Fini. Arbitro imparziale o arbitro cornuto?
di Roberto Maurizio
di Roberto Maurizio
Per la più alta carica dello Stati, dopo il Presidente della Repubblica e il Presidente del Senato, Fini, un sommozzatore incallito che scende negli abissi che fa da pendant con il sindaco di Roma, l’Alemanno che scala le vette, in politica «ci si scontra ma si rispetta l'arbitro e si rispettano le regole del campionato». «Nella politica servono valori condivisi e la parola avversaria è tipica del gergo sportivo. Come in Milan-Inter o Roma-Lazio ci si scontra ma si rispettano l'arbitro e le regole del campionato». «Nel Capo dello Stato - ha aggiunto Fini - si devono riconoscere tutti gli italiani. Finita la competizione elettorale, reso merito a chi ha vinto e a chi è stato sconfitto, si ponga fine alla quotidiana propaganda, al clima di derby permanente e si lavori per il bene comune, fermo il ruolo di garanzia che hanno talune cariche». Fini ha ribadito che c'è differenza tra nemici e avversari ed ha affermato che «gli avversari sanno che c'è un arbitro che è imparziale anche quando sbaglia». Ma vallo a dire ai tifosi. Ci poteva stare, ci sarebbe potuto stare? Sia in campo come nella vita quotidiana gli italiani hanno bisogno della certezza del reato e della conseguente certezza della pena. Fini ha proprio sbagliato esempio. Ma chi dovrebbe essere l’arbitro? La Roma è Berlusconi, la Lazio è Bersani, o viceversa, tanto non cambia nulla al discorso. L’arbitro è la magistratura? O è il Capo dello Stato, che è la stessa cosa, in quanto presiede il Consiglio superiore della magistratura. L'accostamento del Presidente della Repubblica ad un arbitro, è alquanto bizzarra, dopo "Calciopoli" e dopo il gol segnato con la mano da Henry e dai tantissimi "errori arbitrali" commessi tutte le domeniche negli stadi italiani. Se poi, la terza più alta carica dello Stato, come il terzo portiere del mondo, Julio Cesar della Roma, voleva riferirsi alla Magistratura come "arbitro neutro", allora non ci siamo proprio. Non sa o fa finta di non saperlo, che, anche secondo Montesquieu, in primis emerge il ruolo della volontà popolare, il voto. I due poteri devono essere distinti, quindi, non collusi. Ad esempio, Di Pietro e De Magistris, non possono fare contemporaneamente i politici e gli accusatori Berlusconi e Bersani sono stati eletti dal popolo, la magistratura, invece, è una professione che viene intrapresa nel corso di un’attività lavorativa: ad esempio Di Pietro, arruolato in qualche arma, prende la laurea, fa i concorsi, fa Mani Pulite. Ma non è stato eletto da nessuno come magistrato. E’ come un fruttivendolo, un operaio, un medico, un notaio, un insegnante, un militare. La partecipazione democratica nella scelta di chi deve governare non ha nulla a che fare con i magistrati che, ripeto, non sono eletti da nessuno, come i sindacalisti, i giornalisti della Rai, i difensori dei consumatori. Questi ultimi da chi sono stati eletti? Dai sindacati. E i sindacati da chi sono eletti? Da meno del 2% degli italiani. Bella democrazia! Fini si schiera apertamente in favore delle regole e dell’arbitro, come se non avesse mai sentito parlare di arbitri corrotti e cornuti! Si parla della moviola in campo, proprio per eliminare le voci su probabili collusioni degli arbitri con la malavita.
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