Il Vaticano annuncia un’exit strategy dal Brasile dopo il vile assassinio di Ruggero Ruvoletto
di Roberto Maurizio
di Roberto Maurizio
Don Ruggero Ruvoletto
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Sangue in parrocchia
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I fedeli dopo il vile assasinio
«Dopo la barbara uccisione del missionario Ruggero Ruvoletto, alle ore 7 del mattino del 19 settembre, a poche ore di distanza dal miracolo di San Gennaro, all’interno della sua parrocchia di Santa Evelina, alla periferia di Mannaus, nel Nord Est del Brasile, una specie di Paradiso Terrestre, la Santa Sede ha deciso il ritiro di tutti i suoi missionari e di tutte le sue “armate” appartenenti alla “peace keeping generation” e al “love for all the people and for everyone”». Questa, forse, sarebbe stata la decisione del Vaticano se fosse stato dotato di un Parlamento democratico come quello italiano che, nel complesso, ha quasi gli stessi onorevoli e senatori di quanti sono gli abitanti di quello Stato sconfitto il 20 settembre 1870 a Porta Pia. «Ritiriamo le nostre truppe dalla feroce e atea America Latina, da un barbaro Brasile che offende Cristo uccidendo i nostri soldati (pardon, preti) e fa i soldi con la statua del Cristo Redentore di Rio de Janeiro, e da un demenziale indigeno che impicca il portatore italiano di Cristo, Cristoforo Colombo, a Caracas».
Solo una croce
Ovviamente, questa è solo fantasia. Mai la Chiesa, con 2000 anni di storia arriverebbe a conclusioni di corto respiro come quello di Stati nazionali con soli 60 anni alle spalle. Il corpo senz’anima di Ruggero, nato a Galta di Vigovono, in provincia di Venezia, il 23 maggio del 1957, gemelli, tornerà in Italia e non sarà avvolto in nessuna bandiera, nessun funerale di Stato, nessuno ad attenderlo, se non i parenti e le persone che gli volevano bene.
Cristo punta sull’Amazzonia
Ruggero venne ordinato sacerdote il 6 giugno del 1982. Prima di raggiungere, due anni fa, l'Amazzonia, è stato per molti anni nel poverissimo quartiere di Rio de Janeiro, la Baixada Fluminense. Il suo “progetto per il Brasile” è stato descritto da don Francisco Biasin, arcivescovo di Pesqueira: «Padre Ruovoletto - che nella sua diocesi, tutti chiamavano Padre Rogerio – partì, insieme al seminarista Luis Benevaldo, per Manaus per collaborare con il progetto Cristo punta all'Ammazzonia, con il proposito di avviare la presenza missionaria nella diocesi di Pesqueria, con la collaborazione della Chiesa di Padova». «Il missionario, continua don Francisco, aveva già operato per molti anni nella Baixada Fluminense». Il compito di Ruggero era quello di realizzare un ponte tra due Chiese fraterne, quella di Pesqueira e quella di Padova.Era, in altri termini, come un umile contributo per il “Salviamo l'Amazzonia” e per la “Missione Continentale” annunciata dal Pontefice durante la Conferenza di Aparecida.
Pasquale e Ruggero
La parrochia di Don Ruggero
Pasquale Di Paolo, di cui questo blog ha parlato nei precedenti post, era un missionario molisano impegnato proprio in Amazzonia, a Manaus. Pasqualino era “armato” come Ruggero. Tutti e due amavano il Brasile, tutti e due amavano gli indios, tutti e due amavano l’amore. Pasqualino non subì la stessa fine di Ruggero, ma superò gli stessi pericoli. Cos’è che distingue un “missionario” da un “ragioniere”. Niente, se la “professione” viene esercitata all’interno di un progetto. Pasquale e Ruggero erano due “ragionieri” che amavano il loro lavoro. Forse Pasquale era più vicino a Padre Pio, mentre Ruggero più d’appresso a Sant’Antonio. Comunque, tutti e due “martiri” della Chiesa.
Ecco la cronaca cruenta
Amazzonia
Prima lo ha fatto inginocchiare, poi gli hanno sparato due colpi in testa e uno alla nuca. E' morto così padre Ruggero Ruvoletto. Il suo corpo è stato trovato immerso nel sangue nella sua parrocchia di Santa Evelina. La polizia brasiliana ha fermato tre sospetti. Due dei fermasti sono Eduardo da Silva Serra, 18 anni conosciuto come Dudu, già sospettato di aver ucciso un ragazzo lo scorso venerdì, e Francisco Arajuo Barbosa di 19. Del terzo non è stato reso noto il nome.
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