Sonia Maino Gandhi, l'icona italiana in India, il “sari rosso” e il giornalismo nostrano d’accatto
di Roberto Maurizio
di Roberto Maurizio
Da Lusiana a Nuova Delhi
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Sonia Ghandi incarna uno dei tanti sogni realizzati dagli italiani all’estero. Sonia è considerata da molti come la donna più importante del mondo, una straniera che diventa simbolo nazionale della più grande democrazia mondiale, un’indiana vera icona dell’Italia. A capo del più importante partito dell’India, Sonia è ammirata e stimata da più di un miliardo di persone. Sonia Gandhi, nasce a Lusiana comune di 2.900 abitanti posto a circa 750 metri dal livello del mare, sull’Altopiano dei sette comuni, in provincia di Vicenza, il 9 dicembre 1946 da Stefano Eugenio e Paola Maino che le misero nome Edvice Antonia Albina. Quando Sonia aveva appena 3 anni, i suoi genitori si trasferirono ad Orbassano (alla periferia di Torino). Il padre era un imprenditore edile. Sonia, successivamente, studiò presso l’Università di Cambridge (Lennox School, per stranieri). Qui, conobbe Rajiv Gandhi, figlio di Indira Gandhi e nipote di Jawaharlal Nehru. La scintilla scoppiò inesorabilmente fra i due, che si sposarono nel 1968. In seguito si stabilirono in India. Sonia ottenne la cittadinanza indiana nel 1983, quindici anni dopo la sua unione con Rajiv, quando si rese conto che la carriera politica del marito poteva essere in qualche modo intralciata dalla sua cittadinanza italiana.
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La donna più potente del mondo
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A settembre 2007, la rivista celebre rivista americana “Forbes” ha posizionato Sonia Gandhi al sesto posto nella classifica delle donne più potenti del pianeta. Nel 2009, sempre la stessa rivista ha collocato Sonia al 13° posto, poco al sopra di Marina Berlusconi (33° posto). Invece, secondo Dominique Lapierre, giornalista francese, conosciuto nel mondo per aver scritto alcuni dei maggiori bestseller di tutti i tempi, da “Parigi brucia”, nel 1965, in collaborazione con Larry Collins, fino al recente “Un arcobaleno nella notte”, sul Sudafrica, considerato uno dei massimi esperti dell’India, non solo per aver dedicato alla storia di quest’immenso paese saggi come “Stanotte la libertà” (sempre con Collins), “La città della gioia”, “Mezzanotte e cinque a Bhopal”, in collaborazione con Javier Moro, è Sonia la “dea bendata”, è Sonia che deve essere messa al centro degli interessi di questo mondo “guidato” da “robot telecomandati”. Secondo Lapierre, sono in molti a dire che le “prime donne” sono Angela Merkel e Michelle Obama, ma «secondo me la donna più potente del mondo è una bella signora italiana che andò in India nel 1966 per seguire il fidanzato quando aveva vent’anni ed era una ragazza timida senza alcuna ambizione politica. Quarant’anni dopo quella studentessa di lingue è diventata la leader politica della più grande democrazia mondiale. Presidente del Congress Party, il partito che quest’anno per la seconda volta ha vinto le elezioni nazionali, senza essere capo del governo, ruolo nel quale ha chiamato l’economista di origine sikh Manmohan Singh, Sonia Gandhi è davvero la donna più importante del mondo».
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A capo del Partito del Congresso Indiano
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Sonia Gandhi, in lingua hindi सोनिया गांधी, è oggi, dunque, la Presidentessa del Partito del Congresso Indiano. Vedova di Rajiv Gandhi, il suo nome è stato fatto per una possibile candidatura alla carica di primo ministro dopo la vittoria a sorpresa del suo partito nelle elezioni del 13 maggio 2004 per il rinnovo della Lok Sabha, quando è stata votata all'unanimità per condurre un governo di coalizione composto da diciannove partiti. Pochi giorni dopo l'esito elettorale, la Sonia Gandhi ha declinato la sua candidatura in considerazione dell'ostracismo mostrato verso di lei da gran parte della classe politica indiana, specie dall'opposizione, in quanto non nativa dell'India. Al suo posto, la stessa Sonia ha proposto Manmohan Singh, ex ministro del governo di Narasimha Rao, che è stato accettato dalla sua coalizione, divenendo il nuovo primo ministro il 19 maggio 2004.
