6 gennaio 2008

Un fucile puntato contro i giornalisti

Un tesserino contro il fucile

di Roberto Maurizio

Sono 171 i giornalisti uccisi nel 2007, secondo i dati presentati a Bruxelles, il 2 gennaio 2008, dalla Federazione Internazionale dei Giornalisti (Ifj: International Federation of Journalists). Invece, per Reporter senza frontiere, sempre nello stesso periodo, stati uccisi sul lavoro 86 giornalisti, un aumento pari al 244% rispetto al 2002, quando furono ammazzati 25. Un aumento dovuto in gran parte alla guerra in Iraq (47 morti, dei quali 46 iracheni e un russo: la gran parte di questi “deliberatamente presi di mira”) e alle situazioni critiche della Somalia (8), Pakistan (6) e Sri Lanka (3).
Secondo il Committee to protect journalists, organizzazione statunitense che utilizza definizioni più selettive, i giornalisti caduti, con "in mano un tesserino" contro un fucile, sono stati 64 in 17 paesi.
Le cifre sulle morti di giornalisti divergono nelle analisi delle diverse fonti di informazione in quanto ognuno di loro utilizza differenti i criteri di valutazione delle cause che hanno prodotto l’evento. L’Ifj comprende nella sua lista anche le persone che aiutano i giornalisti nel loro lavoro e cioè, autisti, interpreti, guardia del corpo, amici, conoscenze. Le altre organizzazioni si limitano, in modo un po’ “classista”, al conteggio dei solo “tesserini”.
Un dato certo ed inoppugnabile è che il giornalista a cui viene tolto il bene più prezioso, cioè la sua vita, non fa altro che compiere il suo “mestiere”. Che cosa distingue la morte di un giornalista cronista di guerra o difensore della libertà, dalla morte di un operaio? Gli ideali? Quali ideali ha un romeno che sale sull’impalcatura di una villa in costruzione ad Ostia che cade è poi muore? Quali ideali avevano gli operai edili italiani ad Ottawa (costretti a lavorare con una temperatura al di sotto dei meno 20 gradi) che cadevano e perdevano il bene più prezioso della loro vita? Il giornalista lavora per se stesso e per gli ideali, l’operaio lavora solo per se stesso e per i suoi figli? Quesiti che attendono una risposta che non può essere banale.
Paolo Serventi Longhi, commentando i dati della Ifj, ha dichiarato che ci troviamo di fronte ad "Un giornalismo sotto tiro, condizionato, intimidito, minacciato, aggredito". "I dati del 2007 – ha continuato Serventi Longhi - confermano la situazione di assoluta emergenza che la professione, ma anche tutti gli altri lavoratori dell'informazione, sta vivendo nel mondo". "Per il terzo anno consecutivo - ha aggiunto l'ex segretario della Fnsi - le difficoltà di un giornalismo libero e testimone della realtà, che rischia per informare l'opinione pubblica, trovano riscontro in una tragica realtà fatta di brutali omicidi, di violenze di ogni genere, di aggressioni fisiche e morali, di centinaia di colleghi rinchiusi nelle prigioni di mezzo mondo per avere esercitato il diritto-dovere di informare". Il maggior numero di vittime si registra nelle aree del mondo dove sono in corso guerre e crisi violente, e dove la situazione politica resta instabile, in particolare ancora in Iraq, in Afghanistan, in Pakistan (dove la campagna elettorale segnata dalla uccisione di Benazir Bhutto è stata accompagnata da numerosi assassini di giornalisti e da una serie impressionante di atti violenti e aggressioni ai media liberi), nello Sri Lanka e nelle Filippine. In Africa gravissima e' la situazione in Somalia e in Eritrea dove negli ultimi due anni si contano decine di vittime. In America Latina il più alto numero di giornalisti uccisi, feriti e aggrediti si registra in Messico, specie da parte di bande di narcotrafficanti. I coraggiosi reportage contro i traffici internazionali di droga e la situazione politica hanno determinato minacce e uccisioni ad Haiti, nella Repubblica Dominicana, in Colombia e Bolivia. Serventi Longhi ricorda anche le gravi limitazioni alla libertà di stampa di Paesi come la Cina, la Birmania e Cuba. "La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, nella quale si condannano le violenze nei confronti dei giornalisti, approvata oltre un anno fa, deve trovare applicazione immediata", dice Serventi Longhi riprendendo l'appello del segretario dell'Ifj, Adian White, il quale a sua volta si era pronunciato con forza anche contro le violazioni dei diritti dei giornalisti nella Russia di Putin.


Accanto ai morti, i prigionieri

Nel corso del 2007, oltre alle uccisioni i giornalisti hanno subito prigione e torture: al 1° gennaio 2008, 135 giornalisti risultavano ancora imprigionati nel mondo. Un dato che rimane invariato da tempo ormai, ha sottolineato Reporter Senza Frontiere (Rsf) precisando che, da almeno quattro anni, le più “grandi prigioni” per i giornalisti sono la Cina (33) e Cuba (24).

Anche i blogger nel mirino del fucile

Un dato nuovo riguarda Internet. La repressione tocca infatti sempre di più anche i professionisti del web che si esprimono tramite blog o su siti internet. Nel corso dell’ultimo anno, 37 blogger sono stati arrestati, 21 aggrediti e 2.676 siti internet sono stati chiusi o sospesi. La Cina resta in testa anche per la censura su internet, con 50 blogger che sono finiti dietro le sbarre per essersi espressi sul web. Il bilancio annuale si avvalora della constatazione che i sequestri diventano una “pratica corrente” e che il 90% dei crimini resta impunito. Saranno due le tappe “essenziali” nel 2008 secondo Rsf, che sembra voler fare della “lotta contro l’impunità” il proprio cavallo di battaglia per il nuovo anno: i due processi per gli omicidi della giornalista russa Anna Politkovskaia e del turco Hrant Dink. “Dal risultato di questi processi - scrive Rsf - dipende in parte il futuro dei giornalisti”.

L’Agsi e la difesa dei giornalisti nel mondo


L’Associazione di giornalisti per lo sviluppo internazionale (Agsi) ha sempre lottato per la tutela della libertà di stampa in tutto il mondo e, statutariamente, si è sempre schierato in difesa della dignità della professione di giornalista. Presenteremo nei prossimi post alcune delle iniziative dell’Associazione in difesa della professione.

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