Federico Caffè, Premio Nobel
di Roberto Maurizio
di Roberto Maurizio
Il Prof. Federico Caffè durante una lezione in aula presso la Facoltà di Economia e Commercio della Sapienza di Roma. Si vedono chiaramente le sue dita arrotolare con cura un pezzo di carta, un elastico, un oggetto al quale lui riservava la massima attenzione.
L'olezzo del potere
Federico Caffè annodava e scioglieva in continuazione, con ossessione, un elastico, un pezzo di carta, un oggetto qualsiasi, che passava con cura dal pollice destro a quello sinistro, dagli indici, ai medi. Non raggiungeva mai l’anulare e il mignolo. Non si era mai sposato ed era basso. Ma aveva un profumo così buono e allettante, che avrebbe messo a terra anche le più esigenti “escort” che andavano da lui per una carriera fulgida e altisonante. Federico sapeva quello che voleva, ma era ossessionato dal “potere” che gli imponeva di assumere un “prestigio” che lui rifiutava, non per “il prestigio”, ma per lo scambio a cui era sottoposto: la sua onestà contro quattro soldi in più. Federico, fino a quando aveva insegnato, aveva avuto migliaia di studenti, ma nel momento della sua scomparsa vennero chiamati dalla polizia solo quelli che gli avevano sempre offerto “il prestigio”.
I soliti ignoti
I soliti ignoti, i soliti che prima utilizzano l’asino per far carriera e poi l’abbandonano a bastonate. Sono riusciti a fargli appiccicare addoso anche un film, una fiction! Sono riusciti a fargli intestare una scuola, tra l’altro media, e una “mezza Facoltà”, non della “Sapienza”, ma dalla “Terza Università” che si confonde con quella della “Terza età”. Federico non si rivolta nella tomba, perché non è morto. Ma non avrebbe mai accettato, se ci fosse stato un “testamento biologico culturale”, l’assegnazione di nessun premio di nessun riconoscimento offertogli dalla società contro la quale lui giustamente combatteva. Perché, allora, non assegnarli, come si merita, un Premio Nobel? Ma i “lecchini”, che hanno fatto carriera sulle misere spalle spigolose e curve del Professore di Politica Economica, non c’hanno mai pensato!
All'Abruzzo i soldi del Nobel
I soldi del Premio Nobel postumo a Federico Caffè potevano essere devoluti ai terremotati del suo tanto amato Abruzzo. Sono sicuro che Caffè sia ancora vivo, sia iscritto a Facebook, abbia un suo sito Web e che stia seguendo il blog “Stampa, scuola e vita” del suo diletto e affezionato alunno (16 punti alla laurea, non son pochi!).
In Tracia "sotto mentite spoglie"
Dalla sua lontana Tracia, dove vive “sotto mentite spoglie” come Ulisse, Caffè, con la sua grande testa, grandissima, che veniva presa in giro proprio dai suoi prediletti, a tal punto che continuano ancora, questi imbecilli, a dire che il Maestro non era un uomo, ma una testa, alludendo al cranio spropositato (testa di rape sono loro: Federico, addirittura si vedeva bello e affascinante), ha ancora voglia di vivere, e sarebbe pronto ad andare a ritirare il Premio Nobel ad Oslo e a far fuori tutti i Proci di Itaca e dintorni.
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