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La storia politica della Gandhi
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Sonia Gandhi non è entrata in politica fino a dopo l'assassinio del marito, avvenuto il 21 maggio 1991. A seguito della morte di Rajiv, il partito caldeggiò il suo ingresso in politica per continuare la tradizione “dinastica” del Partito del Congresso Indiano che ha sempre visto alla sua guida un membro della famiglia Nehru-Gandhi, ma lei rifiuto ogni incarico, ritirandosi a vita privata. Questo “gran rifiuto” le portò l’ammirazione di tutto il popolo indiano. Nel 1998, entrò formalmente in politica, assumendo la guida dell'Indian National Congress. Appoggiandosi sulla tradizione politica della famiglia Gandhi-Nehru, ha saputo guidare grandi folle, riportando in auge il Partito del Congresso e conquistando la fiducia dei suoi elettori. Tuttavia, Sonia Gandhi è per molti versi una figura in qualche modo enigmatica: i suoi oppositori (principalmente il Bharatiya Jamata Party),hanno giocato costantemente sulle sue origini e sul fatto che non parlava in modo fluente l’Hindi fino al suo ingresso in politica. Candidata premier nelle elezioni generali dell'aprime maggio 2004, rinunciò alla carica di primo ministro, subito dopo la vittoria della sua coalizione, in favore del compagno di partito e ministro delle finanze uscente, Manmohan Singh. Nella stessa consultazione, venne eletto al parlamento indiano anche il figlio Rahul Gandhi di cui la sorella Priyanka aveva curato la campagna elettorale. Il 28 maggio 2005 Sonia Gandhi fu eletta presidente del Partito del Congresso Indiano, suo partito di elezione e prima forza politica del paese. Alle elezioni generali dell’aprile maggio 2009, l'UPA (United Progressive Alliance), la coalizione guidata dal partito di Sonia Gandhi, ottiene una nuova vittoria elettorale e il mandato per formare un nuovo governo sotto la guida del primo ministro uscente e candidato premier alle elezioni, Manmohan Singh.
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Domenique Lapierre e Sonia
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Per capire quanto vale un’italiana all’estero, completamente trascurata dalla stampa provinciale italiana, basta leggere quello che scrive di lei, Domenique Lapierre, nato il 30 luglio 1931, che ha dedicato molti libri all’India, tra cui il bestseller “La città della gioia”. Lapierre: «Ha raccolto l’eredità dei Gandhi. Per vincere la povertà deve battere la corruzione». Dice Dominique Lapierre: «Ho conosciuto Sonia una trentina d’anni fa a New Delhi, quando facevo le ricerche per “Stanotte la libertà”. Andavo tutte le mattine a trovare Indira Gandhi, che era Primo Ministro, e vicino a lei c’era una giovane donna italiana, affascinante e bella, che Indira mostrava di amare molto. Nessuno avrebbe potuto predire allora per quella gentile signora che giocava con i bambini un futuro da leader di un Paese con oltre un miliardo di abitanti, dove si parlano tremila lingue, si adorano venti milioni di divinità. La rividi quando, dopo l’attentato del 1984 a Indira, che morì in una disperata corsa all’ospedale tra le braccia di Sonia, Rajiv divenne primo ministro. Ho un ricordo ancora traumatizzante di quell’incontro: Sonia e Rajiv per il pericolo di attentati abitavano in un bunker a New Delhi. Per arrivare fino a loro bisognava passare cinque barriere di protezione. A un certo punto ho scattato una foto ed è bastato quel clic per far sobbalzare Sonia. Vivevano in un’atmosfera di terrore. Ho poi rivisto Sonia avvolta in un sari bianco alla cerimonia di cremazione delle spoglie del marito». Nel 1991, poche settimane dopo l’attentato contro Rajiv avvenuto il 21 maggio, i maggiorenti del Congress Party si presentarono da Sonia per chiederle di impegnarsi in politica. Lei rifiutò: la famiglia Gandhi aveva dato all’India sin troppo. Ma dopo sei anni di riflessione cambiò idea.
