Daw Aung San Suu Kyi. La “zia” della democrazia
di Roberto Maurizio
di Roberto Maurizio
Naypyidaw: la sede dei re
La storia di Aung San Suu Kyi rappresenta, un po’, la storia della Birmania, un paese semisconosciuto in Italia (a parte che nel nostro paese, molti “compaesani” non sanno nemmeno dov’è Matera e se il Molise è bagnato dallo Ionio, che non è un alogeno, né tanto meno una tintura che serve a curare le ferite). La Birmania, in inglese Burma, dal 18 giugno 1989 ufficialmente Myanmar, è uno Stato dell’Asia sudorientale con una popolazione stimata su circa 51 milioni di abitanti, che occupa parte della costa occidentale della penisola indocinese. E’ il doppio dell’Italia, poco più grande dell’Afghanistan e poco meno dello Zambia ed è attraversata dal Tropico del Cancro. Il Myanmar si affaccia sul Golfo del Bengala e sul mar delle Andamane. Confina con Bangladesh, India, Cina, Laos, e Thalandia. Attualmente, dopo il colpo di Stato del 1988, è sotto il regime militare di Than Shwe. Il 27 marzo 2006, la Giunta militare ha spostato la capitale da Yanghon a Pyinmana, che è stata ufficialmente rinominata Naypyidaw, cioè “sede dei re”.
Aung San
Durante la Seconda guerra mondiale la Birmania divenne una parte importante nel teatro asiatico sudorientale. Dopo i successi iniziali, i giapponesi nel 1942 invasero la Birmania, nel 1942 ed i britannici furono espulsi dalla maggior parte del territorio. Ma gli alleati reagirono e nel luglio 1945 ripresero il paese, con l'aiuto dell'Afpfl (Lega per la libertà delle persone antifasciste), guidato da Aung San. Nel 1947, Aung San divenne Vicepresidente del Consiglio esecutivo della Birmania, in un governo transitorio. Tuttavia, nel luglio 1947, alcuni rivali politici assassinarono Aung San e parecchi membri politici. Il 4 gennaio 1948, la nazione si trasformò in una repubblica indipendente, conosciuta come Unione della Birmania, con Sao Shwe Thaik come primo presidente ed U Nu come Primo ministro. Ma, puntualmente, con l'indipendenza, arrivarono anche le richieste, avanzate dalle minoranze (chin, kachin, karen, mon e shan) di uno Stato Federale, e portate avanti con una guerriglia contro lo stato, che rispose con una feroce repressione. Diversamente della maggior parte delle altre ex colonie britanniche, la Birmania non divenne membro del Commonwealth.
Durante la Seconda guerra mondiale la Birmania divenne una parte importante nel teatro asiatico sudorientale. Dopo i successi iniziali, i giapponesi nel 1942 invasero la Birmania, nel 1942 ed i britannici furono espulsi dalla maggior parte del territorio. Ma gli alleati reagirono e nel luglio 1945 ripresero il paese, con l'aiuto dell'Afpfl (Lega per la libertà delle persone antifasciste), guidato da Aung San. Nel 1947, Aung San divenne Vicepresidente del Consiglio esecutivo della Birmania, in un governo transitorio. Tuttavia, nel luglio 1947, alcuni rivali politici assassinarono Aung San e parecchi membri politici. Il 4 gennaio 1948, la nazione si trasformò in una repubblica indipendente, conosciuta come Unione della Birmania, con Sao Shwe Thaik come primo presidente ed U Nu come Primo ministro. Ma, puntualmente, con l'indipendenza, arrivarono anche le richieste, avanzate dalle minoranze (chin, kachin, karen, mon e shan) di uno Stato Federale, e portate avanti con una guerriglia contro lo stato, che rispose con una feroce repressione. Diversamente della maggior parte delle altre ex colonie britanniche, la Birmania non divenne membro del Commonwealth.
