di Roberto Maurizio
Il Preside Luigi Lo Grippo e la Professoressa Laura Guerriero dell’Istituto tecnico commerciale statale, “Giovanni Da Verrazano” di Roma, esempi di intuizioni elementari, avversari acerrimi della bugia, intesa come un mix di mistificazione e ignoranza della realtà per il raggiungimento di fini speculativi personali o di un gruppo di persone
Non esiste una strada maestra
La scuola media superiore, in Italia, è sempre stata al centro di violenti attacchi, molto spesso veritieri altre volte falsi. Un paese che si sviluppa a certi tassi percentuali limitati, non può garantire il posto di lavoro, come recita l’articolo I della Costituzione italiana, a tutti. La politica, corretta o scorretta, cerca di barcamenarsi all’interno di soluzioni che sono solo nelle mani dello sviluppo. Molti insegnanti sono stati “buttati” dentro l’ingranaggio di una scuola che aveva bisogno di esperti e di professionisti. Leggi e leggine hanno permesso l’ingresso di sicuri disoccupati. Non c’erano altre strade, se non quella della protesta e della rivolta armata. Lo Stato ha fatto, nei suoi limiti, quello che ha potuto. Non è stato, però, capace di formare una classe docente capace di creare una nuova classe di imprenditori, operai, commercianti, avvocati, scienziati. Nonostante ciò, l’Italia ha saputo tenere il passo e arrivare tra i primi sette paesi più industrializzati del mondo. Forse, anzi certamente, si sarebbe dovuto osare di più. Ma non avevamo le ali per valore in alto. Occorreva essere ancora più ricchi e investire nuove risorse per lo sviluppo.
Diritti dell’uomo
Per sviluppo si intende, in primo luogo, il rispetto dell’uomo (l’uomo non è quello con i baffi, ma rappresenta tutto il genere umano, ma negli Stati Uniti, in Francia e all’Onu si è sempre parlato di “Diritti dell’uomo”, sono insorte le femministe, allora si è parlato di diritti umani, fra poco si ergeranno i gay e le lesbiche e si parlerà di “Diritti uguali per i disuguali, per gli ineguali e per i semiovali, per i trasparenti e per i Chiambretti”. Chiambretti, insieme a Berlusconi e a Brunetta, parleranno di “Diritti dei bassi, dei nani”, e poi scoprono che il più amato di tutti è Ping Ping. L’uomo (uomo?) cinese Ping Ping non mangia più la carne di maiale (questa è una falsità che serve solo a far seguire un certo discorso con non fila). Non è diventato musulmano Ping Ping ha solo paura di un’influenza sempre esistita, presente anche nei video dei Beatles, ma sempre nascosta a tutti.
La “spagnola”, la febbre suina e la fine dell’Occidente
La “spagnola” del 1918 fece 50 milioni di vittime, attraverso l’azione congiunta di tre geni, il Pa, il Pb1 e il Pb2, insieme ad una versione dell’epoca della nucleoproteina o gene Np (è una scoperta di scienziati giapponesi) . La causa? La povertà estrema dopo la Prima Guerra mondiale e la mancanza di regole da parte di una certa popolazione, probabilmente di quelli che erano costretti a condividere la casa con i “maiali”, galline, buoi, asini, cavalli. Si chiamò spagnola perché ebbe come focolaio sorgente la Spagna? Il Messico, ispanofonico, a circa 100 anni dalla micidiale “spagnola” rispetta le regole igieniche? Non solo per salvare i suoi cittadini, ma per non far scoppiare una pandemia di un’influenza che potrebbe mietere milioni di vittime innocenti in tutto il mondo? Non è il caso di dire agli spagnoli di Zapatero, lavatevi, dopo che hanno buttato addosso a noi italiani una serie di insulti dall’alto della loro civiltà?
Difesa della famiglia equivale a difesa del genere umano?
Gianno De Michelis. La Cina è vicina: troppo!
Quando non esiste il rispetto delle regole, il danno può espandersi anche agli altri? Quando si rifiuta il concetto di famiglia, si sa cosa si dice, ma non si sa quali potrebbero essere le conseguenze. I divorzi, dovuti all’imbecillità degli individui, in presenza di figli, producono ragazzi predisposti alla droga e all’arricchimento della mafia? Qui non si parla, ovviamente, degli “uomini” della destra, un Casini, un Silvio e un Fini più divorziati di qualsiasi “tibbettano”. L’unico che ce l’ha duro è Bossi. Quando si vogliono i matrimoni fra gay e fra lesbiche si sa cosa si dice, ma non si sa a cosa ci porta questa proposta. Questi “matrimoni”, innanzitutto, non producono figli, mentre sono costruiti solo per l’egoismo di persone che non hanno riferimenti nel futuro? Senza figli, senza prole, da dove arriveranno i proletari del domani? Chi genererà, allora, altra “gentaglia” chiamata umanità?