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Un piatto di lasagne
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«Sonia è nata italiana - continua Lapierre - e una volta alla settimana si concede un piatto di lasagne, ogni tanto la madre Paola va a trovarla, qualche volta assiste a una messa cattolica, ma ormai è diventata completamente indiana. Ha imparato alla perfezione l’hindi e soprattutto ha due figli di padre indiano. Priyanka somiglia straordinariamente a Indira, Rahul è destinato a diventare il nuovo leader politico del Paese, il Gandhi del futuro. La forza di Sonia sta nell’intelligenza, nel coraggio, nel rigore, nell’onestà ma soprattutto nell’aver saputo raccogliere l’eredità spirituale e politica di una grande tradizione famigliare. Il nome Gandhi ancora oggi è l’unico in grado di rappresentare l’universalità in un Paese molteplice e frammentato. Le classi colte sanno che i Gandhi non hanno alcun legame di parentela con il Mahatma Gandhi. Si chiamano così perché Indira sposò Feroze Gandhi, un parsi omonimo del capo spirituale dell’India moderna. Eppure nelle campagne, nei paesi sperduti, tra la gran massa delle persone, il nome Gandhi è sempre sinonimo di speranza». Oltre alla lotta alla povertà, in un paese dove settecento milioni di persone vivono con meno di due dollari al giorno, quali sfide deve oggi affrontare Sonia?
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La corruzione, una malattia grave
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«Una delle più gravi malattie dell’India è la corruzione - spiega Lapierre - e Sonia lo sa. Ha imposto ai suoi ministri la classe economica nei viaggi aerei e soggiorni in alberghi a tre stelle. Una lotta improba. Singh è un primo ministro molto onesto, ma è circondato da un branco di iene. La corruzione è dappertutto, a ogni livello. Raggiunge persino le mie attività benefiche. L’ultima volta in India sono andato a protestare con il ministro della Sanità: tutti gli ammalati di tubercolosi hanno diritto a cure gratuite, ma nei nostri centri arriva soltanto il 10 per cento dei farmaci necessari, il resto viene rubato per strada e rivenduto dai medici. Il ministro ha allargato le braccia in segno di impotenza». Sonia, conclude Lapierre, dopo la seconda vittoria consecutiva, è partita con il piede giusto: «Gli italiani hanno una nuova icona, una nuova donna simbolo, altro che Sophia Loren».
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Le stampelle della stampetta
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E’ stato presentato alla stampa, ieri 8 ottobre, a Roma, dopo Milano, “Il sari rosso” di Javier Moro. A parte Radio Tre Mondo di Emanuele Giordana, poche sono state le “testate” che hanno messo in risalto il bel lavoro svolto dal giornalista spagnolo, nato a Madrid nel 1955. Le “testate” italiane continuano a farsi notare a livello internazionale, proprio per le “testate” che danno al muro di gomma contro il quale sono costretti a combattere. E’ come se la Divina Commedia fosse stata sponsorizzata solo dai guelfi. Una misera Italietta di oggi, fa emergere il provincialismo di questa stampa che si dovrebbe lamentare più della sua inconsistenza incapacità di comunicare che sulla censura che non esiste, a parte l’autocensura determinata dall’ignoranza imperante di una stampa provinciale che si interessa del Governatore del Molise (250 mila abitanti) e si dimentica di un’italiana al potere nella più grande democrazia del mondo con più di un miliardo di persone. I nostri giornalisti sono comandati a bacchetta, soprattutto dalla pseudo sinistra che non sa far emergere gli aspetti culturali di un’opera d’arte. Opera d’arte in Italia oggi è solo quella che viene appoggiata politicamente da una delle due stampelle che vengono offerte alle due fazioni avverse, nessuna degna di riconoscere il fine ultimo di un vero capolavoro. A parte, questa invettiva contro la “stampetta” italiana, di destra e soprattutto di sinistra, che si suole sciacquare la voce con la “santità, l’equità, l’acqua santa, la solidarietà, la fame nel mondo, la terza settimana”, “Stampa, scuola e vita” vuole mettere in risalto l’ultimo libro dell’ottimo Javier Moro, che racconta la storia di Sonia Maino Gandhi. Il libro è pubblicato da Il Saggiatore e costa 18.50 euro.
