19 maggio 2009

Liceo scientifico "Vito Scafidi", Rivoli, Italia

Liceo scientifico “Vito Scafidi”, Rivoli, Italia
di Roberto Maurizio

Nevermore

Il Comitato dei genitori del Liceo scientifico “Charles Darwin” di Rivoli ha pubblicato sul sito dell’Istituto una lettera che sembra essere, a priva vista, un momento d’apertura verso la richiesta sollevata dalla famiglia di Vito Scafidi, studente di 17 anni, ucciso il 22 novembre 2008 a causa della caduta del soffitto dell’aula nella quale stava svolgendo la “ricreazione” insieme agli altri compagni di classe, cioè quella di intitolare l’Istituto al giovane studente liceale. Analizziamo punto per punto la lettera, partendo, però, dalla fine. «Preferiremmo, dicono i Genitori del Dawin, che di Vito si ricordasse la vitalità, la simpatia, la bontà d’animo, la luce dei suoi occhi di cielo e che nel suo nome, ogni giorno, ciascuno nel suo piccolo, facesse qualche cosa, qualche piccola cosa, perché a nessuno, mai più, fosse tolto ciò che a Vito è stato tolto. Un “mai più” (il famoso nevermore di Edgar Allan Poe – vedere “Stampa, Scuola e Vita”: “The crow and the raven” del 10 ottobre 2007 -) che non sia fatto di parole al vento o inciso su targhe dimenticate, ma realizzato nei fatti, con il lavoro quotidiano per verificare, controllare, chiedere, per pretendere che il diritto alla sicurezza sia rispettato, per far sì che Scuola diventi sinonimo di futuro». A me sembra che chiedere il rispetto di un diritto, quello alla vita e alla salvaguardia della stessa attraverso la prevenzione, è una bestialità. Ci si riempie la bocca di rispetto della Costituzione, rispetto della Carta fondamentale dei diritti umani e poi, come schiavi e non come cittadini evoluti, si invoca dal “sovrano” la verifica, il controllo delle strutture quando dovrebbe essere lapalissianamente un compito quotidiano delle cosiddette autorità, prufumatamente pagate con i nostri soldi. Ma stiamo scherzando? La scuola non è il futuro è il presente. Nel futuro, cioè nel lungo temine, come disse saggiamente John Maynard Keynes, saremo tutti morti. Oggi, vogliamo un controllo immediato, giornaliero, vogliamo, non l’impegno, ma l’immediata realizzazione della prevenzione nelle scuole e nei posti di lavoro.

Monte Sei Busi

La lettera “aperta” dei Genitori, sempre letta a ritroso, sostiene che «Non siamo neppure sicuri che Vito vorrebbe che ogni giorno, entrando a scuola, i suoi amici e i suoi compagni avessero la sensazione di entrare in un luogo in cui il tempo si è fermato a quel maledetto 22 novembre e che questo tempo immobile, che rievoca nel profondo dell’animo l’insicurezza, l’angoscia e il dolore vissuti, si stendessero come un cielo plumbeo su ogni giornata della loro vita scolastica». Vito, purtroppo, non ha più amici né compagni di classe, ed è terribile interpretare la volontà di un ragazzo, senza che abbia avuto nemmeno il tempo necessario di sottoscrivere il suo “testamento biologico”. Mio nonno Beniamino “lasciò i suoi occhi” per difendere la Patria nel 1915, a Monte Sei Busi, e quando mi reco sul posto, nel sacrario dei tanti giovani italiani che perirono per un “ideale”, non sento insicurezza, angoscia, dolore. Anche in giornate di pioggia, vedere tante croci messe in fila di tanti giovani italiani caduti per la Patria, il cielo plumbeo diventa di un azzurro acceso.

