18 luglio 2009

Alessandro di Lisio e il Molise

Alessandro Di Lisio. Il Molise è presente
di Roberto Maurizio

Il gusto di uccidere
Di te, Alessandro, fra qualche giorno, forse domani, nessuno più ne parlerà. I giornali, le televisoni, lo Stato, ti dimenticheranno. Hai avuto la tua "ricompensa", qualche immagine della tua solare foto sui quotidiani, sulle Tv di Stato e su quelle private. Nessun'altra ricompensa. Il tuo sacrificio questa "stampa senza scuola e senza vita" varrà molto di meno del "Grande Fratell" o di altre simili trasmissioni che rendono i giovani solo merce di scambio. La tua vita di un eroe di seconda classe non verrà, forse, nemmeno messo sui libri di storia. Ferdi, inceve, sarà ricordato come un momento di "civiltà" di questa Italia imbarbarita che, nonostante tutto, va avanti ancora su raccomandazioni e su "mi manda Santoro", pardon, Rai 3. Quella di Alessandro Di Lisio è stata una storia molto breve, dipinta rapidamente con i tratti di una gioventù impegnata a dare la propria vita alla pace nel mondo. Un breve gioventù, non posso utilizzare "giovinezza" per non essere tacciato di fascismo, si è spenta improvvisamente in Afghanistan, in un paese fuori dai libri di storia italiani, lontano da ogni immaginazione se non quella di un “Turista per caso (una tra le più brutte trasmissioni della Rai in assoluto). Alessandro si ritrova, come "Turista per caso" in una zona mai vista prima, pericolosa, con alle prese di una tra le più grandi guerre oggi in atto nel mondo. Alessandro cercava di capire dov’era e che cosa avrebbe dovuto fare. Non ha avuto il tempo nemmeno di trarre le conclusioni, perché dopo quattro mesi è stato barbaramente ucciso dai talebani, che si ostinano a portare avanti una guerra senza soluzione di continuità. I fondamentalisti uccidono e sono uccisi senza sapere perché. Tutti quelli che uccidono senza motivo sono degli assassini che non possono avere altri aggettivi. Come Spaccarotella che forse ha ucciso solo per il “gusto di uccidere”, braccio teso per mirare ad “altezza d’uomo”.

Braccio teso
Anche Alessandro è stato ammazzato da un “braccio teso” con 50 chilogrammi di tritolo, un’esagerazione solo per far prevalere di fronte all’opinione pubblica mondiale il “gusto di uccidere”.

Una rotta, rotta dalla commozione

Alessandro Di Lisio è passato sulla “mia testa” mentre veniva trasportato con un C130 dall’Afghanistan a Ciampino. Ho sentito le sue “doglianze”, proprio quando il suo aereo stava attraversando Cinecittà Est. “Lavorare nella mia amata Regione, il Molise, mi avrebbe dato molta più soddisfazione rispetto all’Afghanistan”. Questo l’esordio di Alessandro nella breve “conversazione inventata” durante quei pochi minuti di contatto “fisico” tra il C130 e Cinecittà Est. “Purtroppo, mi dice Alessandro mentre passa sulla mia testa, in quella Regione, il Molise, non ci sono prospettive e alternative di lavoro, dunque, ho scelto di difendere l’Italia anche a rischio della pelle”. “Qualcuno mi chiama fascista, mentre la mia felicità è quando vedo la felicità negli altri”. “Se a 25 anni desideravo la felicità degli altri e mi ritengono fascista, allora io sono quello che gli stolti mi vogliono erroneamente attribuire perché io desidero solo il bene della gente”. Questo colloquio è avvenuto quasi realmente, ma nessuno potrà mai crederci perché tra la pazzia e la realtà ci passano solo pochi gradini di cui i primi sono colorati di rosa e gli altri di nero, il quarto è quello dove viene depositata una veste, quella della commozione.

Parliamo del Molise

“Mentre la granata esplodeva sotto il mio carro, mi dice Alessandro, passavano velocemente nella mia mente le bellissime giornate trascorse sulla riva del mare di Termoli e di Campomarino”. “Pensavo a tutti i soldati molisani morti o feriti nelle guerre.” “In primo luogo quelli della Prima Guerra mondiale”. “Ho ricordato Beniamino Maurizio che perse la vista per la patria sul Monte Seibusi nel 1915, e la sua diletta compagna Maria Caravatta”. “Ho pensato anche alle persone che hanno meritato di essere Molisani nel mondo e nella storia, come il Maestro Giuseppe Maurizio, che ha lottato per trasmettere la cultura e la conoscenza nel Molise, come Antonio Maurizio, che da poliziotto ha fatto rispettare l’ordine nella più completa umanità che non si è mai vista in nessun altro uomo, come Luciano Maurizio, che dalla Francia ha lanciato un pensiero che va oltre la Bastiglia: fraternità, umanità, libertà. Per Zio Luciano un unico monito: falce e martello, intesi come possibilità di spazzare le ingiustizie (falce) e martello (non arrendersi mai e battere sull’incudine la giustizia finché essa non diventi il prezzo giusto da pagare al maniscalco). Non ci sono donne in questa “nomenclatura Maurizio”. Le femmine erano di altra natura, Zia Costantina, quella di Willy e Danilo, Zia Lillina, i cui occhi si spensero subito dopo l’addio alla vita dell’adorata Enrica, Maria Pia, la più grande di tutte le donne per la sua bontà, per la sua gentilezza e per la sua voglia di vedere in faccia il Signore.