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La storia di un grande amore
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Cambridge, 1965. Due ragazzi si conoscono e si innamorano. Lei è Sonia Maino, italiana nata da una famiglia semplice. Lui è Rajiv Gandhi, figlio di Indira e nipote del Pandit Nehru, il fondatore, insieme al Mahatma Gandhi, dell’India moderna. I due si sposano, Sonia indossa un sari rosso, il colore delle spose indiane , quello stesso sari filato e tessuto in carcere da Nehru per le nozze della figlia Indira. Nel 1984 Indira, al suo secondo mandato come Primo Ministro, perde la vita in un attentato. Le succede il figlio. La tragedia incombe: nel maggio del 1991 Rajiv viene assassinato da un commando delle Tigri Tamil. Nel 1995 avviene l’impensabile. Sonia, mai mossa da ambizioni politiche, vissuta sempre all’ombra del marito e della suocera, accetta il ruolo di leader del Partito del Congresso Indiano. Quattro anni dopo, verrà eletta in Parlamento e porterà alla vittoria il suo schieramento nelle elezioni del maggio 2004 e 2009. Sonia Maino diventa una delle donne più influenti del pianeta, conservando il suo obiettivo iniziale: la lotta alla povertà. Si fonderà con il suo nuovo paese, e l’India prodigiosa, che adora milioni di divinità, che parla ottocento idiomi e vota cinquecento partiti politici, la trasformerà in una dea. Con una scrittura epica e carica di sensualità, sulla scia di “Stanotte la libertà” di Dominique Lapierre e Larry Collins, Javier Moro ricostruisce nel suo Sari rosso la storia memorabile e appassionante dell’«italiana» diventata «figlia dell’India».
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Direttamente al cuore dell’India
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Javier Moro, con “Il sari rosso”, va direttamente al cuore dell’India contemporanea. Lo scrittore e giornalista spagnolo ha già raccontato il paese asiatico altre volte, facendone quasi una “patria letteraria” (tra gli altri, “Mezzanotte e cinque a Bhopal”, del 2001, scritto con Dominique Lapierre; e “Passione indiana”, del 2006). Con “Il sari rosso”, Javier Moro narra l’avventura personale di Sonia Gandhi affrontando così la saga della famiglia Nehru-Gandhi e l’epopea di un’intera nazione. Il libro è, innanzitutto, una straordinaria biografia e in fondo una storia anche tutta italiana, per quanto poco nota: quella di Sonia Maino, nata a Lusiana (Vicenza) e cresciuta a Orbassano (Torino), prima di andar sposa nel 1968 a Rajiv Gandhi, figlio di Indira e nipote di Jawahrlal Nehru. Il sari del titolo è quello indossato alle nozze da Sonia, dopo esser stato già l’abito da sposa di Indira, filato per lei da Nehru durante la prigionia. Dall’incontro tra Sonia e Rajiv a Cambridge nel 1965, nel corso degli anni questa biografia si intreccia così in modo indissolubile con la storia dell’India, attraverso le vicende di una donna e di una famiglia dove la politica è destino e anche tragico fato, replicato dopo la violenta morte di Indira (1984), anche da quella di Rajiv (1991), ucciso da un commando Tamil. “In tutta la mia vita mi sono sentito vicino ai Ghandi – racconta Javier Moro, forse perché mio zio Dominique Lapierre mi parlava molto di Indira, erano amici.
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La cremazione di Rajiv in diretta
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Ero a Delhi nel maggio del 1991, sostiene Moro, quando ci fu l’assassinio di Rajiv e vidi in diretta la prima scena del libro, quella dove racconto la cremazione di Rajiv. Mi commosse l’immagine di Sonia, questa vedova così giovane, così disperata, così triste che vedeva partire i suoi sogni, tutta la sua vita andar in fumo assieme alle ceneri di suo marito. Mi dissi che sarebbe stato bello raccontare la storia di questa famiglia dal punto di vista di Sonia, di un’italiana, un’europea, un’occidentale. Un punto di vista per capire meglio il complicato mondo dell’India. Ma in quel momento la storia non aveva finale, perché era così triste da non averne uno. Lasciai la storia da parte fino al 2004 quando Sonia vinse le elezioni generali e allora pensai che finalmente aveva un buon finale.
