4 settembre 2008

Vacanze molisane 6

Larino. Uno scatto d'orgoglio
di Roberto Maurizio

Larinum. Urbs Princips Frentaronum



Larino, visto dalle Piane, sembra levarsi in volo per poter toccare il cielo. Invece, raggiunge appena i 300 metri circa di altitudine dal mare. Larino che è, sicuramente, una delle cittadine più interessanti del Molise, è anche la più contestata. In molti preferiscono l’ospedale di Termoli a quello di Larino; durante il terremoto che sconvolse San Giuliano di Puglia (grazie al suggerimento di Tintarelladiluna, l'errore è stato corretto) che sta in Molise, i suoi tribunali non fecero grande scalpore. Il famoso Liceo classico, sembra essere surclassato da quello di Campobasso. Eppure Larino è Larino, immerso nei campi di olivo e nelle numerose testimonianze delle epoche passate. La folta vegetazione che si trova ai bordi delle strade provinciali che portano al paese, a tratti, assomiglia ai vasti boschi di querce, castagni, faggi, abete, pini, cipressi e acacie dell’Umbria. A Larino, l’Anfiteatro e i mosaici romani, i sontuosi palazzi, le ville nobiliari e le chiese, tra cui quella di S. Francesco, mostrano ancora oggi le tracce di una storia millenaria. Urbs princeps frentaronum, la denominarono gli antichi a sottolineare l'importanza avuta nel passato da quest'importante città molisana. Di Larino ebbe modo di parlare Cicerone in una delle sue arringhe più complesse: la Pro Cluentio. La ricchezza dell'agro alimentare ha avuto nel periodo romano riflessi significativi sulla città, ricchezza testimoniata dai preziosi mosaici e dagli edifici romani distribuiti lungo tutta la città moderna. La parte più cospicua dell'abitato romano è da collocare tra Torre Sant'Anna e la zona dell'Anfiteatro, la città antica continuava verso Torre De Gennaro, eretta nel seicento sui resti di una costruzione circolare romana di cui si può ancora notare qualche resto insieme a materiale archeologico, epigrafico, scultoreo ed architettonico. Altri edifici di pregio sono stati rinvenuti a Pian San Leonardo, un po' più a sud dell'Anfiteatro: da qui provengono due dei mosaici più belli rinvenuti a Larino ed oggi visibili nel Palazzo Ducale.

Il tempo è tiranno




Appena “spiovuto”, tra le nubi bianche che si rincorrevano, la troupe “Stampa, Scuola e Vita”, il 22 luglio 2008, decise di far visita al paese “più importante dal punto di vista storico” di questa zona molsana: Larino. Raggiungere questo "sito" è molto facile. Basta sbagliare strada! Le indicazioni sono inesistenti, anche perché gli “indigeni” sanno dove andare. Questo malvezzo, purtroppo non è solo larinese, né molisano, ma è diffuso in tutta l’Italia dimezzata (cioè quella sottosviluppata). Mostreremo, in seguito con le foto, le indicazioni che vengono date nell’Alto Lazio e nella Bassa Umbria (forse non si chiama così, perché è femminile), insomma vicino a Orvieto. E’ vero che tutte le strade portano a Roma, ma a Viterbo o a Castel Giorgio, nella provincia di Terni, vicino a Orvieto, l’indicazione stradale per Roma messa sui cartelli stradali ti indica contemporaneamente sia la direzione sinistra (ovvia da quelle parti) sia quella destra. Larino, che se avesse avuto il Colosseo sarebbe stata una piccola Roma, non vuole essere inferiore alla Città Eterna. Di conseguenza, percorrendo la strada che da Ururi porta a Larino, “tuttaduntratto” trovi l’indicazione Larino sia a destra sia a sinistra. Tutte le strade, ovviamente, portano a Larino. Ma, che fare? Ovvio. Scegliere la strada sbagliata. Ma la vita è costellata di errori che rendono sempre più interessante la sua essenza. Sali per chilometri senza essere “supportato” (di derivazione americana che, tradotto, sta per “‘ndo cazzo hanno messo i cartelli”) da una segnaletica degna di questo nome. Gli unici amici che ti sono vicini, fin troppo, molto belli, ma molto invadenti, nel senso che “invadono la strada". “Il tempo è tiranno”, come direbbe Aldo Biscardi, uno dei più famosi cittadini di Larino, olimpionico del lancio del congiuntivo, ideatore della trasmissione sportiva più longeva al mondo, "Il Processo di Biscardi", che sta per varcare la Ventinovesima stagione. Allo scoccare della “Dodicesima ora”, insomma le dodici, la troupe sbarca a Larino senza permesso di soggiorno (cioè, senza aver prenotato per la colazione). Il tempo è veramente tiranno. Ma la troupe che viene dalla Città Eterna vede davanti ai suoi occhi uno spettacolo increscioso: a mezzogiorno del 22 luglio 2008 l’Anfiteatro è chiuso. “Ando' fa caldo”, ci spiegano i pochi proprietari dei negozi ancora aperti ancora un’ora esatta: “Chiudiamo all’una – ci dicono - per il pranzo e riapriamo alle sei, dopo la pennichella (At hic? ndr). Due ore sono più che sufficienti per poter accattare”. “L’Anfiteatro –continuano- apre, se apre, alle 9, ore 21, 21.30 per gli spettacoli per l’Assessore e per sua moglie” (ogni riferimento personale all'Assessore è puramente casuale, Assessore sta per responsabile politico). Facciamo, allora, da buoni giapponesini, le rituali foto. Eravamo illusi che Larino fosse racchiusa tutta lì, nell'Anfiteatro. Le indicazioni di un'altra Larino o di un altro Larino, come sopra, non esistono. Credi di essere a Larino, ma stai nella periferia del paese, mentre il più bello si trovava più in basso. Saremmo dovuti scendere. Ma che strada prendere? Aldo! Perché non metti la “moviola in campo” a Larino?