A Zacinto

Senza scomodare, più di tanto, Ugo Foscolo, autore che si “studia”, di solito, in letteratura del quarto anno nelle scuole superiori italiane, che Vito forse stava “studiando”, proprio nel periodo relativo a quel maledetto giorno, basterebbe effettuare la parafrasi dell’opera sepolcrale del cantore di Zacinto (oggi, Zante), della famosissima “Dei Sepolcri”, per rendersi conto come esistano “alimenti” che risarciscono, al di là delle lusinghe, il pianto dei parenti per i loro morti. “Il sonno della morte è forse meno doloroso all'ombra dei cipressi e nei sepolcri su cui i parenti possono piangere i loro morti? Quando il Sole per me non feconderà più la Terra con le belle specie piante e di animali, e quando il futuro per me non ci sarà più davanti, ricco di lusinghe, né potrò più udire, dolce amico, la tua poesia malinconica, né più sentirò nel cuore l'ispirazione poetica e il sentimento d'amore, unico alimento per la mia vita di esule (ogni persona a cui viene negato un diritto è un esule, Ndr), quale risarcimento per i giorni perduti potrà mai costruire una pietra tombale che distingua le mie ossa da tutte le altre che la morte dissemina in terra e in mare? Meditate gente, meditate. Meditate Genitori del Darwin!

Vito, Aushwitz, Fosse Ardeatine e Foibe

«Una scuola, continua la lettera letta sempre a ritroso, è un luogo in cui i ragazzi trascorrono una larga parte della loro giornata (sei ore al massimo, Ndr) e della loro vita (cinque anni, Ndr) un luogo in cui, oltre a studiare e ad apprendere, crescono e diventano adulti vivendo sentimenti e passioni, momenti di serio impegno e di spensieratezza, di tensione e di allegria, di dolore e di gioia, di amicizia, d’amore, di speranza nel futuro. Vivono, insomma, tutto ciò che anche Vito ha vissuto finché tutto questo non gli è stato tolto anche a causa dell’imprevidenza e dell’incoscienza umana (e il Consiglio d’Istituto dove stava? E il Comitato dei Genitori, dove stava? Ndr). Proprio per questo abbiamo deciso di “agire” (in ritardo, Ndr), perché ciò che è possibile fare sia fatto affinché mai più (Nevermore, Ndr) tutto questo sia tolto a qualcuno (e ci mancherebbe altro! Ndr). Non siamo affatto sicuri che la strada migliore per ricordare Vito, per non dimenticare il suo sguardo aperto e il suo viso sbarazzino sia quella di trasformare una scuola in un mausoleo, in un sacrario, luoghi nobilissimi ma fatti per raccogliersi nel ricordo di persone care e ben diversi da una scuola». Ma che differenza esiste tra una scuola e un campo di sterminio come Aushwitz, come l’eccidio delle Fosse Ardeatine o come le Foibe? Per non dimenticare, purtroppo, in questa civiltà che fagocita ogni secondo milioni di notizie, occorre una “stele”, una “aedicula”, un “tempietto”, un “nome”, un “momento di riflessione”, anche se ora sembra insufficiente. Ma il “sacrificio” di Vito rimarrà lettera morta se non gli sarà assegnato e riconosciuto un riferimento in cui le generazioni future, probabilmente multietniche, potranno ricordarsi di un ragazzo morto per l’incuria delle Autorità. Non voglio paragonare la “Provincia di Torino” a Hitler. Sono due cose completamente diverse. Ma, se non si reagisce fermamente alla negazione di richieste di soluzioni immediate per la sicurezza e la prevenzione nelle scuole, potremmo correre il rischio di far ripetere la storia che si rincorre in Italia dal ‘48 ad oggi (corsi e ricorsi storici di Gianbattista Vico): continui rinvii, assoluzioni, progettazioni, programmazioni e nulla di concreto sulle strutture scolastiche. Facendo così, cioè non chiedendo a gran voce il riconoscimento del cambiamento del nome del Darwin in “Liceo Scafidi”, si corre il rischio che il carnefice passi inosservato. Saremmo di fronte di nuovo ad una specie di trattato Ribbentrop-Molotov, come l’invasione della Polonia. Assisteremo, allora, alla ripetizione della malvagità della Seconda guerra mondiale nelle scuole italiane. Basta!

