Eros Ramazzotti
di Roberto Maurizio
di Roberto Maurizio
Una bellissima fotografia di Eros Romazzotti quando frequentava l'Istituto Tecnico Commerciale Statale "Giovanni Da Verrazano" di Roma. Portato letteralmente in trionfo dai sui compagni di scuola, davanti al prato adiacente l'Istituto. Un'immagine di una gioventù spensierata. Un rispetto reciproco. Eros è nel cuore di tutti i romani, Eros è nel cuore degli italiani, per la sua semplicità e la sua spontaneità, oltre che per la sua bravura. Eros, Roma ti aspetta ancora...
Nato ai bordi di periferia
Nato ai bordi di periferia
dove i tram non vanno avanti più
Nato ai bordi di periferia
dove i tram non vanno avanti più
Non ho mai capito perché i ragazzi e le ragazze di Roma ce l’abbiano a morte con Eros Ramazzotti, figlio di un muratore e imbianchino, Rodolfo e di Raffaella. Eros Walter Luciano Ramazzotti visse i suoi primi 17 anni a Cinecittà, un quartiere di Roma dove la costruzione delle case hanno seguito la cementificazione arruffata degli anni del boom economico, anni ’60, seguendo, come per incanto il “tranvetto” che dalla Stazione Termini portava fino all’Istituto Luce, oggi sede del Decimo Municipio, e agli stabilimenti di Cinecittà.
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Bassa Italia
L’economia del “Quartierone” (allora 150.000 abitanti, oggi più di 280.000) era basata per il 30% sul “lavoro” offerto dall’Industria cinematografica (comparse, generici, imbianchini, parrucchieri, falegnami, trasportatori, sarte, maestranze di vario genere), per il 50% da piccoli e medi borghese, per lo più impiegati statali e ministeriali e per il rimanente da una massa di “sottoproletariato” urbano in continua crescita che veniva prevalentemente dal Sud Italia, chiamata eufemisticamente, dai romani di allora, “Bassa Italia”.
Sezione Q
Il caseggiato dove ha vissuto per anni Eros Ramazzotti era una specie di “centro di accoglienza”, dove convivevano, senza scontri plateali, “piccoli borghesi” con il “sottoproletariato”. Allora, come adesso, la zona nella quale si trovava il caseggiato di Eros era colpita da una piaga sociale quella dell’abbandono scolastico. Su 100 studenti iscritti in prima elementare solo 40 riescono ad arrivare al diploma e solo 10 a laurearsi. Proprio Eros non riuscì a diplomarsi presso l’Istituto Commerciale Statale “Giovanni Da Verrazano”. Abbandonò gli studi al Secondo anno di Ragioneria, “Sezione O”.
Rodolfo e Raffaella Ramazzotti
Personalmente, ho avuto modo di conoscere Eros in due contesti distinti: il primo come insegnante presso della “Sezione M ed N” dell’Istituto “Verrazano”, il secondo come iscritto presso la Sezione “Palmiro Togliatti” di via Giuseppe Chiovenda, la Sezione del Partito comunista italiano (Pci) più stalinista di Roma, dove erano “militanti” Rodolfo e Raffaella, i genitori del futuro famoso cantante.
Il giro del Do
A scuola, Eros si presentava, di tanto in tanto, con la sua sgangherata chitarra, mi sembro un’Eko di quattro soldi. Come musicista fallito ma fiero, ho subito snobbato Eros. Un giorno, al quinto piano dell’Istituto, dove c’erano le Sezioni M, N, O, P, Q, R ed S (praticamente le più “scalcinate”), venni fermato da Eros che mi fece ascoltare un “giro di Do” orrendo. Era un autodidatta senza nessuna base musicale. Non notai la sua voce. Decretai che effettivamente non aveva nulla da proporre, come musicista, l’alunno senza voglia di studiare. Fu un mio errore? Non lo so. Anch’io, alle prime armi con l’insegnamento non seppi cogliere il “carisma” del futuro cantante italiano conosciuto adesso in tutto il mondo.
U train pe’ risalì
So solo che, subito dopo aver abbandonato gli studi, soltanto un anno dopo, rividi l’alunno Ramazzotti mentre si accompagnava con altri tre “balordi” su via Statilio Ottato. Mi fermò e mi parlò del suo successo a Milano, in perfetto milanese. Caddi dalle nuvole. Uno che come me veniva dalla “Bassa Italia” ricordava perfettamente i compaesani immigrati a Milano che, dopo pochi mesi di permanenza nella Capitale Lombarda riscendevano al paesello, impomatati di tutto punto, con il vestito nuovo non stirato, con la valigia di cartone e con la cravatta fuori posto, strillavano la loro gioia di essere tornati dall’altro mondo ricco: “Mi, son tornato aqui e nun tiengh’ nu train’ pe’ risalì” (sono tornato qui e non trovo nemmeno un carretto trainato da cavalli per raggiungere il paese che dista 4 chilometri in salita dalla stazione ferroviaria), con un perfetto accento lombardo ma con ricordi atavaci indelebili. Invece, in Eros, come se fosse passato un colpo di spugna, il ragazzo del “sottoproletariato” di una delle più degradate borgate della periferia suburbana parlava esclusivamente il dialetto milanese.
