Maestro unico. Commentatore unico
Perché sono state inserite tre, quattro, cinque maestre supplementari alle elementari? Perché sono stati inseriti nel commento delle partite di serie A (Sky) e della Nazionale (Rai), tre, quattro, cinque “giornalisti”? Perché più si aumenta l’offerta di maestre e di giornalisti, più cala la qualità. Una logica aberrante e perversa simile a quella adottata a New York, il cui sindaco, una volta, decise di diminuire la delinquenza aumentando il numero dei poliziotti. Una volta, nel calcio, avevamo Sandro Ciotti, solo davanti a un microfono, solo davanti ai tifosi: «Siete collegati con San Siro. Giornata calda, ventilazione inapprezzabile, terreno perfettamente agibile. Direzione arbitrale affidata ad Agnolin che si avvale della collaborazione dei guardalinee Ramicone e Celestini. Nulla di fatto, 0 a 0 linea allo studio». Da solo, rendeva viva la partita, da solo, riusciva ad ottenere i consensi degli ascoltatori. Oggi, è impossibile vedere le partite di calcio trasmesse dalla Rai, come quella di Italia – Georgia (2 a zero per merito di De Rossi). I tre o quattro telecronisti di questa sera (10 settembre) vanno a ruota libera, perché libero è il loro contratto (possono dire quello che gli viene in mente, senza tener conto delle esigenze dei telespettatori). Noi abbiamo bisogno di giornalisti cronisti, cioè di coloro che raccontano quello che vedono in quel momento, senza commenti. Invece, mentre segui un’azione in un’ipotetica, ma non per questo impossibile, futura partita nella quale la Nazionale Italiana è sotto di 4 reti, ecco che sentirai il primo cronista dire, la madre del numero sette della nostra squadra avversaria è stata ricoverata d’urgenza al Policlinico Gemelli; mentre la squadra condotta da Marcello Lippi sta per subire il quinto gol, il secondo cronista informerà che Vukaniovic, già della Roma, passato al Palermo, ceduto al Milan, prestato per il primo anno alla Sampdoria, il secondo al Cagliari, il terzo alla Livornese (e qui, interviene il terzo cronista che illustra per filo e per segno come si prepara la gallina livornese, quindi arriva il quarto, giornalista, si fa per dire, raccomandato dalla, si fa per dire, giornalista, più inutile del mondo, cioè Stella Bruno, che si sofferma sulle leccornie presenti in Toscana, in questi luoghi di autentici buongustai, frigitelli, tortillas e fagioli). Nel frattempo, l’Italia subisce il quinto gol. Se l’Italia perde o vince, a loro (ai giornalisti assoldati) non gliene po’ frega’ de meno. Hanno portato i soldi a casa? Basta. Per loro commentare un’azione della Nazionale non gli porta grana. Leggere su Internet e sui siti delle squadre è troppo facile. Rispunta, in questa valle di lacrime, il mito di Niccolò Carosio, “rete, quasi rete” , “ma cosa vuole quel negraccio” (affermazione pronunciata durante la partita Italia-Israele, quando un guardalinee etiopico annulla due reti regolari della squadra azzurra che in seguito ammetterà i suoi errori), “Vi Parla” su Topolino (che ha reso popolare tra i ragazzi di tutta Italia il personaggio che avrà l’onore nel 2007, nel centenario della sua nascita, di ottenere dalle Poste Italiane un francobollo a lui dedicato), la “leggenda” di Nando Martellini, che conosceva cinque lingue, i modelli immortalati su “Tutto il calcio minuto per minuto” di Enrico Ameri e Bruno Pizzul. Allora. Basta con i 4 giornalisti e basta con le 3 maestre. Dateci un’Italia decente e, se vi capita, anche docente.
Le foto in alto: Carosio, Ciotti, Pizzul, Ameri e Martellini
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