I Troilo
Una “signora” legata ai Maurizio, Albina Troilo, moglie del Maestro Maurizio, ha visto sfiorire, uno da uno, i petali della sua famiglia di appartenenza. 15 figli, poi 9, poi 7. Uno ad uno hanno abbandonato questa valle di lacrime, lasciandola sola, Albina, a recitare le preghiere e le imprecazioni tipiche meridionali di una sacra, ma legittimo difesa nei confronti dell'Onnipotente ch tutto può, ma quando deve non fa. "San Gennaro faccia ingiallita" è un tipica difesa di chi sente abbandonato soprattutto perché ha molto pregato e creduto. San Padre Pio non ha saputo difendere la figlia prediletta alla quale era stato anche dato il nome del Santo di San Giovanni Ritondo: Maria Pia. Le litanie di ALbina tiravano in ballo, uno dopo l’altro i parenti passati a miglior vita. Zia Maestra, Giuseppina, quella di Padre Pio, moglie di un grande Nicola Fumo. E poi, zio Nicola, il barbiere con il cuore d’oro, zia Concettina, la piccola grande moglie di zio Ciccillo Della Malva, madre di Davide, Tony, Carmelina e Peppino (in ordine di comparizione davanti al Paradiso) e di Costantino, zia Giulia, quella di zio Gino, il più grande sarto e il migliore musicista del mondo, di zia Livia moglie di Pasqualino Angiolillo, zio Giovanni, l’uomo del Canada, della Twa, della stampa, l’uomo fuori dal tempo e avanti nel tempo, zio Arturo, prigioniero dei tedeschi, del quale abbiamo dedicato ampi approfondimenti.

Ma che c’azzecca?

Qual è l’abbinamento tra Alessandro Di Lisio di Campobasso e i Troilo e i Maurizio di San Martino in Pensilis? Nessuno, sono solo molisani e di noi molisani non ne parla nessuno se non in situazioni tremende come quella accaduta al povero Alessandro. Se non lo facciamo noi molisani come possiamo pretendere che possa farlo un calabrese?
Ciampino
A Ciampino il C130 dell’Aeronautica militare ha riportato in Italia la salma di Alessandro Di Lisio. Il feretro del primo caporal maggiore ucciso il 14 luglio in un attentato nell’ovest dell'Afghanistan, è stato accolto tra gli altri dal presidente della Camera Gianfranco Fini, dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e dal ministro della Difesa Ignazio La Russa. Schierato sul piazzale dell’aeroporto, un picchetto d’onore interforze: uno dei parà presenti aveva in mano un cuscino con su il basco amaranto e le decorazioni del collega e un trombettiere della Folgore ha intonato il «Silenzio». Dolore tra i parenti e gli amici del militare ucciso. Il padre e la madre di Di Lisio (promosso nel giorno del rientro della sua salma al grado di caporal maggiore scelto) sono stati sostenuti per tutto il tempo da due militari e hanno avuto il conforto continuo dell'Ordinario militare, monsignor Vincenzo Pelvi, che ha benedetto la salma. In lacrime le sorelle del giovane parà, Maria e Valentina e la fidanzata, Mariangela: le tre si sono fatte forza l'un l'altra, abbracciate agli amici. Nel suo ultimo viaggio di ritorno in Italia Di Lisio è stato accompagnato dal cappellano militare di Herat, il capitano di Vascello Adriano Scalin e dal generale Giovanni Valotto, capo del Coi, il comando operativo Interforze. Tra le autorità militari che erano a Ciampino ad accogliere il feretro, il capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporin, e quello dell'Esercito, (la forza armata in cui prestava servizio Di Lisio), Fabrizio Castagnetti. Tutti, autorità e familiari, si sono accodati alla bara per un breve corteo sulla pista dell'aeroporto di Ciampino fino al carro funebre, che ha trasportato la salma del militare all'Istituto di medicina legale per l'autopsia (sull'attentato che ha provocato la morte del parà è stato aperto un fascicolo dalla Procura di Roma). Nel pomeriggio il trasferimento all'ospedale militare del Celio. L'ultimo viaggio della salma sarà, giovedì sera, quello verso Oratino (Campobasso), il paese originario di Di Lisio. Venerdì alle 16,30 i funerali solenni nel Duomo di Campobasso. I tre militari italiani rimasti feriti nello stesso attentato costato la vita a Di Lisio - il tenente Giacomo Donato Bruno, il primo caporal maggiore Simone Careddu e il caporal maggiore Andrea Cammarata - sono stati trasferiti in Italia nella notte e sono stati ricoverati all’ospedale militare del Celio, a Roma.

