Oggi, 27 gennaio 2008, si celebra, per l'ottava volta in tutta Italia, il “Giorno della Memoria”, istituito con la legge 211 del 20 luglio 2000 “in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”. Il significato profondo di questa data anticipato in uno scritto di Primo Levi dedicato ai visitatori del campo di Auschwitz. Al di là del nome da attribuire all'eccidio di ebrei, “Olocausto” o “Shoah”, e della disputa sul numero di uomini, donne e bambibi uccisi, resta un fatto inconfutabile: il razzismo è una vergogna indelebile non solo per chi lo applica, ma anche per chi lo giustifica, lo condivide, lo diffonde.
Questo blog, come sua “linea editoriale”, è per favorire il dialogo interreligioso, per non far dimenticare all’opinione pubblica mondiale i giornalisti uccisi o imprigionati, per non far far dimenticare San Suu Kyi e Betancourt. Sarebbero necessari 367 giorni all'anno da dedicare alla "Memoria".
Train de vie
Un film racconta, "sdrammatizzando" e "umanizzando" il dramma degli ebrei nel secolo scorso. “Il Treno per la vita”, “Train de vie”. 1941: lo spettro della deportazione minaccia la sorte di un intero villaggio yiddish dell'Europa centrale. Per scampare al pericolo imminente gli ebrei decidono di autodeportarsi, travestendo una parte degli abitanti da soldati nazisti e comprando un intero treno, un vagone dopo l’altro. Un piano (apparentemente) folle, ma mai quanto la destinazione: addirittura la Palestina, dopo un percorso a zig zag verso la Russia, fino in Crimea, per poi sbarcare in Asia Minore e raggiungere la terra promessa. L'idea, neanche a dirlo, è del classico pazzo del villaggio, quasi una figura di fool shakespeariano, a cui qualunque idiozia è concessa, e dietro la cui stravaganza si celano ragionamenti alla fine assai sensati. Il viaggio alla base di Train de vie si trasforma in un picaresco girovagare, con alle spalle i tedeschi (quelli veri) ed i partigiani della Resistenza (molto perplessi). A complicare le cose l'ideale del comunismo inizia a diffondersi nei vagoni del convoglio ferroviario, attirando le fantasie represse dei più giovani. L'esilarante fuga degli ebrei-comunisti si conclude con l'incontro con un gruppo di gitani che hanno avuto la loro stessa idea. Il finale chiude con una punta di tragicità dolceamara una storia - sicuramente sviluppata sul registro portante della commedia - incentrata sui toni caustici dell'umorismo yiddish.
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