9 settembre 2008

Raffaello Fellah e Giulio Andreotti

Raffaello Fellah. Arcangelo e Contadino
di Roberto Maurizio


Un meraviglioso Mediterraneo
Oggi, alle 10 in punto, a Roma, presso il Cimitero di Prima Porta, si sono svolti i funerali di Raffaello Fellah. Le distanze a Roma si quadruplicano a causa del traffico. Tuttavia, sono riuscito ad arrivare in tempo. Sono entrato piano nell’immenso luogo di dolore, di gloria e d’amore, seguendo, senza saperlo, un corteo di macchine che, lentamete, si dirigeva verso l’area riservata ai defunti di religione ebraica. Non immaginavo minimamente che a “guidare” quella “processione” di autovetture, c’era proprio lui: Raffaello Fellah, un ebreo sefardita, il cui cognome in arabo e in ebraico significa contadino. Per un italiano, come me, di cultura cattolica, che per la prima volta partecipa ad un funerale di un’altra religione, l’impatto è stato duro, ma non sconvolgente. Al di là del rito, lento, ripetitivo e angosciante, dei canti, con note che si muovevano su un altro pentagramma, del copricapo indossato dai maschi, il kippah, delle orazioni funebri fatte dai rabbini, il Kaddish, della separazione netta fra uomini e donne, tutto il resto era profondamente “mediterraneo”. Le urla strazianti di un’anziana parente di Raffaello che si colpiva ripetutamente prima la gamba destra, poi quella sinistra, mi riportavano alla mente i dolori delle madri molisane di fronte alla perdita di una figlia. Lo strazio e l’angoscia delle persone che volevano bene a Raffaello, come quello della sua compagna e dei suoi nipoti, non si discostano affatto da quelli che provano uomini e donne sparsi lunghe le coste di questo meraviglioso Mediterraneo, per la pace e lo sviluppo del quale, Raffaello ha dedicato tutta la sua vita.

Ebreo sefardita
Raffaello era, come abbiamo detto, ebrea sefardita, cioè apparteneva agli ebrei provenienti dalla Spagna (Sepharad), dove avevano elaborato una lingua ladina (uno spagnolo popolare) e allacciato stretti rapporti, prima dell’espulsione del 1492, con il mondo musulmano. Furono chiamati Sefarditi, per distinguerli da quelli che abitarono la Germania e le altre regioni dell’Europa centrale e orientale indicati con il nome di Ashkenaziti. Gli ebrei sefarditi riuniscono elementi tradizionali raccolti lungo le loro peregrinazioni. I loro testi antichi risalgono alla Spagna medioevale e il repertorio si compone di ballate, di canzoni che illustrano il ciclo della vita, di brani religiosi ma anche di testi pieni di allegria e di ironia. Per gli ebrei, il fatto di discendere da questo o quel gruppo etno-culturale, oggi, non ha molto significato, perché suo il popolo è da duemila anni sparso in tutto il mondo.

Imprenditore di pace
Raffaello Fellah è stato veramente un imprenditore costruttore di pace. Con tenacia, senza riuscirci fino in fondo, si è battutto per un’intesa tra Israele e i paesi Arabi, per il dialogo interregioligioso, il cosidetto “Trialogo”, neologismo forse inventato da lui, per coinvolgere Israele in progetti in favore dei Palestinesi in Libano, come "Al Sharkia, Joint-Venture.Co. Project 2003-2010". "Al Sharkia" doveva lenire il dramma dei rifugiati ebrei e palestinesi e deve ancora completarsi. “Tempo di pace e di riconciliazione in Terra Santa”, questo lo slogan scelto da Raffaello per il suo progetto, sponsorizzato anche da Giulio Andreotti. L’idea di Raffaello era quella di creare una holding fra partner un tempo nemici giurati e valorizzare così beni e risorse umane, nei confini tra i vari paesi. Un’originale operazione imprenditoriale d’ingegneria finanziaria sostenuta dalla Ue e da altre istituzioni internazionali.