Bandiera rossa
Il secondo contesto con il quale ho condiviso con Eros la “giovinezza” fu quello della militanza con il padre e la madre presso la “Sezione Palmiro Togliatti”, la più stalinista in Italia. In quegli anni, l’appartenenza ad un partito non si fermava solo nell’attribuire il voto di lista. La partecipazione popolare vedeva in prima persona i militanti offrire gratis il proprio lavoro nelle Feste dell’Unità (una manifestazione canora popolar qualunquista, con un ibrido irriverente della musica “moderna”: tra tanghi, valzer, Romagna mia, Bella Ciao, Bandiera rossa, si cercava un innesto con il moderno, da Claudio Villa, a Baglioni, da Celentano a qualche tentativo di musica inglese. Il popolo comunista non amava l’inglese, giustamente, perché non riusciva a capire le parole. Una canzone è formata da musica e parole. Molte volte una canzone è ricordata più per le parole che per la musica. Fatto sta, che in quei tempi bui, in cui il Pci stava quasi per arrivare al sorpasso, lo iato tra il progresso consumistico e l’appartenenza ad una classe vecchia militante si allargava sempre di più.
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L’Unità, il giornale degli operai
Con il padre e la madre di Eros, e talvolta anche con lui stesso, consegnavamo le copie dell’Unità, la domenica, in tutta la zona. La partecipazione militante era forte, ma la mia provenienza “borghese” non era ben vista dai proletari, puri e forti. Il migliore complimento che mi veniva attribuito era “social democratico”. La trasformazione dell’Urss era in atto, ma la Sezione Palmiro Togliatti non se ne accorgeva. Il padre di Eros, un “omone” con tanto cuore e tanto amore spontaneo, portava addosso un nome non proprio adatto alla militanza inoltrata del comunista puro: Rodolfo. Ricordo i suoi tentativi di difendermi dai più intransigenti della Sezione Palmiro Togliatti. Forse lo faceva per il figlio che voleva difendere. Ma lui, il figlio, questo non lo sa.
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Gianni Lenin Ravera
Eros, da Rodolfo passa a Lenin. Non so se ci sono attinenze tra il successo iniziale di Eros con la militanza politica. In ogni caso, fu proprio Gianni Ravera (Giandomenico Ravera, nato a Chiaravalle il 9 aprile 1920 e morto a Roma il 14 maggio 1986) iscritto all'anagrafe dal padre anarco comunista con il nome di Lenin (cambiato d'ufficio durante il fascismo), entrò all'Eiar come cantante nel 1942, dopo aver vinto il concorso per voci nuove con T'ho vista piangere. Di Gianni Lenin Ravera nessuno si ricorda. Solo una pagina su Wikipedia è scritta su questo “incauto” artista che lavorò con le orchestre dirette da Angelini, Barzizza, Trovajoli e Savina. Fu il “deus ex machina”. Partecipò a tre edizioni del Festival di Sanremo (nel 1954 con Gioia di vivere, nel 1955 con Un cuore e Non penserò che a te, e nel 1957 con Un certo sorriso e, insieme al Duo Fasano, Venezia mia) nonché alla prima di Canzonissima. Abbandonò l'attività di cantante nel ‘59, per intraprendere la carriera di impresario che lo portò a rivestire il ruolo di “Patron” del Festival di Sanremo: ne organizzò 17 edizioni (divenendo un vero punto di riferimento per tutta la musica leggera italiana, ma attirandosi anche critiche che, nel caso della polemica con Claudio Villa nel 1982, sfociarono nell'accusa di costituire “l'unica giuria” della competizione. Nel 1974 fonda Publispei. Curò anche varie altre gare canore, legate a doppio filo con la radio, dal Festival di Castrocaro al Disco per l’estate, concludendo la propria carriera come consulente della Rai, e collaborando a trasmissioni televisive come Fantastico e Serata d’onore.
Il mercimonio
Ma che c’entra Gianni Lenin Ravera con il successo di Eros Ramazzotti? Tutto e niente. Allora non esistevano le intercettazioni telefoniche, allora, come adesso, la pedofilia e l’uso del sesso facile e veloce era praticato e capito da tutta la popolazione, che rimaneva inerme. La stampa era venduta ai grandi partiti. Gli scandali a Cinecittà, a San Remo e a Rotello erano gli stessi. Sono che Rotello registrava uno scandolo ogni 234 anni, mentre per Cinecittà, Castrocaro, Disco per l’estate, e Fantastico erano fantasticamente all’ordine del giorno. Ma non se ne parlava. Taci, il nemico ti ascolta. E chi era il nemico? I 46 milioni di italiani che, più o meno, non si ribellavano per le sporcizie che adesso vengono messe in prima pagina.
Fare chiarezza
E’ giunto il momento di fare chiarezza. Eros è il cantante che noi tutti amiamo. Ma su di lui gravano le seguenti accuse: 1. Perché ha abbandonato Roma e rifiutato la sua immagine di adolescente senza mostrare mai un riconoscimento al suo Quartiere e alle “Istituzioni scolastiche”, come il l’Itcs “Giovanni Da Verrazano”, che gli ha dedicato un riconoscimento come “alunno ideale”? 2. Perché non partecipa alla lotta contro l’abbandono scolastico in Italia e a Cinecittà? 3. Perché non dice come e quando riuscì a trovare la strada del successo? 4. Perché non dà la possibilità ai suoi tanti fans di Roma e del Verrazano di poterlo di nuovo avere come testimonial di ragazzi e ragazzi che hanno tanto bisogno di difendersi dalla droga, un dramma ancora maggiore dall’abbandono scolastico, perché la via della droga ti porta direttamente alla morte.
Contro la droga, la violenza e i soprusi
So che non risponderai mai a questi miei quesiti. So che continuerai a fare della tua vita “merce di scambio”. Scambia la tua vita per un’iniziativa che rende più consapevoli i giovani del rischio che corrono con la droga. Scambia la tua vita nella lotta contro la violenza sessuale su tutti i sessi. Scambia la tua vita per un’ideale: Vivere senza droga, senza violenza sessuale; Vivere la bellezza della gioventù che passa, corre e, subito dopo, non c’è più.
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