di Roberto Maurizio
Oggi, primo dicembre 2009, dopo un’attesa durata esattamente otto anni (era il primo dicembre 2001 quando i leader dell’Unione Europea diedero il via alla Convenzione sul futuro dell’Europa guidata da Valery Giscard D’Estaing), entra in vigore il Trattato di Lisbona, firmato il 23 dicembre 2007. Nasce, dunque, ufficialmente una nuova Europa. Con l’entrata in vigore, a mezzanotte di oggi, del Trattato, l'Unione europea si dota di istituzioni moderne e di metodi di lavoro ottimizzati per rispondere in modo efficace ed efficiente alle sfide del mondo. «Una nuova era per l’Europa», secondo il Premier svedese, Presidente di turno dell’Ue, Fredrik Reinfeldt. «Oggi è il primo giorno per un’Europa più efficiente, più moderna e più democratica per tutti i cittadini», ha affermato Reinfeldt. In giornata è prevista una cerimonia per celebrare l’entrata in vigore a Lisbona, a cui parteciperanno anche il nuovo presidente del Consiglio europeo, l’ex premier belga Herman Van Rompuy, e la nuova Signora Pesc (Politica estera di sicurezza comune, il secondo “Pilastro” dell’Unione, in pratica, Ministro degli Esteri) Catherine Ashton.
Un cammino faticoso
La ratifica del trattato ha avuto un cammino molto faticoso e ha richiesto un secondo referendum in Irlanda e una serie di concessioni alla Repubblica Ceca. «Stiamo rendendo l’Europa più forte costruendo istituzioni migliori per affrontare la politica estera, sia a livello locale nei Paesi di tutto il mondo che a Bruxelles», ha assicurato il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, «questo dà anche all’Europa un peso accresciuto».
Partecipazione democratica
Il Trattato di Lisbona rafforza la partecipazione democratica in Europa e la capacità dell'Ue di promuovere quotidianamente gli interessi dei propri cittadini. In 50 anni l'Europa è cambiata, il mondo è cambiato. Oggi più che mai, in un mondo globalizzato in costante mutamento, l'Europa è chiamata ad affrontare nuove sfide. La globalizzazione dell'economia, l'evoluzione demografica, i cambiamenti climatici, l'approvvigionamento energetico, per non parlare delle nuove minacce che gravano sulla sicurezza, sono i grandi temi con i quali l'Europa del XXI secolo deve misurarsi.
Senza frontiere
Il Presidente del Consiglio Europeo, Herman van Rompuy
Il futuro come presente
Il Ministro degli Esteri Europei, la Signora Pesc, Catherine Ashton
Tenendo conto delle evoluzioni politiche, economiche e sociali e volendo rispondere alle aspirazioni degli europei, i capi di Stato e di Governo hanno convenuto nuove regole che disciplinano la portata e le modalità della futura azione dell'Unione. Il Trattato di Lisbona consente pertanto di adeguare le istituzioni europee e i loro metodi di lavoro, di rafforzare la legittimità democratica dell'Unione e di consolidare i valori fondamentali che ne sono alla base. Il Trattato di Lisbona è frutto dei negoziati condotti dagli Stati membri all'interno di una conferenza intergovernativa, ai cui lavori hanno partecipato anche la Commissione e il Parlamento europeo. Il Trattato è stato ratificato da ciascuno dei 27 paesi dell'Ue. Spettava a questi ultimi definire, in base alle rispettive norme costituzionali, come procedere alla ratifica.
Nuove strade
Il nuovo trattato apre la strada a nuovi ingressi, primi tra tutti quelli di Croazia e Islanda. E soprattutto pone le basi per costituire avanguardie di Paesi che possano e vogliano procedere più rapidamente degli altri nel campo della difesa comune (cooperazione strutturata permanente) e in altri settori, ad esempio la giustizia o il diritto di famiglia (cooperazioni rafforzate). Ci sono poi nuove materie, come il turismo, lo sport, la politica per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, che entrano a far parte delle competenze Ue. E c'è la Corte di giustizia che amplia la sua sfera di attività e lubrifica i meccanismi sanzionatori. Inoltre, per la prima volta, viene ufficialmente riconosciuta l'esistenza dell'Eurogruppo. I vertici Ue, per celebrare l'entrata in vigore del nuovo Trattato, si sono dati appuntamento a Lisbona, oggi 1° dicembre. Un evento che segnerà anche l'apertura del cantiere per trasformare in realtà riforme finora descritte solo sulla carta.
Le principali novità
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PRESIDENTE UE PERMANENTE. Nominato dal Consiglio Europeo resta in carica due anni e mezzo ed è rinnovabile per un mandato.
MINISTRO ESTERI. Designato dal Consiglio Europeo è anche vicepresidente della Commissione Ue ed è quindi soggetto all'approvazione del Parlamento.
VOTO A MAGGIORANZA QUALIFICATA. Finisce la possibilità, per un Paese membro, di esercitare il diritto di veto in Consiglio su oltre 40 materie. L'unanimità resta necessaria solo in alcuni casi, tra i quali le decisioni su politica estera e di sicurezza (Pesc-Pesd) e sul fisco. Dal 2014 il sistema di voto sarà a doppia maggioranza, basato sul 55% dei paesi, in rappresentanza del 65% della popolazione.