Al Sharkia
Il termine arabo “Al Sharkia” significa “la società”. La soluzione proposta da Raffaello era quella di un piano finalizzato alla classificazione e valutazione dei beni, all’individuazione dei legittimi proprietari e infine, alla “trasformazione” degli stessi beni in titoli per un successivo reinvestimento superagevolato nelle aree poste a cavallo tra i paesi confinanti con Israele, che si sarebbero trasformati così da luoghi ad alto interesse militare in luoghi ad alto interesse economico. Con ciò, affermava Raffaello, si otterrebbero i seguenti risultati: promuovere quello sviluppo economico che è il primo fondamento per la stabilità mediorientale e per portare le generazioni cresciute nella ostilità del cinquantennale conflitto arabo-ebraico a una cooperazione continuata in virtù del possesso di beni in comune; disinnescare la bomba ad orologeria costituita dai profughi, che potranno così, dai rispettivi paesi di residenza e più precisamente nelle zone franche di confine, rifarsi una vita e ricostituire la loro dignità di veri cittadini, in una convivenza fra pari.


La prima volta
Questo progetto era stato messo in bella evidenza anche sul numero Zero dalla rivista italo-araba “Il Raggio”, diretta dal sottoscritto. La storia non è scritta né dai cronisti e neppure dai testimoni oculari, quindi, quello che sto per raccontare può essere “approssimativo” e sicuramente “parziale”. La rivista “Il Raggio”, italo-araba, per il suo lancio, chiede, attraverso l’amico ebreo, un’intervista al sette volte sette Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Era giugno del 2006. Fellah, il contadino, mi dà appuntamento in piazza San Lorenzo in Lucina. Mi parla delle difficoltà che si incontrano nel corso dell’intervista al Presidente e vuole conoscere, per grosse linee, gli argomenti da trattare. I punti centrali dovevano essere, ovviamente, il “Trialogo” e il progetto per i rifugiati. Fissiamo l’incontro con Andreotti che si tiene, regolarmente, il 9 giugno alle 16 nel suo ufficio al Senato di Palazzo Giustiniani. Non dico che mi tremavano le gambe, ma quasi: di fronte a me c’era un pezzo di storia italiana e mondiale. Raffaello mi incoraggiava e interveniva durante l’intervista che è durata circa 2 ore. Mentre io prendevo appunti con la penna, facevo le riprese con una piccola telecamera digitale poggiata su un tavolinetto, Raffaello scattava le foto, per me, ovviamente storiche (le foto dell’intervista con Andreotti sono presenti su questo blog). Dopo i ringraziamenti, le solite battute del tipo, io ero redattore al Ministero degli Affari Esteri, la Roma comprerà finalmente un attaccante valido, venne fissato l’appuntamento all'Ifad (Fondo Internazinale per lo Sviluppo Agricolo delle Nazioni Unite) per la presentazione della rivista "Il Raggio". Nonostante il riferimento alla Roma, il calcio rimase al di fuori di ogni programmazione a breve termine. Il Presidente, allora, prese il suo taccuino, lo scorse per ben due volte e disse: “La presentazione della Rivista "Il Raggio" la faremo alle ore 16 del 22 giugno prossimo”. Ironia della sorte! Era esattamente la data e l'ora in cui la Nazionale italiana di cacio giocava a Berlino una partita "decisiva" per il campionato mondiale: Gruppo E, contro la Repubblica Ceca, finita tra l’altro 2 a 0 per gli azzurri. Nessuno si accorse di questa "incresciosa" coincidenza, nemmeno nei giorni successivi. Il disastro incombeva sull’evento all'Ifad. Ma le scelte del Presidente non si mettono in discussione. Un lavoro frenetico. Prima di tutto occorreva “sbobinare” l’intero nastro registrato in video, riscrivere le domande ed “aggiustare” le risposte, fare i titoletti, e, la cosa più difficile fare il corsivo di presentazione dell’intervista. Per ore e ore, fino a poco prima dell’Ok si stampi, Raffaello mi tenne inchiodato al telefono: “stai attento, questo non piace a Tizio ..., smussa, se no Caio..., dai più slancio a questo verbo, taglia un po’ la domanda, controlla i congiuntivi …”. Il tempo era veramente scarso e tiranno. Mancavano pochi giorni alla fatidica data e l’intervista non era ancora “chiusa” e né, tantomeno, poteva essere rivista con calma ed con buon anticipo dal Presidente, come correttezza vuole. Il giorno prima della presentazione, finalmente, arriva, tramite Raffaello, l’intervista nelle mani di Andreotti. Il giorno della presentazione, quella maledetta data sbagliata per via della Nazionale di calcio italiana, tutto è pronto all’Ifad. Alle ore 12.30 arriva l’infausto messaggio di un malore del Presidente che si scusava per la sua forzata assenza. Il panico. Rai 3 aveva già acceso le luci e piazzato le telecamere, Radio Radicale stava provando i microfoni per la diretta radiofonica. Il caldo, inoltre, accentuava questa situazione di incubo. La voce del “ritiro” di Andreotti si sparse in un baleno, mentre venivano distribuite le copie della rivista, nella quale era presente il fascicolo del progetto dell’ebreo sefardita. Intanto, anche il Chairman della riunione, quello nominato da Andreotti, aveva dato forfait (lo stesso mal di pancia?). La sala verso le 14.30 mostrava grandi spazi vuoti. Che fare? Annulare tutto? Solo un miracolo ci poteva salvare: Raffaello.


