commissione Cultura della Camera, il ministro ha sottolineato che nella scuola italiana "serve un cambiamento epocale di mentalità, ma la società è pronta e se lo aspetta. Non sarà semplice, non sarà immediato, ma io voglio dare il mio contributo per spargere i "semi del merito": germoglieranno, ne sono sicura, l'Italia è pronta". Occorre uno sforzo unanime per adeguare gli stipendi degli insegnanti alla media Ocse. Come? Aggredendo le cause delle iniquità del sistema, "mediocre nell'erogazione dei compensi, nei risultati, nelle speranze". Rivalutando il ruolo degli insegnanti, a partire dal riconoscimento del loro status professionale. Sul fronte delle risorse, la coperta è corta, ma "la scuola è una priorità, non è un capitolo di bilancio qualunque". Merito e fatica, dice il ministro citando i Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci, sono gli unici fattori possibili di promozione sociale. "Occorre persuadere molta gente che anche lo studio é un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio: é un processo di adattamento, é un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza".


Idraulico contro Laureato: 270.000 euro contro 27.000
In classe tolleranza zero contro il bullismo. «Non saranno più tollerati gli atti che non rispettano i compagni di classe, gli insegnanti, le strutture, il patrimonio comune». Sono allo studio, segnala il ministro, provvedimenti e norme più severe. Si rifiuta, il ministro, di considerare il sistema della formazione professionale come una sorta di suburra dove relegare forzosamente adolescenti difficili. "Diamo a ogni persona la sua scuola, e ogni persona troverà nella sua scuola le ragioni per frequentarla con profitto". Una motivazione, insomma, per stare sui banchi.


La scuola, una malata poco terminale
Una scuola per tutti, anche per chi è diversamente abile. Integrazione, poi, per gli immigrati, a partire dall'insegnare a tutti la lingua italiana e la Costituzione. Il ministro chiude dicendo che la scuola italiana non è un malato terminale: è necessario uno scatto d'orgoglio di tutti. E chiede la collaborazione di tutti nello "sforzo ricostruzione della principale infrastruttura italiana". La scuola italiana non è una malato terminale, ma poco ci manca.

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