PARLAMENTO PIÙ FORTE. Attraverso l'estensione della procedura di co-decisione il voto del Parlamento Ue, oltre a quello del Consiglio, diventa decisivo per l'approvazione di una grande maggioranza di norme europee (agricoltura, bilancio, ecc.). Il numero dei parlamentari sale da 736 a 751 (754 fino a fine legislatura), i posti per l'Italia passano da 72 a 73.
PARLAMENTI NAZIONALI. Possono bloccare l'iter normativo Ue se, entro 8 settimane, verificheranno che le proposte avanzate non rispettano il principio di sussidiarità.
DIRITTO DI INIZIATIVA POPOLARE. Un milione di cittadini può chiedere a Bruxelles di presentare una proposta normativa Ue.
CARTA DIRITTI FONDAMENTALI. Acquisisce lo stesso valore giuridico dei Trattati e la Corte di giustizia Ue può essere chiamata a pronunciarsi sul suo rispetto.
IMMIGRAZIONE E GIUSTIZIA. Le materie entrano a far parte del diritto comune Ue e delle competenza della Corte di giustizia; le norme sono soggette a voto a maggioranza e co-decisione.
EUROGRUPPO. Diventa un'istituzione informale Ue con un presidente eletto a maggioranza per due anni e mezzo.
COOPERAZIONE RAFFORZATA. All'unanimità i Paesi Ue possono decidere che un gruppo di almeno 9 Stati forma un'avanguardia e procede a una maggiore integrazione in determinati settori.
COOPERAZIONE NEL CAMPO DELLA DIFESA. Può essere costituita da un gruppo di Paesi nell'ambito della politica di difesa per integrare le loro forze armate o parti di esse.
CLAUSOLA DI SOLIDARIETÀ. Su richiesta di un Paese membro gli altri devono andare in suo aiuto in caso di aggressione armata, attacco terroristico, calamità naturale.
CLAUSOLA DI USCITA. Un Paese può uscire dall'Ue negoziando le condizioni con i partner.
NUOVE COMPETENZE. L'Ue acquisisce competenze in materie come lo sport, il turismo, la protezione dei dati personali e della proprietà intellettuale, l'energia, la salute pubblica.
SANZIONI PECUNIARIE. La Corte di giustizia Ue può infliggere multe più velocemente e in più casi quando un Paese risulti inadempiente.
O ti mangi questa minestra o ti butti dalla finestra
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La Svizzera ha bocciato i minareti tramite referendum. Per l’Italia, il referendum è come la scarlattina, come una malattia infantile. Tornano alla mente le divisioni causate dalla “guerra civile mai sopita”. Siamo entrati in Europa senza sentire cosa pensano effettivamente gli italiani. Ma se la Lega, quindi il popolo del lombardo-veneto, ha qualche problema di integrazione con l’Italia che compie 150 anni, praticamente, un’adolescente, come si fa a dire che gli italiani sono europeisti per partito preso? L’euro, dopo le tasse, è l’argomento più odiato dagli italiani. E nessuno se ne preoccupa. D’altronde non c’erano altre soluzioni. O ti mangi questa ministra o ti butti dalla finestra. 1936,27 . Cazzo, va be’ 1936, ma quel virgola 27? Chi è stato quell’imbecille a ridurre un’Italia prospera in un’Italietta da quattro soldi? Virgola 27 era solo per ricordare il giorno dello stipendio e edulcorare la pillola amara. La Cina naviga sull’8% annuo di crescita. Con la lira avremmo invaso un mercato immenso. Quello che ci frega è “virgola 27”. L’Europa ci fa da scudo, ma contro lo scudo di Tremonti scendono in piazza i Pdisti. Un’Italia allo sbaraglio che parla di tutto e non parla di niente.
Aridatece er Minculpop
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A livello europeo, va bene una politica economica unitaria, quella finanziaria, quella sanitaria, quella della difesa. Non va bene svendere quella della scuola. L’educazione e le conoscenze dei nostri studenti devono essere le uniche armi che abbiamo per far valere ancora la nostra potenza di ideali culturali, scientifici e tecnologici. Noi dobbiamo essere diversi dagli altri paesi europei soprattutto nella scuola. La scuola deve diventare un’arma simile ai nostri monumenti, ai musei, alle opere d’arte. Il Colosseo non si può esportare così come i nostri cervelli devono rimanere in questo stivale che ha bisogno di riconquistare il ruolo che avevamo appena 600 anni fa. Occorre far capire agli studenti e ai cittadini italiani che 150 anni non sono nulla, equivalgono appena a tre o quattro generazioni. Mio nonno, era nato cento anni prima di me: 1847. La storia che viene insegnata nelle scuole italiane distrugge e mistifica il tempo. Possiamo delegare tutto all’Europa unita, non la scuola. La scuola deve essere la nostra arma vincente per i prossimi 50 anni.
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