Felice Sciosciammocca. Io non c'entro
di Roberto Maurizio
Sono passati 60 anni dalla Costituzione italiana, una tra le più democratiche del mondo. Ma gli anni pesano. E l’Italia sembra di non voler cambiare nulla. Perciò resterà al palo. Lotte intestine ancora non estinte dal tempo della Resistenza, recriminazioni di ogni genere, famiglie divise dalle ideologie becere e malsane ereditate dal ”Secolo Breve”, il Novecento. Regioni rosse piene di soldi che recriminano il loro successo attribuendolo al colore della loro bandiera e non alla loro grassa ricchezza, rassegnate a seguire gli schemi obsoleti e tramortiti dalla storia che ha distrutto definitivamente il Muro di Berlino. I palinsesti, disegnati più di 60 anni fa, cozzano contro la voglia di cambiamento. Anche il Mammuth Rai ha deciso di cambiare il palinsesto. Invece no. L’Italia continua ad essere Guelfa o Ghibbellina, pro Benedetto o pro Maledetto, pro Berlusconi o pro Cornacchione. Siamo arrivati al ridicolo di chiedere la tessera di partito a un ingegnere. Per costruire un ponte, una scuola, una casa, è meglio affidare l’incarico a un ingegnere di destra o di sinistra? L’affidamento dell’incarico, come direbbe Monsieur Lapalisse, va dato ad un ingegnere bravo. Le cose ovvie (lapalissiane) sono quelle più difficili da far accettare dalla popolazione “pensante”. Prendiamo il caso, qui di seguito esposto, completamente inventato, di Felice Sciosciammocca. Sarà salvato il nostro eroe subito dopo un incidente di motocicletta senza casco?
San Matteo
La morte è di destra o di sinistra?
L’11 agosto 2001, un mese prima dell’insano gesto che portò il mondo sull’orlo della Terza guerra mondiale, Rico, o come lo chiamavano gli amici del bar, Ricocò, proprio mentre con la sua moto Kawasaka Ninja ZX-6RR, di cilindrata 599cc,che sviluppava una potenza di 130cv, stava attraversando l’incrocio tra via Verdi e via delle Benedettine, si trovò davanti alla morte. Una Volvo bianca con strisce azzurre, guidata da un egiziano, stava procedendo dalla parte opposta a grande velocità. Senza casco, Ricocò, venne ribaltato a circa 10 metri più avanti, sul selciato lastricato da tante pietre aguzze. L’impatto fu tremendo. La coscia destra subì le lacerazioni più violente, il bacino non aveva nessun osso a suo posto, costole, braccia, polsi, mani, occhi, capelli, orecchi erano irriconoscibili in un mare di sangue. Eppure, qualcuno, rompendo il silenzio, strillò: “lo possiamo salvare, anche se non aveva il casco”. Tutta la popolazione accorse per restituire una dignità al corpo lacerato di Ricocò (la testa, senza casco, era l’unica parte del corpo ancora degna di essere riconosciuta). “Portiamolo in ospedale”! Questa parola d’ordine venne raccolta subito dai salernitani. “Ma c’è speranza per lui”? Urlava una parente di Rico Ricocò. Il povero corpo, ridotto a brandelli, raggiunse il pronto soccorso a fatica, perché una sbarra dell’alzapassare si era rotta. Finalmente, si illuminò la luce del “Codice Rosso”. Tutto stava risolvendosi per il meglio, quando Rico, nei suoi ultimi attimi di vita, chiese: “ma il dottore che mi deve curare è di destra o di sinistra”?
di Roberto Maurizio
Il Secolo Breve con le radici avvelenate
Sono passati 60 anni dalla Costituzione italiana, una tra le più democratiche del mondo. Ma gli anni pesano. E l’Italia sembra di non voler cambiare nulla. Perciò resterà al palo. Lotte intestine ancora non estinte dal tempo della Resistenza, recriminazioni di ogni genere, famiglie divise dalle ideologie becere e malsane ereditate dal ”Secolo Breve”, il Novecento. Regioni rosse piene di soldi che recriminano il loro successo attribuendolo al colore della loro bandiera e non alla loro grassa ricchezza, rassegnate a seguire gli schemi obsoleti e tramortiti dalla storia che ha distrutto definitivamente il Muro di Berlino. I palinsesti, disegnati più di 60 anni fa, cozzano contro la voglia di cambiamento. Anche il Mammuth Rai ha deciso di cambiare il palinsesto. Invece no. L’Italia continua ad essere Guelfa o Ghibbellina, pro Benedetto o pro Maledetto, pro Berlusconi o pro Cornacchione. Siamo arrivati al ridicolo di chiedere la tessera di partito a un ingegnere. Per costruire un ponte, una scuola, una casa, è meglio affidare l’incarico a un ingegnere di destra o di sinistra? L’affidamento dell’incarico, come direbbe Monsieur Lapalisse, va dato ad un ingegnere bravo. Le cose ovvie (lapalissiane) sono quelle più difficili da far accettare dalla popolazione “pensante”. Prendiamo il caso, qui di seguito esposto, completamente inventato, di Felice Sciosciammocca. Sarà salvato il nostro eroe subito dopo un incidente di motocicletta senza casco?
