di Roberto Maurizio
Basta con le “giornate” imposte dall’Onu
Trecentosessantacinque giorni non bastano a celebrare le migliaia di violazioni dei diritti umani, dei diritti civili, dei diritti e dei doveri di ogni essere umano. Di per sé, le iniziative dell’Organizzazione delle Nazioni Unite hanno un loro preciso significato. Servono per stimolare l’interesse delle persone su argomenti poco trattati dalla stampa o per nulla conosciuti dalla popolazione mondiale. Però, se queste “occasioni” restano attaccate ad un solo giorno dell’anno potrebbero non solo non avere alcun senso, ma procurare un “sentimento di rigetto”. Così, forse, è accaduto, ieri, 25 novembre 2009, quando i giornali della carta stampata hanno quasi del tutto ignorato la “giornata contro la violenza sulle donne”. Il Corriere della Sera, riporta il bell’intervento del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano contro la violenza sulle donne dopo la diatriba “Pro Tre o Pro Bru” (Tradotto: ha ragione Tremonti oppure Brunetta?), e la “La fiction comunista” (una specie di polpettone fatto da chi forse non ha nemmeno la terza elementare), comunque, prima di Brenda; La Repubblica fa precipitare la notizia più in basso, dopo il “divieto del burqa”; l’Unità tratta l’argomento come dodicesima notizia, molto dopo della nuova gaffe internazionale di Berlusconi: “ti dò Bondi in cambio della bella ministra turkmena, collega dell’ex comunista”; il “Giornale” addirittura relega la notizia di Napoletano in favore delle donne in un riquadro dopo quello dedicato “alle sfilate sexy in Cina”; “Libero-News”, invece, non ne tiene minimante conto (a meno di qualche mia svista); su “Le Figaro”, “Le Monde” ed “El Pays” nemmeno un’ombra di donne picchiate, violentate, stuprate ammazzate! Questa la carta stampata. E la Tv? Boh! Tutta impegnata sulle Trans.
Dati agghiaccianti
In Italia una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni, nella sua vita è stata vittima della violenza di un uomo. Secondo i dati dell'Istat, sono 6 milioni 743 mila le donne che hanno subito nel corso della propria vita violenza fisica e sessuale. Tre milioni di donne hanno subito aggressioni durante una relazione o dopo averla troncata, quasi mezzo milione nei 12 mesi precedenti all'intervista. Ai danni di mogli e fidanzate i reati gravi: 8 donne su 10 malmenate, ustionate o minacciate con armi hanno subito le aggressioni in casa. Un milione di donne hanno subito uno stupro o un tentato stupro. A ottenere con la forza rapporti sessuali è il partner il 70% delle volte e in questo caso lo stupro è reiterato. Il 6,6% delle donne ha subito una violenza sessuale prima dei 16 anni, e più della metà di loro (il 53%) non lo ha mai confidato a nessuno. Gli autori sono degli sconosciuti una volta su quattro, nello stesso numero di casi sono parenti (soprattutto zii e padri) e conoscenti.
Appena 10 anni, già con le rughe
La Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, istituita con la risoluzione 54/134 dell’Onu nel 1999, invita governi, organizzazioni governative e non governative, media e società civile a sensibilizzare sulla violenza di genere le società. E’ stato scelto il 25 novembre poiché è la data in cui vennero uccise le tre sorelle Mirabal, assassinate nel 1960 nella Repubblica Dominicana per il loro impegno politico contro l’allora dittatore Trujillo.Tale data è diventata così il simbolo dell’atto d’accusa della società civile nei confronti del fenomeno, purtroppo ancora in crescita, della violenza sulle donne. Iniziative in tutto il mondo celebreranno la Giornata internazionale perché ovunque sono milioni le vittime di aggressioni e soprusi. Ma, in questi dieci anni che cosa ha prodotto una così straordinaria iniziativa? Non sarebbe il caso di intraprendere qualcosa di più incisivo, in quanto la violenza sulle donne è veramente un problema reale?
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Tremate, “le streghe sono tornate”
Ieri, dunque è stato decisamente un flop mediatico. Però, le donne italiane non desistono. Si stanno “battendo” per avere ancora di più “meno voce in capitolo”. Invece di seguire i consigli dell’Onu, cioè quello del coinvolgimento univoco di uomini, donne e diversamente sessuale, contro l’omofobia e il sessismo, la “buttano in caciara”. Tutto fa brodo per attaccare il Governo di destra. Se già le donne sono l’altra metà dell’Italia, se si dividono ulteriormente, diventeranno un quarto del paese. Che peso reale possono avere? Ma si sono chieste quale risultato concreto ha dato alla nostra società la battaglia femminista degli anni ’70 completamente nelle mani di una parte politica? Tremate, Tremate che le streghe son tornate, Fuman marija ed erbe prelibate, Se vuoi volare lasciati andare, Tu vieni qua il viaggio (Anno zero, ndr) può iniziare! Capeggiate dai partiti e dalle organizzazioni di sinistra, queste donne scenderanno in piazza, con la “Manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne” fissata per sabato 28 novembre a Roma, contro il “femminicidio” e “anche per denunciare in che misura la deriva autoritaria delle nostre istituzioni abbia come bersaglio principale le donne e i loro bisogni di libertà e rappresentazione”. Questo si legge in un documento programmatico dei promotori della manifestazione, tra i quali, Compagne di Torino, Federazione donne evangeliche in Italia, Mondo senza guerra e senza violenza, Gruppo donne presidio no Dal Molin, Dinistra e libertà, Donne Fiom, Cgil Emilia e Romagna. Il documento afferma che: “A partire dal luogo privilegiato della violenza: la famiglia patriarcale, dove si consuma la percentuale più alta delle violenze sulle donne, e poi nei luoghi di lavoro, dove precarietà, bassi salari, mobbing, licenziamenti, sono il frutto perverso dei provvedimenti governativi per “risanare” l’economia in crisi, smantellando lo stato sociale (asili,scuole, consultori, sanità pubblica …) e cercando di fare arretrare le donne verso l’antico ruolo tradizionale di mogli e madri, inabilitate a esprimere la propria soggettività e la radicalità delle proprie differenze, costringendole di fatto a rinunciare ad un’indipendenza economica che è il primo strumento per uscire dalla violenza”. “La scelta di una manifestazione nazionale – che sarà affiancata da molteplici iniziative locali – vuole rompere il silenzio colpevole di chi arretra davanti ad un protagonismo femminile, che pone al centro della propria pratica il riconoscimento dell’individuale specificità che ognuna mette a disposizione delle altre, nell’esaltazione delle differenze che si ricompongono nel pari diritto/dovere al confronto e all’accoglienza – e questo vale per tutte le articolazioni di genere, che reclamano il rispetto delle personali scelte affettive e dell’identità sessuale di ognuna/o”. “Un tema tanto più importante in questo periodo in cui la violenza omofoba e l’attenzione malevola alle transessuali – protagoniste dell’ultimo gossip politico – richiede la condivisione concreta di chi ha a cuore le sorti della nostra Repubblica e del pensiero genuinamente democratico, a vantaggio di una convivenza che sa distinguere gli opportunismi e le pavidità, cosa di cui i movimenti delle donne si fanno da sempre carico”. “Lo slogan dell’anno scorso – termina così il documento delle donne libere italiane - Indecorose e libere, sarà affiancato quest’anno da Tutte diverse, tutte uguali, e entrambi valgono per tutti coloro – maschi e femmine – vorranno riconoscersi in questa pro- vocazione alla libertà”.
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