Darwin, rimandato in latino
Da qui in poi, la lettera dei Genitori diventa patetica. «Alcuni, poi, fanno osservare come da sempre l’intitolazione di una scuola, luogo in cui si guarda all’evoluzione del pensiero umanistico e scientifico e si approfondisce il sapere, sia avvenuta per ricordare persone il cui contributo nei vari ambiti della conoscenza ha costituito elemento di svolta e progresso per l’intera comunità umana, oppure per onorare gli autori consapevoli di atti tesi alla protezione della comunità». E’ risaputo che Charles Darwin non era assolutamente “portato” allo studio degli antichi classici, quindi come mai a Rivoli hanno voluto dedicare proprio all’autore della “Teoria dell’Evoluzione” un Liceo scientifico? Se fosse vera l’affermazione dei Genitori circa l’intitolazione delle scuole a “persone di un certo spessore” (espressione che risente molto dalla scritta ancora impressa sul Palazzo della Civiltà del Lavoro di Roma, il Colosseo quadrato: poeti, artisti, eroi, santi, pensatori, scienziati, navigatori, trasmigratori), non si capisce perché alcune scuole siano state intitolate a Totò (amato da tutti gli italiani) o a Ilaria Alpi. Il mio ex Istituto di Roma, nel quale ho insegnato per anni, il “Giovanni Da Verrazano” di Roma, è un tecnico commerciale e il nostro amato e simpatico Giovanni non sapeva nulla di ragioneria, anzi, era completamente analfabeta e si firmava con una sola z e non con due. Le scuole, in Italia, vengono intitolate a chiunque. Sembra, che a L’Aquila sia già pronto l’Istituto di Lingue greche e arcoriane “Bruno Vespa” e a Casoria e in tutto il napoletano, gli Istituti di Rifondazione del Muro “Michele Santoro”. Ma insomma, non ha importanza il nome, è importante che una scuola funzioni e sia sicura.

Un consenso diffuso
La lettera del Comitato dei Genitori continua sferrando un attacco senza senso al Ministro dell’Istruzione, che non centra nulla con la proprietà dell’edificio scolastico che appartiene alla Provincia, l’unica vera responsabile della cattiva manutenzione dell’immobile. I Genitori si lamentano che il nome dell’Istituto da intitolare a Vito Sfafidi sia piombato dall’alto, proprio dal Ministero, immediatamente subito l’avvenimento del mortale “incidente”. Da Darwin a Scafidi, dunque, è stato proposto da “Roma”. Qui, l’atteggiamento dei Genitori diventa incomprensibile e pazzesco, si avvicina molto al famoso detto cinese “per far dispetto a mia moglie…”. Ma come? “Stampa, Scuola e Vita” sta raccogliendo le firme, anche tramite Facebook, per inviarle al Ministero mentre la porta è già spalancata? Sono i Genitori del Consiglio d’Istituto, allora, che si rifiutano? «Mentre le proposte del Consiglio di Istituto hanno trovato un consenso diffuso (cioè, quello di intitolare un campo d’erba vicino alla scuola, Ndr.) quelle del Ministro e del Presidente della Provincia hanno invece sollevato un accorato dibattito e rischiano di creare incomprensioni e fraintendimenti e perfino divisioni all’interno della comunità scolastica, alla fine di un anno difficilissimo in cui tutti hanno subito forti contraccolpi psicologici».