Campobasso

Lacrime e commozione nella Cattedrale di Campobasso ai funerali di Alessandro Di Lisio di venerdì 17 luglio 2009. La folla ha accompagnato il feretro di Di Lisio, avvolto in una bandiera italiana, tributandogli un lungo applauso. Presente anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che al termine delle esequie ha dichiarato: "Oggi tutto il governo e l'Italia sono inchinati davanti a questo ragazzo e la sua famiglia. Bisogna essere orgogliosi dei nostri militari e ricordarsi sempre di questi ragazzi". Tante le manifestazioni di affetto per il giovane - Di Lisio aveva 25 anni - vittima del terrorismo. La cattedrale non è riuscita a contenere tutti coloro che hanno voluto rendere l'ultimo saluto al caporal maggiore e la folla ha gremito anche la piazza antistante la chiesa. Sono rimaste fuori molte delle innumerevoli corone di fiori inviate da amici, conoscenti, enti pubblici e comuni cittadini, commilitoni del parà che si sono uniti al dolore della famiglia Di Lisio, straziata dall'improvvisa perdita di Alessandro. Una folla commossa che ha accompagnato il feretro lungo i 400 metri che separano il Comando militare regionale dell'esercito dalla cattedrale. Nel corteo funebre c'erano anche i sindaci di Campobasso, Oratino e Castellino del Biferno. Molto toccante l'omelia funebre pronunciata dall'ordinario militare monsignor Vincenzo Pelvi, il quale, rivolgendosi ai genitori di Alessandro, Nunzio e Addolorata, e alle sorelle Maria e Valentina, ha evidenziato come "il dolore della famiglia di Alessandro attraversa tutta la nazione". "Alessandro - ha aggiunto - era un instancabile operatore di pace, di quella pace che viveva in lui in quanto giovane allegro e solare". C'è stato anche un riferimento alle missioni di pace nel mondo italiane, di cui sono state sottolineate le finalità di cooperazione e di pace. "In Afghanistan come in tante altre zone del mondo - ha affermato monsignor Pelvi - le nostre missioni sono di pace, per portare stabilità e sviluppo, ma anche per difendere la sicurezza della nostra nazione e l'occidente dalla minaccia del terrorismo globale. In quelle aree vogliamo anche aiutare a ricostruire l'economia, soprattutto l'agricoltura che deve sostituire la coltivazione dell'oppio da cui il terrorismo attinge ai finanziamenti". "Il terrorismo - ha concluso monsignor Pelvi - ha paura degli italiani perché siamo un popolo di solidarietà". Nel corso della celebrazione il comandante dell'VIII Reggimento della Folgore ha letto una preghiera scritta da Alessandro, che la teneva sempre con sé: "Come collega più anziano e portavoce dei guastatori paracadutisti permettemi di ringraziare tutti quanti si sono impegnati in questi giorni per onorare l'operato di Alessandro e placare il dolore e lo sconforto. E permettetemi di leggere quanto Alessandro, insieme ai colleghi, aveva scritto poco prima di partire in missione, cercando di ottenere la protezione dell'Arcangelo San Michele e di Santa Barbara. Ognuno scrive una nuova preghiera nei momenti di sconforto, durante le rischiose attività del genio. In questa preghiera, che conservava nel portafoglio, Alessandro aveva scritto: 'Se una sventura spegnerà la nostra vita fa che il sacrificio non resti vano, ma sia uno stimolo di orgoglio e di azione per chi verrà. Tieni sempre la mano su di noi, sulla nostra Italia e sui nostri cari'. Alessandro era partito così". "A soli 25 anni la tua felicità era la felicità degli altri. Grazie a tutti dal profondo dell'anima", ha detto Maria Di Lisio al termine della cerimonia. Poche parole per ricordare la missione del fratello e come era vissuta in famiglia: "Dall'Afghanistan mi rimproveravi che non sapevo tranquillizzare mamma e papà". Lo stesso vivo ricordo che ha voluto manifestare Niccolò, fratello d'armi di Alessandro Di Lisio. "Eri un ragazzo pieno di vita, un trascinatore e volevi raggiungere sempre il massimo". La cerimonia, conclusa dalla benedizione dell'arcivescovo di Campobasso-Boiano, Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, è stata interrotta più volte dagli applausi, gli stessi che per alcuni minuti hanno accompagnato il feretro fino al carro funebre.

Nessun commento:

Posta un commento