L’Anfitatro
Le foto, qui pubblicate, riprendono, da fuori, l’Anfiteatro di Larino realizzato alla fine del I Secolo d. C. a seguito di lascito testamentario di un cittadino di Larinum di rango senatorio. Per realizzarlo fu modificato l'impianto viario dell'antica Larinum, rendendo necessario uno scavo nella roccia di più di sei metri sotto il piano stradale. La forma è ellittica, con muri per lo più in opera reticolata. Aveva quattro ingressi distribuiti sulle estremità dei due assi; alla parte superiore (summa cavea) si accedeva mediante scalinate esterne a doppia ala. Dodici porte (vomitoria) permettevano l'accesso alle gradinate. L'edificio mantenne la sua importanza anche nell'alto medioevo, quando venne trasformato in luogo di difesa dagli abitanti di Larino.


L'Assunta e San Pardo
E’ stato un vero peccato non poter fare altri scatti, anche perché l’aria era nitida. Una foto con le nuvole in corsa vale 70 foto di cavalli addormentati in una stalla! Peccato di non aver potuto visitare il centro di Larino che si trova più in basso. In questo luogo gli abitanti di Larino, perseguitati nell'alto medioevo dalle orde saracene ed ungare, furono costretti a costruire un nuovo abitato in una zona meglio difendibile, ma non molto lontano dalla città romana. Bastava un’indicazione per orientare la troupe verso il centro storico dove si trova la Cattedrale dedicata all'Assunta e a San Pardo. È una chiesa in stile gotico costruita nel 1319 su un edificio più antico: di essa si hanno notizie già nel IX secolo.



L’epigrafe di Mario Rapisardi
Questa sesta puntata, riportando l'epigrafe di Rapisardi, si chiude in bellezza. Leggendo l’epigrafe di Rapisardi su Larino, salgono a galla tutte le pecche che affliggono un Molise, ancora ai bordi della seconda rivoluzione industriale per colpa dei cosiddetti amministratori. Uno scatto d’orgoglio. Ecco quello che avrebbe bisogna la nostra Regione abbandonata a se stessa. « (Larino) Su le rovine dell'anfiteatro. Questo rudere insigne ammonisce che un popolo decaduto non è indegno dell'antica grandezza finché serbi fede alle virtù che resero grandi i suoi padri. Epigrafe di Mario Rapisardi ».




Le foto sono di roberto maurizio, si prega di copiarle e di citarne la fonte

2 commenti:

  1. Scusi, signor Roberto Maurizio, ma il terremoto fu a San Giuliano di Puglia, non a San Giacomo. Anche per quanto riguarda l'ospedale ci sarebbe da dire, ma non credo sarebbe utile al tema del post

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  2. Cara Tintarella, ho sbagliato il nome del paese, Giuliano al posto di Giacomo, forse perché sono ancora terribilmente "attratto" da Giuliano Ferrara. Io so che Lei è una grande professionista che opera da sola come il sottoscritto. Sono consapevole dei tanti errori e refusi che sono presenti nel mio blog. Ma noi, né io né Lei, siano il Corriera della Sera. E meno male!

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