San Matteo, protettore di Salerno, nato in Etiopia
San Matteo
Felice Sciosciammocca è un personaggio, in questo articolo, completamente inventato. Non ha niente a che fare con il grande e inimitabile Scarpetta. In napoletano, “sciosciammocca”significa “credulone”, “chi apre la bocca e fa entrare le mosche perché rincitrullito”, come tanti studenti italiani delle scuole superiori che credono nel “rincoglionimento complessivo” perché incapaci di scegliere la propria vita basata sulle responsabilità che nessuno ha avuto il coraggio di insegnare loro”. Felice Sciosciammocca è un cugino alla lontana del più celebrato personaggio di Totò interpretato nel film “Un turco napoletano”. Il nostro Felice era nato il 6 maggio dell’anno Santo (1950). Di santo, in lui, non c’era niente, se non gli avi a Salerno, pii e devoti a San Matteo. Il Santo protettore di Salerno, nasce in Etiopia e, proprio in quella regione, predicando il suo Vangelo scritto in lingua ebraica, dovette patire il martirio. Fu ucciso, intorno al 69 d. C., mentre celebrava l'Eucarestia. Quando fu chiamato a seguire Gesù, Matteo era un doganiere o collettore di imposte in Cafarno. Il nome di San Matteo deriva da un'abbreviazione di Mattia o Matania, che vuol dire " Dono di Dio".Il 6 maggio del 954, si ha l'avvenimento religioso più importante della storia sacra di Salerno: la Traslazione del corpo di San Matteo. In una località detta "ad duo fulmina", nei pressi di Casalicchio, fu ritrovato il corpo dell'Apostolo Evangelista, che, già trasferito dall'Etiopia in diverse regioni, fu trasportato a Velia, ma a causa dell'invasione dei Barbari prima, e dei Saraceni poi, gli abitanti del luogo furono costretti a fuggire portando con sé le preziose reliquie, che nascosero proprio all'incrocio dei due fiumi Fiumarello e Alento dove rimasero fino al 954. Si narra che fu una donna timorata di Dio a ricevere in sogno l'indicazione dell'ubicazione del sepolcro di S. Matteo, dove il vescovo di Pesto, scavando con le proprie mani, riportò poi alla luce le Sante reliquie che furono portate nella Cattedrale di Capaccio.Si narra che il giorno della traslazione del cofanetto d'argento che conteneva le reliquie di San Matteo si sia verificato "il miracolo della manna", che trasudava dal corpo del Santo venendo poi raccolta in un'anfora d'argento. Il miracolo della "Manna" si è ripetuto ogni anno il 6 di maggio ed il 21 settembre fino al 1800. Dopo questo primo miracolo San Matteo ha protetto, più volte durante i secoli, la città che lo venera, come nel 1544 , quando, secondo la tradizione, il Santo Patrono salvò Salerno dalla distruzione costringendo alla fuga i pirati Saraceni capeggiati da Ariadeno "Barbarossa". In segno di riconoscenza lo stemma della città venne impreziosito con la figura di San Matteo che con la mano sinistra regge il Vangelo e con la destra benedice. L'anniversario veniva ricordato ogni anno con la "Festa del Barbarossa" durante la quale si portava in processione una teca con alcune reliquie del Santo, e dopo il 19 agosto 1691, fu portato in processione il suo busto argenteo, donato dalla popolazione alla Cattedrale in ringraziamento per averla salvata dal terremoto del 1688. Da allora in poi i Salernitani si impegnarono a condurre in processione ogni anno, con gran solennità, per tutta la città, la statua del Santo Patrono. Anche in occasione della peste, che si diffuse a Salerno nel 1656, San Matteo soccorse la sua fedele popolazione, quando il 20 settembre, alla vigilia della festa in suo onore, un vento caldo spostò un denso banco di nubi nere sulla città, e nel momento in cui i salernitani invocarono il nome del loro Santo Protettore una pioggia provvidenziale li bagnò allontanando il terribile flagello.
Il Mediterraneo che respira
La morte è di destra o di sinistra?
L’11 agosto 2001, un mese prima dell’insano gesto che portò il mondo sull’orlo della Terza guerra mondiale, Rico, o come lo chiamavano gli amici del bar, Ricocò, proprio mentre con la sua moto Kawasaka Ninja ZX-6RR, di cilindrata 599cc,che sviluppava una potenza di 130cv, stava attraversando l’incrocio tra via Verdi e via delle Benedettine, si trovò davanti alla morte. Una Volvo bianca con strisce azzurre, guidata da un egiziano, stava procedendo dalla parte opposta a grande velocità. Senza casco, Ricocò, venne ribaltato a circa 10 metri più avanti, sul selciato lastricato da tante pietre aguzze. L’impatto fu tremendo. La coscia destra subì le lacerazioni più violente, il bacino non aveva nessun osso a suo posto, costole, braccia, polsi, mani, occhi, capelli, orecchi erano irriconoscibili in un mare di sangue. Eppure, qualcuno, rompendo il silenzio, strillò: “lo possiamo salvare, anche se non aveva il casco”. Tutta la popolazione accorse per restituire una dignità al corpo lacerato di Ricocò (la testa, senza casco, era l’unica parte del corpo ancora degna di essere riconosciuta). “Portiamolo in ospedale”! Questa parola d’ordine venne raccolta subito dai salernitani. “Ma c’è speranza per lui”? Urlava una parente di Rico Ricocò. Il povero corpo, ridotto a brandelli, raggiunse il pronto soccorso a fatica, perché una sbarra dell’alzapassare si era rotta. Finalmente, si illuminò la luce del “Codice Rosso”. Tutto stava risolvendosi per il meglio, quando Rico, nei suoi ultimi attimi di vita, chiese: “ma il dottore che mi deve curare è di destra o di sinistra”?
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