Sciascia. 20 novembre 1989. Muore un “Maestro”
di Roberto Maurizio
di Roberto Maurizio
Leonardo Sciascia, il più grande scrittore italiano contemporaneo, muore a Palermo il 20 novembre 1989 e chiede i funerali in Chiesa. Con lui nella sua bara volle portare un crocifisso d'argento. Al funerale venne ricordato da numerose parole di stima, fra cui quelle del grande amico Gesualdo Bufalino. Gesualdo riassume il segno della presenza di Gesù nella vita di Leonardo Sciascia, sepolto a Racalmuto, suo paese natale, all'ingresso del cimitero. Sulla lapide bianca una sola frase: “Ce ne ricorderemo di questo pianeta”. “Stampa, scuola e vita” vuole dedicare al “Maestro” Sciascia un semplice omaggio, in questo ventennale dalla sua morte. Tirato dai capelli dalla sinistra, dalla destra e dai radicali, al quale fu devoto, dalla mafia e dall’antimafia, appartenne solo a se stesso. Il più bel ricordo che ho di Sciascia è la sua incapacità di esprimersi correttamente in italiano, durante i suoi interventi al Parlamento. Quando sentivo la sua voce su Radio Radicale nelle dirette con il Parlamento, mi sembrava di udire quella dei miei alunni, impacciati, incapaci e nullafacenti e, forse, anche qualche mia lezione. Ma "guardando per radio" gli occhi e non ascoltando le sue parole, si sentiva in Sciascia, come nei miei alunni impreparati, un’immensità che non si fermava di fronte alle prime nuvole e ai primi ostacoli della stratosfera. Una luce divina che superava la Luna, il Sole, le Galassie, i Buchi neri e si fermava ai confini dell’Universo.
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