U Thant
Nel 1961 U Thant, allora rappresentante permanente della Birmania all’Onu e Segretario precedente al Primo Ministro, fu scelto come Segretario generale dell’Organizzazioni delle Nazioni Unite; era il primo Segretario non occidentale che dirigeva l’Onu. U Thant è stato il terzo Segretario generale dell’Onu, dal novembre 1961 al dicembre 1971. Fu scelto come sostituto di Dag Hammarskjöld, morto in un incidente aereo nel settembre 1961. Nei dieci anni in cui guidò l’Onu, U Thant dovette negoziatore in occasione di numerose crisi (Cipro, Rodesia, Israele)) ed inoltre tentò di sciogliere i nodi della guerra del Vietnam.
Ne Win
Il Governo democratico fu destituito nel 1962 da un colpo di Stato militare condotto dal Generale Ne Win. Dal 1962 al 1988 il regime birmano fu un tipico regime comunista, guidato da un gruppo di militari marxisti. Ne Win, uomo forte del regime, promosse una disastrosa «via birmana al socialismo», imponendo un'economia rigorosamente collettivista che ridusse il paese alla fame, mentre la repressione fece migliaia di morti. Procedendo a tappe forzate, vennero nazionalizzate le industrie, soppressi i partiti politici (1964) e fu proibito il libero scambio. Il paese rimase isolato dal resto del mondo, data l'assenza di diritti civili per la popolazione, così come di libertà di stampa.
Than Shwe
Nel 1988, dopo le rivolte studentesche, che provocarono migliaia di morti, Ne Win si dimise, e fu proclamata la legge marziale, mentre il generale Saw Maung organizzò, il 18 settembre, un colpo di Stato. Venne, così costituta la Giunta militare, sotto il nome di Consiglio per la restaurazione della legge e dell’ordine nello Stato, e venne nominato Than Shwe tra i 21 componenti. Nel 1990, si tennero nel Myanmar, per la prima volta in 30 anni, le elezioni libere. Il 23 aprile 1992, in seguito alle dimissioni di Saw Maung, Shwe divenne Capo dello Stato e Comandante delle forze armate (Tatmadaw). Than Shwe è ora anche il Capo del Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo (Spdc). Inizialmente, Than Shwe dimostrò una maggior apertura politica, liberando alcuni membri dell'opposizione e facendo alcune concessioni democratiche. Cambiò il nome dello Stato da Birmania a Myanmar e iniziò il processo di redazione di una nuova Costituzione ancora in redazione. Allo stesso tempo aprì il paese agli organismi internazionali, come l’Asean, e permise alla Croce Rossa e a Amnesty Internationale di compiere visite in Myanmar. Nonostante questo progresso, dal 1996 in poi, si passò ad una situazione di forte repressione contro le minoranze etniche e religiose. Il regime di Than Shwe ha agito secondo un’ottica di repressione in tutti gli anni a venire. Than Shwe, a 60 anni, l'età prevista per la pensione obbligatoria, ha esteso tale termine ed ha aumentato significativamente il suo potere con con l’arresto del Primo Ministro Khin Nyunt. La Giunta militare guidata da Than Shwe ha promesso elezioni politiche nel 2100.