La Cina è vicina: la febbre gialla
Anche i neri, adesso alla Casa Bianca, chi li riprodurrà? La risposta è semplice: i cinesi. Era troppo facile prevedere un uomo (speriamo che questa volta si possa dire) nero alla Casa Bianca (è un problema di percentuali), come troppo facile è prevedere il prossima Papa nero (forse le percentuali, con un’Africa musulmana è un po’ più difficile). Ma, l’umanità con 4,5 miliardi di asiatici su 7 miliardi sulla Terra, di chi sarà? Ovviamente dei cinesi, dei gialli. Mentre per nero esiste il dispregiativo negro, per i gialli non esiste alcuna parolaccia adeguata, se non “occhi a mandorla”, ma che fa tanto buona “Cassata siciliana”, tanti babà e tanta insuperabile tastiera napoletana. Forse “tartaro” potrebbe essere l’offesa da lanciare ai prossimi invasori della Terra. Ma anche questa non va bene, perché il Tartaro (non quello dei brutti denti sommersi dalla nicotina), ma quelli con la T maiuscola hanno immediatamente l’appoggio incondizionato di mogli traditrici, di veroniche che asciugano i sudori e gli umori di bell’imbusti e bei Tartari pronti per l’uso, a 2.000 euro all’ora, con una fattura di poco inferiore, vista l’inferiorità di reddito, da parte di gay squattrinati, senza ideali e senza prole. Tartaro, quindi, non è un offesa e non equivale a “negro” e nemmeno ad ebreo. Ma qui il discorso diventa perverso e pericoloso. Mentre Veltroni e company possono dare del nano a chi di dovere, ebreo non può essere utilizzato per indicare una “classe” privilegiata di una popolazione (prima dei cinesi) che ha gente illustre tra le sue fila come Marx e Heinstein.
Il tempo delle coperte
La Profesoressa Laura Guerriero (a sinistra)
In tutto questo discorso, si innesta la mancanza della Primavera. Oggi 7 maggio, le temperature sono al di sotto delle medie stagionali. Solo un decennio fa, gli iettatori avevano previsto la desertificazione dell’Italia, la distruzione della Terra a causa del riscaldamento, la mancanza delle piogge (da oltre 200 anni non piove così oggi in Italia). E’ qui che mi viene in mente la grande professoressa Laura Guerriero, insegnante di Geografia economica presso l’Istituto tecnico commerciale “Giovanni Da Verrazano” di Roma. La professoressa contestava, giustamente, la collocazione che i libri facevano della nostra bella penisola: “area calda e temperata”. La professoressa mi diceva, per capire la zona di appartenenza macrotermica mondiale, non bisogna guardare ai satelliti: “Basta vedere l’uso delle coperte che metti la notte prima di dormire”. A Roma, dal 15 settembre si mette la prima coperta, a ottobre si aggiunge un lenzuolo, a novembre si predispone la seconda coperta che si porta fino a Natale, poi si aggiunge una terza per i freddi gelidi di gennaio che non riesci a togliere nemmeno a febbraio; a marzo togli una prima coperta, ne restano due, a aprile ancora un’altra, a maggio ti resta quella coperta che vorresti abbandonare in quanto la tua zona sui libri è quella “temperata”, e non ci riesci. Finalmente il 15 giugno scoppia il caldo. Giugno, luglio e agosto. E la chiamano estate?
Il Preside Luigi Lo Grippo e il Prof. Giuseppe Sacco
Nemmeno tre mesi di caldo che servono ad eliminare le "scorie", cioè i vecchi che non sopportano il caldo. Ma come fanno dopo 9 mesi di freddo? Tutto questo discorso è a prescindere dai riscaldamenti e dai condizionatori. La bellezza della mente lucida della professoressa Laura Guerriero ci porta ad una conclusione. Diffidiamo dei libri che sono fatti per coprire uno Stivale lunghissimo. Fate capire agli alunni quello che loro stessi sentono. Interrogateli sui loro umori, suoi loro interessi e non fate che ripetano a memoria bugie, bugie e bugie.
Le gambe storte e corte della bugia
Da destra: il Preside Luigi Lo Grippo, il Prof. Roberto Maurizio, un'alunna, la Prof. Laura Guerriero e un alunno La bugia si basa sull’ignoranza. Non è bugiardo chi produce la bugia, ma chi l’accetta. L’umanità, con tutti i problemi che abbiamo, deve espellere i bugiardi. Rimarranno molti professori alle università e molti politici che vi diranno ancora bugie. La bugia è qualcosa di cui che tu stesso puoi capire l’essenza. La bugia ha le gambe corte. La verità è quella che sta vicino a te, e tu la riconosci attraverso tue sensazioni, le tue percezioni immediate; è impressa nel tuo intuito. Io ho freddo quando ho freddo e caldo quando ho caldo. Non sono condizionato dagli altri. La bugia è essere condizionato da un’informazione sbagliata, da un’ideologia sbagliata, dall’assenza della verità che è in te stesso.
Moltiplicare per 10 e dividere per 1000
Accanto alla grande Professoressa Laura Guerriero, si erge come un idolo infranto, il poderoso Preside Luigi Lo Grippo, insegnante di Lettere. Il tema è sempre lo stesso: l’uso della bugia. 1979 o giù di lì. I Radicali, che oggi imbracciano la stella gialla contro la democrazia e la verità, asserivano che nel mondo c’erano 50 milioni di bambini morte per fame. Lo facevano per il loro tornaconto? Più si spara forte, più la gente ci casca. Chiesi, allora, al Preside, di mandarmi ad presenziare in una conferenza a Madrid sulla “Fame nel mondo”. Gli spiegai tutto. E mi diede l’autorizzazione. Poi mi disse. “Professore. Il dato relativo alla mortalità complessiva del mondo intero si aggira, oggi, sul 10 per mille. Allora, come è possibile che su 5 miliardi di essere umani 50 milioni di morti sono bambini? Cosa vuol dire allora, che non muore nessun vecchio?”. Bastava solo moltiplicare per 10 e dividere per 1000 per capire le menzogne. Purtroppo, non era così e continua ancora oggi a non essere così. L’ideologia e l’ignoranza, che sono la stessa cosa, strangolano ancora il nostro paese. Abbiamo bisogno di giovani che prima di tutto sappiano fare i conti. Fare i conti con se stessi e fare i conti con un’umanità alla deriva. Una sola certezza ci rimane: la speranza.
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