di Roberto Maurizio
Toro seduto (Setting Bull, 1878)
In un primo momento, me la sono presa, come al solito, con i giornalisti, mei colleghi, solo perché pago la quota di iscrizione all’Ordine e al Sindacato. I loro titoli, come “Raid contro gli indiani al Pigneto”, mi sembravano fuori luogo. Mancava solo il sottotitolo e l’occhiello: “Gli indiani di Cavallo Pazzo sono stati sconfitti dal Settimo Cavalleggeri del Generale George Amstrog Custer, sulle alture del Little Big Pigneto, grazie al trombettiere italiano Giovanni (John) Martini, a Curley, il Crow, la guida degli scout indiani, e all’abnegazione del maggiore Reno e del capitano Benteen”. Pensai, allora, ai famosi corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico.
Il Generale Custer
“Vuoi vedere, pensavo fra me e me, che gli indiani sconfitti a Little Big Horn, nel 1876, sono stati vendicati dopo 132 anni al Pigneto”? Di indiano, però, al Pigneto, nella periferia di Roma, ce n’era solo uno: Paul Sat, il proprietario di un negozio di genere alimentari in via Macerata. Accanto a lui, secondo la Repubblica, Mustafà, c'era un maghrebino (che significa?).
Questo intervento di “Un pizzico di sale”, che condanna sicuramente la violenza del raid contro gli immigrati, vuole però mettere in risalto solo alcune considerazioni:
1. Basta con la notizia accompagnata dall’identità razziale della vittima o del carnefice.
2. Per i giornalisti e per gli aguzzini, gli indiani si identificano con i singalesi (dello Sri Lanka), questi con i pakistani, questi con i bengalesi, maghrebini con gli egiziani, questi con i siriani.
3. L’omologazione della sinistra buonista e del perdonismo cattolico ad ogni costo, è la negazione delle diversità esistenti tra le varie culture che stiano accogliendo in Italia.
4. Un singalese, dello Sri Lanka, di Ceylon, è diverso da un Indiano; un bengalese del Bangladesh e diverso da un Filippino che a sua volta non ha niente a che fare con i cinesi, per non parlare delle differenze interne. Un bengalese dell’Est è diverso da un bengale dell’Ovest, un indiano del Sud diverso da quello del Nord, e così via,
Conoscere le differenze per conoscere l’umanità
I danni ad un negozio del Pigneto
Non è un problema di razzismo. Quando i meridionali, nel dopo guerra, furono costretti ad emigrare con la loro famosa valigia di cartone al Nord, non erano tutti uguali. Uguali erano la loro povertà, la loro fame, il loro male odore, la loro ignoranza. Però un calabrese era diverso, come lo è attualmente, da un pugliese, un napoletano da un abruzzese, un molisano da un basilisco. Chi ha avuto la fortuna o la sventura di fare il militare conosce la differenza tra un napoletano, un romano, un milanese e un siciliano. In comune, avevano solo la religione. Oggi, si vuole a tutti i costi integrare i musulmani con i buddisti, questi con i confuciani, questi con gli ortodossi, questi con i cattolici. E’ un’impresa disperata, ma non impossibile, che ha bisogno di tempo.
Apu Nahasapeemapetilon
Apu, 28 anni, è il gestore indiano del Jet Market di Springfield, nel cartone animato “La famiglia Simpson”. Subisce spesso furti da parte dei bulli e criminali locali (ad esempio Patata o Serpente). Dopo essersi laureato in India si reca in America con un visto per studenti per conseguire il dottorato in Scienze informatiche; tuttavia, dopo aver concluso gli studi, terminati con una tesi (il primo programma al mondo per computer per il Gioco dell’Oca), resta a Springfield come semi-clandestino e rischierà l'espulsione. Anche grazie all'aiuto dei Simpson, otterrà la cittadinanza. Nonostante Apu sia molto devoto alla sua religione (ha costruito un piccolo tempio nel suo negozio) spesso non la rispetta completamente, e se trova sugli scaffali del suo negozio qualche prodotto già scaduto, non si fa problemi ad "aggiornare" la data di scadenza. Il cartone animato della Fox non rappresenta la verità sociale degli Usa, ma non se ne allontana molto. Facciamo come la Famiglia Simpson: difendiamo tutti gli Apu che sono in Italia, con i loro difetti e con i loro pregi.
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