"Benedetto" Craxi
di Roberto Maurizio
di Roberto Maurizio
Il “Cinghialone”
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Oggi, 19 gennaio 2010, ricorre l’anniversario della morte di un leader socialista, morto e sepolto come Garibaldi, lontano dai clamori, dal glamour e dalla venerazione di gente pronta a prostrarsi di fronte al vincente. La storia insegna che non si sa mai chi è veramente il vincente. Si conoscono e si additano solo i perdenti. E il “Cinghialone” è stato un perdente. Appeso con la testa all’ingiù ad Hammamet, come un maiale, come Benito a Piazzale Loreto, tra gli applausi della gente affamata di odio, di rancore e di “sanguinaccio”.
Con la testa all’ingiù come un pipistrello, il piccolo mammifero notturno tanto odiato dagli “esseri umani” ed altrettanto utile nella difesa dell’ambiente. Una specie di Batman che voleva combattere la criminalità, ma come Bruce Wayne fu costretto ad utilizzare le ali del pipistrello per difendersi.
“Ghino di Tacco”, non fu infame
Il “Cinghialone” ha subìto la stessa fine del suo eroe, Ghino di Tacco, lo pseudonimo con il quale firmava i suoi articoli. Ghino di Tacco, un criminale italiano del XIII secolo, dovette nascondersi e darsi alla macchia continuando però a seguire la strada di gentiluomo qual era. Si dedicò agli altri, tanto che, nel secondo ventennio del XIV secolo, morì assassinato cercando di sedare una rissa fra fanti e contadini scoppiata ad Asinalonga (l'antico nome dell'odierna Sinalunga), a soli due chilometri dal suo luogo di nascita, La Fratta, Siena. Benvenuto da Imola, quasi coevo di Ghino, sostenne che il criminale italiano “non fu infame come alcuni scrivono... ma fu uomo mirabile, grande, vigoroso…” contribuendo all'opera di riabilitazione del personaggio, già iniziata da Dante prima e Boccaccio poi. I parenti di Ghino cambiarono, però, cognome in Ghini per sfuggire ai perseguimenti dello Stato Pontificio e del Comune di Siena. Fino ad oggi, però, né Bobo (Pd), né Stefania (Pdl) si fanno chiamare Craxo.
Benedetto
Benedetto Craxi detto Bettino (Milano, 24 febbraio 1934-Hammamet, 19 gennaio 2000) fu il primo socialista a ricoprire, nella storia repubblicana, la carica di Presidente del Consiglio dei ministri dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987, in due governi consecutivi. E’ stato uno degli uomini politici più rilevanti della storia della Prima Repubblica. ma anche uno dei più controversi: ciò perché, in seguito alle indagini di Mani Pulite, venne condannato e fuggì ad Hammamet, in Tunisia, dove trascorse gli ultimi anni e morì, come Ghino di Tacco, da latitante.
Un’Italia divisa
Come al solito, quest’Italia si presenta davanti alla storia ancora sempre più divisa. “Stampa, Scuola e Vita” ha sempre sostenuta la necessità di una pacificazione mai compiuto dopo la guerra civile degli anni ’40. L’odio contro Craxi e, di conseguenza, contro Berlusconi affonda le proprie radici nella lotta fratricida dell’immediato dopo guerra. Fin a quando non ci saranno le condizioni di una vera e propria riconciliazione fra gli italiani, il nostro paese è destinato a subire una vera e propria ecatombe di verità, di legalità e di fratellanza. La posizione geopolitica della nostra penisola è stata la causa di tutti i nostri misfatti e delle tantissime verità di stragi ancora nascoste. L’ex Unione Sovietica di una volta, Il Vaticano di una volta e di adesso, gli Stati Uniti di una volta e di adesso, i Palestinesi e lo Stato Ebraico hanno reso e rendono permanentemente instabile il nostro paese. Ecco perché, oggi, 19 gennaio 2010, in occasione dell’anniversario della morte di Bettino Craxi, occorre dare risalto e fiducia alle parole del nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano.
Un clima più sereno e condiviso
Ecco quello che ha scritto, il Presidente della Repubblica in una lettera inviata alla signora Anna raxi in occasione della morte del leader socialista. «Voglio esprimere la mia vicinanza personale in un momento che è per voi di particolare tristezza, nel ricordo di vicende conclusesi tragicamente». «Non dimentico - continua la lettera - il rapporto che fin dagli anni '70 ebbi con lui per il ruolo che allora svolgevo nella vita politica e parlamentare. Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni anche sul piano istituzionale. E non dimentico quel che Bettino Craxi, giunto alla guida del Partito Socialista Italiano, rappresentò come protagonista del confronto nella sinistra italiana ed europea. Ma non è su ciò che oggi posso e intendo tornare. Per la funzione che esercito al vertice dello Stato, mi pongo, cara Signora - spiega Napolitano -, dal solo punto di vista dell'interesse delle istituzioni repubblicane, che suggerisce di cogliere anche l'occasione di una ricorrenza carica - oltre che di dolorose memorie personali - di diversi e controversi significati storici, per favorire una più serena e condivisa considerazione del difficile cammino della democrazia italiana nel primo cinquantennio repubblicano».
No alle rimozioni
Nella sua lettera Napolitano parla del leader socialista negli anni di Tangentopoli: «L'onorevole Craxi, dimessosi da segretario del PSI, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona». «È stato parte di quel cammino - spiega il Capo dello Stato - l'esplodere della crisi del sistema dei partiti che aveva retto fino ai primi anni '90 lo svolgimento della dialettica politica e di governo nel quadro della Costituzione. E ne è stato parte il susseguirsi, in un drammatico biennio, di indagini giudiziarie e di processi, che condussero, tra l'altro, all'incriminazione e ad una duplice condanna definitiva in sede penale dell'onorevole Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987. Fino all'epilogo, il cui ricordo è ancora motivo di turbamento, della malattia e della morte in solitudine, lontano dall'Italia, dell'ex Presidente del Consiglio, dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti. Si è trattato, credo di dover dire, di aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di almeno un quindicennio di vita pubblica italiana. Non può dunque venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'onorevole Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico - conclude Napolitano -, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'Esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali. Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere...».
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