Zio U Thant e Zia Dwa Suu Kyi
Aung San Suu Kyi , figlia dell’eroe nazionale della Birmania Aung San, ha aggiunto al suo “vero” nome, Suu Kyi, a quello del padre, Aung San. In Birmania i nomi e i cognomi delle persone sono difficili da decifrare per gli “occidentali”, cioè per quella massa di uomini e donne che credevano di possedere il mondo intero. Omnia munda mundis. Suu Kyi è preceduto da Daw, in birmano,, Daw Suu Kyi (pronuncia Do’ Su Ci). Daw, come U, sono titoli onorifici: Daw significa Signora, Lady, Madam, Zia, U, significa Signore, Mister, Zio,. Quando due entità diverse entrano in contatto, si perdono le radici storiche. Un bell’intervento dell’attore più amato in Occidente, Jim Carrey, in difesa di Daw Suu Kyi, “perde la brocca” e per difendere la Signora birmana la paragona a un “eroe sconosciuto”, cioè a Aung San (pronunciato in inglese unsan), cioè ad un “eroe senza storia”. Invece, Daw Suu Kyi, oggi tormentata dall’arresto in carcere emanato dal dittatore birmano, non significa altro che Zia Suu Kyi, come era lo Zio Thant. Il ruolo degli zii, dei parenti è fondamentale in tutte le civiltà asiatiche. Questa nozione si è praticamente persa nel cosiddetto mondo occidentale sviluppato, dove la parentela è stata sostituita dal dio denaro. Non sono più in Occidente, soprattutto in Italia, i figli e i nipoti ad occuparsi dai nonni, degli zii e delle zie. Ormai, le vecchie zie, gli orribili nonni malandati vengono affidati alle extracomunitarie con o senza permesso di soggiorno. Una vergogna che ricadrà sull’intera popolazione italiana costretta a far “badare” dalle “badanti” i loro genitori. Daw Suu Kyi è una zia, una Signora, che ha bisogno del sostegno della popolazione birmana, in un’ottica di democratizzazione, sperando che la democratizzazione birmana non si trasformi in quella “pugliese”, “milanese” e “romana” dove i vecchi sono bestie da macello. Daw Suu Kyi rappresenta una donna dalla quale prendere insegnamenti su come rispettare la democrazia, la libertà e la capacità di riconoscere un posto adeguato agli infermi, ai vecchi, ai carcerati, alle persone sofferenti. Il nostro sistema di merda riduce gli ammalati, gli afflitti i diversi (non quelli di Chiambretti, lesbiche e gay che hanno miliardi a loro disposizione, solo per fare spettacolo), ma quelle persone vere alle quali la Zia Suu Kyi si sta rivolgendo, sempre se quel “maledetto comunista” di Than Shwe non ci abbia già pensato!
La vita di Aung San Suu Kyi nella storia e nelle immagini
Suu Kyi (in basso al centro) nata il 19 giugno 1945 a Rangoon. Ha solo due anni quando il padre Aung San, leader dell’indipendenza Birmana dalla Gran Bretagna, viene assassinato da paramilitari. Frequenta le migliori scuole della capitale birmana, continua gli studi in India – dove la madre era stata nominata ambasciatrice nel 1960 – e poi in Gran Bretagna. Voce dolce e fragile silhouette , 63 anni, incarna da più di 20 anni la minaccia principale per la dittatura militare in Birmania.
Laureata in filosofia, economia e scienze politiche a Oxford, diventa assistente nelle Scuole orientali di Londra, e sposa nel 1972, Michael Aris, un universitario britannico, specialista del Tibet e del buddismo con il quale avrà sue bambini.
Nell’aprile 1988, Suu Kyi si reca al capezzale della madre malata, in Birmania. Il paese è in fermento: una rivolta degli studenti in favore della democrazia provoca circa 3.000 morti.
Nell’agosto del 1988, Aung San Suu Kyi prende la parola di fronte al migliaia di persone radunate di fronte alla Pagoda Shwedagon di Rangoon. Un mese dopo, fonda il suo partito, la “Lega nazionale per la democrazia" (Lnd), con il contributo di numerosi oppositori del regime. Venne arrestata dalla Giunta militare nel luglio 1989 che le offre la possibilità dell’esilio che lei rifiuta. Per gettare acqua sul fuoco i militari le offrono la residenza in Birmania che Suu Kyi manterrà fino al 1995.
Nel 1991, un anno dopo aver ricevuto il premio Sakharov per la libertà di pensiero, Aung San Suu Kyi ottiene il premio Nobel per la Pace. Per la prima volta nella storia del Premio Nobel, il premio viene consegnato ad una prigioniera che non lo potrà ritirare. Al suo posto, ad Oslo ci saranno il marito e un suo figlio.
Durante le elezioni legislative del 1990, il partito di Suu Kyi impartisce una solenne sconfitta ai militari al potere dal 1962, che rifiuteranno i risultati della consultazione elettorale, provocando una protesta della comunità internazionale.
