29 gennaio 2010

Soldati italiani prigionieri dei tedeschi

Un’Angela caduta dal Cielo
di Roberto Maurizio


Ho ricevuto una lettera, qui sotto riprodotta, piena di sentimenti, piena di umanità e di verità. La pubblico volentieri, perché rappresenta la testimonianza di figli e figlie di soldati italiani che hanno combattuto solo perché erano fedeli alla loro “Patria”. Termine ormai tramontato da quando non c’è più Ciampi e da quando Fini e la Polverini hanno deciso di essere "di sinistra". A vent’anni, durante la Seconda Guerra mondiale, un soldato italiano chiamato a fare il proprio dovere, non poteva essere responsabile di crimini disegnati da menti malate, frutto del Secolo più breve e più sanguinario della storia dell’umanità. Come hanno diritto gli ebrei sopravvissuti alla Shoah di esprimersi, anche i militari italiani menzionati dalla legge n° 121 del 2000, che combatterono sotto le stellette di uno Stato che gli aveva dato i “natali” (certo, qualcuno, irriverente, dirà anche le pasque) in una misera terra amata e adorata, hanno diritto ad avere un riconoscimento da qualcuno. Non lo Stato, indebitato fino al collo, per pagare Governatori e Sindaci con milioni di euro tra trans, post trans, bionde e vecchie, ma perlomeno una riga sui libri di storia. Niente. La lettera di Angela è un momento di rara bellezza. L’attentato di via Rasella del 1944 ha prodotto nel 2009 ancora degli strascici processuali, in barba al processo breve. Ma quando, questo Stato che ha dato le poltrone ha chi voleva, a destra a sinistra, sentirà la voglia di interessarsi degli italiani che hanno combattuto per la “Patria”, come quelli che adesso sono a Kabul o in altre parti del mondo sotto il malcelato peacekipping? Patria deriva da padre, da famiglia. E i due “schieramenti opposti”, Pd e Pdl, sono contro la Patria e la famiglia. Loro stessi non hanno né Patria né famiglia. Prendono solo i voti per foraggiare sempre di più le loro ville, i loro interessi. La destra non esiste più. La sinistra, con Di Pietro vuole metterci tutti in galera, a prescindere. Il mio non vuole essere un discorso di Destra. E’ solo una constatazione. Odio l’inno italiano, brutto quanto la fame, la bandiera senza una stella, senza un emblema. Bianco, rosso e verde come il cocomero. Non sono i simboli o le brutte note dell’inno a fare un italiano. Sono le radici e la convinzione di uno sterminio prodotto dai libri di storia di storie false e inventate solo per farsi un percorso lastricato d'oro e di argento. Quello che occorre all’Italia di oggi è la mirra: un profumo intenso che tolga di mezzo le mezze tacche, le mezze zecche, i mezzi toni. Vogliamo un’Italia che suoni all’unisono un’unica nota: libertà.

Sono la figlia maggiore di uno di quei militari internati a Berlino dopo l' 8 settembre 1943. Mio padre mi raccontava dell'umiliazione che dovevano subire gli italiani, considerati traditori, dai tedeschi. Dopo la cattura nella caserma dell'aviazione militare di Torino, dove svolgeva il servizio militare, alla stazione di Berlino, dovette passare insieme ai suoi compagni di sventura tra due ali di donne tedesche che li accolsero a sputi. Lavoro coatto, fame e stenti. Dopo la liberazione, incontrò mia madre, deportata ucraina, e si sposarono il 1° settembre del '45 a Berlino per poi rientrare in Italia. Mio padre è morto nel 1986. Lo Stato Italiano non l'ha mai risarcito di nulla.

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