Come un condottiero
Alle 15 e 35, Raffaello sale sul palco della presidenza, e come un condottiero senza esercito, prende in mano la situazione. Dirige i lavori con maestria, parla in inglese, risponde in francese, traduce dall’arabo, chiude la seduta in italiano. Gli astanti restano affascinati dalla sua bravura, dalla sua sobrietà, della sua semplicità. Affronta, nel corso di questa conferenza stampa, cose difficili parlando un linguaggio semplice e comprensivo. Parla di ideali, di full partnership, ma anche di cose concrete (come si finanzia una rivista). Si fa intervistare dal Tg3 e dalle altre testate presenti. La registrazione integrale della conferenza stampa presieduta da Raffaello (“Per un dialogo euro arabo”) è tuttora presente negli archivi di Radio Radicale. Su circa due ore di registrazione, il Contadino occupa quasi un terzo delle conversazioni. Veramente un grande uomo che non si perde d’animo nemmeno di fronte a difficoltà che, agli altri, sembrano insormontabili.


La seconda volta. Due senza tre
Dopo il flash-back, torniamo ad oggi. Durante la cerimonia del saluto al defunto, l’intervento più seguito ed applaudito è stato quello di un amico ebreo di Raffaello. Tutte le idee, i progetti, i piani, i disegni e le illusioni sono state “pagate” personalmente da Raffaello, che molto spesso si è trovato da solo. Le idee, i progetti, i piani, i disegni di Raffaello adesso hanno bisogno di un “successore” che dovrà raggiungere gli obiettivi, evitando opportunamente le illusioni. Guardandosi attorno, durante la cerimonia funebre, pesa la mancanza di una persona. Questa è la seconda volta. Ormai, purtroppo, in questo mondo, non ci può essere una terza!


Il “Trialogo”
Oggi, al Cimitero di Prima Porta, mentre gli amici e i parenti riempivano la fossa con la terra del suolo romano “cristiano”, nel quale è stata deposta la salma di Raffaello, tra i canti e i salmi in lingua ebraica, si è alzata una voce araba di un suo “conterraneo libico” che ha recitato alcuni versetti del Corano. Il “Trialogo”, che hai tanto voluto, Raffaello, si è concretizzato, forse, troppo tardi.

1 commento:

  1. Grazie per questo bell'articolo.
    Io sono l'Amico (e collaboratore) di Raffaello che ha parlato al funerale. Mi piacerebbe che mi contattasse per illustrale le molte iniziative per onorarne la memoria alle quali lei potrebbe apportare il suo valido contributo.
    Raphael Luzon
    raphael@rluzon.eu

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