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Un’italiana timida ma straordinariamente determinata
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Una italiana – continua Javier Moro – senza studi superiori, timida, riservata e che odia la politica, anche perché la politica ha portato via tutto quello che amava, finisce per vincere le elezioni in un paese dove abita un sesto dell’umanità e si converte senza volerlo nella donna più potente dell’Asia, (anche se, ndr) secondo la rivista Forbes, Sonia (viene messo dopo quattro calzette, ndr) tra più potente del mondo”. Il testo è frutto di tre anni di pazienti ricerche, racconta con passione Javier Moro, svolte senza alcuna collaborazione da parte dei Gandhi, riservati e restii a parlar del privato. E anche di fortunate coincidenze, come l’incontro con la segretaria di Indira per oltre due decenni, Usha Bhagat, o con Christian von Stieglitz, l’amico che fece conoscere Rajiv Gandhi e Sonia Maino, scovato quasi per caso dallo scrittore. In futuro Javier Moro pensa a un romanzo ambientato in Brasile. Quanto all’India, “sono convinto che Rahul (figlio di Sonia e Rajiv, ndr) sarà il prossimo Primo Ministro e sarà la quarta generazione della stessa famiglia alla guida del paese”.
Il sari
Il sari è il classico abito femminile indiano le cui origini risalgono al 100 a.C.. Questo tradizionale indumento può essere anche ricamato in argento od oro, conosciuto ed ammirato nella sua variante in mussolina già al tempo degli antichi Romani. In pratica, è uno dei pochissimi vestiti tramandati da per così tanti secoli. Il sari, dunque, è una pezza di stoffa in seta o cotone lungo circa 5 metri e ½ che può essere alto da 1 a 1,40 metri; si regge sulla vita infilando il bordo superiore nella cintura della sottogonna. La rimanente parte della pezza viene passata sulle gambe, quindi sul dorso e morbidamente drappeggiata dalla vita al seno da destra a sinistra. Oltre alla sottogonna, l'altro indumento indispensabile è il choli, una camicetta che copre il seno, lasciando scoperta la vita. Questo indumento, oltre alla sua versalità in fatto di movimenti (può essere utilizzato per guidare l'automobile, lavorare, fare addirittura sport, viaggiare) garantisce sempre una buona protezione dal sole , dal vento e dall'umidità. Facile da lavare e altrettanto da stirare, comodissimo da riporre nonché bello per il suo effetto sulla persona: ecco perché il sari è riuscito a sopravvivere nella nostra epoca. “Componenti” fondamentali nella creazione del sari sono i tessuti particolari, gli accostamenti dei colori, le variazioni nell'accostamento dei colori, i disegni sia sulla pezza intera che sulla bordura laterale. La prima fase per la sua creazione è la tessitura (meccanica o a mano) in filo naturale o sintetico, seguita dalla tintura e dalla stampa o il ricamo. Il sari può essere una vera opera d'arte, addirittura ogni lingua indiana ha un suo vocabolario per quello che riguarda la sua creazione. Le varianti dei disegni e della tessitura sono talmente particolari e differenti che ogni donna indiana sa riconoscere che sari si trova di fronte: ormai per tutto il paese si trovano varietà provenienti da tutte le regioni. Anche in India ci sono varianti per tutte le occasioni: per lavorare o per sbrigare le faccende se ne userà uno in cotone o seta stampata; per una riunione, uno in broccato o ricamato con zari. Ancora più preziosi sono i sari provenienti dall'Orissa e dall'Andhra Pradesh detti anche ikat che sviluppano disegni floreali, di animali e forme geometriche intrecciate in vari colori, e per la complessità del lavoro (tutto viene tessuto al telaio a mano) sono insieme ai famosi sambalpuri (sari di seta cruda) riservati alle cerimonie. Altrettanto favolosi sono i sari di Varanasi, di Kanchipuram e di Bangalore, sempre di seta pesante, che possono essere decorati con disegni in oro o argento, arrivando ad essere dei preziosi broccati che ricordano, nella loro ricchezza, i vestiti nei mosaici di Bisanzio. Sono poi molto particolari i sari del Bengala, i baluchari, che presentano decorazioni di richiamo epico, soprattutto dal Ramayana, solamente sul bordo e sul pallù, rendendoli simili a degli arazzi medievali.
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