Nel 1999, mentre il marito stava morendo di cancro in Gran Bretagna, lei decise di rimanere in Birmania, credendo di non poter più tornare in questo paese. Anche Michael Aris rifiutò il diritto di ricongiungersi a sua moglie. Lei non lo rivedrà mai più. Aris muore nel mese di marzo del 1999.
Nel settembre del 2000, Daw, la Signora, la Zia, è di nuovo assegnata agli arresti domiciliari, fino al maggio del 2002. Questo periodo, tuttavia, non ha impedito l’apertura di discussioni storiche in vista di una “riconciliazione nazionale”, con il Primo ministro Khin Nyunt (nella foto con U Aung Shwe, il Presidente della Lnd). Il dialogo è stato bruscamente interrotto quattro anni più tardi con la “liquidazione” di Nyunt da parte del “generalissimo” Than Shwe.
Nel maggio 2003, viene di nuovo arrestata e imprigionata tramite un attacco al suo convoglio da miliziani pro Giunta. In settembre, viene condotta nell’attuale residenza sul lago Inya di Yangon, in quasi totale isolamento.
Nel 2007, sei settimane dopo la repressione della protesta dei monaci buddisti, Suu Kyi si rende disponibile al dialogo con il regime e, attraverso una missiva all’Onu, chiede che, “nell’interesse della nazione” lei “è disponibile a dialogare” con i militari. A gennaio del 2008, Aung San Suu Kyi, dopo essere stata in attesa di una risposta, afferma che i suoi propositi sono “scomparsi dal calendario”.
Il 14 magio 2009, meno di due settimane prima del riesame della sua detenzione, proprio quando le sue condizioni di salute peggioravano, Aung San Suu Kyi, viene arrestata di nuovo a causa della misteriosa intrusione dell’americano nella sua dimora. Oggi, rischia 5 anni di prigione.
Premi e riconoscimenti internazionali
Premi e riconoscimenti internazionali
1990 : Premio Fondazione Rafto per I diritti umani (Norvegia)
1990 : Premio Sakharov per la libertà di pensiero (Parlamento europeo)
1991 : Premio Nobel per la Pace (Norvegia)
1991 : Premio per I diritti umani (Stati Uniti)
1992 : Premio Marisa Bellisario (Italia)
1992 : Premio internazionale Simòn Bolívar (Unesco)
1993 : Premio Rose (Danimarca)
1993 : Premio internazionale per i Diritti umani Victor Jara (Stati Uniti)
1993 : Premio Jawaharlal Nehru per l’intesa internazionale (India)
1995 : Premio Gandhi (Canada)
1995 : Premio per la Libertà del Comitato internazionale di aiuto (Stati Uniti)
1997 : Cittadinanza onoraria Città di Roma (Italia)
1997 : Premio internazionale del gruppo per la pace e la giustizia Sant’Angela (Irlanda)
1999 : Premio per la Libertà, International Republican Institute (Stai Uniti)
2000 : Premio Dublino per la Libertà (Irlanda)
2000 : Medaglia presidenziale per la libertà (Stati Uniti)
2003 : Premio “Esprit Libre Forum pour la Liberté”, (Stati Uniti)
2004 : Cittadinanza onoraria Città di Parigi
2005 : Premio Olof Palme
2007 : Cittadinanza onoraria Città del Canada
2008 : Premio della Fondazione Jacques Barrot Vice-Presidente della Commissione europea M. Federico Mayor Co-Presidente del Panel delle Nationi Unite per l’Alleanza delle Civilizzazioni.
P.S. I partiti di sinistra, Pd, Radicali e Di Pietro non hanno alzato un dito per Daw Suu Kyi. I "comunisti" non hanno levato alcuna lamentela. La destra se ne strafrega. Popolo della libertà di chi? Quando un domani, cioè nel 2010, in Birmania, una terra ricca di ogni bene della terra, tornerà la libertà tutti diranno (come diceva Totò): io c'ero.
Foto: le magnifiche foto della vita di Aung San Suu Kyi sono di Afp.
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