Responsabilità morali?
«Dobbiamo infatti constatare, continua la lettera, che la proposta delle due personalità politiche suscita in molti perplessità circa il metodo e nel merito: - la decisione in merito riguarda direttamente, anche per legge, la comunità scolastica, ma la proposta calata dall’alto e le fortissime pressioni che ci risulta esservi state, hanno messo in dubbio la sua autonomia, mentre la proposta avrebbe avuto ben altro valore lasciando che, se sentita, fosse scaturita da chi nel Liceo vive e lavora; - invece la proposta è stata avanzata da un Ministro su cui grava la responsabilità di aver operato drastiche riduzioni delle risorse per la scuola pubblica (ma che c’entra? Questi sono genitori o sindacalisti dei docenti? Ndr) e che a distanza di sei mesi dalla tragedia non ha provveduto ad alcun contributo diretto per la sicurezza dell’Istituto (ma non spetta al Ministero! Ndr), salvo rilasciare ai giornali dichiarazioni in merito all’intitolazione; - la proposta è caldeggiata anche dal Presidente della Provincia, Ente responsabile della manutenzione dell’edificio ed Ente sul quale, sebbene dopo i fatti l’intervento sia stato tempestivo, grava la responsabilità morale di non aver saputo, nel tempo, valutare appieno, attraverso le proprie strutture tecniche, la necessità di attuare controlli più efficaci in ordine a un edificio storico che, evidentemente, necessitava e necessita di interventi di prevenzione (qui i Genitori hanno perfettamente ragione, occorre trovare il responsabile, anzi l’irresponsabile della Provincia che non ha provveduto ad effettuare le opere necessarie per l’incolumità degli studenti, qui, anche se non entrerà la “giustizia umana”, arriverà la “giustizia divina”,Ndr). Constatiamo inoltre che questa proposta calata dall’alto, appare ai più come un facile “atto riparatore”, che non costa nulla in termini economici e d’impegno per la reale sicurezza nelle scuole, ma che facendo leva sulla pietà sollevata dai tragici avvenimenti cerca al tempo stesso di lenire (ma sarà mai possibile? Ndr) la domanda di giustizia e il dolore inconsolabile di una Famiglia e di avviare un’azione di propaganda tesa a recuperare le critiche per lo stato della sicurezza nelle scuole italiane, senza di fatto operare realmente affinché le cose cambino davvero». Qui, i Genitori hanno ragione da vendere.

Non importa se Darwin o Scafidi: però stop alle morti annunciate


La lettera aperta dei Genitori del Darwin, una componente essenziale della scuola italiana, continua, anzi inizia nella lettera letta a ritroso, in questo modo. «Il giorno dopo la tragedia del 22 novembre in tutti noi, insieme allo sgomento, al dolore, allo slancio solidale si sono fatte strada una rabbia sorda e una domanda: “Come possono accadere fatti come questo”? Poi, con il passare dei giorni, di fronte ai rituali cui sempre si assiste quando accade un fatto simile, di fronte al fiume di parole che si sprecano in un paese che ha poca memoria, che si straccia le vesti e poi dimentica finché non accade un nuovo dramma e poi un altro e un altro ancora, la rabbia ha lasciato il posto alla consapevolezza che bisognava “agire” in prima persona, per fare in modo che la memoria restasse viva, che mai si dimenticasse chi ha perso la vita e lo strazio dei suoi cari, la sofferenza di chi, in un attimo, ha visto cambiare il proprio futuro, il trauma silenzioso di chi ha provato e prova dolore per gli affetti perduti, di chi è stato segnato per sempre da incubi, più o meno gravi, che mai avrebbe pensato di vivere. Questa consapevolezza è poi sfociata nella determinazione di proposito fermo, irremovibile: “agire perché questo non accada più”». E qui, altre ragioni da vendere da parte dei Genitori. E’ vero quello che dicono i Genitori: non importa se Darwin o Scafidi, basta però che le strutture scolastiche siano degne di un paese civile. Però, “Stampa, Scuola e Vita” continuerà la sua battaglia per fare assegnare al Liceo scientifico di Rivoli il nome di “Vito Scafidi”, con la stessa intensità con cui difende a “spada tratta” l’eroina birmana Daw Aung San Suu Kyi.

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